La Voce di Molfetta - anno II - n. 8 - 25 febbraio 1951

25 Febbraio 1951 I PIGRI -- Tralasciamo che alla sottospecie della i serie si possono aggregare gli inetti, gli i incapaci, i disordinati e varie categorie ' che illustrano la 5lupidità umana. Di questi LA VOCE DI MOLFET f A zo : e asciugati, che sei sudato. Subete cbiende ménde è ~trelaine - su– bito pianta menta e prezzemolo; appena s'avvia s·addormenta. Criste mi, fa chiave, ca stoeche ad ènne; J quatte o cinghe dì de la semmène - mio : Dio, fa piovere; sono pagato a -Ì anno - 1 non a giornata ; - fa piovere per quattro ' è bene fnre una trattazione a parte. o cinque- giorni per settimana. Ve.diamo ora come si comportano i veri Appartengono alla serie, oltre i corno- i e propri pigri. doni che pretendono che l'angelo vada i V Ì è nèlie è pène mmuedde - vi .1 netta, loro a ministrare, tutti C;oloro che trasci- : pane molle; a chi le vuole tutte facili. nano Oio, i Santi, la religione al servizio · rpe nèn fa u migghie Ja5ce u meggbiare delle pro:1rie utilità private : - per 1.on fare il miglio la il migliaio. ..S. Endonéie, Jamme Jrennesce la léiele V oele a mèn[!ià do éngele - vuole essere ~ S. Antonio, fammi finire la tela ! pre- nutrito dall'angelo, gava in chiesa la donnetta, in5istentemcnte, j • Chelumrne, viene me mmocche ! - fiorone, ad alta voce, le mattinate intere, mentre l cascami in' bocca. a casa i! suo lavoro dormiva. S. Antonio, ! · Se /asce assì re mosche/e dè nghénne - benevolo o seccato, si decise infine a ri- ! dalla bocca aperta gli escono le mosche. spandere per bocca del suo sagrestano, : · Nì vo mèiete è mènghe pesà - nè vuol che, nosco~to dietro l'altare, ,_ammonìcon '. mietere,· nè vuole pesare. ' voce ultramondana: aiutate,· ca. la .Jrennisce · Nèn voele arà · non vuole arare, non - aiutati e la finirai. 1 vuole tirare il carretto. Coi seccatori . delr altare, Molfetta è i .Stè ci péne me dè - c'è chi pane mi dà. molto severa e• sfoder·a la sua··. ironia tra 1 Nè ne porte péne o diemménde -· no'n I amara, plebea -e sguaiatella, anzi sguaia- l ne porta pane al èonvento. tona e irriferibilé :. 1 . j · La tbiù brutte arie ··è· la Jataighe - la · pit'tlze a Ciiste, ca ménge pestazze - l peggiore arte é il lavoro: _ , pensa . a Dio e ~angerai carrube (il cibo ! · ~a f atighe è· Jate è è méieche me Jéiele delle grandi carestie) •che è: · va bighellcr \ - il lavoro è fata e a me puzza. Qui e' è nando per le chiese - pescénne chieseie - i un intraducibile gioco di assonanze.' 1 ; pisciando per le- chiese e troverai il piatto l Nén è carne de fa br~te - non è carne ! vuoto. - . I che dia brodo. ! . Ci Cri5le prevéiete... ci Criste voele ... - ! Nè ne voele acque la ciucce - non vuole acqua l'asina. ne ; le time sono irreferibili; ma degne di chi '. scanca, comodamente i suoi doveri e i suoi ! N è ne Jascé /araine - è grano che non obbnghi ,.sulla Provvidenza e sulla volontà ; e la solerzia divina. i •· Méle mé'ile ro,-· méle fierre téngbe, è j méieche poche me mborté, è niende vogghie 1 Ja - cattivo maestro sono, ho cattivi ferri, l dà farina. rpène e miere lacce. sotle allu pire me fazze lu iazze - cono~co pane e vino e mi Jo' il giaciglio sotto il pero: I .· Re pène <J /urne se scètte - il forno, si butta. pane, al a me poco importa e niente voglio fare. i Quénne ·U voeve nén vo arà, àcchie u ! aiuteme I - o mio pre- arve è nén ze voele schestà - quando il bue I e aseioene è mè' . . testo, amtam1. :· Sènde da re rècchie come alle pisce - s.:nte dagli orecchi, come i, pesci; non dà indizio di· sentire, né bada ad alcuno. Voléssc sparale inde a re réccbie, voele .. nè scechepettafe inde a re réccbie, voele . ésse sparate o péiele - vuole, ha bisogno di ì uno stimolo violento per muoversi ; · uno · sparo, una schioppettata, un colpo nell' o- ' recchio o al piode.