La Voce - anno I - n. 14 - 18 marzo 1909

54 grande fratellanza, e avendo attuato tutti sè stessi, vivono la pura vita dello spirito: e il loro unico scopo è quello di aiutare i fratelli minori ancora avvolti nelle tenebre dell' i– gnoranza. La Società Teosofica quindi per rappresentare in terra I' imagine di quella dei suoi divini ispiratori, si propose di at– tuare praticamente l'ideale della fratellanza basata sulla conoscenza di verità interiori, e così l'unico dogma o credo della nuova isti– tuzione fu quello del riconoscimento della fraternità umana. I teosofi poi, accettato que– sto credo, dovevano prefiggersi come scopo lo studio e lo sviluppo delle facoltà interiori dell'individuo, mercè le quali la rede nella grande unità della vita si sarebbe trasformata in realt:ì. Ma i Maestri assistevano davvero o erano parto di una fantasia malata? Si era, ripeto 1 in ~rn• epoca di schietto materialismo e di grande incredulità: solo ì fatti potevano con– vinCere e si invocarono i fatti. La Blavatsky, visto che la teoria non persuadeva, ricorse al fatto : e poichè non poteva far apparire in c:une ed ossa i Maestri in persona 1 pensò di dimostrare l'esistenza in noi di poteri occulti dai quali si sarebbe potuto inferire l'esistenza di esseri superiori ali' uomo. La Blavatsky era in fondo un medium straordi– nario, e potè darci dei fenomeni interessan– tissimi. I più naturalmente gridarono ali' in– ganno, 111:1 alcuni si persuasero; e la Società Teosofica intanto prese piede e si andò dif– fondendo. La Blavalski (l'altro fondatore il Col. Oleo!! non è che una figur:1 secondaria a cui è af– fidata la parte umile ma indispensabile, di amministratore) ebbe però il buon senso di non dar troppa importanza alle manifestai.ioni medianiche e all'occultismo fenomenico; essa in un notevole libretto sui Primi passi del– l'ocodlismo, riduce questa scienza misteriosa a un semplice studio introspettivo di noi stes– si ; il suo occultismo quas{ si identifica col y,;wO ~ ou.tu ,O•J dell'oracolo delfico. Qu:rndoessa mori le cose cambiarono. I suoi discepoli migliori quali i\lead e il l<eightley, studiosi seri ed equilibrati, furono presto sopraffatti da due persone che do\'evano esercitare una inAuenza cosl funesta nella Società: Annie Besant e Charles Leadbeater. La Besant, di cui è impossibile tracciare in poche parole la vita avventurosissima, era giunta alla teo– sofia attraverso la scienza e l'ateismo più crudo: era stata socialista e conosceva tutte le astuzie della politica ed era maestra nella grande arte del persuadere. Divenuta teosofo, ebbe un breve periodo di raccoglimento ; poi alla morte della Bla\'atski, iniziò la sua attività teosofica come direttrice della Theoso· fict1I Review, e come conferenziera. Dotata di ingegno vivace e assimilatore e di grande eloquenza, riuscl presto a imporsi ai compa– gni; a molti apparve come una rivelazione, e anche fuori della Società ebbe ammiratori note,•oli, che riposero in lei delle grandi spe* ranze. Fu illusione di breve durata ; la Besant andò in India e in una serie di conferenze tenute nel 1 893 al Congresso teosofico di Adyar, e pubblicate poi in un volume, di– chiarò apertamente di abbracciare la religione Hindu. Fu la sua rovina: gli indiani fanatici e superstiziosi, videro in lei la reincarm•– zione di non so più qual divinità, e l'ado• rarono ; ed ec:c:a,che come tutte le donne aveva un lato debole, quello della \':rnit:l, si lasciò adorare e si stabilì definitivamente in India, a Be1rnres, dove fondò anche un col– legio. Intanto in Europa e in America, tra ! teosofi cominciava a spargersi la voce de 1 grandi progressi spirituali compiuti dalla Be– sant, dei suoi rapporti sempre pili frequenti con i Maestri, dello sviluppo mernviglioso dei suoi poleri psichici, e via dicendo; essa non era più una donna ma una Iniziata, un'Adepta. Sorsero subito le piccole gelosie e le basse invidie; il presidente della sezione americana vedendo scemare l;i sua autorità, pensò di ricorrere ai metodi della Besant e a!ft::rmò senz'altro cli essere in relnione coi .Maestri di cui pubblicò varie lettere che furono poi