L'Unità - anno IX - n.2 - 8 gennaio 1920

o L'UNITA piccoli. Ogni idea era una prassi, e il pragma– tismo la filosofia di tutte le idee. Tutto equi– valeva, e si $Ctmfbiava Con tutto. Il giolitti– smo era la espressione politica di questa uni– ver~ale corruzione. Il sistema era assurdo ~ perciò immorale. Nessun accenno a rinnova– mento, nessuno spiraglio di luce- era percetti– bile. Il partito, a cui I' ironica astuzia della Ragione aveva affidato l'onore e l'ònere della rivoluzione, e che, scolpito nell'assoluto, sem• brava predestinato ad operar cose definitive ed eterne, era.il più freneticamente libidinoso di mercati inverecondi; di obliqui patteggia– menti, di ricattatrici promiscuità. La degene– razione parlamentaristica era nel Suo massimo sviluppo. L'Infezione correva dal centro alle partilo, ristette a considerare sopra tutto le opportunità. parlamentari e le ripercussioni e• lettorali: e si dichiarò per la neutrali tè sino alla fine ossia per lo slatu quo. Ciò equivale\"a a negare l'esistenza, per l'Italia, di problemi d'indole generale, e- cioè nazionali: a negare l'esistenza deWItalia medesima, se è vero che un grande stato, lambito e quasi tutto investito dalle fiamme guerresche, non poteva disinte– ressarsi clell' immensa lotta e del su<i esito, senza confessarsi impotente e c~nsegnarsi esa• nime ali' altrui mercè. Il neutralisi110 - e su ciò bisogna insistere - fu uno s'fato d' am111Q prima e più che 1111 criterio di condo/la e un a/. teggiammlo politico. fu la mobilitazione di tutte le viltà, di tutti gli oppoi-tunismi e di tutti i province, e da queste rifluiva a quello. Un ., misoneismi; fu la estrema difesa dello s/alu quo patto di mutua assicurazione fra i vari ele- italiano - come sistema economico•pÒlitico di ·menti della politica, ai quali la burocrazia rapporti, <l'interessi, di utilità e ai privilegi - serviva da adìposo tessuto connettivo, aveva dato come un carattere d'immobilità alla vita pubblica italiar.a, pantano fertile di tutti ì miasmi, che s'appesantivano in densa nube sulle cose e sugli spiriti, tristemente. Ma i migliori sentirono sublto la11ecessità e il bisogno della rivolta. E fu l'esodo, lento, sporadico, silenzioso, d~i partiti, dalle associa– zioni, dalla vita politica stessa. Qualcuno si rifugiò nella Tebaide del misticismo sociale• a curare nell'inerzia contemplativa le piaghe della vita attiva. Ma i più non abbandonarono la lotta, non disertarono. Fuori dei ranghi,, al di sopra delle I miserabili leghe e del merci• monio. continuarono il combattimento. Eran pochi, ma pochi volevano essere e restare. Per• çhè non volevano e non potevano costruire : dovevano demolire. Opera negativa. La critica nasceva dalla crisi: e fu critica varia mor. dace spietata. Qra e là, le chiesuole, rigide nelle forma e nella forrnola, gridavano al tra• dimento. Ed era, infatti, un tradimento. Li tradivano gli schemi per la verità, la ideolo• gia per la realtà. L'Italia apparve irta di . problemi gravi e numerosi, e.be la miseria morale e intellettuale dei poteri pubblici e dei partiti aveva occultati o ignorati o, peg– gio ancora, deformati. Fuori d'ogni artificioso ·preConcetto, con occhio spregiudicato, 'essi furono riprospettati e riesaminati : da quello del mezzogiorno e quello de11e allea,nze e 1 della politica estera, da quello dell'analfabe– tismo a quello doganale, da quello dell'elet• torato a quello militare, da quello operaio a quello costituzionale. Si vide che idee gridate · come nuove erano in realtà assai vecchie, e che idee derise come arcaiche avevano tuttora il loro- pregio e la loro vitalità; si vide che l'incrostazione delle ideologie aveva per Jo più alterato o cor,roso la semplice e schietta sostanza delle cose i si vide che la merce of– ferta dai vari partiti era stata via facendo adulterata, pur inorpellandosi degli antichi nomi ; si vide che talora, nel fondo, non v'era nulla affatto, e che tutto riduccvasi ad un nominalismo vuoto ed immorale; si vide che urgeva una revisione dei valori sociali e politici, tenendo conto degli interessi reali e non cli quelli presunti, delle utilità effettive e non di quelle supposte ; si vide che la storia è processo serio, faticoso, tragieo, è sviluppo concreto, non costruzione ipotetica. Questo ed altro si vide: ed in tal giudizio convennero uomini di parti diverse e talora avverse, li– beri ormai dalla pastoie