La Voce - anno I - n. 48 - 11 novembre 1909

OCE Esce ogni giovedì in Firenze, via dei Robbia, 42 .:f. Diretta da GIUSEPPE PREZZOL!NI .:f. Abbonamento per il Regno, Trento, Trieste, Canton Ticino, L. 5,00. Un numero ceni. JO. Anno I .;I, N.• 48 .:,, Il Novembre 1909. S0'.\L\IARI~·:· L:~s~,l~loae di. Veneti■, lii, AitOF.sc;o So1-·J-.1ç1 .- Con Rodolfo Euckcn a Jcoa, ;\l!c11u.F I.OS\ CCo - F. A111i<I, P1t.:TR(1 7..,,Fk04.i'1!'\I - Relatlonc morale e finanziarla del primo anno della «Voce•• Gll SF.PlF. f kEI.I.OLISI - Il caso Medardo Rouo. Su.\ IO B.-:sco - La Ricuse, (illu .. ,ra,.ione), \(F.11,\Rl)O R(1"i!,,O- / d!lt' /)t'.fl dd '.\l.1no<.:co. L'esposizione lii. Ma eccoci davanti a uno che non merita nemmen l'ombra della compassione; eccoci davanti al kolossàl Franz VON Stuck. E ap– poggio sul von perchè questo mugnaio di testa tonda, oltre ad avere stancato, come dicevan nel secento 1 le trombe della fama, è arrivato persino a strappare al suo governo - e se ne tiene - questa particella nobi– liare che, priva da un bel pezzo, fra noi, dì qualunque signific.ito, vuol dire ancora presso i suoi compatriotti - tedeschi che non son altro - qualche cosa di bello e di buono. E questo è un fatto sintomatico: prova a quali bassezze vertiginose sia disceso - special– mente, in Germania e fuor che in Francia, dove nessuno ha mai voluto saperne di que– sto Cagliostro della pittura - il livello del buon gusto e dell'intelligenza in fatto di cose d'arte. Or mi sia dunque permesso di cacciare un bel fischio fra tanti osanna, non foss'altro per punteggiare i gorgheggi fanta• siosi dei beccafichi della nostra critica, che, anch'essi, han voluto metter la loro nota nell'inno pur tanto fastidioso per degli orecchi delicati. Senonchè, per far sentire adeguatamente il discusto che l'arte di un tal pittore dovrebbe 1111eitarein chiunque t• os:;ervi con l'occhio limpido di colui che non se la sente di far da zimbello alla ciarlataneria, convien subito stabilire chiaramente una cosa: Franz Stuck non è un imbecille. Tutte le sue opere spi– rano la furberia, l'abilità e anche I' intelli– genza. Il loro difetto è uno solo: la fal– sità. Scusate se è poco - direte - ma è cosi. La menzogna è l'elemento naturale in cui respira e si muove questo pittore. Menzo– gna i I suo disegno, menzogna il suo colore, menzogna il suo classicismo romantico. Se le tigure e le cose dipinte da lui potessero par• lare, ogni loro parola sarebbe una menzogna : qualcosa nel genere della poesia, dio liberi I del Colautti o del Siciliani. E poichè l'arte non è pericolosa q4ando è insulsa o candi– damente stupida, ma bensl quando è menzo– gnera, cosl l'arte di Franz Stuck è perico– losissima - deleteria. 01modochè 1 ali' incon- 1ro di ogni altra, questa pittura, fatta di furto, d'imbroglio e di malizia, più è perfetta nel suo genere, più si fa perniciosa. L'osservatore non avvisato, il quale considera questi fauni, queste ninfe, questi grandi personaggi delle favole bibliche, non ha che a cedere un tratto per essere abbindolato. Una volta che avrà perso di vista il \'ero ed unico segno che di– stingue una giunteria pillorica da un'opera d'arte - la sincerità del!' espressione - non sarà più padrone del suo giudizio e piglierà per armonie di colore le agre fanfare croma– tiche delP Altaleno; per grandiosità, la zoti– chezza teutonica e la teatralità della Croci– fiuio11e; per ..d.cal:umaticita, l'istrioneria, la superficialità del A,ratliso perduto; per sim– bolismo proCondo quella sciocca, elementare concezione da garzone litografo, .:::he è il Ptccalo, o il tremendo