L'Unità - anno VIII - n.45-46 - 6-13 ottobre 1919

224 slavo. Per vincere i nazionalisti slavi nella opinione della gente dabbene, dobbiamo di– mostrarci non ingiusti come essi e più di essi, ma più giusti di es,i. Furono, naturalmente, parole al ,·cnto. E quando il Presidente Wilsor., non legato al trattato di Lindra, indisposto contro il programma italiano dalla bestiale tattica di propaganda della Consulta, con– vinto di aver fatto già troppo per noi ri– conoscendoci l'Istria lino al fiume Arsa~ forte della potenza cco.nomica e finanziaria degli Stati niti, di fronte ad un paese. come il no'itro, povero di materie prime e bisognoso di aiuti per sup.:rarc la crisi formidabile del dopo guerni, quando il Presidentc Wilson ha puntato i piedi cd ha buttato per aria le inette escogitazioni di una diplomazia, che era \'issuta sempre fuori della realtà, - allora i responsabili del disastro non hanno pensato che a na 4 scondcre le proprie rcsppnsabilitù, proiet– tando le loro colpe su chi aveva, preveduto il disastro e aveva in tempo. ma invano, cercato di far comprendere che occorreva cambiare strada per evitarlo. Mi si accusa di avere, colla mia resi– stenza alla propaganda nazionalista, 'fornito ai propagandisti slavi gli argomenti per contestare il dirino del\' Italia sulla Dal– mazia e sul territorio che circonda Fiume (i pili mentitori dei miei accusJtori affer– mano che ho voluto cedere Fiume ai croati!). Ed è vero - pare impossibile che i nazionalisti siano capaci di dire una sola verità - è ,,e·ro che i propagandisti slavi, ritagliando di qua e di là nei miei scritti quel che poteva far .\oro comodo e sopprimendo il resto, hanno tentato di trasformarmi spesso in sostenitore delle loro pretese più forsennate. Ma la stes.~a :sorte è toccato anche a molti scrittori nazionalisti nostrani, i cui spropositi e le cui arroganze, senza biso– di essere mutilati com'è avvenuto dei miei scritti, hanno fatto ottimamente il giuoco degli Slavi per menere in mala luce il nostro paese. Nè gli Slavi avevano biso– gno di venire a cercare nei miei scritti gli argomenti della loro propaganda. Ave– vano nella Rasseg11a setti111a11ale del i881 un articolo, in cui )'on. Sonnino dichiarava che pretendere Trieste era un • abusare del principio di. nazionalità •, cd hanno tra– dotto questo scritto sonniniano in tutte le lingue. Trovavano nel Libro 11erde del– l'on. Sonnino la rinuncia non solo alla Dalmazia e a Fiume, ma anche ali' Istria. Trovavano nel tranato di Londra l'obbligo assunto dall'on. Sonnino di assegnare Fiu– me alla Croazia. Non sarà poi inopportuno ricordare in cui nel periodo, che va dall'autunno del 1914 al maggio del 1915, cioè nel tempo che era necessario di serrare le file perché fosse possibile l'intervento dcli' lialia in guerra contro la volontà dei neutralisti di destra e di sinistra, io mi astenni quasi del tutto dalle polemiche dalmatiche, e mi limitai a far noto il mio dissenso dal pro– gramma nazionalista e sonniniano in pochi articoli di giornali, piuttosto generici, a scanso di equivoci e per liber.,rmi dalla responsabilità mora.le di apparire consen– ziente col silenzio ad una politica, che sentivo dannosa al paese. E dal maggio 19t 5 all'autunno del 191 ti rimasi in silenzio, sperando sempre che \'on. Sonnino tro– vasse il tempo e il modo di avvedersi dei suoi errori grossolani e mettervi riparo. Quando a\1,1 fine del 1916 délibcrai di ri– prendere la mia attività pol~tica per resi• sterc alla campagna nazionalista, già la ostilità contro il programma territoriale del tranato di Londra era diventata gene– rale in nmi i paesi dcli' Intesa, disgustati cd irritati dalla stolta propaganda di gof– faggini e di menzogne organizzata dalla Consulta. Gli Slavi avevano già creato nei paesi alleati e in America una vivace cor– rente di ostilità contro il Trattato di Lon– dra. Solamente in Italia la propaganda sonniniana, fiancheggiata dalla censura, era riuscita a gonfiare la testa a molta gente con le più sfacciate mistificazioni. L'U~ITA E si de,·e a questa propaganda di men– dacio