L'Unità - anno IX - n.4 - 22 gennaio 1920

14 Scuola e Cara (/nild, È avvenuto nel 1917 al pror. Ottavio Sab– badini di essere trasferito d'ufficio, con proce– dimento disciplinare, dal ginnasio di Alba al ginnasio di Este, Nella sua conclusione il documento ministeriale d'accusa afferma che il Sabbadini commise fatti « vc1amente deplo– revoli per un pubblico educatore ». Ora i~, una volta, come commissario re– gio in una scuola tecnica, ebbi a scoprire e a documentare e a denunziare che certo inse– gttante si facev.\ prestare denari dai padri degli alunni, e c'era sempre fra genitori e in– segnante il patto reciproco che i denari non sarebbero stati restituiti se l'alunno passava all'esame. Naturalmente, somari o no, gli alun– ni di quei tali padri passavano sempre tutti. Quella volta i somari non passarono e successe lo scandalo. Questa specie di c.ommercio o di taglia brigantesca durava da dieci anni. Il ministero trasferì l' insegnante da quella ad altra scuola tecnica vicinis:.ima ; e dopo due lo restituì alla sua sede primitiva. Il Sabbadini fu trasferito da Alba a Este, e poichè a Este in quell'anno, che fu l'anno di Caporetto, il ginnasio si dovè chiudere quasi subito, il Sabbadini fu trasferito da Este a Grosseto. E dovè trascinarsi seco in quella dura vicenda sua madre accasciata e amma• lata di oltre ottant'anni. Se dunque si pensa alla mitezza delle pene, che solitamente il Mi– nistero infligge ai suoi insegnanti più colpe– voli, è ragionevole il sospetto che l'accusa contro il Sabbadini di fatti « veramente de• plorevoli per un pubblico educatore » ce}asse qualche cosa di assai più grave che non fos– sero per per esempio le taglie decennali del- 1' in~gnante sopra ricordato. Vediamo questi fatti. I quali sono riassunti dal documento ministeriaÌe in set capi. Il pri• mo è questo: Una volta umili~ il prof. D . .F. facmdosi udere ad ogni costo l'aula della terza gùma.sia/e. E questa è un'accusa ? Lasciamo stare quello che dice il Sabbadlni in sua di– fesa: ammettiamo pure che l'accusa sia esat– ta. bfa il Preside dov'era ? e il collegio dei professori dov'era? che cosa faceva il Sabba· dini ? intimidì tutti quanti col coltello alla gola? Perchè l'accusa dice: si fece cedue. Dun• que l'ebbe quell'aula, l'ottenne: e un'aula uno non può farsela cedere ad ogui costo come il Passatore si faceva cedere il portafoglio. Se l'ottenne, vuol dire che gli fu riconosciuta come un d!ritto. E gli fu tanto riconosciuta come un diritto, che nemmeno sollevò ecce– zioni da parte Qell' ispettore ministeriale, che allora era in sede per una prima inchi~sta, provocata anch'essa contro il Sabbadini, e che fini invece con la liquidazione totale del pre– side. - Seconda accusa: Ad ,.,anno scolastico già avanzato s' ,i1/eress~ con altri perchi ai pro– fessore JJ. F. fosse lai/a la supplenza che già te11evada due anni, Io ho un collega supplen– te, somaro e porco, che ml rovina men~Jmente e moralmente una classe : ne ragiono ai col– leghi, ne parlo al preside, ne scrivo al prov– veditore, ne riferisco al ministero : è obbligo mio di insegnante e di cittadino. Adempiert a quest'obbligo è colpa? Bene: il Sabbadini non fece neanche questo, ni,ente di tutto que– sto. L'accusa manca anche di questa base. E costruita tutta quanta sopra un pettegolezzo maligno e insensato. Le parole s' ti11eressòco,: a/1n· presuppongono un sostegno che non esiste. - Terza accusa : Impedì, avanzando pretese arhitrarie di co11trolio•dell'opera d' inse• g11a11le dei prof. D. F. la tedula degli scruHnii finali de/ia terza ginnasiale ecc. Pretese arbi• trarie di controllo? Ma 11 Ispettore inquirente (il secondo, non il primo!), appena giunto ad Alba, richiamato appunto da queste pretese del Sabbadini, riconobbe che erano giustis– sime e legittime ; è di codesto ispettore la frase che con pieno diritto il Sabbadini, il quale come insegnante di quarta avrebbe do• vuto ricevere gli scolari di questo D. F., VO· leva giudicare ex informala conscùnh"a. Ma dopo quindici giorni di permanenza in Alba 1 mutò vento, e il diritto del Sabbadini di giudicare ex informata co11sc,~nlia