opprimenti ed umi– lianti della propria setta d'origine. Non fu un nuovo confusionismo: fu il superamento dei vecchi ·limitati Volgari punti di vista, per i quali i vari problemi sono determinati o co– me giustificazione delle teorie. o come prete• sto dei partiti o come arma dei ~ovemi ; fu la riaffermazione, fatta· da gente ciiversa e sia pure con voce ·diversa, dell'urgente biso– gno di infondere nella vita pubblica italiana maggiore sincerità e maggiore dignità. Il mito della guerra vittoriosa. Ed ecco scoppiare la guerra. Fu un gran colpo, per .tutti. Ma fu anche la prova: la quale valse a meglio differenziare dalla restante parte viva e vitale del paese, ad approfoodire anzi fra le due un grande sol– co. Un problema terribile vco~va d'improvviso imposto all'Italia: e bisognava risolverlo. l\Ia la parte men nobil~ del paeSI! tirò fuori i suoi schemi, si indugiò a vagliare la sua conve• nienza, i suoi interessi di casta, di gruppo, di co,ntro le minacce de!F ignoto, contro gli at– tentati cl' ogni forza maggiore (e la guerra er~l · fra le maggiori), che venisse a turbare o ad– dirittura a rompere l'equilibrio precostituito. Questa origine e questa significazione mo• raie del Ùeutralismo - nel quale .si assom• mava, in sostanza, tutta la vecchia Italia, con• servatrice o rivoluzionaria - furono subito in• tuite da quanti avevan da tempo avvertito la necessità, più che di nuovi istituti, di nuovi costumi politici; più che di un esteriore rove– sciamento di cose, di una resta~razione di va• lori spirituali e cli una purificazione della vita pubblica italiana. Pe: essi, dunque, il pròble– ma imposto dal conflitto europeo appare non solo come Rrohlema d'ordine strettamente po• litico, ma come problema d 1 ordi11emorale. La dup!i-ce esigenza fu da essi avvertita con uguale chiarezza: e per essa ·non fu riconosciuta che un'unica soluzione: la guerra.,La guerra avrebbe conferito all'Italia sicurezza e prestigio nel monao; ed avrebbe anche risanato la sua vita interna. Questa seconda funzione non era meno importante della prim.a; ed a molti anzi appa• •riva preminente. Nel fuoco della lotta si sa– rebbero Oissolte le vecchie incrostazioni, con– sunte le vecchie impurità: e una Italia mi– gliore sarebbe sorta alfine. La guerra, la guerra: ecco la grande passione e la grande speranza .. Ecco il <~ mito». Di contro ad uno stato <l'a• nimo se ne formò un altro: di contro al neu• tralismo, e di fianco ali' interventismo •politi• cante affaristico o sentimentale, si levi) l'inter~ ventismo di chi interpretava e voleva la guerra come risoluzione dcli' intero compresso pro– blema italiano, esterno ed interno. Meno ru– moroso, e meno adatto ad una facile diffusiQne e comprensione, fu però l'unico, nel quale fosse viva e vigile la- coscienza della propria responsabilità intellettuale e morale, e della importanza degli avvenimenti, di cui la guerra sarebbe stata soltanto il preludio cruento. E la guerra fu. Ma I' Jtalia, dopo il ,,ario lampeggiar d' ire e il breve esploder di pas– sinni, onde fu tormentata la vigilia, vi scivolò quasi di sfuggita, attraverso gli infingimenti, le dissimulazioni, le premeditate insidie del nèu• tralismo parlamentare e rivoluzionario. Fra le parti in urto si ebbe solo una tregua: e una falsa tregua. Situazione assurda, e pericolosa. L'Italia in guerra doveva contenere il suo slancio, misurare la sua partecipazione, fare senza mostrnre, turbare il meno possibile. A questo patto poteva procedere. Ma era il patto della sconfitta: che si chiamò Caporetto. Pure questa fu, nelle conseguenze, solo una c;cop.– fitta militare: riparabile, quindi. L'Italia volle riparare, seppe riparare, riparò. E fu la sua vittoria morale, la condizione delta conclusiva vittoria delle armi. Poche soddisfazioni iniziali, un grande dolore e infine una grande gioia: ecco, in ,iassunto, la gperra italiaoa, A queste fasi militari e psicologiche corrispondono fasi 1 di politica interna sempre più complicate ma sempre meno risolutive, nelle quali la vecchia mentalità di governo ed i vecchi costumi par– lamentari, pur attraverso accenni a rinnova. mento, hanno mantenuto intatto l'antico pre• dominio. Ora, mentre la vittoria sembra confondere su un amalgama solo coloro che alla guerra furono i ::,ropugnatori e gli artefici con eoloro che la guerra avversarano e insidiarono, coloro che videro l'Italia al di sopra e anche