La Voce - anno I - n. 37 - 26 agosto 1909

150 LA VOCE rie ora ordinato, sono, per la maggior parte, vecchi programmi mal fatti, mal di– sposti, e insufficienti alle più modeste esi– genze di una cultura musicale proression:ile: e se qualcuno ve n'è buono e serio, ce ne sono, d'altra parte, parecchi radicalmente sba– gliati. Siamo in molti a sapere anche questo, e se ci troviamo insieme a discorrerne ce lo diciamo :rnche, in conlidenza. Ma pur essendo convinti che essi programmi vorrebbero tutti, o in gran parte, esser rifatti, secondo un più preciso e chiaro concetto dello scopo cni de, 1 0- 110 servire, noi - professori di Conservatorio - continuiamo a insegnare in quel modo e in quella misura che essi prescrivono, o ci accontentiamo di fare qualche modificazione al solo programma della nostra propria scuo– la, lasciando, senza protestare, che altri pro– fessori continuino a insegnare come prescri– vono i vecchi programmi, poco e male, e i giovani continuino a imparare poco e male. Nei nostri Istituii Musicali vi sono parec• chi professori che, o per naturale incapacità di intelligenza, o per insufficienza di cultura, o per altre ragioni 1 sono indegni del loro ufficio, tanto che i loro scolari stessi non possono nè stimarli nè ris~ttarli ; nei nostri Istituti Musicali si formano spesso le com– missioni d'esame non solo senza speciale ri– guardo agli esami da sottoporre al giudizio delle stesse, ma nominando molte volte a parteciparvi uomini cosl pri,,i di competenza e di autorità che gli esaminandi devono sen· tirsi quasi offesi di averli a giudici della pro– pria capacità, del proprio sapere. Anche que– ste cose - ed altre ancora, che per essere meno gravi si possono qui tacere - le sap– piamo tutti (le sanno anche i giovani alunni dei nostri Conservatori) : ma nessuno di noi ha il coraggio - diciamo meglio: nessuno ha ancora avuto il coraggio - di dirle, di denunciarle. Ora: noi giovani musicisti italiani, col non denunciare apertamente, francamente, tutti i mali, e tutte le miserie, dei nostri Istituti Musicali, diamo, prima di tutto, il più effi– cace contributo alla generale formazione di un basso concetto della Scuola, come istituto di educazione, morale e spirituale, e di cui• tura; in secondo luogo impediamo alla Scuola di esercitare quella rigorosa funzione selettrice dei giovani, per la quale l'attività artistica, come ogni altro genere di attivitll. mentale, dovrebb'essere limitata ai soli atti e capaci: in terzo luogo imponiamo al nostro spirito e alla nostra coscienza una tolleranza dell'er– rore, e dell'immoralità e dell'ingiustizia, che coll'andar del tempo potrebbe diventare consentimento senza vergogna. Koi, dunque, col nostro silenzio e la nostra inazione pre• sente, facciamo cos.1 disonesta e dannosa, dannosa alla Scuola, cioè all'arte e agli uo– mini. Tu dunque - potrebbe dirmi qualcuno di noi - tu dunque hai già dimenticato i di– scorsi da noi pronunciati al Congresso mu– sicale didattico di Milano dell'ultimo dicem• bre ?... Non ho dimenticato, e so che in quel Congresso alcuni di noi afferm:1rono - oh, assai debolmente I - la necessilà di rinno• vare l'ordinamento de-gli Istituti Musicali ita– liani (di risanarne I' org:tnismo no, nessuno parlò: nessuno ebbe il coraggio di mettere a nudo, dell'organismo dei nostri I. M., le vere e proprie piaghe). Come in tutti i con• gressi, anche in quello si fecero molti di– scorsi pur:m1ente retorici, inutili e insignifi– canti, e si perdette molto tempo prezioso a trattare di questioni di nessuna importanza, e se ne perdette anche molto in complimenti, feste e spettacoli. Per la prima ,,olta in Ita– lia, però, si ponò - come si dice - sul terreno della discussione qualche questione vi,•:i e imporlante (1). ( 1) Qua111i, fra 1ut1i, i musicisti italiani, avevan fotto og!