·· Fasce l' arie da galasse : mènge e véiv~ è stè allas.oasse - fa l'arte de11osfaccendato : mangia, beve, e sta senza far niente. . Stè che re mène solfe n sene/e - sta con le mani sotto il grembiale, a scaldarsele : questa poverina é una donna. Mé,./éme, ca n, 'abbénehie u sapei<> è la . ' demé wncbe - la donna che TPisazia il sa- · ba to e la domenica : atteggiandosi a lavo- ; hr~ quand'è l'-ora del riposo. · · · G' sluscele, ca sì sednt<- ! - questo è sug– gerimento pietoso verso l'eccesso dtllo ~for- non vuole arare intoppa nelr albero e non 1 si· vuole scostare. ! I - fi Ile sf alegate déscete,,_ attaccatte, alla \ cbéné~ute. prenézze - agli sc~nsafatiche: dita '1 legate ; alla golosa : gravidanza. , Pasquale rè o chémbe è se dè ndréiete i I Pasquale (povero Pasquale) - va al cam- ! po - !si scomoda persino ad andare) ma... l torna indietro. i Nén z' alze mén1-.•he pe... - non si alza j neanche per portare le parti necessarie a j fare le proprie necessità. i S1udeie soepe o pia_lte - studia sul piatto. ; Fasce la Jatighe de /è mbéise - fa 'la : fatica dell' impiccata - (questa è destinata i alle donne) - quella di sopportare· il pro- \ f prin peso. E· evidente che chi coniò il i detto non aveva esperimentato quanto e ; come pesasse quel peso all' impiccata. . Se re {t,sce cré.~ce nnénze - si fa crescere innanzi il proprio lavoro. Uh! che ~écche ,· uh! che sécche - uh! 5 che sete, uh ! che sete ; si lamentava q~el cameriere che non voleva alzarsi a pren– dere il bicchiere e bere,· nè si quietò; finchè il padrone non chiese un poco di acqua fingendo che fosse per conto suo, e non la servì al cameriere. Voele u liette /atte - vuole il letto fatto ; e, più ancora, voelc la megghiéiere inde o lietfe - vuole la moglie nel letto. Dopo ciò, a questi signori che s'appel– lano anche a tutte le gerarchie celesti perchè provvedano per i loro bisogni, non c· è che da domandare : vi occorre altro ? II mondo lavora e voi fate la grazia di cercare di sforzarvi a tenere la bocca aperta perchè .... fioroni e fiorini vi cadano 1n bocca. Invece... ne escono le mosche. Ma con le mosche non la si spunta, bisogna avere pazienza. R. SCARDIGNO Curiosità dialettali affretecaafe o sfreftcaafe : rimboccato l p. es. le maniche); sono participi dei verbi poco usati affretecsà. o sfrdecaà. Per l'ori– gine ci si deve rifare a voci latino-volgari: affulticare o exfulticare, frequentativi di fµIcire - sorreggere. affr~cieddt : orlo, orlatura che si fa sul lembo di una stoffa, · ripiegandolo su se stesso e cucendolo, per impedire che si sfi– lacci o per ornamento. La parola ~ dever– bale di affreceddà, cim fare l'orlo, e perciò deriva anch'essa verosimilmente dal latino: adfulcire, nel senso di reggere, sostenere e quindi rimboccare. · · a!lèngate: si dice di chi mostra avidità e bramosia animalesca nel mangiare o nel bere. E' qui~di il participio passato del verbo aJlèngà, voce italiana meridionale di origine greca. La base greca è anànke, che vuol dire necessità, bisogno. Dal verbo de– riva un sostantivo, là lèngltt, che .è poi la estremità della coda dei gatti o dei cani, che viene mozzata perchè si crede che cessi così l'ingordigia in quelle bestie I Alla stessa famiglia appartengono anche lènga~ rizeie, che significa golosità, ùzzolo ; e ne– clz~iatt, ingordigia, avidità con l'aggettivo nechetàase, che sono le for~e etimologica– mente più tras'parenti e probabilmente le più antiche. brescèere: nembo temporalesco di gran– dine o nevischio. Il termine trae origine da bracia.re , e si riferisce a~li effetti del gelo che brucia sulle piante le foglie e i germoili. Del r.esto si confronti per l'ana– logia concettuale il nome del vento di mare detto di focara. ·(da fuoco), m.olf. la faàre, che spira nell'Adriatico e fa inaridir-e e stçntare le colture Iitoran~e a causa della salsedine. cverrùcftele: la cavalletta. II nome è co– mune nell'Italia mer. e vale- letteralment~ .. bròcolo o, cioè piccolo bruco, insetto nel S?enere e cavalletta nella specie. Tutto qui. legge: tempia. Dal latino levis, nel senso di tenero, do~ la parte più delicata dell~ testa che sono appunto le tempie. · f arfarello

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