La Voce - anno I - n. 48 - 11 novembre 1909

200 spetto e anche la -.imp:1tia. Infatti se Sul fie– nile è un'opera mancante del tutto d'armonia e di geniali1à 1 se il disegno vi è trito e pau– roso, e il colore acerbo, freddo, disarmonico, come il disegno e il colore di quasi tutti i dipinti del Pelizza, pur lullnia dall'insieme di questi la\'ori emana un tal senso di can– didezza, di concentrazione spirituale e di poesia colta a volo e liss:ll:t per sempre, da farci rimpiangere che il pittore si sia levato da questo mondo senza condensare in un'o– pera veramente perfotta le grazie disseminate del suo spirito. Ma veniamo, per finire, ai nostri due altri morti. Ho detto che anche nella scelta delle loro opere gli ordinatori \'Cneziani hanno dato prova d' inettitudine e d'imperizia, e lo mantengo. Basta dare un'occhiata alle poche miserabili cose del Signori11i 1 il vivace ecru• dele sbaragliatore di tenerumi scolastici, per esserne cerli. Questi paesaggini cenerosi, di– ner\'ati, queste scenettine popolanesch~, que– sti chiassoli pisciosi 1 dipinti senza voglia e senza brio, queste macchiette, lutti questi spurghi di studio, ques1i polverosi fondi di •magazzino, son forse i fior d'anarchia del– l'arte nuova? E questa stanza di postribolo popolata di fantasmi incolori, privi di so• deua e di efficacia d'atteggiamento, quali si richiederebbero in un simile soggetto cana• gliesco e quali han saputo raggiungere Manet, Toulouse-Lautrec e lo stesso Signorini, a \'Olte, ~ dunque la prova schietta dd realismo del pittorino fiorentino a 11ico di Degas e di Pis– sarro, paladino d' una scuola famosa, scon– volgitore d 1 estetiche 1 banditore e propugna– tore d' idee rivoluzionarie? Ma questa è ro– beua pedestre peaestremente trattata, nè si potrebbe arrivar mai a capire come un tempo potesse parere audace se non forse ricordan• dosi che il nostro pittore era contemporaneo, o quasi, dell' inconcepibile Pollastrini (Pol– lastrini 1 conoscete, amici, 11Pollastrini ?) C'è, è vero, fra gli altri un quadro capace di stabilire e per il suo carattere e per la sua larghena di concezione, una bel la fama d'artista : vo– glio dire // bag110penale di Portoferraio; ma basta un quadro per riempire una sala - speciale? In quanto a Giovanni Fattori, sebbene neanche della sua arte sia possibile farsi un concetto adeguato qui, è rappresentato un po' meno peggio. Sia da questa desolata campa– gna maremmana sotto il cui cielo turchino si nposan meditando i bovi bianchi aggio• gati al carro scarlatto e il rozzo bifolco, sia da questo bosco fronzuto dove il buttero a cavallo corre tra' tronchi e tra' rami dietro al gio\•enco impaurito, sia da' paesaggi e dalle marine, un soffio giovanile d'ispirazione esce e si propaga investendo, abbracciando lo spi• rito delPosser\'atore. Si sente che il meglio di quest'artista non è qui, che tutte queste opere non sono che I' incammjnamento, In rincorsa per il capolavoro 11ssente; ma cosa importa? A chi è venuto pellegrinando fra lo schifo e il ribrezzo delle altre stanze ba• sta. arri,•ato davanti ai quadri del Fattori, raccoglier la loro ..promessa che almeno re– suscita le speranze di una grandezza possibile. Venezia insegna a non essere esigenti. Cosl, tirando la somma, si conclude che ali' infuori di queste fosche, selvagge ar– monie maremmane, di questo tetro peni– tenziere e di alcuni spunti pelizziani, nulla c'è nelle trentasette sale di questa esposizione che possa riscaldare il cuore e animare la mente. L1. menzogna, l'imbecillità e la morte ondeggi3no per l'aria come un gas mefitico asfissiando chi passa. Che ~ gazzettieri e cri– tici sostengono il contrario non monta. E' non capiscon nulla, o parano il sacco. 