UOMO - Anno II - n. 3 - giugno 1944

Difatti non è una pura curiosità, un appetito intellettuale, una sete di sapere, ciò che oggi conduce tanti spiriti all'investigazione dei pro– blemi religiosi. Essi vogliono, più che soddi– sfare esigenze dell'intelligenza, soddisfare esi– genze del sentimento; in verità è il cuore che stimola i cervelli ad occuparsi di questi studi. Espressioni come quella di Brunetière « ban– carotta della scienza », significano che il cono– scere scientifico non può essere un fine a sè me– desimo, che cioè il conoscere è per la vita e non la vita per il conoscere. Siamo difatti in molti a non poter concepire una condizione di spi– rito quale ci è rappresentata in quel passo degli Stromata di Clemente Alessandrino, dove è det– to (IV, 22, 136), che se alcuno proponesse ai gnostico di scegliere fra la conoscenza di Dio e la salvezza eterna, posto che fossero cose di– stinte, il gnostico sceglierebbe senz'altro la cono– scenza di Dio. A rigore, la conoscenza o meglio il sentimen– to di Dio - poichè Dio è inconcepibile - è per noi la salvazione eterna stessa, e questa in fondo si riduce alla nostra speranza nella fina– lità trascendente dell'universo, e come conse– guenza di ciò, nella sopravvivenza del nostro spirito e della nostra opera spirituale. Paolo l'apostolo disse la fede cc sostanza delle cose sperate », ed a rigore la fede è più un'opera di speranza, (fiducia) che non un'opera di co– noscimento, (scienza). L'uomo conosce per vivere e conosce solo ciò

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