La Voce - anno I - n. 9 - 11 febbraio 1909

LA VOCE che sembrano oggi grida spagnole, e, che di queste debbono aver a, uto il classico insuc– cesso, se fu necessario più tardi condire i com• ma delle contmvvenz.ioni con qualche anno di galera per gli ignobili (sic) e la relegJzione per i delinquenti patrizi; Venezia, che tanto bene riusciva a rarsi obbedire per mezzo del Cristoforo di poli1ia senza leggi e regola· menti, senti nnch 1 essa il bisogno di decre· tare qu:ilche cosa per tutelar l'arte paesana. Giù, gil\ 1 preso l'andazzo, tutta l'Italia ebbe leggi del genere: anche il minuscolo state– rello lucchese ebbe pili tardi il prudere di lcgirerare in materia. La Terza Italia, in tantJ mèsse di disposi– z.ioni creJè oppo1 tuno di cucinare nel tempio di Temi un polpcttune, che contenesse un po' di ogni cosa : e dataci sopra una salsa d, mi– sure SC\'ere pre,;;e J1 pian la Jall' Editto Pacca, imbandl un piallo complesso, indi&es10, che ahro merito non ebbe, se non quello di fo– mentare il contr3bb:mdo Jegli oggetti d 1 ar1e 1 di iniziare un:1 serie di clamorosi processi ~gulti <la se\·erissime condanne, e, d:t asso– luzioni in appello. li progetto di legge dell'on. Rosadi \'er– rebhe in ceno modo a riparare al caotico disordine della legge provvisoria; ed anche a stringere quelle m:,glie che per me120 di cavilli, eh inlerpetrazioni ambigue, avevano lascialo sfondo all 1 ing:111110. Coll'approv.1zione tiella nUO\'a legge si ver· rebbe co,;;I a mettere nelle mani degli addetti agli Uffici Regionali di Esportazione un'arma difensi\"a perfezionata; e si \'errebbero a to– gliere anche incerteize e titubanze della legge: cose tutte che avev3no un po' impacciato gli incaricati nelPapplicnione della legge stessa. Yediamo ora. date le condizioni presenti 1 come ed in quanto una legge più o meno esplicila, prn o meno se\'era, possa modificare le condizioni .1t1uali. Se si considera per uu momento che la legge Rosadi, per quanto perfetta, è in fondo figlia delle vecchie disposizioni, che di que· ne h:l tutta l'essenza, è lecito arguire che la nuova legge 1rover1\ gli stessi ostacoli, e che le mocliticnr.ioni ccille quali la si è \·o– Iuta imbellettare non saranno atte a cambiare lo s1ato delle co!l:e. Sotto un certo punto di vista, le \·ecchie leggi erano già rispondenti allo scopo: e,çe erano frutto di esperienza. L.l\·oro di eminenti giu(sti, porla\ano in sè tutto qu:rn10 erJ di meglio nella scienza e nella pra1ica Ji generazioni. Troppo poco ag– giunge a queçie la legge nuou che si pro– f,":ett21ec.--a!i:Omiglia le altre e delle altre a\'rd la sorte. Peraltro, \"ien fatto di domandarsi, se tanta ~rudizione giuridica, se tanta esperienza in materia legale ha sempre naufragato all'atto pralico - ed i fatti, clamorosi, son là a pro– v,,rlo - non è il caso di vedere se il guaio risieda altrove che nella legge? Spunta qui, naturalmente, un sospetto che il vecchio decreto mediceo 3\'esse quasi in– tuito 0\'e si imperniava l'inconveniente,quando, e sia l ure fJncinllescamen1e 1 \·oleva rimediare alle« inventioni de' ga\"illanti • ed all2 e igno– rantia Jegli ufficiali >. J « gavillanti » se c'erano allora - e ce n'e– rano abbastanza da dar nel naso al Legislatore, - non t Ja credere che saranno scemati og~i che il commercio delle co-.e d'arte è in pieno rigoglio . .