contro le µroprie utilità immediate con ccloro che l'Italia fecero coincidere con gl' interessi pro• pri e della propria fazione; mentre, anzi, i fautori consape\'oli o inconsapevoli della ·scon• fitta, vagamente paventando le \'endette che può recare la vittoria, s'agitano e s'affannano Pa un lato a sorpas:.are ed oscurare tutti gli altri nella .P-tentazione patriottica e nelle prc~ te2e « ultraparecchistiche )I,' e. dall1 altro, a propiziarsi e insieme ad eccitare gli spiriti frementi de! bolscevismo indigeno, loro recente e fotse imminente alleato; mentre i turbinosi tragici eventi dei paesi sconfitti hanno un'eco cli clamore e di suggestione nei paesi vincitori, e un soffio ct' inquietudine sembra scompigliare le anime, sbattute fra gli: orrori ciel leninismo e le visioni vilsoniane; mentre la crisi della guerra appare come il pre!l.tdio di una pili grande crisi: è necessario vedere se la guerra, appunto, ha mantenuto quelle che al alcuni apparvero le sue promes~e. ha soddisfatto le aspettath·e, ha insamma creato, o almeno va creando, un' ltalia nuova, qual' era nella fede e nella predsione di non mOlti, ma dei mi• gliori. fruiti della vittoria. Troppo presto, certo, per potere giudicare. La guerra ha rappresentato, nell'economia mondiale e in quella di ciascu;a nazione, un fatto di tale importanza, 'di cosi profonda con• seguenza e di cosi lontane ripercussioni, che un giudizio immediato, su di essa e sulla sua funzione storica, non può esse?"e che erroneo - quindi è impossibile. Gli attori del dramma non possono esserne logicamente i critici. E tutti noi, volenti o nolenti, siamo stati gli at– tor_i di questo. dramma, eh' è la guerra. Lo siamo ancora. Perchè la guerra non è ancora finita. Essa, come non comincia, così non si esaurisce con le operazioni militari; ma ha una vita ben più vasta, moltiplice, duratura. A ri~ gore, essa finirà. guando avrà fine il processo degli a\'veoimenti da lei generato. E poichè, clunque, la sua efficacia storica appare assai nel tempo e nello spazio, la possibilità di un ,·ero giudiz'.~ pot~à-sorgere solo nel~'avven~re, quando sara poss1b1leuno sguardo prospettico e sintetico degli avvenimenti. 1 0ggi è consentita soltanto una interpreta• zione sommaria, un'annotazione di dati imme• diatamente rilevativi, una induzione quasi di carattere psicologico, che ponga in raffronto le aspettazioni con i risultati immediati, le pre– visioni con le prime realizzazioni, le speranze con la realtà quale è' ·o quale accenna ad es• sere. Impressioni, sensazioni. Giudizio, comun• que, •provvisorio. Orbene. Li mettano pure da parte gli altri risultati più O meno raggiunti. hfa è ·certo che, finora, nessun accm110al nSai,ammlo della vita politica itali'ana si è matufestolo, come con• segum::a della guerra e della villoria. La guerra, sperando fortemente\sulla economia .della na– zione, per la grande distruzione, la diversa ri• partizione ad il largo prelevamento della rie• chezza, ageodo violentemente sugli interessi e pil'.1sullo spirito della classe proletaria, esa• cerbando infine tutti i pro}?lemiond' era afflitta l'Italia, ha reso bensì l'organismo statale estre– mamente sensibile, dalle arterie e dai tessuti come induriti e quindi fragilissimi (ciò che spiega per ora, la pavida trepidanza e l' allar• me continuo dei pubblici poteri, e potrà, forse, un giorno, chiarire il come e il perchè di un repentino rivolgimento politico}; ma, ·oltre a ciò, pare che, fì11om, nulla abbia fatto: e nulla specialmente, nel senso della fantasticata epu• razione della vita politica. Anzi, la persistenza nelle antiche consuetlldini, la resistenza contro ogni rinnovaÌnento appaiono ancom tenaci, an• èor più tenaci. E,·identemente, la virtù taumaturgica della guerra non poteva essere che il sogno troppo acceso di troppo fervidi credenti. Questi hanno osato sperare l'impossibile. L.i guerra non ha alcun potere automatico; non ha, per sè sola, alcuna capacità sovvertitrice. Sopra tutto la guerra vittoriosa. La vittoria consolida. Almeno in un p'd11iotempo, fortifica il regime statale, e ne salva tutte le manifestazioni, anche quelle ritenute decadenti o prossime a morire. La vii oria i, almeno immediqtam411te,conservafrice. Rapidamente rinnovatrice è la sconfitta. Per il fatto stesso che travolge e distrugge, essa pone il problema della ricostruzione immediata. ' ·Chiama artefici nuovi, per