1\li toccherebbe ora parlare, volendo farla da vero critico, dei padiglioni stranieri; ma poichè anche qui l'arle è disonorata su per giù come in quello itali11110,non dirò nulla. Che ognuno la,•i 1 cenci sporchi di casa sua. Non ricorderò che un quadro da me scoperto in un cantuccio ignorato del padiglione belga dove nessuno sia del pubblico e della critica capil:t mai. È un 'oasi profumata, un giardino fronwto, verzicante, :1rioso 1 fiorito, un ~dar– dino d'amore fra le cui ombre celesti danza e folleggia brulicando un p:rndemonio vario– pinto di donne e maschere. Il suo colore è LA VOCE rutil:1111e,ricco come quello delle pietre pre– ziose, della turchese e del crisopraso, la sua bellezza nuova e perfetta. Guardandolo il cuore s'allarga e s'impregna di godimento. Si respira e si pensa: Ah c'è tutlavia qual– che artisla nel mondo, c'è ancora della poe· sia e della \'era pittura ! S1, ma nessuno se n'accorge, nessuno ha riconosciuto James Ensor, sebbene si.1 quasi vecchio e famoso! lo però l'ho salutato partendo. - Ma, e i giovani, mi domanderete voi - i gio,•ani italiani ? Dimenllca\'O. Ecco : il catalogo dice: e \'e· nezia mira con la sua grande impresa ad elevare il senso dell'arte. A questo intendi– mento medesimo vorrà certo ispirarsi la Giu· ria, 11ccogliendo solamente quelle opere che brillino per incontestabili pregi o che costi– tuisc:1110 una magnifica promessa gio,·anile :t. Ora io di queste opere brillanti o promettè!'fo!iti non ne ho viste neanche una e ciò vuol dire senza dubbio: o che fra i .tz4 artisti sotto· postisi al giurl non ce n'er.t uno che fosse meglio che mediocre; o che i buoni furon tutti scartali ; o che - e mi piacerebbe molto creder questo - i giovani di 1alen10 non credettero punto necessario mandar le loro opere a Venezia. E difatti, non garba mica a tutti la favola del rosignolo giudicato dall'asino! Ardengo Soffici. Con RodolfoEucken a Jena. Venivo dall'agitata Lipsia e mi ero fermato, quasi in un rifugio, nella piccola e graziosa città, che fu 1 insieme con \Veimar, il foco– lare del Romanticismo. Un senso di resurre– zione e di letizia mi sollevò lo spirito, quando, in un chiaro mattino di settembre, stilarono davanti a' miei occhi quelle casette dai pin– nacoli acuti e dai fioriti davanzali, che, in– terrotte qua e là da viali o da giardini, ada– giate pittorescamente tra la Saale ed i monti, avevano, nell'alta quiete solitaria, un non so che di eremitico e di primitivo. Per meuo di un impiegato del Diederichs, dell'editore che si ~ reso con le sue eccel– lenti pubblicazioni cosi benemerito ,·erso l'arte e il pensiero, ebbi il piacere di procurarmi un colloquio col prof. Eucken. Ein sehr mt– ler Manu! mi aveva eletto il cortese inter– mediario: e queste parole mi avevano inco• raggiato a salire, per il Forstueg, fino alla villa in cui dimora 11 insigne filosofo; ma, giacchè avevo tempo, volli prima visilare l'edifizio della nuova universi!