La Voce - anno I - n. 48 - 11 novembre 1909

202 \•anità dei giovani autori e la leggerezza di chi legge; ma ero preparato a ben altro. Ero preparato, ad cscm1>io, a rendere assni raro quel tipo cl' articolo cosi frequente dovun– que per la sua facilità e imbecillità: l'articolo di recensione dei libri ap1>ena esciti, nel quale eccellono i « maneggioni » del giornalismo. Due o tre idee, tre o quattro aneddoti e frasi cavati dal libro, qu:'llche ricordo personale, nessuna investigazione seria, e soltnnto il clesiderio di carez1.are la vanità degli autori e l'interesse degli editori - ed ecco fobbricato l'articolo. Per restituirlo alla sua primitiva idea di utile diffusore e consigliere di certe tendenze e di certe nozioni e di certe forme d'arte, bisognava renderlo raro. A siffatti articoli ho sempre pre– ferito, difatti, studi precisi e concreti, sopra un artista, uno scrittore o un gruppo di artisti o di scrittori o di idee nel loro svolgimento, che co– stano, certamente, più fatica per chi li scrive e per chi li legge, ma almeno operano più profon– damente sul giudizio del pubblico più serio. Esclusi poi, per principio, gli articoli di recen– sione di libri dei più stretti collaboratori del gior– nale. Non già che io temessi accadesse a noi, come ad altri, di trasformare un organo spiri– tuale in una vera e propria agenzia di reclame, dove i collaboratori si contraccambiano amiche– volmente i soffietti. ~fa anche nel caso di critiche severe, i maligni avrebbero potuto trovare, invece della prova della nostra reciproca franchezr.a, chi sa qual mano_vra, doppiamente abile, sopra– tutto se le critiche, com'è naturale, avessero obbligato I' autore a difendersi. Nè val l'obiezione che la qu~rta pagina h11. recato annunzi di libri nostri, giacché, posso dire, anticipando una parte della re!az:ione finan– :daria, che non un rigo di reclame libraria é stato concesso gratuitamente, ma autori o editori l'han pagata in eguale misura. Varie nostre pubblica– zioni furon donate alla Voce e contribuirono in non esigua misura alle entrate: sulle altre 1 'am• ministrazione percepl uno sconto; e si riescl cosi a riunire la diffusione di scritti di coltura, ancorchè di carattere vnrio, con un \:antaggio economico per la nostra impresa. Non mi sono neppur preoccupato di illustrare e commentare gli avvenimenti che in altre re– dazioni mettono in moto espres~i. telefono e te• legrafo. Ormai questo ufficio è compiuto dai quo– tidiani, e l'obbligo di un settimanale é d 1 occu– parsi delle questioni vive per un interesse pro– fondo del paese, non delle questioni vive per la curiosità destata da un incidente o accidente. Muore un re del romanzo, un principe della cri– tica, una celebrità scientifica: ecco l'incidente o l'accidente che non ci deve obbligare ad esporre, proprio per il giorno di quella morte, un giudizio estetico o scientifico. Se qualche impressione ci fu in queste occasioni, la dicemmo ; né mai ci preoccupammo di avere quella ispirazione vo– luta e forzata, per la quale c'è oggi una classe apposta, che noi non invidiamo. Anche qui al criterio gretto della vendita s'è anteposto il cri– terio della serietà. Non ammisi, se non di rado e perchè avevan carattere d' importanza speciale per il nostro la– voro, le notizie pure e semplici, giacchè ho sem– pre stimato, per ciò che vedo fatto in altri gior– nali, che notiziari male accozzati e indifferenti non servono che al pubblico futile e oz:ioso ; e per fare un notiziario serio e ordinato, tale da giovar veramente agli studiosi lontani dai centri librari, occorrerebbe uno spazio e un personale che non solo noi, ma che ne!flmeno riviste, fatte oggi per un terzo di notizie senza idea e senza commento, hanno. Se il pubblico aiuterà, potrò, fra qualche anno, far vedere anche in questo campo che cosa si dovrebbe organizzare di ve– ramente utile. Invece del notiziario ho preferito consigliare alcuni libri da leggere, sia cosi staccati man mano