ufficiale, e non all'opera mia, se la politica italiana è apparsa al mondo spre– gevole oltre che odiosa; odiosa perchè prepotente, spregevole pcrchè bugiarda. L'opera m·a dell'autunno, dal I916 in poi. ha servito a dimostrare, fuori d'Italia, a tutte le pcr,one di buon senso, che non tutti gl' italiani sono menti tari come i pro– pagandisii della politica sonniniana; che nella patria di :-ita:~zini esi..,tono sempre uomini. forniti della probità e del coraggio, che occorrono per resistere a cinque anni di censura. di esaltazione guerresca, di Yil– lanie e di calunnie, e per affermare contro le degenerazioni prussi~111e e levantine della politica ufficiale i principi di giustizia na– zionale e di umana equidi, da cui è uscito nel secolo XIX il Risorgimento italiano. E se il diritto dcli' Italia sul\" Istria è oggi quasi gcncr~lmente incontestato, se la italianità di Fiume è ammessa in larghe zone di opinione pubblica francese, inglese e a1rn.,:ricana, questo si de,·c non alla pro– paganda sonniniana, ma all'azione di quei pochi italir111i.che avendo negli anni scorsi riconosciuto il diritto sluvo dove era in– conte-,tabile, sono oggi ascoltati con rispet– to e con fiducia allorchè affermano il di– ritto italiano. E oggi che la nazione italiana è chia– mata a decidere del suo avvenire, si vedrà chi rappresentava vera.mente negli anni passati il popolo in armi: se noi, che ci presentiamo ai comizi elettorali senza ri– piegare nessun lembo della nostra bandiera, o quei nazion~1listi, che erano rumorosi e arroganti perchè nxcv.ino con SC i denari della Consulta e lo spegnitoio della Cen– sura, ma appena perduto l'Ufficio di tep– pisti della politica governativa hanno do– vuto nella nostra provincia intrufolarsi nella lista clericale e nella lista massonica, pcrchè non hanno avuto il coragg:o di contarsi alla luce del sole su una lista propria. G. SAL\IEMJNI. Contro il protezionismo doganale Nel discorso del 25 ottobre l'on. Raimondo ha fatto le seguenti dichiarazioni sul problema doganale: lo sono contrario ali' intervento dello Stato nella produzione e nella circolazione della ric– chezza: non mi illudono i nomi pomposi di socializzazioni che noscondono un accrescimen– to della burocrazia, e rappresentano un pessi– mo affare per la collettività e un un ag~ra,·io pel consumatore. Il problema non è di distri– buzione ma di produzione: lo hanno procla– mato gli stessi socialisti tedeschi indipendenti, che nelle loro rivi-.te dottrinarie esaminano ponderatamente e senza preconcetti i casi pos– sibili di socializzazione. In questa veduta concordano volentieri in– dustriali e commercianti. ma mentre essi \'O– gliono per loro la libertà dcli' industria e del commercio, vogliono spesso mantenere pel con– sumatore i prezzi politici; e siccome la prote– zione nun è suftìciente ali' imposiz one del mo– nopolio, stanno per ottenere in ,,ia definiti\'a un largo proibi1.ionismo che duplica i prezzi di molli prodotti, e favorisce pochi privilegiati che si giovano dei misteri di cui soli posseggono l' :niziazione. li prezzo politico delle mercedi sono il ree/o cd il verso della stes'-a medaglia. li problema della produzione de,·e es-ere posto globalmente di fronte al problema do– ganale. lo non ,·aglio recidere al tronco nes– suna Industria; mi preoccupo anzi che l'in– dustria viva e prosperi, ma voglio che le in– dustrie siano tutte considerate, allorquando si tratta di decidere il regime dog,,nalc. La strada per la quale ci siamo ingolfati può condurci forse a comprometterle tutte per non volerne abbandonare alcuna. Vorrei pertanto rfrolger– mi agli industria'i, e dir loro: Non vi lasciate allettare dagli effimerisuccessi, abbiate la mente rivolta all'a\'\'enire, agite come classe e non per gruppi, non dissociate l' inter~e della cla~se dall'interesse della nazione. Il presente numero è di otto pagine a compenso di quello deJ.la prossima setti.mana che non sarà pubblicato :: :: :: neo L'Alto Se fossimo proprio sicuri che il nostro Go– verno saprà resistere alle suggestioni dei no– stri prussiani, che vogliono