{ello di seri e profondi studt l'insegna• mento dell'arte, primn del dicembte ultimo? lo non saprei nominMe che il l\lugellini di Bologna e il Del \'alle e il Bellio di Fire111.e,che un anno o due :\V.tnti ave\'an pubblic:uo - sulla Rivista lfl11sicaleltalitum e sulla Nuova Alusica - cinque o st!i buoni r1rti<:oli sull'insegnamento del pi:"1110- forte. E di articoli note,•oli, di Mgomeuto didattico Si trattò, infatti, di vari programmi d' in• segnamento strumentale, e dei programmi d'e– same di composizione e dello stato presente della cultura lelteritria nei Conservatori. Ma se l'aver posto in discussione iali que– stioni - poche 1 poche, in confronto delle molte di cui si sarebbe dovu10 traltare - potè dimostrare essere convinzione di molti musicisti italiani che l'ordinamento generale degli studi musicali è necessario rinnovarlo, il modo con cui le questioni furono trattate fu veramente confortante, serio, degno? ... Alcune questioni furon trattate, si dai re– latori come dai partecipanti alla discussione, senza preparazione, leggermente e superficial• mente i altre furon trattate in fretta i e sud– divisa la trattazione delle pii.1 importanti fra vari gruppi di congressisti, si trovarono alla discussione di alcune, nove o dieci persone, compreso il relatore, e magari qualche rap• presentante della stampa milanese, indiffe• rente 1 si capisce, a che le questioni fosser trattate bene o male. Ma sopratutto mancò nei congressisti - relatori e disputanti - mancò in noi tutti, insomma, la lranchezza di dire le cose come si dovevan dire, mancò il coraggio di sco– prire e mostrare il male dappertutto dov'è, in tutta la sua estensione e gravità : mancò a tutti noi, generalmente, il santo ardimento di dire, forte e chiaro, quello che bisognava e;. bisogna fare, tutti insieme, concordemente, e con entusiasmo, e senza paure e senza viltà, per infondere alla Scuola musicale una vita– lità che ora essa non ha. Qualche amara ve· rilà la dicemmo, si, ma come ci studiammo di raddolcirla contornandola di sapienti pa– role ambigue I... E quante altre amare verità avremmo dovuto dire I Qualche cruda parola fu ben pronunziata dai pit1 coraggiosi, ma si perdette nel mezzo delle parole insulse e pru• denti dei cento e cento timidi. Ora: noi tutti sappiamo che sul principio del prossimo anno scolastico (a novembre) i Direttori degli Istituti Music.:1li italiani do– vranno presentare al Ministro le loro propo– ste definitive per I' aumenlo degli stipendi miserrimi dei professori. Presenteranno essi contemporaneamente, al Ministro, un dise– gno di riforme regol.1mentari e didattiche? (Non lasciarono credere, al Congrcs!-O di Mi– lano, che ci avrebbero pensato ?) E in lécl caso, da qual punto muoveranno i nostri Direttori per proporsi, prima, scam– bievolmente, le riforme delle quali discutere, sulle quali invocare, poi, l'approvazione del ilinistro ?... Stando a quel poco che fin qui è noto del loro pensiero sullo stato presente degli Istituti Musicali italiani, si può dire che la somma delle loro o!-servazioni in proposilo sia tale da farli pienamente co• scienti del male che esiste nei Conservatori, e di tutto ciò che bisogna fare per il bene degli stessi? ... Fonderanno dunque es!-i il loro piano di riforme sulle risulta111.e del Congresso di Milano? ... Ma gli atti del Congresso di .Mi– lano non sono st:tti ancora pubblicati, e non lo sarnnno, certo, tanto presto. 1\fa quand'an– che fossero noti, potrebbe10 i nostri Diret– tori riconoscere agli stessi il valore sufficiente ad informare i loro disegni. le loro propo• ste? I voti pronunciati dal Congresso di :Mi– lano sulle pii1 importanti questioni che vi <i trattarono - e furono, ripeto, pochissime, mentre eran tante di cui si dove\1:t tr:1t1are - furono veramente espressione del pensiero della maggioranza dei congressisti? ... Ma lo sappiamo tutti: quei voti, formula.ti dalle singole sezioni del Congresso in seguito a discussioni quasi sempre superficiali o insuf– ficienti, furono approvati dall'Assemblea ge– nerale dei congressisti SCll{O la ro11osce111,a - che sarebbe staia necess:tria e doverosa - nè della /ralfa\i011e falla, di ogni 911tslionedel rt/11/ore designato dal Comitalo direttivo del Congresso, nè do/la discussione ,;u,: ogni /rat– fa{ione nt·cra dato luogo. musicalt:, pubblic:'lti dopo il congresso cli Mil.1no ìo non posso citarne che 11110 1 uu onimo articolo, del quale discorrerò in seguito. del mio carissimo amico Enrico Polo su lo studio della ,•iola e della musica da camera nei Consen•atort. BiblotecaGino Bianco Insomma : dato