plateale allegorismo di questa Guerra, la quale, dopo aver man– dato in solluchero tutti i bidelli del!' univer– so, va tanto a genio ora al famoso critico Guido Battelli. Nè, quindi, i! nostro osservatore si accor– gerà che questi dipinti non sono, in ultima analisi, se non il ritiesso scontorto di qualche immagine boekliniana, l'esasperazione di qual- di Venezia. che forma uscita dalla mente prodigiosa di Rubens, la calunnia sfacciata di qualche figu– ra greca, pompeiana o veneziana, viste da un occhio torbido di birraio ideaiista, il quale, dopo a,·er tracannato fa,•ole e miti pieni di armonia 1 rece mascherate multicolori e im,r· moniche. È un caso che si ripete ogni giorno eia più anni; tanto che Franz Stuck, senza saper nè immaginare, nè disegnare, aè dipin– gere onestamente, ma solo vender lucciole per lanterne a chi vuol comprarle, ha rag– giunto oggi le vette della gloria, e persino l'Italia, la pitocca Italia, che non è riuscila a raggr,rnellare una somma purchessia per ac– caparrare un'opera dtl suo Segantini o di Medardo Rosso, farebbe cose di fuoco pur di avere in una delle sue gallerie qualcuna di queste croste, degne tutt'al piil di fregiare le pagine, assai tediose oramai, dell'eterna J11- ge111I. Sarebbe assai divertente, chi non a\'esse altro da fare e se invece d'andar raccogliendo con gran disgusto poche impressioni saltuarie e fuggitive, si trattasse d1 analizzare uno a uno i vituperi di questa esposizione, esami• nare i caratteri, appurare le origi:1i, scopri– re le miserie immense di ques1a pittura, di questi che Wagner chiamava effetti senza causa; si arriverebbe forse a stabilire quale debba essere, e quanto tenebroso, il moto della mente che gli ha concepiti. Ma tant'è . Ce lruc • là l\lène à l'A - Cadcmie. E mena anche per il naso le nazioni rim– becillite che 1 non contente d'ammirare, ten· tano anche d'imitare simili gagliofferie. Un altro di questi invitali che, pur senza avere la po1enza malefica dello Stuck, ne ha su per gii.1 la fama è ancora un nordico. uno dei soliti nordici vissuti il pii1 del tempo a Parigi i quali, raccattando come tanti spaz– z:uurai le bucce e li scampoli della sciatteria artistica latina vi metton poi del loro una presa di grossolanità e rigabellano il tutto come cosa di nuova autentica bellezza : ho nomi– nato Anders Zorn. Costui è pili schietto del pittore barnrese in questo senso, che per ri– vogare al buon pubblico le sue tanarinate pittoriche non si piglia neanche la pena di mascherarle, dà quattro pennellate di color vivo su una tela 1 l'incornicia, la battezza e In manda per il mondo: la bestialità umana deve fare il resto. Ha tanta fede costui nella bestiai ità umana, che a volte pare persin ge– niale nella sua strafottenia. Nè colore, nè dise– gno, nè sodezza di forme, nè carattere : un po' d'equilibrismo e basta.Con una pennellata larga e liquida si schicchera la metà d'una faccia, con un'altra se la completa. Ti ,•tste un uomo o una donna con pochi sdruccioloni ·di pennellessa e se non ti piace va 1 a veder se pioYe. Egli non se ne cura ; la gloria verrà lo stesso. E la gloria (la gloria I) viene in– fatti, pare impossibile, ma viene. Domandatelo a Vittorio Pica e agli altri. Non c'è che pochi esseri oggi - isolati e felici - che non sappiano quanto sia grande la penetra– zione, l'eleganza, l'opulenza di quest'arte faci– le e disinvolta. Non meravigliamoci dunque se il signor Fradelello ha creduto di far bene mostrandocene una stanzata intera. Ringrazia– molo :1.nzi, anche a nome dei nostri antichi - di Tintoreuo, per esempio - d'aver of– ferto