L'Unità - anno IX - n.2 - 8 gennaio 1920

,, I/ L'UNITA Agricoltura e burocrazia suadc, troverà che anche nel settentrionale la cerealicoltura decrescerà con un danno incal– colabile. :\la d' altra parte non essendo pos– sibile cambiare i prezzi d 1 imperjo di mano in mano che cambiano gli S\'ariati,simi clementi di costo, una so!a \'ia sta innanzi al Governo: lasciare libero il mercato per i cereali e per l' indu:stria molitoria·. A prescindere dal setta– rismo statale che ha .. voluto sostituirsi quasi violentemente a tutte le leggi economiche, ora la prova dell'insuccesso è palrriare. Il Governo deve distatizzare ciò che non è stattzzabile e che soltanto un imperialismo fumdonare:,co ha voluto cimentarsi a statizzare. Spe-.so sentiamo ripetere che è nectssario forlare l'agricoltura 11uridio11a/e ai grndo di quella u/lmt ,iolla.ie e condurre al più presto le terre me– ridionali a prodm re quaulo quelle se/lenlrh 11ali: e si chiedono viabilità, bonifiche, credito a– grario, perfozionamento tecnico. Benissimo. i\Ia quebti provvedimenti non sono gli unici e so– pratutto non ci sembrano assolutamente i pÌll urgenti. L' urgenza mal si concilia con opere che, pur potendo dare risultati utili a breve scadenza, tuttavia richiedono un certo tempo per fruttare, nientre il problema alimentare ita– liano è immediato. L'ordine dellè azioni, per essere logico, deve iniziarsi con la propaganda di Stato per incoraggiare i pi~coli e grandi proprietari del l\lezzogiorno a lavorare la terra, e per promuo– vere l'investimento di capitali e di energia set– tentrionali nelle culture di terre meridionali. Diciamo: propaganda di St.ito, per distinguere la vera propaganda da quella platonica, fatta, sia pur fervidamente, da giornalisti in <.:ercadi argomenti, da deputati in tournée e da tutti i zelatori del bene pubblico che gridano al de– serto. Lo Stato, che impiega tutti i giaini tòn– nel1ate di carta per comunicazioni ai prefetti, per relazioni intorno agli approvvigionamenti, per circolari sulla disciplina degli stabilimenti, può ben assumersi di divulgare a mezzo-della stampa in forme continue ed ufficiali esseresu– preme, nectssilà dtlla PaJrio du 11essu11a ltrra resJi in~o!la, c'tt si J>tr/teioni'no /1 c,;llurt frra– :.io11a!it #dtficitnll~ du il de'haro dti projilli di guerra conseguiti dal/' indusln"a t dal commercio sel/enlrùma!i è dovtre di Patria dedica,•l<f alla re• dm:ione agricola del Afezzogi'orno, che le i11i::ia– ill:t dei pioflitri di 9ut1la rtden:itme sara11110 pre– miale aiutale p,uidiale, e che irljùu il Gwenw si impegna di colla/Jorareper le opere di caral– /ue gmera/e e permanente, uo"rbila11lidalle possi– bilità dei privati. l\Ia sarebbe inutile che lo Stato ci afllig– gesse tutte le mattine con una serqua di co– municati, di circolari e di pubbliche manife– stazioni di propaganda, se non avesse la coscienza dell' alte1.Za del compito e della im– pre:scindibilità degli impegni, che si assume. Giacchè in fatto di promesse e di impegni lo Stato ha una 'Concezione tutta sua particolare, che '.'i arresta ai discorsi o tutt'al più alla creazione di organi burocratici. Quanto all'a– dempimento delle funzioni..... è uu altro paio di maniche. Troppo spes..,o si creano organi, i quali si esauri:scono nell' organizzare sè stess'i e non arrivano a funzionare se non per fabbricare pratiche su pratic!l.e, che riempiono gli ar– chh•i e contribuiscono a esacerbare la crisi della carta. I governanti hanno spesso lusinghiere pa– role per le ditte settentrionali, che hanno im– piantato delle aziende agricole nel Meridio– nale, e promettono gli aiuti indispensabili per la riuscita delle impre ... e. Questi aiuti possono essere di varie specie. Per esempio, durante la guerra, un aiuto pre– zioso era quello dell' au:siliarietà. Ma il pub– blico non sa che razza d' affare fosse ottenere l' ausiliarietà. Ci volèvano mesi e mesi di pra– tiche e di sollecitazioni~ e poi non è detto che la risposta fosse favore\'Ole. Giacchè se -e' era un organo, che proponeva l' ausiliarietà, ce n'era qualche altro che si opponeva. <;osì fu promessa l'aratura di Stato: ma si intende che se venivano promesse, ad