che i nostri Direttori pre– sentino al Ministro, a novembre, un disegno di riforme regolamentari e didattiche per gli Istituti i\lusicali italiani (si dice anche che l'abbian già presentato; che sia vero? ... non e, sarebbe dunque pili rimedio, se le cose fosser stale fatte male?) che diseino po· traano presentare? ... Un disegno di riforma generale dei regolamenti, dei programmi di studio e d'esame? ... Senza volerli offendere, . e senza voler dubitare delle loro buone in– tenzioni e del loro amore per la Scuola e per l'arte, io credo si possa dubitare della sufficienza dei loro studi al propo.sito. C'è, infatti, fra loro, chi non ha ancora pubblica· mente espresso, sulla questione, il suo pen– siero e le sue idee, e perchè non si può giudicare di ciò che è ignoto, si può sup– porre che quel pensiero e quelle idee sian buonissime. 1\.la c'è chi sulla quP-stione ha già scritto : e ha scritto male. Presenteranno dunque, i nostri Direttori al Ministro, una proposta di riforme solamente . parziali ?... Auguriamoci che non sia. li rimedio non gioverebbe punto al male. Di riforme par• ziali non è il caso. Non che le cose vadano un po' meglio, c 1 è bisogno ; c'è bisogno va– dano bene (, ). lo sto per comincia1e a scrivere una cri– tica particolareggiata, minuta, e per quanto starà in me esauriente, del!' ordinamento at· tuale dei nostri Jstituti .Musicali (dei regola• menti, dei programmi, delle diverse materie che vi si insegnano, dei sistemi d' insegna– mento, e via dicendo). Le ragioni per le quali mi metto a scrivere proprio ìo questa critica si trovano già espresse, in sostanza, nel le linee precedenti. Ci sono, insomma, delle cose che bisogna dirt: 1 che (: necessario dire per il bene della Scuola e dell'arte mu– sicale ila liana i nessuno le dice? le dirò io: l'amore che - non retoricamente - mi arde in cuore per l'arte italiana, per la Scuola, e per gli uomini, mi dà animo a parlare, as– sai più di quanto potrebbe bastarne. Un solo avvertimento, prima di cominciare ai miei colleghi, a me noti e ignoti. Io par– lerò molte volte delle colpe di noi insegnanti in generale, senza distinguere. Spero che nessuno sorgerà a dire: « Ma io cotesta colpa non I' ho, ma io di coteste cose non n' ho mai fatte e non ne faccio"': ma io faccio, invece, così e cosl ». So, so che e' è fra noi tutti chi fa meglio, di altri che fa male, come c'è chi fa peggio : e se mi parrà doveroso e necessario dirò anche il bene che penso di chi fa bene, come dirò il male che penso di chi fa male. Ma, in nome di Dio, non mettiamoci a difendere uno per uno la nostra personale opera di insegnanti ; tanto pii., che di colpe, un po' più un po' meno, tutti ne abbiamo. Per rendere le Scuole musicali italiane degne non già di stare a pari delle straniere - IC quali non bisogna credere vivano una vita molto pii.1 san:t e vigorosa e utile dellC nostre - ma degne dell'Italia quale noi la vogliamo, bisogna oggi, per prima cosa, .,;he noi - noi giovani musicisti italiani - ci diciamo francamente quali sono i nostri er• rori e le nostre colpe (anche il non far null11 è una colpa) e quale dev'essere il nostro compito del presente e dell'avvenire. Le lodi dell'opera nostra, se bene avremo fatto, le diranno poi i nostri figli. Incominciamo. (I) Ricevo in questo punto dn l'irenze una let– tern con la quale un amico mio mi avverte che, a quel che si dice, il ministro presenterà si _ a novembre - ::illa approvazione ddla Camern il progetto di legge per l'aumento di stipendio ai professori degli Istituti !\lusicali dello Stato (in base alle proposte pn::sentate dai clireltori degli stessi), ma che egli 11011 solo non sosterrà la ne~ cessilà cli lllcun~ riforma nell' ordinanieuto dei Conservatort, ma di riforme 11011 vonà nemmeno se ne parli. E noi musicisti lasciercmo che ,·engan mante– nute all'Italia. scuole musicali si mal ordinate nelle quali 11ep1>ure l'opera buona indefessa illu~ n'.inata degli inseg1rnnti pili volonterosi può imi>e• dire. che esse producano degli asini e degli igno– ranti? .. E noi J>rofessori per le poche ce11ti1rniadi lire che lo Stato ci darà all'anno in pili sui nostri stipendi attuali - salari da manovali ~ soffoche– remo