dimostrate false. Ne nacque uno scisma e la Societ:1 Teosofica ne uscì parecchio malconcia, LA VOCE a,,endo perduto un terzo dei suoi membri; ma la Besant trionfò e con essa pre\'alse la tendenza morbosa di dare importanza ecces· siva ai poteri psichici, tendenza che doveva trovare il rappresentante più cospicuo nel Leadbeater. Costui, entrato nella Società Teosofica dopo a\'er lasciato (o esser stato cacciato?) il suo ufficio di pastore protestante, rimase più o meno nell'ombra, finchè visse la Blavatsky; ma alla morte di lei, si fece più ardito e si rivelò al mondo come possessore di straor– dinarie facoltà psichiche. La rapida ascensione del Leadbeater fu contemporanea a quella della Besant, e i due anzichè escludersi e combattersi, si unirono e aiutarono a vicenda. Il Leadbeater, la cui chiaroveggenza era stata accolta senza ombra di dubbio dai suoi se– guaci, cominciò a descrivere nei suoi libri e nelle sue conferenze, i misteti dell'al d'i là, e i vari « piani » che secondo la dottrina occulta, corrispondono ai vari corpi cieli' uo· mo. La Besant, che si ern proposto il com– pito di volgarizzare le teorie piuttosto oscure esposte dalla Blavatsky nella sua opera fon· <lamentale La tlollriua segrela 1 (libro strano e complesso del cui valore non è possibile dare un giudizio sommario) )nentre prima si era indugiata più a mettere in rilievo il lato mo– rale dell' instgnamento teosofico, cominciò ad insistere anche essa, sui problemi diciamo cosi occulti ed exoterici. A questi due tenne _dietro degnamente un ·altro teosofo, il Sin– nett, che si vantava di essere ispirato da un Maestro <lai quale gli erano state rivelate tante belle cose sull'evoluzione umana nella luna, sulla costitm.ione interna della terra ecc. Sorse cosi quell'inarrivabile lette1atura teo– sofica che tutti conoscono: dai manualetti che trattano, in forma piana e accessibile a tutti, dei vari corpi dcli' uomo e dei vari piani di materia, ai poderosi volumi sulle diverse forme dell:1 coscienza, sull'uomo in– teriore, sui progenitori dell' indi,·iduo umano e sulla erudizione sua nei misteriosi e scom• parsi continenti dell'Atlantide e della Lemu– ria; libri in cui si trovano discusse con se– rietà invidiabile le grnvi questioni del P.Crcliè i vari l.ogos si siano decisi a creare il mondo e del come l':1bbiano creato : cieli' utilità delle prigioni astrali e delle possibilità di ab– breviare o allungare il termine che intercede tra una incarnazione e l'altra; e in cui ri– corrono domande come questa: « cos.1 faceva l'uomo nella luna? ». (co11/i1111a) Guido Ferr'ando DEBUSSY Sarebbe un' ingenuità credere che certe forme del brutto, dirò cosi, elegantemente raffinate, possano produrre da loro stesse una rivolta profonda ed efficace. Senza ricorrere ai casi non rari in cui tali forme sembrino 1 esclusivamente 1 il 11011 plus ultra della bel– lezza, molto meno raro, anzi comunissimo m'è accaduto incontrare uomini provvisti di attitudini artistiche 1 che sappiano compren– dete indifferentemente un pezzo di musica vera, pieno cli liricità, altrettanto che un pezzo di falsa musica antilirica. Rile,•o per metterlo nella sua giusta luce questo fenomeno che è sembrato a taluni come un miracolo della bravura crilica mo– derna. Ed è certamente segno di doti cri– tiche pre1.iose. Se non che è una specie di bravura inutile, poichè mancante del più ; cio~ mancante d'un \'ero e preciso « cri– terio di giudizio > 1 di quella specie di bus– sola interiore che aiuta I' uomo di gusto a divenire un perfetto ed oculato c.tpitano uei mari sconfinati del!' arte. Si può infatti negare che certe cose di Debussy sier.o costate ali' autore una fatica e una ricchezza di scienza musicale, non certo inferiore, sebbene <l' una qualità più fìna 1 agli sforzi ed al \'irtuosismo tecnico d'un Riccardo Strauss, d'un Max Reger e d'un Gu– stav Mahler? Si può negare, che l'abituarci len• tamente a dare tal significato ideologico a tali suoni, che il divertirsi a indovinare il senso let– terario nascosto sotto il velame degli accordi strani, può dare a volte delle voluttà ignote alle anime volgari? Si può negare che il ripro– vare con la nostra sensibilità critica tutte le :111:-iee le gioie che si avvicendarono nel compnsitore mentr' egli coslrnitia, per es. la coppia della danta sacra e della dan{a pro– fana oppure quel barocchissimo Omaggio a Rameau, è concesso a ben pochi, anzi a ben pochi 1ecnici e può anche qmndo siamo ar· ri\'ati in fondo, far provare il piacere di un trionfo dello spirito sulla materia? 