nuove opere. La vittoria si avvale degli antichi, della cui bontà è stata la prova. Questa analisi comparativa non vuole. s'intende, essere un giudizio di pre– ferenza. Vuol soltanto illustrare la fallacia dei credenti nel mito della guerra vittoriosa, ine– sorabilmente con<lannati alla delusione, il loro eccesso di fiducia, il loro errore di calcolo. Eppure, la guerra e la vittoria, ·anche per chi le guardi nel momento presente, non ap• paiono passate ..enz' altro, e totalmente con– sumate, senza residui di bene nel campo della vita pubblica italiana. Al posto dell'ottimismo fantasioso non deve, non può, subentrare il pessimismo sconsolato. Se in quel campo la vittoria non ha dato frutti tangibili, essa ha fatto qualcosa di più, e in fondo I' umCa cosa che poteva fare. Essa ha cnalo delle possibifitii; ha d'Ilo v1ta a condiziom·per nuovi svJ/u.ppi; lza reso necessario il movù11enloanche là dove prima era la stasi; /Ja nso possibt1e ùnpulsi nuovi ill tutte quante le forme della vita na=io11ale. I11que– sta sua valo, izzazioue di capa ùà, i11questa sua /unziom potenziale e dù1a11uCa è, per om, tutta /(l. sua efficacia. ]\Tonbisogna andar oltre, nè cercare o/Ire. .li resto 11011 pu'òessere che opera comapevole e volontari'a del/' uomo! Se, dunque, la sconfitta· demolisce per rie– dificare, la villoria comen,a µr supera,·e. E se quella so::l<lisfaforse maggiormente I' immagi- . nazione incolta e primitiva, amante della tabula rnsa su cui rièostruisce, non I! men vero che questa pone le premesse per I I azione rinno• vatrke. La vittoria resta, come la guerra, un fatto bruto, se un'anima non la regga, se l'uo– mo, raggiunti 31i scopi immediati ed esterni, creda compiuto il proprio lavoro, e si tragga. in disparte ad attenderne gli effetti sperati: questi non verranno mai, e riprenderà il so– pravvento il vecchio meccanismo che si mirava appunto ad eliminare. Dalla vittoria, invece, si possono trovare tutti gli sviluppi, se non si consideri orruai superflua la propria opera, se anzi la si renda attiva, vigile, incessante, se l'attendere diventi un operare. Oggi, infatti, gli svolgimenti più grandi e più fruttuosi sono possibili. N.el campo della politica internazionale, non meno che in quello della politica nazionale. Il momento è propi• zio, e disertare è tradiie. Se infatti, attraverso la vittoria, non riesce ad affermarsi, nelle mol– teplici forme della realtà interstatale e sociale, lo spirito nuovo che quella pareva contenesse - lo spirito, che le antitesi della forza che non è diritto e del diritto che non è forza supera nella sintesi del diritto~forza - la guerra non avrà dato il meglio che se ne sperava. Se alla vieta mentalità, che scor~e nel meccanico equi– librio internazìonale e r:ella gara degli arma– menti gli aspetti ultimi ed insuperabili del processo storicot non riesce ad imporsi, almeno nella fatina di serl, convergenti e simultanei tentativi, la nuova esigenza della libertà eco– nomica e -del!' associazione internazionale; se. tra le varie classi, quella lavoratrioe in ispede non avrà ricavato dalla guerra gli ammaestra• menti atti a sottrarre i suoi principl dal campo della pura astrazion~, eh' é ignoranza della storia e della vita, e la sua azione dal domi– nio della democrazia, ch'è negazione della sana e produttiva lotta di classe, e non avrà, nei ~ari Stati, ottenuto quel posto e quelle funzioni politico•economiche di cui si mostra 01mai ca• pace~e degna; se, in Italia, contro l' antico costume politico. che accomuna conservatori, democratici e rivoluzionari nella ignobile unica preoccupazione, tutt'affatto elettorale e parla• mentare, della propria fazione, della propria sètta o della propria ideologia, non riesce a prevalere, in modo progressivo, un più diffuso senso di probità e di responsabilità politica, donde scaturisce la possibilità ~tessa di un'o– pera feconda, riformatrice o rh·oluzionaria che sia; se tutto ciò non av\iene, dalla guerra non si sarà tratto quanto essa era in grado di dare. La guerra sarà perduta. Perchè la vittoria, materialmente perfetta, sarà << mutilata» dei suoi frutti migliori - i frutti immateriali. T1,;LJ.10 C0Lucc1. Si può aiutare l'"Unit~" pagando subito /'abbo11amento, se11,aaspe/. tm·e sollecita;Joui, che richiedono ingenti spese postali e rendono più grave il lavoro dell'amministrazioT'r-

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