che cscivano, sia riuniti sotto un solo argomento: e mi dispiace di non aver potuto fare cli più che indicare una strada. So però che a molti han giovato quelle bibliografie elementari che demmo su la Filosofia l,egelia11a il, Ilalr'a e sulla Q11estio11e sessuale, e quelle più complete, sulla SlonOgrafia -realistira. Altre sono in pre- parazione. Di queste bibliografie si sente il bisogno, an– che pcrchè ho creduto di adottare il sistema di altre riviste serie, come Il Ri1111ovame11/o e La Cri/ira, che non annunzirmo i libri ricevuti in dono. Quest'annunzio, che Sfesso forma un ta– cito sussidio degli editori alle riviste quando i ,•olumi in doppio esemplare finiscono intonsi presso un antiquario, é, poco o tanto, una rac– comandazione, e io non voglio raccomandare che i libri che io o i miei amici possiamo consigliare con sicura coscienza, senza curarci se li com– prammo o, come ph) spesso avviene, more pau– perum, li avemmo in prestito da un amico o da una biblioteca. Sempre grato a chi ci manderà libri che altrimenti, forse, ci sfuggirebbero, non sento LA VOCE il dovere di rubare al poco spm~io che abbiamo neppure una linea per annunr.inre un opuscolo inutile o un libraccio ciarlntanesco. E sono lieto cosl cli collaborare a quella riforma per I' indi– pendenza giornalistica che dovrebbe andare dal– l'abolizione del regalo dei libri all'abolizione del– ), entrnta e della poltrona gratuita ai critici tea– trali e musicali. Nell'invitare a scrivere e nello scegliere arti– coli ho avuto sempre d'occhio argomenti precisi e delineati, dove si dicessero poche cose, ma cose, e fosse bandita la 1>ossibilit:\di svolazzi di riempitivi di acrobatismi. Il giornale s'è cosi acquistato la fama di occuparsi delle questioni pratiche della coltura: biblioteche, editori, gior– nalismo, istituti musicali, usi ed abusi univer• sitari. E v' é stato chi ha detto che perciò è noioso ; ma se per noioso si intende ciò che non desidera la popolarità dei salotti e dei caffè, accetto volentieri l'epiteto e me ne_glorio. Credo veramente sia bene ccluc.tre i giovani italiani a lavorare sopra temi precisi e solidi, con i quali 11011 ci si 1>ossa permettere gli imbrogli e gli sgambetti degli scrittori agili e superficiali. Corpo a corpo con una materia determinata, con la col– tura d'una città, con l'opera d' unO scrittore, con il regolamento di una istituzione, con la vita di una classe e via discorrendo, sono costretti a impregnarsi di fatti, e per poca coscienza che ab– biano, riescono, cQmc spesso li accade in arte, a non dar zeppe per pensieri, nè a cavarsela in un punto difficile con un'elegante sfumatura. Que– sta educazione dei fatti non è soltanto intellet– tuale ma anche morale, e miglioreremmo assai le nostre condizioni morali se più giovani ci fos– sero capaci di leggere un bilancio o di diri– gtrsi in un organico, che non abili a scrivere una novella mediocre e dozzine di versi stupidi. l giovani di questa specie 1 infatti, non soltanto sono pOeti mediocri e inutili, ma vivendo in con• tatto interno ed esterno con la loro e l'altrui vacuità e insincerità, non potendo che lodare a patto di ricevere lodi e criticare che per resti– tuire le critiche ricevute, riescono in fondo es– seri moralmente inferiori, coscienze leggere, fiac– che, egoistiche, senza nessun verace interesse a ciò che dicono e sostengono, e quindi tanto in– vidiosi per ogni altro giovane che si mostri al– l'orizzonte letterario quanto inchinevoli per ogni volontà affaristica e per ogni futura potenza che scorgano. Ma noi volevamo lavorare per i giovani, anzi per i giovanissimi : perché la nuova generazione che sorge trovasse già formato un luogo di ri– trovo, d'appoggio, di rifugio, aperto a tutte le buone \'Olontà, come noi non trovammo quando cominciammo a pensare con la testa nostra. E ai giovani abbiamo sempre aperto le porte; come sanno i vari che conoscemmo e accogliemmo fraternamente, senza pensare nel altro che al lo"ro