1011 si può. I~ veramente una delle glorie del l'agile facoltà cri1ica moderna questa di saper t.:omprender lutto e la verità e I' er· rore, e il bello e il brutto, questa di saper mettersi in tutte le posizioni 1 in tutti i pili arguii punti di vista in cui si misero certi spiriti ricchi in trovate ed in astuzie se non in vera e propria fantasia, quali Claude De– bussy o chiunque altro abbia sacrificato l'arte a una re:nione, a un principio letternrio qua– lunque. Ma non si può negare neppure che questa bravura critica si:1 in fondo imperfezione, in– compiutezza critica, che, anzi, sia una delle tante forme del ,dalivismo, che impesta molte intelligem.e moderne, la cui fecondità non basta a spingerle in un s:rno bisogno di assolutezza. E non è forse anch'essa una delle molteplici incarnazioni dello scaltro Ulisside, che sa cavarsi cl' impaccio da tutte le situazioni con un'abile menzogna, ma che lentamente finisce per diventare una specie di recipiente atto a ricevere tutti i contenuti, cosi, passivamente, senza re:u.ione diversa alla buona come alla dubbia qualità del contenuto ? Ora Debuss\l è un cosi raffin:l.to inventore di no,iit:l, che il comprenderlo è, di già, un miracolo di critica 1 anzi è la ricostruzione di quel prodigio di critica, che nell'autore tenne il posto della ricerca e visione spontanea dei mezzi, che suol precedere ogni capola– voro della fantasia; prodigio di critica su cui sono imbastite tulle o quasi tutte (ndle cose giovanili c'è qualcosa di infantile ma di sincero) le composizioni del Debussy. Poichè sogliono nascere nei periodi di civilt;'l; m:'ltur:1 uomini cui ad esser critici manca - il 11011 credersi artisti; e ad essere artisti - il non sentirsi così. acutamente critici. Queste nttture duplici che per far della critica ci dànno 1111 esemplare delle loro deduzioni-induzioni, e che per far del– !' arte ci dànno della critica che non è cri– tica e non è arte, non sono, a mio parere, da scambiare con i cattivi artisti veri e pro· pri, la cui missione è di far dell'arte sba– gliata altrettante incoscientemente che, inco– scientemente (cioè, non riflessamente) un genio crea della vera arte. Non vanno scam· biati con un Manzotti e con un Petr~lla, abborracciatori superficiali di ritmi e di me• lodie da macellai. Queste creature riAesse 1 ce– rebrali, che io chiamerei gli arlisli critici, sono infinitamente pili profonde di un Man– zotti e di un Petrella, ma sono come delle mulli-nalure, nessuna delle cui svariate doti raggiunse il suo necessario svolgimento: in– vece tutte si confusero in modo da formare un aborto, si, ma un aborto gravido di signi– ficati. Non fa quindi meravig-lia che un uomo come Debussy ecciti talmente l'ammirazione in specie dei giovani. Egli è forse l'uomo di tutta Europa che oggi abbia, dopo Strauss, sia pure a forza di infiniti calcoli e di scarsissimi lampi fantastici, spinto più innanzi la tecnica (specialmente armonica) della musica. Ed è naturale che i giovani più insofferenti delle vecchie pastoie, gli spiino tutti gli interstizi che, invece di grandi vie sboccanti all' in– finito, egli apre sul futuro. È naturale che i molti poeti, che pur non giunsero a far esplodere il loro materiale accumulato dal dolore e dalla vita, lo amino. Poichè De· bussy è un di questi poeti che mai non fecero versi e che pur colsero dalla realtà ebbrezze e sentimenti delicatissimi annientati da non so quali manchevolezze di memoria e di attenzione. È naturalissimo che in un tempo come il nostro, in cui con una fa. cilità eccessi, 1 a alle sintesi semiartistiche e semifilosofiche, tutti si permettono di avere i loro bravi abbozzi di teorie generate per lo più da frammentarie e scarse esperienze BiblotecaGino