\nu :,j può a~.-.erire ,;;enza tema di smentite, che e-.s1sono centuplicati e che hanno perfezionJll i lo,o sistemi ; che sono dei veri geni della frode accosto a quei po\'eri diavoli, che, Dio sa quanti tratti di corda si saranno beccati per portar via un lnoraccio di quel manierista che fu Cecchin Salviati, o qualche solenne porcheria <li quel presuntuoso del ,\le– cherino. E sono proprio i e gavillanti » contro cui si ~punteranno gli strali ddle r,uove misure proiblti\"e i e, 1 saranno sempre al loro posto per dar a creJere lucciole per lanterne agli addetti d~gli CJlici di Esportazione; almeno tino a che questi ultimi, o per ignoranza, o per incapacil3 çcg_uiteranno a prendere quelle cla!),icht: éeudt, che t:tnto hanno fino ad oggi illustrato i ~uJJelti uffici. Che se per caso qualche impie1.t•to, affilando le armi, di\·e– nis~ più c3race degli altri, nulla impedirà ai signori e è\:avillanti • di fare un \"iaggetto circolare allJ ricerca Ji qUalche ignorante Com– roissario degli uflici di provinci,1 1 e di farsi ri– lasciare il pa,;,s..1porloche sarebbesi loro negato altrove. Sulle gesta dei « ga\·illanti > si potrebbero scri\'ere dei \'Olumi; la genialità di alcune loro trovate meriterebbe quel perdono, che una legge greca accordava ai ladri di spirito. Dai nostri Uffici Regionali sono passati quadri di mciito 1 i quali ritoccati a tempera, dopo :wer coperta l'opera di una nrnnodi colla, apparvero all'occhio grosso di quegli ufficiali - ahimè; rrncorn di poca« intelligentia eco– gnitione > - cose indegne della loro atten– zione, husti del quattrocento truccati con parrucche alla Cafieri ed ornamenti rifatti a stucco: statue greche, cui furono tolte le teste e scomposte le membra per ispedirle per mezzo dei vari l"flìci Regionali e ricomporle più lardi in qualche nordica \'allt: di Gio– saffat: che \"'IC>trebhe poi es~cre anche il labo– ratorio di un noto ,\luseo. Infine, se si \"O· lesse tenere dietro a lutte le geste dei « ga– \'illantl >, non baslerebbero le colonne di dieci numeri di questo giornale: sarebbero aned– doti piccanti, geniali commedie, e cose tutte che proverebbero nncora una volta come al mon<lo nulla sia pili inverosimile del vero. Visto, dunque, che i « gavill:mti » ci sono e che sono in progresso nelle loro trovate, esaminiano orn se gli Uniciali incaricati della non facile bisogna di decidere Il per Il di un capola\'oro, o di un:t ,:roulc, siano anch'essi divenuti agguerriti come gli a\·\·ersari, o si siano mant~nuti • di ;ioca cognitione et igno• rantia » quali li \'eJe\·a e valuta,•a la legge medicea. Certo parago113re i nostri Cfficiali Regio– nali, qua,;;j tutti profcs.,ori o per lo meno ca– valieri, ai \'Cechi l"ffici.1li dell,1 dogana medicea può suonare 01Tes;1.Pu1e 1 se ben si considera, questi eruditi d'arte che cos., hanno di più di qne!