diventarono pretese ar• b,'lrarie di co11tro//o. Inutile seguitare. C'è tra i fatti e le pa• L'UNITA carattere role, che vogliono rappresentare, una disso– nanza manifesta; chi legge codeste parole, pur senza conoscere i fatti e pur senza cono– scere il Sabb~dini che è uno degli spiriti più alti e degl' intelletti più nobili che onorino la scuola italiana, s' avvede che sono sforzate ingrossate contorte; si persuade che l' inchie• sta è stata imbastita tutta quanta sopra una serie di circostanze raffigurate artificiosamente e arbitrariamente valutate; si convince che la conclusione dcli' inchiesta e quindi la pena non hanno con codesti fatti alcun termine di rapporto, non ne sono la deduzione logica, la conseguenza necessaria e naturale, bensì la premessa, il presupposto a cui tutto doveva essere cordinato e subordinato, perchè tutto riuscisse confluisse sboc.casse a un fine prece– dentemente voluto e imposto. Perchè tutto questo? Per due ragioni. La prima è particolare e immediata. C'era in Alba una clientela politica e pretesca, la quale do– minava a suo libito, com'è naturale, anche nella scuola, do,·e aveva nella persona del vecchio preside il suo più docile strumento. Un de' primi anni che il Sabbadini era ad Alba aveva osato, niente meno, non ammet– tere agli esami cinque candidati, che eran figlioli, la più parte, di grossi produttori del luogo. Semplicemente per questo, tanto parve la cosa inaudita e nuova, si riusci a provocare contro il Sabbadini un'inchiesta ministeriale. Ma l'ispettore inquirente, una coscienza retta e netta, non si prestò al brutto gioco nè del ministero nè della clientela ; ed eliminò il preside. La clientela non si dette per vinta; e aspettò, irritata e torbida, l'occasione della rivincita. L'occasione non mancò. Insegnava nella terza ginnasiale un brutto figuro di prete, la cui attività precipua pare si eserci– tasse nel mestiere dell'usuraio; ed era cosi superlativamente somaro da ignorare anche le regolette del latinetto che doveva insegnare. Il Sabbadinl, a cui spettava ricevere in quarta gli scolari di costui, si rifiutò di dare l'assenso sic el si"!J>liciter, ai suoi voti di scrutinio ; e chiese al f.f. di preside l'autorizzazione di dare un'occhiata ai lavori dell'anno scolastico. Gli fu concessa e poi negata; riconcessa e poi rinegata. E venne una seconda inchiesta. La quale scacciò il Sabbadini e salvò il prete. Ora questo non è che un episodio dei tanti che straziano la nostra povera ~cuoia. E uomini come il Sabbadini, si capisce, ce n'è uno su mille. Un mio collega insegnante di italiano nei licei si trovò una volta alle prese col suo preside a proposito di un candidato alla licenza liceale che era figliolo del pro– curatore del re. « Bocciare il M. !, ma non è possibile! - gridava il preside a gran voce 1 ba:ttendo gran pugni sul tavolo - me li bocci tutti, ma il M. no, deve essere licenziato ►. Il mio colleg3. tenne duro e bocciò il figliolo del procuratore c!el re. E finiti gli esami andò a Roma, riferì la cosa al Direttore generale delle scuole medie, e gli fece osservare che di si– mili episodi ne sarebbero intervenuti anche più gravi se non si trasferiva il preside, cui troppi fili più o meno massonici legavano a per5one e cliei::.tele locali. Il Direttore scattò: « Trasferire il D. V.? Ma noi qui al ministero sappiamo ~utt.i chi è il D. V., ma anche sap• piamo tutti che non è possibile trasferirlo nè toccarlo minimamente 1>. E trasferirono il pro• fessore. Anche quel tale insegnante delle ta– glie, che ricordai in principio ho dimenticato di dire che era massone e uno degli elettori più influenti del deputato del luogo. Così, novantanove su cento, se uno è di– sonesto, frodolento, corrompitore e corrotto, ma è leg:1to a clientele politiche locali, nes• suno lo tocca : ho conosciuto un professore che si fece eleggere consigliere comunale ap-– posta perchè gli fosse lecita ogni porcheria. E vicevcr~. novantanove su cento, se uno è galantuomo e non patisce soprusi e violazioni di giustizia, ma si trova a combattere con clientele politiche locali, è punito e sbalzato di sede. Già lino