Bianco (teorie, del resto, che stupirebbero per la loro : 1cutez.za i nostri padri italici) adori De– bussy. Tutti coloro che all'urto dei difetti Beet– hoveniani e post-Beethoveniani, \Vagneriani e post-\Vagneriani 1 si costruivano una specie di teorica arte rimedio, e che sentendo \Va– gner f,ff cosi, dicevano in cuor loro o sulle riviste, pur non perdendo per punto d' ap– poggio \Vagner : a me piacerebbe un' arie che facesse cosà; tutti costoro trov~rno in 0e;:busc:y degli esempi del loro bel sogno .... correttivo attuato. Chè 1 nonostante la frene· sia di novità, non v'è peno di Debussy per chi non h.:1ondulato nel ritmo flore:ile della danza partenia nel giardino di Klingsor o per chi non ha goduto degli arabeschi con· trappuntistico•orchestrali dei 11/11esiri Can· /ori. Al modo stesso che dal grand' albero victorhughiano nacquero gli arbusti che, cercando di soffocarlo, non riuscirono uè ad assalirne In altezza, nè a farne dimenticare la paternit:ì. Debussy è dunque / 1 arlisla critico per ec– cellenza. E io carico di tutte le sfumature più pregnanti dei vocaboli: Biza111inismo 1 Estetismo, Decadentismo etc., questo agge1- tivo, per distinguerlo meglio dal suo simi– gliante fratello: critico, che significa ben altra cosa, per quanto attuala ben di rado. Con tutto ciò non si creda che io spinga a disinteressarsi dell'opera di Debussy. Quanto Strauss egli merita di essere stu– diato: egli è uno scopritore, un audace pio• niere della novit?t. Le buone parrucche degli Istirnti musicali coi loro relativi aborti di scolari eternamente addietro alle vere cor– renti music;di e eternamente nemici della pii1 element,1re cultura - che oggi non è mai bastevole - non potrnnno mai nem– meno sognare :i.ccanto a quali tesori di sco– perte tonali e rìtmiche e contrappuntistiche e orchestrali essi vivono ignorando Debussy. Ma i I vero artista non lascia sfuggire nulla che valga a aiutarlo ad innalzare, sia pure tra I' indiffererenza più glaciale, la sua serena grandezza. Ma, anch,! cornpresa d:ii critici cui allu- devo in principio del!' .articolo, :1Jl'_op,~c~c;i~dwi.._- . Debut:.<:.y è dunque possibile dare valore schietto e puro di arte - e io intendo l'opera debussyana nel suo complesso, non in certe singole parti dove qualche goccia di vena può anche essere sgorgata? A questo è necessario rispondere con vigore : no ! Perchè un uomo cosi complesso, cosi ri- flesso1 cosl 11011 uno, com'è Claude Debussy possa di,,entare un vero creatore, manca, non di ritornare innocente di tutti i mali (se dinanzi ali' arte vi possan essere altri mali che estetici) in cui è immerso, non perdere quella sua riAessità critica; non quella sua mirabile attitudine a scoprire con orecchio delicato sottilissime relazioni tonali, la quale lo fa uno dei più grandi armonisti del tempo i non quella sua squisita natura di poeta quale traspare dai titoli dei suoi tentativi musicali. Ma di ridivenire dinanzi a sè e a tutte le cose un entusiasta, un ap· passionato, un primitivo, un barbaro. Che infatti sono. da più di lui 13ach, Hiindel, Beethoven, \.Yagner se non degli uomini che hanno risentilo 11 umanità pur cosl di- versa da quella delle prime ère del mondo, barbaramente? Artista vero è colui, che ri- torna barb,iro anche dinam.i alla complessa civiltà moderna. Quello che la metafisica storia umana del Vico ci insegna essere il primo stadio del vivere umano 1 il vivere lirico, nella musica è rappresentato da /ii'lozart non da Clementi, da Beethoven non da Cherubini e 1 son dolente di urtare tanti sistemi troppo nervosi, da Mascagni, non da Debussy. E pur troppo Debussy con tutta la sua critica, con tutte le sue ripristinazioni di lingue musicali o esotiche o trapassate non diventerà mai quel primitivo, quel!' intuitivo, quel lirico 1 quel bnrhnro 1 sebbene anche lui posi da débauclté barbaro, come oggi con• viene. E smettiamola finalmente con tutti que– sti programmi da spiriti che, come disse Carducci, hanno bisogno per scrivere di un nuovo sistema d' estetica al giorno I E smet– tiamola con tutti questi rifornì al 'aulico,

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