esem• pio, venti macçhlne in giugno, se ne ottene– vano dieci in agosto; e macchine che per es– sere state condotte da personale di Stato, erano in uno..... stato pietoso; e non è detto che con le macchine venisse concesso il perso– nale : dippiù il personale, se concesso, veniva ppi tolto, quando ci erano le macchine. Poi c'erano gli esoneri. Un ufficio appog– .giava le domande di un'azienda; ma il Mi– nistero della Guerra, _o il Comando Supremo non erano d'accordo. E allora, addio esoneri. I prigionieri ? La concessione s'otteneva. J\Ja prima d'ottenere i prigionieri ! Questi be– nedetti prigionieri passavano da una Industria a un'altra, secondo che tirava di più l' in– Jluenza di un Dicastero che quella di un altro. Un giorno tutti i prigionieri venivano adibiti ai combustibili: un altro alle indu:strie belliche. E a ciascuno di questi spostamenti impr•J\'• visi si aveva una crisi di mano d'opera nel campo abbandonato. Le ditte s~ttentriona1i, che hanno impa– rato a fare da sè più che sia possibile, cer– carono di procacciarsi trattori proprii, confi– dando che il éoverno avrebbe dato almeno i . conducenti. 1\fa anche per i conducenti foro– roco dolori ! Ci vuole altro che fare le scuole di ,moto-aratura e gli orga9i di mobilitazione: bisogna aiutare le imprese con dei fatti ; al– trimenti le imprese si trovano nei campi de– solati ed infesti, con le mani alla cintata, con le Qlacchine blo<:cate nei campi, con il terrore di perdere i forti capitllli investiti, con ingenti spese e, oltre ;t tutto, col bel sogno infranto de!P idea:ità nazionale e con l'amarezza di avervi abboccato ingenuamente. Il pubblico non de,•e farsi illusioni: una, • due, tre aziende settentrionali si stabiliranno nel Mezzogiorno, faranno lodevolissimi sforzi, affronteranno rischi dando prova di patriot– tico fervore; ma se i risultafi di questi sforzi falliranno, non ci sarà pill nessuno, che in– vestirà un soldo e dedicherà. una goccia d( su– dore alle plaghe italiane arretrate. Il pubblico deve inten•cnire, e porre al Governo la questione: Vogliamo coltivare il Mezzogio~o? Se si, dobbiamo çreare i mezzi per farlo, che sono : 1. favorire l' investimento di capitali set– tentrionali nell'industria agricola del Mezr.o- . giorno; 2. garantire, con il mantenimento delJe promesse e degli impegni, i risultati che l'in– dustriale sa di poter ricavare dal pro()rio la– voro : quindi assegnazione assolutamente ade– guata e tempestiva dei generi che solo il Governo può distribuire: benzina, grassi, mac– chine d'importanza, sementi. Tutti i membri del Governo debbono con· sentire nella collaborazione al programma a– grario ciel Mezzogiorno, e non un membro a dispetto dcli' altro o in opposizione uno al- 1' altro; e la collaborazione deve essere rapida e concreta, senza rbtagni di pratiche, di pro– getti, di provvidenze nella p..1ludeburocratica, sotto la spinta di un su1>remo Comitato agra– rio composto di una terna d'uomini, al mas– simo, che abbiano fatto l'agricoltura nei campi e non :sullecattedre e non nelle Direzioni Ge- nerali, • 3. fra I~ opere di carattere generale e per– manente si impone prima d'ogni altra il· ri– sanamento delle plaghe malariche: - vi sono opere lente e costose, ve ne sono altre di im– mediata attuazione e di spesa relativa, che si possono affrontare sUfito, mandando di pari passo in due o tre anni il risanamento· arti– ficiale derivante dalle opere stesse con il ri– sanamento naturale derivante dalle culture. 4. intrapresa di tutte le opere sussidi_arie relative alla;viabilità, abitabilità etc. per quantù, adempiuti i precedetlti numeri del programma, I' iniziativa privata potrà in questo campo farsi essa stessa collaboratrice della più \'asta e generale opera go,·ernativa. 5. credito agrario : - ma ll credito agra– rio come è s~rto, bene o male, nel!' ltalia set– tentrionale, nascerà e si diffonderà nel Mez– zogiorno, una volta che le prime grandi in– dustrie agrico1c vi si facciano prospere, facendo da richiamo alle industrie minori; - baste– rebbe che le banche settentrionali aiutassero \ 0 0lentieri lo sforzo dei primi agricoltori, che discendono nel Mezzogiorno specialmente nella loro fase di impianto ~ ed oggi che le grandi banche raccolgono intorno a sè le industrie, che hanno carattere ed importam~a nazionali, dovrebbero riservare una deferente larghezza di credito ali' industria agraria. 