-li loro antenati? Un po' di scienza. Sanno - non tutti l;1 Storia dell'arte; scrivono, fanno delle confert:nze, chiacchierano, blaterano sull'arte; ma con tutto ciò all'atto pratico essi non differiscono dai \'ecchi im– piegati e come questi non sar<!bbero cl!paci di distinguere un quadro buono da uno cat– tivo, una figura ben disegnata da un fantoccio fuor d'insieme, un'oper3 originale da una copia, un quadro autentico da uno falso, non~ chè difen<ler,;;i dai numero:.i inganni di chi \'Uole frodart>, o !,UI prezzo o sul merito del– l'opera, l:t legge sulb esportazione degli og– getti d' :ute. In fondo : ,;,eben si considera tutto questo stuolo di eruditi maldestri, che si è insediato nei nostri ulfid J'ane 1 e che ne succhia le laute e le mcd iucri prebende, non lo si può neanche accus;1rc:: di mala fede nè di poca coscienza. D,11 momento che lo scrivere d"arte fra noi presla fino dalle prime mosse allo scrittore una smisurata presunzione di sè, tanta presunzione da non for scoprire la propria in– competenza, è piu che naturale che tutti questi Signori componen1i lo stuolo eletto dei pre– scelti çjano convinti di avere esperienza. eco– noscenza a disbrigare il non facile incarico. Il torto è del )I ini,;,tero della lslruzione Pubblica, che li ha presi sul serio: che, visti arri\'are tanti libri alla )line1\"a, e non a\·endo tempo di spingere lo studio di quelle opere oltre la ricca copertina, de\"t aver pen,;;ato di aggiungere una c;tadera in qualche ufficio per giudicare a chili i meriti Jei postulanti agli uffi..:i d'arte. Che, se al Ministero si avesse tempo di leg gere e vi fo,;,se chi ,·eramente \'Olesse esami– nare quei libri, si tro\·erebbe quanto poco dette compilazioni d'opere d'arte, portino ad addestrare l'occhio n quella sintesi completa e complessa che forma il conoscitore d'arte. In mano a tulla questa gente la legge Rosadi diverrà forse 1I pill serio impiccio al piccolo commercio, ljUello grosso tro\'erà sempre il modo d1 p.1s~.ir per il rotto della cuffia j si arresteranno i quadri falsi perchè paiono \"Cri, si lasceranno p3,:; s.ue i \"Cri perchè per nece~~iu J1 co~e ,;,.aranno pre.,ent.ati alla espor- 1azione in moJ.J che quei Signori li prendano per fah,ì, e la g.izzarra seguiterà come prima, ne sarà rimeJiabile da ne~suna legge fino a quando a1,tli L'llic1 <li E-.portaziont: nt>n vi sa– ranno aJJctti capaci e competenti. Allora non si anil neanche bi.agno di ricorrere, come si Bibloteca Gino Bianco fa oggi al meschinissimo mezzo di farsi dare le fotografie - primordiali t - di certi quadri, per accertarsi che non sono dei Botticelli ma che prima del restauro e delle carezze abili del pittore er.rno scadentissimi lavori di scuola. Noi non abbiamo dei conoscitori, si ri– sponderà, da noi non ec.istono eruditi fode• rati di antiquario sul tipo <lei Dottore Bode, il geniale creatore del 1\luseo di Berlino. Eb· bene 1 fateli, createli, invece cli piccarvi a fare e rifare le leggi, rifate i vostri impiegati. Altri– menti lanto più pe1 fo11:1 Mr:\ la legge, tanto più perfetta sarà l'a, ma della difesa, maggiore il danno quando essa capiterà in mano di inesperti incoscienti. Non si creano le virtll per mezzo di leggi del Parlamento, scrisse