~, creazione originale di Teodoro Fischer, un insieme lo– gico ed armonico, ottenuto con la sapiente fusione di vari stili. li modo, con cui rni :iccolse 1 1 Eucken, fu improntato a un'affabilità veramente squisita. Quando seppe ch'ero italiano e amico di suoi amici, ebbe parole di viva simpatia per l'Italia, per la sua genialità artistica, per il suo nuo,•o ns,•eglio speculativo: ricordò i suoi traduttori italiani, ricordò il Croce, ricordò alcuni gio• vani, come il Casati e l'Jacini, ch'egli co• nosce personalmente; aggiunse che intende venire a Bologna per il Congresso Hlosofico del 191 1. Si parlò poi di Jena e della Ger– mania. L' illustre Vf>gliardo, ch'è del Nordsee, vi\•e da molti anni nella a11m11//1ige Stadi della $3c:c:onia 1 la cui ridente pm:izione gli rammenta Firenze: il clima non immite e Io scarso movimento induslriale danno a Jeoa un certo carattere idilliaco e una pace, che riescono assai favorevoli al lavoro creativo. Egli non ama le città rumorose, benchè tecni– camente s,•ilnppatissime, come Berlino. L'interesse per i problemi sptcul:uivi è in Germania straordinario: basta d11c che le edi– zioni dei libri tilosofici si moltiplicano facil– men1e. La sua scuola è frequeniatissi ma (Eu– cken ~èun merniglioso parlatore): ~tudenti di tulle le facoltà vi si affollano a centinaia. Egli è intento or11a preparnre un'edizione intera– mente riveduta dd suo librello: /Jer 1Vcrtl, 11ml Sù111dts ltbms. Quanlunque l'Eucken non 5ia un modernista, si compiace deg11im– pulsi enìcac1 che al rinnovamenio della co- scienza vengono senza dubbio da alcuni nobili rappresentanti del modernismo, ciel quale però non si nasconde le incoerenze. In Germania1 a dir "ero, il modernismo non ha un note· \'Ole sviluppo. Si ossen·a 111,·ece, ~pra tutto tra i giovani, un nuO\'0 mo\'1mento religioso1 che tende ad uscire dall'angusta e rigida cer· chia della chieM protestante; e a <1uesto ideale :ippunto s'ispira un circolo cli studenti, fon• dato a Jena. Il nuovo moYimento è verso l'opern dei teologi, i quali si mostrano abba– stanza freddi verso la tilosoha, che un pro– dolio o un fenomeno concomitante del risve– glio idealisuco. Da un lato si a,•velle d \'UOto di un'esistenza dedita solo ai godimenti ma– teriali i dall'altro svanisce sempre p1u la forza attrauiva del positivismo. Certo non si può negare che l'indirizzo naturali ..tico abbia an– cora dalla parte sua le grandi masse i nè che alcuni sopravvissuti della scuola, come Ernesto Haeckel e Guglielmo Bolsche, siano delle per· sonali1à rispettabili, che praticamente si com– po1tano da idealisti. )la al vertice del lavoro spiri111ale domina tutt'altra tendenza: ivi c'è P aspirazione, che prende forma religiosa, ad una maggiore profondità ed interiorità di vita. Un siffat10 movimento peraltro nòn è punto di carallere confessionale, perchè, trovando qualcosa d'insufficiente in tulle le chiese at– tuali, vorrebbe una religione pili libera e più vasla. Bisogna tuttnia riconoscere in esso due 1111n11us abbastanz.a chiare: l'una panteistica e naturalistica insieme, I' altra incline ad un teismo di caratlere universale. La prima as– sume un aueggiamento ostile di fronte al Cri– stianesimo, di cui rileva gli errori e le debo– lezze; la seconda, mentre cerca un appoggio in esso, procura di trasformarlo e di sempli– ficarlo. Egli stesso, I' Eucken, appartiene a que– st'ultima direzione, persuaso com'è che il panteismo non abbia in alcun modo la forza d' innalzare il valore della vita e appagare l'umanità; mentre noi abbiamo principalmente bisogno di riscuotere e afforzare il senso mo– rale; e ciò non sembra possibile se non in accordo con quella