alla meditazione dei giovani pittori que– sto modello di una pittura che per esser Bibloteca Gino Bianco bella nou ha bisogno di ,•uilà, nè di studio, nè in generale, di raccoglimento nessuno; ma solo di sfacciataggine. E ra;siamo nelle sale e"-uto, dove il simpatico Kroyer ci aspetta. Il simpatico Kroyer è, chi non lo sapesse, un gran pittore, almeno per quel che risulta dalla biografia scritta dall'ottimo amico suo Han– nover, un gra.o pittore sul genere di Gustavo Courbe1. Già!. .. Come lui combattè, in gio– ventù, le formidabili battaglie dell'ideale, come lui attinse il più alto culmine del rea– lismo, come lui 1 e come tutti i sublimi in– gegni, fu coperto d' ingiurie. Senonchè - e ciò lo mette forse un po' più su del suo col– lega mentre al francese gli toccò a montare gradino per gradino la scala della grandezza e dar tutta la sua forza e la sua gioventù allo studio implacabile del ,ero: penetrare a furia di genio i più serrati segreti della natura e dell'arte ; :11 nostro non·egese bastò dipingere la gocciola al naso di un cappel– laio, per ~s;;urgere in piena gloria. « Con la goccia che pende dalla punta del naso del povero e smunto cappdlaio, Kroyer arri– schiò il massimo del realismo Forse (u questa goccia che fece traboccare il calice dello scandalo e provocò un tiotto di grossolane insolenze, simile a quello solle,•ato in Francia dal famoso quadro Casseur de pierres del Courbet. Il quadro del Courbet era stato di– pinto trent'anni prima dei Cappellai: di tanto dunque era rimasto indietro in Danimarca il movimento europeo, quando il Kroyer con u, 1 1.:sso da gig:mte soppresse la distanzJ > - dice elegantemente il biografo. Vedete che non dico bugie. È bensl vero che qui, se ci si guarda bene, restan ben poche tracce di queste guerre, di queste audacie : siamo in un ambiente assolutamente calmo, bigio, inerte 1 impassibile come un camposanto. La pittura di questo rivoluzionario s'è ben rav– veduta, pare : ha preso degli a.spelli inoffen• sivi da illustrazione di giornale amministra– tivo; ha rinunziato alla bellezza del colore, che ~i suppone possedesse in altri tempi, alla vigoria del disegno, all'efficacia, alla nobiltà, a tutto. È una pittura fatta d1 sapone e di sputo. Non pili rischi realistici, non piì1 passi da gigante: i cappellai son divenmi tutti im– piegati, ufficiali, signori indisposti e inebetiti. L'unico personaggio importante è qui Bjoern– sterne Bjornson, ma anche lui è mal dipinto, biaccoso, esanime - e non ha la gocciola al naso. Ah I; domando io: i\l.\is oli sout les gouttes d'antan? ~la non fa nulla, vivaddio I Koi giovani, affamati di guerra e di ribellioni, si vuol es• sere ossequenti con quest'eroe di Kroyer - non foss'altro in memoria dell'antica, memo– rabile gesta - sempre non si può esser su– blimi, e ai veterani dell'arte si deve perdo• nare ogni cosa - anche una pittura come questa. Auf I - senza scherzi - secca introgo– lars1 per più ore in un luogo scomodo come questa esposizione veneziana. Tu giri di sala in sala, tu gu:irdi, tu fruchi, tu speri, intanto che l'emicrania t'ammorsa le tempie, lo sto· maco ti va a' ginocchi e un malessere gene– rale t'invade, e non trovi ove riposar l'oc· chio con compiacenza. lo non trovo 1>ersonache mi piaccia. Nessuno! Ne:rnche scimmiottando il Sa/011 tl'aulomne (quel Salo11 dove proprio ora 1 in queste tenere giornate novembrine, l'Italia sta disonorandosi) cioè presentando al pubblico un gruppo abbastanza considerevole d'opere d'u– no stesso artista riunite in una medesima stanza, i nostri amici d.. dl'ane han ~aputo giovare :ill'arte. Giacchè s:, comt! ,;) è visto, tanto Franz Stuck che Zor:1 e Kro, er non offrono alcun conforto a chi ami pumo punto la ,·era bellezza, neanche Alberi Besnard che dei quattro rinomati stranieri è, senza nessun confronto, il migliore e più nobile, fa que– sta volta una bella figura. Di fatti, lranne forse il Ritrai/o di famiglia, opera di tempi migliori e il vivo, spiritoso Angolo di ta– vola, do,·e le doti di colore e di osservazione arguta, spigliata 1 veramente francesi del pit– tore sono profuse con tanta buona grazia 1 nessuno di questi quadri, abborracciati, tri– viali, buttati gHt superficialmente, quasi con disprezzo, da uno che ormai non si cura più nè di gloria nè di dignità a1tistica, può far riconoscere in Albert Besnard l'autore delle decorazioni della Scuola di Farmacia di Parigi, tre delle quali eccellenti, e dei cartoni, ancor più ammire,·oli forse, delle grandi composi1.ioni destinate allo spedale di Berk Plage. Sarà colpa degli ordinatori vene– ziani? Probabilmente no; ma è un fatto che l'unico pittore straniero degno di atten– zione non presenta qui che i frutti malinco• nici d'un talento decaduto. Del resto se in questo caso particolare la colpa di coloro che e mirano - come dicono - ad elevare a Venezia il senso dell'arte > 1 può esser messa in dubbio, apparisce invece in modo quanto mai lampante nella scelta da essi falla tra le opere di Telemaco Sittnorini e di Giovanni Fattori di cui parlerò fra un momento affin– chè, per consolazione mia e degli altri, l'an– tico detto dulcis in fu11do trovi in queste note disperate la sua giusta applicazione. Per ora mi si permelta di fare, in poche parole, una specie di palinodia in proposito della pittura di Marius Pictor. Ecco qua. Trattando in al– cuni miei scritti precedenti delle condii.ioni dell'odierna pitturn italiana, m'è occorso più d'una volta di parlare di questo artista come d1 uno fra i pochi degni d'esser riguardati dai giovani quali cultori della buona arte e ultimi svelatori del bello. Alcuni suoi qua– dri, visti parecchi anni fa in queste stesse sale, m'avean lasciato nello spirito come una traccia di vecchi sogni, un ricordo di vec– chie lettur<:: 1 cl' immagini fantastiche rievocate se non in modo nuovo almeno poetico e se– rio. ~l'era parso allora che Mario de Maria avesse una certa sua buona maniera di vivi– ficare il passato, di iicondurre davanti ai no– stri occhi con evidente energia un mondo bizzarro di spettri e di maschere, e ogni volta che consideravo il deserto squallido della nostra arte pensa\'o a lui con ricono– scenza. Oggi disgraziatamente bisogna con– fessi d'essermi ingannato. Sebbene l'opera di questo pittore sia senza alcun dubbio delle meno spregevoli di questa esposizione e d' J. talia, pure, tanto la sua tecnica lambiccata - specie di cucina con s.1lse e soffritti - quanto il suo romanticismo da guitto fuori di moda, raffreddano terribilmente la mia ammirazione, anzi l'uccidono, e anche la mia stima e an– che la mia speranza. In una parola Marius Pictor non mi dice piil nulla e credo non possa dir più nulla a nessuno. E lo stesso sarei tentato di dire di Giu– seppe Pelizza da Volpedo. Anche da\'anti ai suoi qaadri siamo presi dallo scoramento e dalla disillusione; qui pure la tecnica, anigo– golata, faticos.1 1 meccanica raffredda P im– pressione, costringe la mente a una sorta di raziocinio che non ha nulla a che fare col gelto immediato del genio. Senonchè alcuni pregi sostanziali della pittura di questo arti– sta sciagurato e sincero ci comandano il ri-

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