valore dimostratoci da scritti o da discorsi pri– vati, allargando gli argomenti di questo gior– nale man mano che essi ci portavano l'aiuto del loro 1>ensiero più fresco e della loro nuova espe– rienza. Trovare nuove anime, sapere di aver detto una parola di coraggio, vedere gli addor– mentati svegliarsi, gli svegliati agire, e gli sfi– duciati riprendere il lavoro, è stato, in questi dieci mesi di milizia, il conforto migliore per tutte le meschine ostilità e le piccole calunnie con le quali si credeva di ostacolare il nostro cammino. AUlvUi. - Tralascio la pubblicazione di scritti che, anche presi separatamente, avevano un va– lore di coltura o di eccitamento morale. Ma il carattere del giornale nostro è stato dato soprat– tutto dalla pubblicazione di articoli sopra un solo argomento e con un comune intento : alla spo– radica produzione dei fogli letter(\ri opponendo cosi un'azione organica. Sono i problemi, le figure, i tipi del giornali– smo italiano che hanno avuto l'onore e il merito di suscitare piò ampi commenti di simpatia e di antipatia. Di antipatia non forse i pitì numerosi ma i pili rumorosi, perché chi poteva fare ru• more era più toccato. Per la prima volta in Italia si è parlato di giornali e degli uomini più po– tenti del giornalismo dall'alto di criteri morali ; e che importa se ci abbiamo guadagnato l'odio, rivelatosi con meschinità o con brutalità, dei pen– naioli, quando ci ha procacciato la simpatia di infinite anime semplici e oneste ? Alla scuola media e alla sua riforma un gruppo di com1>etenti ha dedicato vari articoli e due numeri unici, e le loro idee sono trionfate in massima nell'ultimo Congresso degli Insegnanti federati, attirando l'attenzione del paese e ciel Parlnn1ento sopra un problema cosl i1:1portante. La questione universitaria non è stata che ac– ceunata, ma mi propongo di furia trattare esau– rientemente. Gli artisti si sono interessati alla ri\'elazione dello scultore Medardo Rosso, che l' Italia uffi- ciale ha fatto $Cappare <: che i giornalisti, dopo nverlo 1>er un momento guardalo con simpatia, hanno - colpa maggiore -dimenticato. L.1.cam• pagna in favore di questo grande, il cui destino per tanti lati somiglia a quello dd Seg:mtini, ha avuto il suo primo effetto naturale nella pubblicazione di un volume ricco cli illustrazioni (le migliori che si abbiano in confronto di quelle francesi e te– desche) il quale si diffonde sempre più. E non è improbabile che dopo quello, altre inizintive possano essere prese da noi per lo stesso scopo. Al movimento di coltura e di libertà nel clero ci siamo interessati, perchè grande è l'impor– tanza di questa classe nella vita nazionale e dal suo miglioramento morale e intellettuale dipendé in parte quello politico e intellettuale di molti paesi, sopratutto rurali. Un opuscolo di pro– pagal)da fra i seminaristi, del <1uale dissi meriti e difetti, tirato a mille copie, è ormai quasi e– saurito. li concorso per un volumetto sulla que– stione dell'Anticlericalismo, sebbene modico il premio e ristretto il tempo, ha dato per rcsul– tato la presentazione di un manoscritto firmato O/me de11lu!I oh11e ke1me11 che, sebbene ancora sotto esame, ha molte probabilità d'essere pub– blicato, come dentro Novembre riferiremo. L'inchiesta sulle regioni e sulle città d' Italia interessa molti e presenterà, per uno storico fu– turo, un quadro assai esatto delle no!l-tre condi– zioni intellettuali. Certo è difficile trovare in tutte le citt:\ la persona abbastanza libera, abbastanr.a intelligente, abbastanza informata : ma finora siamo stati sempre fortunati e speriamo d'esserlo anche in seguito se i giovani vorranno aiutarci come già hanno fatto, intendendo che non vo• gliamo solo biasimi, ma anzitutto retta informa– zione e poi lode o biasimo col fine di migliorare il nostro paese. I..' idea di questa inchiesta ci venne dalle rie– scitissime lettere triestine che, in un momento di effervescenza naziot;1alista, chiarirono