La Voce di Molfetta - anno I - n. 1 - 3 dicembre 1950

4 P R E,.M E S S A Due parole ai lettori e ai collaoratori di 'questa « pagina letteraria ». Nella presentazione di questo nostro 'giornale si è detto, e non sarà inutile ripetere, che esso comprende' tra l'altro « una pa– gina di letteratura ·e varia cultura, ·nella quale troveranno postò senza eccessive ambizioni tutti gli scritti di vaFio ca– rattere letterario, con. preferenza a quel– li che direttamente o indirettamente si riferiscono ad aspetti della vita locale ed esprimano senza pesantezza e pro– lissità lo spirito del nostro popolo ». Questo è il nostro programma, e il nostro desiderio è che i lettori non cer– chino in questa pagina se non quello che essa può dare, cioè uno svago cli un certo interesse', una possibilità di distenzione da più laboriosi pensieri e òccupazioni. Del valore obiettivo di ciò che verremo pubblicando .giudicheranno i lettori, pur-. In margine ad un problema L'ISOLADI S.ANDREA Mi parlarono delfisola di S. Andrea ed io, curioso, volli interessarmene. L'i– sola non c'è più, trasformata dal tempo e dall'opera degli uomini, e di ciò che ne rimane non potremmo ancora dire « una penisola battuta da tre lati da le onde marine la quale gira intorno poco meno d'un miglio » (Marinelli). Ma da una parte le mura sforacchiate da fine– stre e botteghe posticce, il mare dall'al– tra segnano chiaramente il nucleo del– l'antica città «nomata gia da gli antichi et naviganti l'isola di S.. Andrea ». Dentro le mura un,,gomitolo di strade senza sole e strette, sovraccariche di abi– tazioni e di povera gente. Ricordo a proposito della sistemazione cl: qn.s>,ts nostra città vecchia, quanto si discusse intorno ad un progetto di mas– sima che prevedeva la completa demo– lizione della « Terra » e mi domando se l'autore o gli autori di tale progetto sia– no in grado di stimare, forti di l\n cor– redo storico e critico-estetico, l'effetivo v;:, lare della città vecchia. Vero è che dell'architettura pugliese, eccettuate le costruzioni ·ecclesiastiche e rari esempi' di architettura monumen– tale ·civile o militare, ben,poco si cono– sce, e dell'architettura minore, si potreb– be dire, nulla. La « Terra » è ricchissima di quest'architettura in cui non com– paiono nomi di singoli architetti poichè è frutto di maestranze locali alle quali va dato riconoscimento. E meriterebbero menzione non soltanto il palazzo Gio– vene-Marinelli, i due palazzi Pasasri, il palazzo 'fattoli, la chiesa di S. Andrea e via dicendo, opere ormai cono,sciute dallo storico (ma non certo da un pun– to di vista artistico ed organiço), ma la stessa planimetria della vecchia· Mol– fetta andrebbe rispettata in un progetto eventuale di sistemazione e Via Morte, Via- San Girolamo e Via Mammoni, Via Scibinico ecc., le quali conservano ancora tanta dovizia di, avanzi di cappelle, di fortificnioni, d( costruzioni civili_ in ge- LA VOCE DI MOLFETFA ·clrè non dimentichino che siamo ì pri– mi ·a r~nderci conto dei limiti che una « pagina letteraria » di un 'giornale cit– tadino necessariamente ha in sè per la natura e i limiti stessi di quel giornale. Lo stesso discorso vale anche, rriutatis mutandis, per tutti coloro che intendono collaborare alla compilazione di questa pagina, per gli scrittori insomma, che dovranno tener presente ··che scrivono per un .giornale di Molfetta, destinato ad essere letto - speriamo - dai Mol– fettesi come tali, e non per un giornale o. una rivista d'alta cultura cui possono accedere solo gli iniziati ai misteri del sapere. Nè· pensino che in questo modo · si degradi menomamente o avvilisca la loro fatica,, perchè anzi si esalta e si av– valora nella n;iisura in cui, accettando dei limiti necessari, riesca a superarne 'la