OuiJa in un suo ro– manzo. Il nostro Go\"erno legifrr:tndo è però riuscito a creare dei vizi, che faranno fallire i buoni intenti <lei progetto dell'On. Rosadi. Riccardo Nobili. LETTERETRIESTINE I. Trieste non ha tradizioni di cultura. Cono-.ccte 11 e, ztloide? I l.1 ùato al suo figliolo Pari:ir.tl un abito da buf1011e e insegnamenti slm• gli,11iperchè 11011>otc,;;-.e partire i11 cerca di 8\'• venture e di gloria. E <pmndo parte - e sul serio - il cuor dell,t nmdre. e ecco, si ruppe•· Quasi uello stesso rap1>orto di Parzif.tl a I ler– zeloi<le sta I,, coltura a Triec;te. I.a qual Trieslt", da <1ualchcdecennio, !)i sente un.l città importante. S'è ri:1vegliata uu giorno tra una cassa d'::1gru111i e uu :.acco di c;i,flè, peu– sandu che avrebbe do\ uto - )kr la salute - ac– cordare la sua \'ila ad altro I itmo oltre che allo sbuffo <li una macchina e allietarla non so'o con la melodia dell'argento ne 1 le tasche del larghis– simo panciotto Citi:\ <li 1rafli<:o,v., bene: ma an– che Venezia, anche Ceuov~. E anche, perbacco. Firenze ai ,empi di l)aute e del 1-'oliziauo. E per di p'll in lei, <'Omenon a Venezia, nè a Ge• nova, nè II Firenze. la lotta per lit 1>roprif,n:uio– ualit;\ - s'avvi<lc nel risveglio - dovrebbe t"sser fautrice <li coltura. l•'ort1111a1nmcntc: perchè quasi soltanto la resistenz,, intellettuale è cn1Mce <.li ot– tundere la gran vi1tù pe11et1ativ.1,entusiastica, de– g1i sla.\•i. Perciò vide:,. con gioia che in lei qualche cosa si muove: iucornposto, confuso, a volle feb– brici1ante: un qualcht: cOtiache 11011 sa la sua s1ra– da. E il suo animo materno dolora peutendosi di non averla imp:uata per insegnargliela: ecco lier• zeloide: se 11011 le si rom1>e il cuore è anche per– chè il giovane P.1rzifal triestino non ha ancora forza di partire, oltre a non s:tper la s11.1da: Trit.– ste lo creò di animuccia troppo e~ilt". V,, per il bosco, e dà di naso nei tronchi ; esce, e son tante ormai lestrade che co11duconoali,, corte di re Artù! Mentre una volta .... Md <1uclloche er,, allora, al tempo d'una volta, vedremo subito. Villaggio carnico celtico, sotto i rom rni piccolo municipio soffocato dalla gran vita aquilefana: comuue medie\ 1 a!e che, 11ppe11a dischiavato dalla servitl1 vescovile, deve dar tributo ed omaggio a Venezia, esso non si S\'ilupp,1 a vera citt!lche un po' tardi: CJutllldol'imperatore Carlo VI lo scelse quale em1>orioaustriaco sull'Adriatico, proclaman– cl, franco il suo porto. I~ p1l1 ancora sotto Maria Teresa che e!3tese la frnnchigia dogan.1le a tutta la c1ttà, in modo che le merci 11011 \'i passassero solo iu transito. Un po' di cifre: ud 1717 (proclant'I· z:one del portofra11cu) 5600 abit,lllti; nel 190S, 33 020; uu tracollo lii quasi • .l mila sotto il llom:– nio francese. per r,s 1lire a 31510 nel 1818 ~el 1<!