religione, che più di ogni altra possiede un valore etico e spirituale, con quella religione, la cui storia, nonostante ogni aspetto ingrato, contiene i più preziosi germi di sviluppo. i\la se il Cristianesimo, rigettando il quale si ricade nel vuoto, deve consen•ar la sua funzione di guida spirituale dell'umanità, esso ha bisogno di una riforma profonda e superiore a ogni divergenza confessionale. Erano suppergiu gli stessi concetti, che I' Eucken ha s\'olti con nobile eloquenza nel libro Die Hnuptprohlemc der Re/i'giomplti– losopl,ie der Gegemcarl, do\'e l'autore mo– stra che la lotta del Cristianesimo, religione essenzialmente liberatrice, per la salvezza del– l'anima, per l'acquisto di una vita nuo\'a 1 per l'unione dell'umano e del divino, ci appare in una luce ben diversa da quella in cui si presentava alla generazione pass.1ta, ancor piena di fiducia in sè medesima e di entusiasmo per il progresso. Queste aspirazioni generose, :, cui peraltro lo stesso Eucken fa prudenti ri– sene, JM'rchè riconosce che una religione non si può artificiosamente costruire, meritano certo ogni plauso; ma io dubito che sia vicino un rinnovamento spiri1uale cosi esteso, da far sl che il Cris1ianesimo possa ricuperare la sua efficacia primitiva, ch'era quella di una grnn sintesi spirituale, che riunisse in un fascio tutti gli sforzi dcli' individuo, rivolgendoli ad un fine altamente morale. In questa lolla selvaggia per il benessere materiale, in questo sviluppo sempre crescente della cultura, in 4 u~sto at– taccamento sempre maggiore al mondo ,•isibile potrà la semplice religione cristiana ripren: dere il suo poeto preponderante nella vita· e fondare il regno d1 Dio sulla 1erra? Vi sono delle forti mg.ioni per dubitarne. L:1 religione, non quella unìciale - beninteso - (che, ri– dolla ad un vuoto formalismo, ha perduto ogni efficacia), accenna a divenire sempre più affare della coscienza individuale, e perciò li– bera adesione a un certo ordine d1 credenze. che risponda alle pili intime e sincere incli 11azioni di spirito de' vari i,,di\'idui, amichè ,, 1111• gelo unico e generalmen1e accettato. I.'Eucken avrà forse ragione quando attacc:i il natura– lismo; ma non può contestare che in alcuni spiriti solitari esso abbia una fon.a rnor.1le non inferiore a quella della stessa fede cri..;tiana. Bibloteca Gino Bianco Quanto all'e~igenza di una creazione dell'uomo inte1 iore, che riesc:1 ad arginare la fiumana limacciosa clegl1interessi e delle passioni pH.t \'Olgari, io la credo, non solo profondamente vera, ma destinala a risorgere vittoriosa 1 ben– chè a lungo incompresa e disconosciuta, sollo la forma d1 un vigoroso misticismo. E a que– sto proposito rammento \'olentieri che l'Eucken riconobbe con me l'alto valore della mistica, intesa in senso lal'go; ed a\'endogli io fatto il nome di Dan1e (che il Vossler in un suo recente libro chiama a torto un mistico d'oc– casione), \'olle che rileggessi con lui una bella pagina delle Ubmsamchauu11gt11 der grosufl Dmlur, in cui degnamente si parla del sommo poela. Nessuno certo meglio dell' Eucken, co– noscitore esperto del pensiero medioevale e grande avvivatore di sistemi, era atto a pe– netrare nell'austera coscienza dantesca, tanto prossima alla sinceri1à e spiritualità della forte nazione tedesca, quanto remota dalla ben ver– niciata esteriorità latina. Ai gio,•ani, mi disse egli in ultimo, giova guardare con fiducia. Si ritorni