contingenza e a tradurre in termini ideali assai più vasti quella che è ini– zialmente un'esperienza circoscritta nel tempo e nello spazio. V. V. nere, da offrire campo 'immenso di serio studio. Basti, per fare Ùn esempio, quel portale quattrocent'esco (al n. 34 di via S. Girolamo) ·a conci aggettanti che la salsedine marina. _ha quasi completa– mente resi informi, la_ cuJ indiscutjbile finezza porta persino a dubita-re ·che ta– le opera sia nata solo dal gu.sto e dalla esperienza ·di semplici maestranze. La nostra . archi_tettura è tutta da scop~ire e sarebbe stolto distruggere le fabbriche della « Terra » prima che su . queste_ sia fatta luce. · Ma non vorrei creare equivoci. chè, interessandomi· al vaiore storico - arti– stico di Molfetta vecchia io non dimen– tico le tristi condizioni di vita della po– vera gente che l'abita. Il problema del– la sistemazione della città vecchia è quindi' as~ai più complesso di quanto non appaia, giacchè dovendo tener con– to delle condizioni dei troppi abitanti oltre che delle fabbriche, si deve· tenta– re di giungere ad una soluzione dalla quale non rimangano menomati nè le esigenze degli uni, nè il valore delle , altre. COSMO SALLUSTIO DITTA MINERVINI MAURO G. MOLFETTA - Corso Matteotti, 35 RICCO ASSORTIMENTO · DRAPPERIE - SETERIE - LANERIE ,B ANCHERl'A TUTll AL CAMPO ·SPORTIVO c·AM.POBASSO MOL F É T T A OR E 14,30 PRECISE 3 Dicembre' 1950 Due po_esie di G. Cascarono SERA CI MC LFETT A Allora che nel cielo nuvoli s'addensàno .,;, sul tramonto ~ in essi annega il sole in un gran rivolo di rosso; · allora che memorie arse , tempestano l'uscio del cuore e l'a nebbia ancora imbastardito non ha le speranze . sulle fatue luci dei lampioni; · allora è difficile non amarti, sera. di Molfetta, gòduta a lenti ,sguardi. FINESTRA SUL PORTO QuelLa finestra pur nei sogni' ,,·, mi segue così aperta sull'ansito vasto del porto: quelle gomene ,e gli ·alberi tentennanti che di lontano fan base all'antico ospedale dei crociati: e il faro per di qui e-il -molo mugghiante dietro le case sui massi. Oh quante storie non ascolti , finestra, pen,so,sa, nelle "notti tristi di plenilunio bianche? Quante non'ti racconta strane leggende il _fré'mito . dei vapori, di mari lontani ! ancora atterriti felicemente/ che la .notte riparano ' i1 vecchio carcame, l'ossa mai stanche nel tuo porto?' Tu sbadigli ora J:On_quegli astrusi fiori fra la grata· arrugginita q, me che t'intetrogo muta. Narrami le vecchie leggende eh' i'o possa viverle e cantarle, gli occhi fra le corde sperduti. Curiosità, dialettali Cenìere: soffice, morbido. Dal latino cinereus, cidè soffice come cenere. ' Sciasciù: letteralmente significa di– giuno, dal latino jejunus. Non si ado– pera ormai che scherzosamente per di– re di quasiasi cosa che non ce n'è' più, magari accompagnando la parola con un significativo gesto della mano. Cascetràisce: recip1ente di stagno che s'usa nei frantoi per attingere e traspor– tare olio. La parola deriva dal greco kassiteros, che significa appunto stagno; cfr. l'italiano cassiterite, che è il mine– rale da cui si' ricava lo stagno. Salìpece: picçolo crostaceo marino. detto anche salterello. Per l'origine si deve risalire a una base greca, salipyga, che oggi suona diver~amente da luogo a luogo in quello che fu un tempo il territorio della Magna Grecia, con si– gnifica ti diversi di zanzara, Jrtosca, for– mica,_ ragno, granchio, ecc. Etimologica– mente la parola consta di una prima parte che vuol dire agitare, scuotere, e una seconda .che 'significa il deretano. S,ic2h~ il nome di Jiersona Salepico, che ha la, stessa origine, non sembra, almeno -~tim9logica~ente; molto decoroso. In– telligenti pauca. farfarello r' .• ... ,

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