-14- ,il L10)'ll è fon<l.,to d.1 S ,u111i) ;;ooo; nel 18;i rrieste è allacci;,.t.1con t, ferrovia al mare del Nord già da 20 :rnnil 11310S abiurnti; nel 190~ ue contava 110000. Dunque aurue11to di 18; mila in un secolo; in due, formazione, si può dire, com– pleta lldla cillà. E solo l'immigrazione può spie– gare questo fatto. Ma - da notarsi - pt:r la .,ua posizione geogra– lica, commercialt-, etnica frie.,te non s' ,1un1cutò cl'italiani, di co111t.11.io11,lii, com'è avvenuto per molte citt:\ ddl,t penisola; ma 11-;sorlJi gentt: ac– t:or~a da lull0 il mondo, st:d0tt,1 dallr1 facilità cli guad,1gno e da og:11i s,,rta di pri\·ih-1,tie g.irauzie alleuaiole che <.:arlo VI sapiente uccellatore– aveva emanale, E t>Okhè la t:iltà favoriva c-011gioia, in tutti i modi, quei;to ..uo ibri,lo svilu1)1>0,non ebbe scru• 1>0li - t..- ome:i.lari. , Teresa volev,1 - per I' accet• t::1ziouedi nuo\"1cit1ad111i:tanto che fu \·ero asilo di malfattori. CJpisco che ,We\·a Homa ad esem · pio!: ma i sim1>atii.:o\e,lere come in alcune do– mande di ritt,ulin,111.t: 1, publJlic.tte d,l C..iuseppe Caprin, i;ia sulfidentt: r.tccomand.1.t.iuneall'intento l',wc:r da fare con 1)01i.t:ic estere. E ~1 capisce che Corfù non può avc:re una tnte.lizione intellelluale. 35 Ma anche lasciando stare cotesto fatto di non somma importan, .. ,, le molle decine di migliaia di immigrati stranieri e commerciali non ernno certo elementi di coltura per la città: t,111to pili che la patente di Carlo VI li dis1>enswa comple– tamente dagli onori e oneri della \•ila cittadina. Ont"ri? Oh allora sì che gli imligeti seppero atte• nere cfal nume Mari., Tere-.a I' eg1rnglia111ento dt>i diritti e dti doveri: e il Bo,,:o Te:, esin110, vera ciii:\. teùesca avvinc0hllllC la citi:\. italiana, fu in• corporato a Trieste. Chc ebbe (e nncor.a ha, 1>er su.t fortuna) la virili di as,imilAre il boccone in• digesto: 11114 come si può ptnsare a formnione cli intellettualità cittadllrn <1ua11dobuonR parte delle famiglie 11011 sono triestine, nè it11linne? E i nostri nomi (11 mio!: slavo 1>uro)lo dimostrano. E poi assimilazione ~I, ma col tempo natural• ment\". Per inta,110 ogni singola u:,zionalità vh•e• va della sua propria v11a: avt:va i suoi cafl~, i suoi circoli, il suo ambiente. Queste le condiiioni d1 vita. ì\la poco dimostre• rebbero e in parte suebbero differenti se non fosse causa che son11s1a 1uue e incombe come grigio piombo sulla noslra storia 11carattere essenzial– mente trafficante di Tril!Stt'. !\lercurio, come nel- 1' ottocento sui palazzi nostri e nelle nostre nic– chie (fu questione se lo si <loves,;;eporre auche nel teatro nuovo!), impe,ò sempre su di noi. L' im1>0rta11z,1 di Trieste è dovuta a vittorie commerciali: vive dt:ll11<11s1111zio11e di Aquileia e il tramonto di Vc:11ezi11 è ruoco d'alba per lei. S,1 esser buona avvocata dei suoi intt:rcssi, ottener in11u11nitàdogan,di, ferro\'it; combollte - e qual– che volta da valoroi,a - qua111!0 è miuacciata 11elh1 sua riccheua: ma 11011 s:1 clifenllere il suo bel dia– letto ladino, nè i suoi usi. nè le sue feste caralleri– stiche. Perchè Trit'ste 1>er 1111 momento possiede– e pare per 1>iùcau,;;e po~ esprimere - una pro– pria n:uura diflc:renh: in ,c11i rìgmudi dajt;li al1ri comuni italiani. E se non con molo i1u..lipendentenè con egual \ 1 alorf', certo Triesh: sarebbe st::1taca– pace di concorrere in qualche modo alla magni· fira produzione letttraria it111ia11a. :,Ola ve,·a I' a– nima trnppo b.us: t, direnat.'1 dal senso economico in modo da 11011 scorgere p (1 nhe a1pirazioni e tanto ottus,, da non intuire che lo sviluppo ma– teriale a 1111 clato punto 11011 procelle 1>il1 senza il concorso di forza intellettuale. Per ciò la storia di Trieste è ghiar:cin: senz, uno slancio di idea• lit:.