le con– dizioni di uno dei paesi italiani fuori del Regno, ed ebbero continuazione nelle lettere su Fiume e poi sul Trentino. Al nazionalismo cieco, bu– giardo e spesso mascheratore di interessi indh•i• duali, opponemmo il nazionalismo più serio di chi ci vede chiaro, tentando con una sottoscri– zione di mostrare una delle poche vie pratiche di giovar seriamente a una lotta che per essere na– zionale non <leve anelare contro la verità o contro la giustizia. In tutte queste lettere da vari paesi intesi che non fossero separate le questioni di col– tura da quelle politiche etniche ed economiche. Alle condizioni politiéhe d'Italia facemmo talora accenni quando lo richiedeva la gravità degli ar– gomenti e per indicare la nostra direzione morale, fuori <'leisingoli partiti. Con la stessa intenzione sarà dentro il mese dato alla luce come nostra edizione il volume di Gaetano Salvemini: Il 11fi11islro della ;Jfala Vita, contenente un vivace studio documentato sulle condizioni elettorali del Mezzogiorno. Vi si trovano· riuniti scritti di N. Colajanni e di G. de Felice. A questo volume, per nostra o per altrui edizione, ma sempre con la stessa direzione, seguiranno altri volumi che trattano delle questioni vive del nostro paese, come Le sruole ilati"ane alt' Estero, Cli Istituii Jllns-icali, l' A11liclericaljsmo, la Riforma della • Sc110/ailfedia, la B11rocra:ia 1 la Collura a Trieste, L' U,dvers-iltt italiana di Trieste, il Porlo di Ge– nova, il Tre11/i110 ecc. Infine debbo ricordare che dalla Voce parti l'augurio d'una Col/e::ionedi seri/lori ita/iar,i che sarà fra poco realizzata dalle due imprese del La– terza, maggiore, e del Carabba, minore. Sono lieto poi di annunziare che, com'era naturale, per accordi presi fra il prof. Pellizzari e Gio– vanni Papini 1 le due collezioni non si nuoceranno punto, anzi procederanno d'accordo per la dif– fusione della nostra coltura. Cosi si è dimostrato ancora una volta che ai fini e ngli interessi edi– toriali e personali, preponiamo I' idea per la quale si combatte. Insomma, in pochi mesi di lavoro, demmo \"ila a ,•arie ecl utili imprese di coltura, cd ap– poggiammo tutte quelle nelle quali si mostrava un reale interessamento alle cose dello spirito. Da pochi, poveri, e combattuti giovani credo non si potesse aspettare di più i e chi ha voglia pigli in mano, come abbiamo fatto noi, le rac– colte delle riviste letterarie che van per la mag– giore, e tiri le somme nostre e le loro : non abbiamo ragione d'arrossire. Accuse. - Quelle anonime, vergognose perchè figlie di una colpa morale, o timorose d'essere smascherate e dimostrate false, son molte. Cor– rono nei caflC, nelle conversazioni: si appog– giano su fatti inventati, su supposizioni accettale con leggerer.za sempre e spesso con mala fede, su frasi tronche, su visioni unilaterali di quel che abbiamo fatto. Di esse non terremo conto. Le mette in fuga ogni giorno più il migliorarsi Bibloteca Gino Bianco della nostra azione, l'efficacia crescente di quel che facciamo. - Le accuse chiare ed aperte, qua,;;i 11011 esistono. Quando un giornalista ha lanciato qualche accusa grave, costui sfuggiva alla responsabilità non firmando, o non nomi– nandoci, o avviluppando il pensiero maligno in una frase costruita a belln posta con duplice e triplice aspetto, o infine non determinando le condizioni precise di ~pazio e di tempo, e <1uindi cadendo nell'apprezzamento generico senza base. Si può dare valore, ad esempio, a quel tale che senza nommarci, dice che noi • continuiamo la nobile tradizione delle Forche Caudine e della Cog-11n 1 it Tutti noi, per starcene ad un criterio esterno ma sul quale non è possibile equivoco, nonché condanne J>erdiffamazione non avemmo neppure una querela per diffamazione. Ma non solo: tutti snnno che a quelle Forche e a c1uella G 0 0![11a non collaborarono mai uomini come B. Croce, A. Graf, R. Murri, G. Salvemini, A. Ca– sati, C. Papini, ecc. ecc. - cito i più conosciuti - che testimoniano, per chi non ci conosce tutti, della nostra onestà. Un'accusa come quella si potrebbe facilmente qualificare tanto nel campo del pensiero come in quello della morale come un'azione cattiva: io mi permetto crederla un semplice sfogo di invidia. E passo a cose più serie. Dicono che ci facciamo della redarne. lo son disposto a discutere sul serio l'accusa. Ma credo che si dovranno anzitutto escludere persone già conosciute che collaborando alla Voce non ag– giungono un centimetro di notorietà a quella che hanno. Se l)Crò con questa accusa si vuol invece alludere ad alcuni collaboratori del passato Leo11ardo, allora la verità è proprio l'opposta, perché, cessato il Leonardo, varie pubblicazioni di quegli scrittori furono accolte con i massimi elogi da tutta lastampa quotidiana, ed essi ebbero aperti giornali e riviste, anche amene, anche paganti, che oggi gareggiano in pudore al!Orchè debbono citarne il nome. Sta il fatto che se redarne avessero voluta, non occorreva fondare un set– timanale che ha fatto loro perdere la più profi– cua redarne dei quotidiani: ma bastava aspettare qualche altro anno, ma che dico! qualche altro mese, per avere tutta la reclame che è possibile ottenere da giovanotti d'ingegno purchè dicano soltanto a quattr' occhi e non pubblicamente quello stesso che noi diciamo. Dicono pure che facciamo personalita. Se con questo si intende l'obbligo che ci siamo imposti della ~incerità verso tutti - del mettere nome e cognome allorché si vuole alludere a una data persona - e il non potere staccare l' idta dalla sua manifeslazione in un individuo: si, facciamo personalità. Se invece si intende che attacchiamo le persone per fini personali nostri, e qui sta– rebbe l'errore morale, questo errore noi non lo commettiamo, perchè non ci aspettiamo dalle polemiche nessun giovamento personale, perchè nessuno può, se non calunniando sfacciatamente, rimproverarci la menoma ricerca d'una utilità individuale. Dicono poi che facciamo personalità coloro i quali, trovando in certi nostri e Caratteri 1t l'indicazione di alcuni lineamenti del loro spirito e magari l'allusione ad alcune azioni della loro vita, si sono immaginati che avessimo voluto fare un loro ritratto: ma che colpa abbiamo noi se descrivendo il tipo del ladro o del mezzano, urtiamo la delicatezza di tutti i ladri e di tutti i mezzani che ci leggono? Dicono che il nostro giornale è un giornale crociano: ma altri però sostengono che sia mo– dernista. La contemporaneità delle due opinioni basta per dimostrare che l'una come l'altra sono esagerate. Il giornale, come da me fu con– cepito, è tale da ammettere liberamente la coe– sistenza, per un fine comune di coltura e di battaglia, e se occorra anche di discussione inp terna, dei modi di pensare più diversi purché sinceri. E di conservare tale il giornale è staio mia cura sempre, e i \'._arimiei amici, crociani o no o magari anticrociani, modernisti o no o ai:1timodernisti, lo sanno benissimo e me lo te– stimoniano continuando Ja loro collaborazione. Io come persona e come scrittore per mio conto ho le mie idee: ma come direttore di questo giornale mi sono sforzato e mi" pare di non averle imposte a nessuno e cl' avE"r mostrato l'imparzialità che occorreva. Sia detto una volta per sempre: se peccassi, sarò il primo io a punirmi. Dicono anche che alcuni dei collaboratori scri– vono di gran parolacce intollerabili, che fanno arrossire le signore e le signorine e magari gli uomini. Tanta virtò e tanta delicatezza di orec– chio mi riesce nuova in Italia: ma non mi to– glie di mente che sia irragionevole. Le parole nostre saranno sconcie, il pensiero è casto : e purtroppo oggi si preferisce un libro pieno di sudiceria e di bassezza espressa elegantemente, alla plebea magari, ma vigorose. alta decisa espressione d'un lll0\ 1 imento lirico di ira o di ironia o cli disdegno. Benedetti gli uomini ca-

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