dal 1914; il Sabbadini, a prqpo– sito di un suo presid'e che egli aveva accusato di insufficienza morale, scriveva cosi: « Io ho . voluto rivelare uno stato di cose da cui mi pareva venisse minaccia alla scuola. Io ho vi- sto la scuola intristire: ho gettato un grido d 1 allarme. Ho visto la sc~a ammalarsi di una malattia lenta, irrivelata... rofonda: e sono corso ai ripari. Ho visto la scuola tramutarsi in un affare di ordinaria amministrazione e tradire i suoi fini ideali : ho levata alta la voce. Io sono un idealista della vita e della scuola; io penso che l'idealità, sbandita dalla vita, debba trovare nella scuola il suo estremo rifugio, e mi sdegno quando la vedo battuta in breccia, scacciata anche da questo ultimo asilo. Dove la troveremo ormai più? E che diverrà la scuola senza di essa? una succur– sale alla vita, dove noi insegniamo ai giovani i patteggiarne ti della \'ila, gli adattamenti della vita, i temperamenti della vita, il men– zognero galateo dei multiformi accorgimenti <tella vita ? No. O nella scuola regna una luce d'intelligenza perfettamente consàpevole di sè ed una intransigente e stoica volontà di bene 1 o la scuola è la maschera di sè stessa. O è un tempio dell'idealità o non è, la scuo• la. Tutta l'intelligenza, tutta la virtù, tutta la bontà, tutta la rettitudine sconfitta nella vita, devono trovare un riparo nella scuola, devono trovare nella scuola la loro esaltazione, la loro rivendicazione, la loro riabilitazione. La scuola non è un prolungamento della vita, è una pu– rificazione della vita. La scuola è il disinte• ' resse nel senso più univer5ale della parola : per gl' interessi parziali v'è la vita; la scuola è un assoluto: per il relativo vi è la vita; introdurre nella scuola gli interessi parziali e il culto del relativo è degradare, è livellare la scuola alla pari con la vita •· Parole gran• di, di una grande e lucida e pura anima. E fu punito con la sospensione dall'ufficio per due mesi. In seguito, pubblicando sul Vomere la sua difesa e la sua protesta, riferite le pa• role dcli' inchiesta che lo accusavano di fatti deplorevoli per un pubblico educatore e che lo rendevano incompatibile al buon anda– mento della scuol:t. di Alba, concludeva cosi : « Ora io attesto e assevero, nella maniera più solenne, che se que!-tOnome di pubblico edu,. calore non mi disconviene in tutto; se di questo nome mi sento degno in qualche parte; è per essermi comportato come mi comportai, è per aver fatto quello che feci, è per aver compiuto quegli atti che tornerei a compiere e compirò ogni volta che le circostanze mi s! ripresentino -identiche; e attesto e assevero, con una mano sulla coscienza, che io non ero incompatibile col buon andamento della scuo• la, ma ero incompatibile col cattiv'-1andamento della. scuola in Alba ►. Ebbene, bisogna additare questo esempio di virtù a coloro che veracemente e onorata– mente amano e professano la scuola. Voglio additarlo nell'Unità, che domanda alla scuola che sia formatrice di caratteri. Come sarà formatrice di caratteri una scuola, in cui è possibile il caso s,bbadini ? M.'\NARA VALGIMIGLJ. Liquidazione I gi~rnali del 14 gennaio ci fanno sapere che « tutto è predisposto per intensificare il « rimpatrio a grossi scaglioni dei prigionieri « serbi, croati, sloveni, che ancora rimangono « in Italia. Il primo scaglione di tremila circa << partirà il 15 corrente, diretto a Ragusa». Si liquida così quello che è stato uno dei più grossi spropositi della politica estera del- 1'anno 1919; il rifiuto di liberare i prigionieri jugoslavi per la preoccupazione, che questi ritornati liberi, potessero .... farci la guerra. Sono state, per un anno, 15omila famiglie, che hanno odiato l' Itµ.lia, grazie a questa po– litica da bruti forsennati fatta nell'anno della follia. E il disonore, che ci ha procurato nel mondo la continuazione di quest' assu:-da bar• barie, ha avuto parte non piccola nel deter– minare la ostilità degli Stati Uniti contro l'Italia. "" GLI ABBONATI, che desiderano un cambiamento d' indirizzo, D E B B O N O ac, compagnare la domanda con TRENTA CENTESIMI per la spesa di