UOMO - Anno III - n. 2 - giugno 1945

64 tro diviene irritata adesso. « Che cosa è la verità?»; diceva Attilio, « che cosa è la verità per te?». Ma è inutile parlare per farsi chiaro per far chiaro in noi, non sappiamo neppure intenderci, ognuno sembra parlare differente, una lingua differente e invece siamo tutti eguali, squallidamente uguali, abbiamo in comune le colpe, la condanna, la mi– seria quotidiana. Tommaso desiderava non avere parlato, era inutile, goffo con quelle sue pai-ole; si ricorda il giorno che è partito da casa, il treno lungo nel sole e il saluto di suo padre, quella mano rimasta aperta nella luce. La memoria: i primi tempi di prigionia erano intrisi di ricordi, un suo– no, una voce, anche un odore e un colore incide– vano commozione, immagini nelle pieghe dell'ani– ma, nei battiti del cuore. Adesso la memoria non nasce più, facciamo fatica a ricordare la nostra storia sulla terra, il nome nostro e degli altri. Tutto si indebolisce, si infiacchisce in noi. << Bisognerebbe ammazzarsi», disse Tommaso. Attilio rideva piano con il volto lambito dal rosso della pipa, un riso che irritava. «Ammazzarsi>>, disse, « anch'io l'ho pensato più volte, ma perchè non lo fai tu, perchè non ti decidi?» Tommaso con le dita svolgeva e riavvolgeva l'orlo della coperta, un gioco di pa– zienza e di crudeltà esasperante. « Ho paura di es– sere ridicolo» diceva, « tutti siamo così ridicoli, grotteschi, ogni atto mi sembra compiuto per far ridere qualcuno». Attilio ancora rideva, ma non era riso, forse doveva sentirsi male. « Tu temi il ridicolo», diceva, « ti proteggerebbe di più una fo– glia di fico. Io non mi ammazzo perchè sono vi– gliacco, aspetto che mi ammazzino un giorno o l'altro». Ora la pipa si è spenta, Tommaso sentiva l'altro rinvoltolarsi nelle coperte. «Buonanotte», disse e l'altro non rispose neppure. Un'imposta ha sbattuto e poi un'altra, dei tonfi nel cuore. « Sta– sera non si mangia», dice Federico nel buio della grotta. La sua voce è esile, triste. ORESTE DEL BUONO Aprile 1945

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