\,seuza bisog·nod'arte, scrnrn 11f1t:110 allo spirito. Incatenata dalla su11111ia di guadaguo 11011 seppe guardar mai 10111.wocon un po' di fantasia e di ardimento, neanche 1>craprire nnoYeslradeal suo commercio; 11011 ebbe neanche iu lliciottesimo nè un Colombo 11è un Polu. La città non possiede un quadro d'autore antico (sbaglic: ne haunoa/1, ib11ilo al Giottino !), un palazzo d'arte buo11.1:perch~ non solo non fu capace di produrli, ma neppure - e ne era capace se avesse voluto - di pagarli. L'Istria è molto su1>eriore: perciò un gran danno per lc:i :• importanta assorbente di Trieste come centro o capoluogo, o c.tpdale <.leilitorale o della provincia d'Istria secondo il dominio o di l\l::uia Teresa o di '.'\"apoleone o di FranceS<..-o primo. O quale sorell;i. maggiore, come - 11011 so perchè- 1' Istria oggi d chiama. Essa mvece ha una lta· dizione di eroismo, prero111;1n,,, e d'arte, \enet,1: noi niente: i Geuovrsi ci rub,irono cou ragione il leon di S. Marco: a Trieste non avev.1 sigui- fica Lo. È lriste riandare la sua vita: sente IJisoguo d'in• dipendenza, \.li svincolarsi dal do111i11io dci vescovi? compera, e più volle, la sua !iberi;\, Nel 1369 Ve– nezia la tiene assediata, duramente, da sei mesi ,1rrender:,i significa lkrdere la sua vita d1 mercan– tessa, e allora s'offre a tutti: a Leopoldo 111, ai patriarchi di Ac1uileia, ai Carrara di Pado\'a, ai Visconti, a Luigi d'Unghtria, a CMI0 IV. ln\•ano: le fanno l'occhiolino e \•ia. Rifischia a Leo1>0ldo Ili: che finalmenle \·iene, 111a ~enz., frutto. Cono– scete la e saica • la Odia a,ri11lia11a 1 Era una nave tulta di legno dol~, invt:ntala a Trieste, che vendeva ~ con tutto il carico, per non far, vuota di merca:1zia c d' utilità, la strada del ritorno. Trieste è una c.s::1ica• traverj0 I secoli: non vo– glio per questo dire che sia la Della Ca, i111ia11n. Una cosmopolita fu, ba, mvecc: comprende che Venezia 3\'e\'a riconosciuta la su11i11dipe11deni,1 nella pace di Tor ì110 ( 1 381)solo 1>crchèstava un po' maluccio: e pensa di trovnrsi pronta per I' avve– nire. S'arma? No. I\ 11ep1>ure si d;\ ai patriarchi d'Aquileia, che erano i suoi difensori naturali, J>er– chè stremali di liti, cli guerricciole, di tle1Ji1i.Ri• pensa invece al duca I.eopoldo 111;e la sua seconda dedizione a casa d'Austria è un ca1>0lavoro d'a• stuzia. L'esperienza instgnava che 11011 era sum. ciente I' acceuaiione dell,1 signoria cl' Austria 1>cr averne difesa: occorreva il suo dominio. Tdeste terra sua, gli iuteres.,i di Trieste i,1101. J:: allora \·ero aiuto d' 11rmie sulll,,u: amhe incremento commerciale. Perc-hèsolo la casa d'Austda 1>0te\•a obbligare gli abil:111ti<lell' interno a f,1rca1>0con le loro merci a Tric:.te. M,t ril!petlata J.1 su/4auto• :iomia e il suo governo 111unici1>,,lc, questo si,

RkJQdWJsaXNoZXIy