6. non a caso mettiamo quale ultima esi– genza la libertà dei prezzi ìn fatto di cereali: - ultima perchè se lo Stato ini;isterà nel dan– noso criterio dei prezzi di imperio, si trO\·e-·. ranno pur sempre delle aziende disposte a de– dicare <:apitali ed energie al!' adempimento di un dovere verso la Patria, ma è certo che non si può pretendere da tutti un lavoro senza profitto o anzi con una perdita certa. Oggi gli elementi di costo superano il ricavo: non è una novità. Se il Governo non se ne per- UN" AGRICOLTORE SETTf':!\'TRIONALE NEL ì\I.EZZOGJORNO POSTILLA Assai volentieri abbiamo pubblicato que~ st'articolo, non perchè noi condividiamo tutte , le idee in css('I esposte,• ma pcrchè è un do– cumentoecaratteristico della psicologia di mol– tbsimi uomini che vi\-ono nelle attività prati– che e che formano uno dei più importanti clementi della vita del nostro paese. I L'Agrico/Joresellentrionole ci descrive tutti i guai, eh.e produce l'azione dello Stato nel– l 'agric.ol ,tura meridionale. E invece di rica\'are da questa terribile esperien1.a l'insegnamento logico, cioè invece di riconoscere che la buro– nazia è incapace di arare, di seminare, di mietere. di far prestiti, di procurare) lavora– tori, ecc. ccc., U)voca un'altra azione di Stato, a cominciare da una propaganda, che dovrebbe e:,gere ratta da quello stesso Stato, della cui incompetenza egli stesso fa un processo così spietato. Quando la capiremo - clementi numi! - che « lo Stato» non ·esiste; ma esistono so– , lamente degli « irnpiegati ~. a cui non im– porta nulla dei nostri affari, a c-ui importa solo di assicurarsi lo stipendio e la promo– zione con le minori noie e responsabilità pos– sibili, e ai quali quindi dobbiamo guardarci bene dal chiedere maggiori interventi nei no-, stri affari privati? ' Gli agricoltori settentrionali, che vogliono a~dare a lavorare nel Mezwglorno, sieno i benvenuti. Ma anzitutto comincino col rinunziare agli aiuti dello Stato, cioè degli impiegati, se \"O– gliono conchiudere qualcosa. Inoltre non chiedano questo aiuto. coll'ar– gomento che essi sono settentrionali, che vanno nel Mezzogiorno a fare opera di solidarietà nazionale. Essi devono andare nel Mezzogior- · no a fare i loro affari, come li fanno già i meridi~nali; e come questi con debbono chie– dere favori allo Stato se,cercano di fare i loro àffari in casa propria, così i settentrionali non devono chiedere fa,·ori spe.::iali per s~, solo ptrchè cercano di fare i loro affari In casa altrui. Eliminata ogni prete:.a e illusione di spe• clali favori statali, i coltlvatori settentrionali facciano caso per caso, ben bene, i loro cal– coli. Nel fare questi calcoli, comincino col rinunziare alla illusione che le terre meridio• nali pos:.cmoessere condotte a produrre quanto le ~ettentrionali, e che il problema agricol~ meridionale si possa risolvere a breve_ :,ca– denza. Queste illusioni sono il resultato di un'altra illusione, che hanno i settentrionali inesperti delle condizioni agricole del Mezzo– giorno: essi credono che la scarsJ. produttività delle terre meridionali dipenda da infingar– daggine o incapacità dei coltivatori, e s' im– maginano di rimediare in quattro e quattr'otto a quelle condizioni arretrate con la loro atti– vità e perspicacia. TulH i sellt11lriouali,. che sol10andati nel 1lft:::ogiomocon quesJei/lusio1Ji, ri l1a1mon·messo, i loro capila/i e se ne so110lor• 11ali a casa colle JMclu vuole. La terra meridio– nale non può arrivare al livello di produttività della terra settentrionale, perchè il clima del 1\Iezzogiorno è di,·erso da quello del Setten– trione, e l'agricoltura è fatta dal clima, e non dalla terra: « non è la terra - diceva Teofra– sto - ma la stagione che fruttifica» i e le stagioni fono nel l\Iezzodi più aleatorie che ne! Nord e coMringono in alcune parti del l\Ie1.