vigliaccamente nel nostro 1>ettola voce della verità? .. J. Come entrano i giovani nei nostri Istituti Musicali, come vi rimangono, come ne escono. L'affiuenza dei giovani :igli ls1ituti Musi– cali - questo bisogna mettersi bene in mente prima di tutto - oon è determinata, nella maggior parte dei casi, dalla scoperta di una loro speciale allitudine alla musica che i pa• renli abbiano fatto. Su cento ragazzi che si presentano oggi alla ammissione in un Con– servatorio, si può credere che trenta, a dir mollo, avranno indotto i genitori a chiederla per aver dimostrato i11modo chiaro una pro• mettente intelligenza mu<icale: di quaranta o cinquanta i genitori stessi avran pensato di farne dei musicisti in seguito a considera• zioni puramente economiche sulla vita d'oggi (possibilità di metterli in grado di guada– gnare quallrini in bre,·e tempo): e dei ri • manenti i genitori, ancora, si saran ridotti a fargli tentare la via del Conservatorio dopo aver tentalo invano di avviarli ad altri studi, dopo averli avuti rinviati 1 per insutliciem.1 di profitto e magari d'intelligenza, dalle ultime classi delle scuole elementari o dalle prime classi del ginnasio o della scuola tee• nica. All'aspirante all 1 ,1mmissione in Consen•a• torio si chiede ora, dai vigenti regolamenti: 1.°, che egli provi di avere attitudine agli studi musicali; 2.°, che presenti il certificato di proscioglimento dalla terza classe elemen– tare ov'egli chieda l'ammissione al corso prepdratorio di teoria musicale, e il certi· ficato di promozione dalla 4: alla 5... classe elementare ov'egli chieJa l'ammissione a un corso principale (di composizione, di canto o di un qua15iasi strumento) (1). Si capisce facilmente che a un ragazzo ancora ignaro di musica non si p~ò chiede,r molto a prova delle sue attitudini musicali : e molto non gli si chiede. Basta dimo• stri di aver orecchio, e basta non abbia di• fetti fisici tali da impedirgli l'esercizio di uno strumento ad arco, a fiato; a tastiera. Ma su ceqto ragazzi ce ne sono forse pill di dieci che non sappiano intonare, con voce bella o brutta, forte o debole non importa, le note seguenti o disgiunte di una scala mu• sica le? ... Orecchio musicale: e chi non ne ha? ... E quanto alla attitudine fisica allo stu– dio di uno strumento qualsiasi, chi mai può negarla a un ragazzo che non sia storpio, o nano, o tisico marcio? ... Veramente per am– mettere i giovanetti allo studio degli stm menti a fiato in generale - e in particolare di quelli pili faticosi o dannosi a sonare, come il trombone, la cornetta e il flauto - si dovrebb'essere assai pili esigenti, di quel che non si sia, nella loro robustel7a. Ma per lo studio degli strumenti ad arco, e di quelli a tastiera? ... Non c'è bisogno di essere Er· coli: e non c'è neanche bisogno di avere le mani di un Liszt o di un Paganini. Alla prima condizione posta dai vigenti regolamenti per l'ammissione dei giovani in conservatorio non può esservi, insomma, fra gli aspiranti, nessuno o quasi nessuno che non possa corrispondere sufficientemente. E chi poi non deve poter corrispondere alla seconda delle condizioni suddette? ... Per la nostra vergogna, di analfabeti ce n'è ancora oggi molti in Italia, ma saranno nelle campagne, sui monti ; nelle città, che danno ai Conservatori il maggior contributo non ce n'è pili. E oggi, per ammettere i giovani in Conservatorio, si chiede proprio solamente che essi non siano analfabeti. Perchè - si noti bene - il certificato di promozione dalla terza alla quarta o dalla quarta alla quinta classe elementare vale tanto per am• mettere un bimbo di nove anni alla scuola di violino come un rag:1z1.o di quindici alla scuola di composizione, come un giovanotto di venti o ventidue anni alla scuola di canto (2). (1) V. lo Statuto del R. Co11servaloriodi Parma a1>pr.con R. Decreto 2 maggio 1901. (2) Io ho citato, dianzi, il regolamento del R. Conservatorio di Parma. Qualcuno potrebbe os• servarmi che 11011 tutti i regolamenti vigenti nei nostri Istituti Musicali so110 uguali, riguardo al grado clicultura letteraria (chi:uuiamola cosi tanto per intenderci) da pretendersi per l'ammissione

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