pure in filo– sofia alla grande scuola idealistica tedesca, ma non per essere degli scolari di Schelling o di Hegel, bensl per rinnovellarne il pen– siero. E con queste parole, che, accompagnate dallo sfolgorar degli occhi profondi, rivela– vano tulla l'anima sua, l'Eucken mi strinse la mano quando presi commiato, felice di aver attinto dalla conversazione socratica eccita– menti e conforti preziosi. Michele Losacco. F. AMIEL Il mag~or pregio di questo bel libriccino (Carlo Pascal, r: A. Formiggini, ~lodena, 1909) è quello d'essere a1>pu1110 quello eh' esser \'UOle; un pro– filo; niente pi,) e niente meno. E se del profilo ha la nettetza del contorno ne ha anche la straor– dinarin povert..\ rnppresentati,·a: sapendo il nome di chi vi è delineato, con qualche stento, infatli lo si riconosce. Quando s'è lclla la rapida allusione alla legge d'ironia che è uno dei tratti fondamentali della fisonomia psichica dell'Amici, quando s'è tetto il paragone con Eraclito che riu:la la verit..-\se• misecolare che I' Amiel non ne"a ascoltato in– \'ano, a Berlino, gl' insegnamenti Ji Schelling e degli hegeliani, ci si domanda: ebbene, in che cosa consiste la terribile tragedia che s'è svolta in quella grandissima :mima, che la fa 1111110 si• mile a quello che S0ren Kierkegaard chiamò il pili infelice? Nessuna risposta nel libruccio cle• gantis-.imo del Pascal. che mi \'ergognerei d'in– nalzare ad un confronto qualsiasi con quello, pur tanto meno elegante. di Giulio Salvadori 1r: e;. Amit!I o xti ~ffrlli della rrilica nrgalù•a, Roma. Pustet, 1906) non citato nella. del resto incom– pleti~sima, bibliografia. Anche ad una prima lettura del jounmt i11tinu· chiunque c.:oglic, cosi ali' ingrosso, la contrad– dizione che dilania quell'anima strappandola vio• lentemente in due direzioni opposte: da una parte la tenden.:a a « se r>ersonaliser ,. a essere un uomo, un Euro1>eo, un abitante della terra, ad • accomplir sa 1>t:titet.i.che • ad e Ctre reli– gieu-,ement dans '>0ll r0le », a • faire sa petite besogne micro,;copique •; dall'altra quel suo con– tinuo brnsco ritornnre ali' indeterminato, ali' in• forrue per « la volupté de n'ètre pas individucl ,., per qucll'ardc11tc invincibile istinto di « se de• personaliscr •, cl' immergersi .: dans l'océan 1 rn répos • dove • on scnt l:1vie universelle • dove « le,; cho~es se resorbent dans leur principe •· In poche parole il '-UOrimpianto, la ~ua nostal– gfa clt•II' infinito, c111ando,in certo modo, se ne distacca per calarsi nell'azione tomnis detenni– natio e~t negatio) e il suo rimpianto. la sua no– stalgia dell 'azioue <1u:1nclose ne ritira per rac– chiuclcrsi nella comunione diretta con I' A,;qoluto. È eia ricordarsi anche che questo, nppunto perchè contra~to, 11011 trova la ~un pace nel socldi3facimc11to ne dcli' una, nè dell'altra delle due tendc111<•che contms1ano fra di loro, ma bensi in una ter~a ancor confusa in cui <iuelle due si compongano. Difaui l' A miei, se rifugge dal· l'azione, neppure poi si riposa nel ~uo :\'in·ana, ma as1>iracontinuamente e ardentemente a qual• che cosa d'altro e di superiore, ali' • ordre •• eh' egli 1>oiverso il tramonto clella -;ua triste \'ila, in certo qual modo, raggiunge. Con questo il problema amieliano 11011 è eia: posto; ora bi,ogna rbolvcrlo. L'uno dei suoi amori è dato, "ent' altro, dal bene <1u,tl<'la ~ua mente lo "edeva. l'altro dal

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