stampa della fa• scetta. "" "" "" "" .M "" "" Che fare? Ho letto or, ora, cara U11ità, l'articolo di l\iiles Studens. Sono studente anch'io e m'ha dato gran gioia H leggere quel che dice il collega. Non siamo d'accordo in tutfo quél che riguarda il suo progetto - ma siamo perfettamente d'accordo nello spirito che lo ha animato a scrivere. Bene! Quando, anni sono, il Pellizzari iniziò la sua polemica « Ignc– raaza obbigatoria » fui spiacevolmenté mera• vigliato di vedere come nessuno studente, o quasi nessuno, le,•asse alta la voce per soste• nerlo. E :,ure giovani intelligenti e studiosi non mancano nelle scuole. Ma forse la scuo)a d'oggi riesce a rovinare la coscienza anche a quelli. . La guerra, si vede, ha portato buoni frutti perchè oggi ur.o studente parla come Miles studens. Ora, io non voglio aprire uoa discussione come vorrebbe l'egregio collega, sul suo pro– getto ; mi pare prematura. Egli è giovane ed inesperto; se lo dice da sè, perdoni dunque se l'ammetto anch'io. Si è egli domandato, prima di lan•ciare il suo progetto - che, dopo tutto, è bello - si è domandato dko : « Se lo stato domani facesse del mio sogno una realtà, come l'accoglierebbero gli interes– sati : professori e studenti ? • Vivendo nelle scuole, quanti ne ha tro– vati, studenti o professori, che la pensassero come lui? lo pochi : o per meglio dire : oggi conosco alcuni professori (ma pochini, po– chini ....) pronti ad accogliere in massina una riforma come questa - professori che soffrono realmente dello stato di dissoluzione in cui st trova la scuola; professori che danno tutte le energie dello spirito e della mente alla scuola; che riescono ancora a salvarla dall'estrema rovina) - Ma studenti? nessuno! ... Per quanto guardi e frughi nei miei ricordi di ieri o d'oggi .... nessuno ! Miles Studens mi fa oggi vedere che qualcuno ce n'è ! Ma il collega dice: lo Stato .... Sta bene : ma lo Stato chi è? La camorra è nella scuola e sta bene : ma è lì soltanto ? Non è la scuola l'esponente di tutta la vita sociale? Son gli stessi principi che regnano dovunque. Negli uffici privati, come nelle amministrazioni Sta• tali, nei ministeri e quindi anche, conseguenza logica, nelle povere scuole. Dice il collega che la scuola come è oggi non prepara alla vita. E mi dispiace doverlo contraddire. La scuola prepara anche troppo alla vita, com'è oggi, s'intenae. Nelle scuole s'imparan, da fanciulli, tutte quelle virtù pra• tiche e solide che faranno trionfare, nella vita, gli imbrogli~ni, i mediocri, e vivere tranquilli gli inetti, i vili, gli stolti. Oppure, diciamo più propriamente : la scuoi~ d'oggi inculca nelle menti dei fanciulli quei principi sani e indi– scutibili chç la vita poi si curerà poi di ren– dere più saldi; che cioè nel mondo, per vi– vere corµodamente, bisogna rassegnarsi e sce• gliere fra le tante categorie, arepotenti im• broglionl o vili o stolti o inetti o buffoni. I più si rassegnano. Caro collega, non lo Stato attuerà la rifor– ma, se prima i pochi forti non avranno allo Stato imposto la riforma. Si crede in buona fede che lo Stato ab– bia bisogno di chi gli suggerisca un pro• getto di legge? Lo Stato se ne infischia ! Chi ci crede all'utilità d'una scuola ideale? Ben pochi I Dunque? direte voi - concludiamo ! E concludiamo pure : bisogna che quelli che ci credono, s'impongano e sappiano vin– cere l'indifferenza e ia malafede degli altri. Uniamoci! Pensi il collega che per far pro– gredire il mondo ci sono due strade : Bandire le idee nuove, che riguardate dap– prima come utopie bizzarre, che derise e get– .tate in un canto, trova o poi modo di trasci• nare gli altri e vincere! - Questa è una via, ed è bella, ma è lunga. Ce n'è un'altra più umana, più comune e.... più breve. - Combattere, demolire gli avversari dell'Idea nuova. Lo!tare contro le idee nemiche e contro i nemici stessi ! La lotta - non è questo che vuole, Mi– les Studens? E non crede che, prima di inal– zare il nuovo tempio della scuola, bisogna de– molire, distruggere le odierne catapecchie ove vive e s' impingua la « camorra » ?

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