– zogiorno la terra a rimanere inattiva per sei mesi delPanno, mentre nel Nord essa lavora sempre. Conlro questa condizione d'inferiorità naturale di buona parte del 1\Iezzogiomo, non e' è forza umana che pog-sa fare nè in fretta, 7 nè con lentezza I' impossibile. I meridionali non sono nè ignari nè poltroni: sono lavora– tori accaniti, e conoscono ~l loro mestiere come nessuno lo conosce : . .e chi va n,;:J 1'fezzogiorno a coltivare, se IIOfl vuol perdere i suoi capila/i, farà sempre bene a cominciare dal fare quel che essi fanno. ~ Dunque, non c'è nulla da fare? - No davvero: c'è sempre da migliorare, e i colti· vatori meridionali, d()'l)t c'è ii lornaco11toeco110• mico, migliorano pili che possono i loro me– todi tecnici. E non è detto che i settentrional• non possano raggiungere anche miglioramenti non pensati cl.i. quelli del luogo. Quel che importa, è non illudersi che certe trasforma– zio i ~i possano fare a tamburo battente. e con l'aiuto dello Stato, sia pure ridotto alla Santissima Trinità di un Comitato supremo agrario, che abbia fatto l'agricoltura nei cam– pi e non nelle cattedre o nelle direzioni ge– nerali. Dunque, non c'è nulla da chiedere allo Stato? Si, che e'~ da chiedere qualcosa, c'è da chie?cre molto, e' è da chiedere tutto. C'è da chiedere in primis et ante omnia che non ci paralizzi coi monopoli non «:1.eces– sari, coi prezzi d'imperio sproporzionati ai co– sti di produzione, colle requisizioni pazzesche e brutali. - C'è 1da chiedere che si limiti a fare il suo dovere, ma questo dovere le., fac– cia bene: mantenere l'ordine, costruire e man– tenere le stradti bonificare i terreni infetti per quanto le condizioni naturali lo consentano, non aggravare l'agricolt~ra con tasse spropor– zionate in cdnfronto di qu.elle che colpiscono le altre attività economiche. - C'è da chic• dere che, finita oramai la guerra, non soffochi con un sistema doganale, utile solamente ai siderurgici, ogni progresso agricolo dcli' Italia. - C'è da chiedete che istituisca cCntri di stu– dio scientifico per i problemi tecnici dell'agri– coltura meridionale. - C'è da chiedergli, in– somma, quel cl1eso/0111tt1ltlo Staio può fare e che i privaJi non posJ0110 fare. In Italia, invece, si chiedono· allo Stato i · motori, i conducenti, i concimi, le sementi, i lavoranti, i prestiti: si chiede ciò che i pri– vati dovrobbero considerare come un<} loro gelosissima attività : e ci si dimentica di chiedergli ciò che lo Stato solo può e do• nebbc dare! L'UNITÀ. 'L'industria del cotone Fra le Industrie c~e si lagnano di non esser sufficientemente protette dalla tariffa doganale del 1887 e chiedono un sensibile aumento sugli stes::.i dazi provvisori proposti dalla commissione ministeriale, si incontra, e non all'ultimo posto, 11 industria del cotone. Poichè in questo caso si tratta di un' in– dustria che ha una lunga tradizione ed a cui anche il liberista più intransigente deve rico– noscere il diritto di esistere e di prosperare nel nostro paese, non sarà inutile esaminare brevemente se possano, in qualèhe misura, giu?icarsi giustifi~atc le pretese avanzate dai saoi rappresentanti. L' industria della filatura e della te~situra del cotone non può dirsi creata in [talia dalla prot~zione doganale, perchè in alcune regioni essa preesisteva, in forma capitalistica, al\a stessa costituzione del Regno; ma ebbe però l'impulso maggiore· dalle tariffe del 1878 e del 1887. Basti ,osservare che l'importazione dei filati, da 86 mila quintali nel 1871, era scesa ad 8 mila quintali nel 1900; e quella dei tessuti da 101 mila a 18 mila quintali; mentre l'importazione di cotone greggio sa– liva, nello stesso periodo, da 272 mija ad 1 .227.000 quintali. Dal 1900 al 1913 i progressi del\' indu• stria, nonostante le difficoltà ch'essa ebbe tal– \·olta ad incontrare, possono dirsi ininterrotti e non possono più considerarsi come un ef– fetto dei dazi protettivi. Le importazioni di cotone greggio salgono a 2 milioni di q.li : H numero dei fusi e dei telai meccanici ~ rad– doppia, l'importazione dei filati e dei te:s– suti si mantiene bassissima, mentre sale rapi– damente l'esportazione èhe raggiunge, nel 1913 1 i 146 mila quintali per i filati ed i 526 mila quintali per i tes(juti. "

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