conquistare l'Alto Adige per sopprimen·i i tedeschi, punendoli del « peccato originale» di avere oltrepassato il Brennero, se fossimo sicuri che il nostro Parlamento c9ncedcrà all'Alto Adige una com– ple,ta autonomia, e che nessun impiegato ita– liano sarà mandato lassù a sabotare gli ordi– namenti amministrativi austriaci cd a far odiare l'Italia: - se fossimo sicuri insomma che il nostro Go\'erno i.apr:'t fare dell' Allo Adige una specie di cantone wi1.1ero. del tutto libero nell'amministrazione. nelle ~cuc,le, nella ,·ita religios.1.con Dieta propria del tutto indipen– dente dal Parlamento di Roma. eqercitando su di eq-10~olnmente P alta sovranità politica ed il diritto di paq~a~io militare: se fossimo sicuri, in90mma, della intelligenza e del buon senso del nostro Parlamento. della nostra bu– rocrazia e del nostro giornalismo - noi ade– riremmo con ass.1i minori esitazioni al confine del Brennero. Ma abbiamo dei dubbi .... Fino a qualche settimana fa, questi dubbi che l'Uuilà affacciava il 18 gennaio !9IQ. sembravano, per fortuna, in buona parte su– perati. Passato il primo eccitamento dcli:\ vitto– ria, in cui l'Alto Adige, ai;li occhi di molti dove,·a considerarsi come un territorio ricon– quistato da riguadagnare nazionalmente ali' I– talia ed in cui qualche giornalista di fantasia vide d'un tratti) ridestarsi nella popolazione di Bolzano, alla semplice: comparsa del trico– lore, le reminiscenze ata,·iche del!' antica ori– gine italiana, parve che ben presto il buon senso a,·esse finito per pre,·alere anche nei più accesi nazionalisti. Tutti coloro che per ragioni di ufficio ebbero ragione di spingersi oltre S.?.lorno fino al Brennero, o fino a Me– rano ed a Toblach, si convinsero ben presto che, meno pochissime isole, tutta quella re– gione era abitata da una popola1.lone schiet– tamente tedesca. per idioma, per abitudini, per sentimenti: da una popolazione, che non osten– tava prl)positi di ribellione, di ostilità aperta, ma si dimostrava disposta ad opporre la resi– stenza più ostinata ad ogni tentativo di sna– zionalizzazione ; si convinsero insomma per dirla con le parole di uno di questi osserva– tori. eh'! l'Alto Adige non è un appendice del Trentino, dove sia lecito attendersi benevola attesa. se non entui:iaqtico consenso. per l'a– more della gran patria italiana, nè può essere ritenuto una specie di colonia, dove qualun– que s:stema di governo sia sufficiente per te– ner tranquilla la popolazione: che anzi, al– meno per quel che riguarda la vita civile, tante provincie italiane avrebbero ivi da ap– prendere moltissimo (I). A queste idee, che dovevano necessaria– mente trionfare al contatto della realtà, fini presto per ispirarsi anche 1'~1utoritàmilitare 1 a cui restò affidata l'amministrazione civile; tolti gli errori iniziali dcli' immediata italianizza– zione dei nomi di luogo e della soppressione di ,·ari enti locali sen1.a sostituirvi alcun uffi– cio corrispondente. per tutto il resto si ..ebbe cura di e\'it.are o~i mutamento, che potesse suon1re offesa al sentimento ed alle suscetti– bilità nazionali. Anzi, messi su quest.a strada, si arrh•ò in molti casi ali' esagerazione oppo– sta. Così i giudici del Tribunale di l\lerano pote,·ano, fino a quakhe tempo fa, ignorare tranquillamente I' av\'enuta occupazione del territorio da parte dcli' Italia ; e \'erso i pri– mi di marzo, rifori~ce il Ciarhmtini, potevano permettersi Il lusso di condannare ad otto giorni di prigione un cittadino italiano, reo di aver contravvenuto ad un decreto au– striaco di espulsione, essendosi tornato a la– vorare alla dipendenza delle nostre truppe. Così il criterio opportunissimo di lasciare im– mutato l'ordinamento cd il funzionamento delle scuole di ogni grado e cli non imporre l'obbligo del!' insegnamento della lingua ita- (I) CIA.1.1.ANTINt. Pro6frmi ddJ'Ailo Adi'g't:. Fi• renze, V:a.llecchi, r919. Questo libriccino, che non è l'opua di uno studioso n~ di un uon\o polit co, è tutt.:u·i:l ricco di OS'truzioni dirette e di consi~er:J– zioni pie11e di buoa senso, che lo rendono a~i utile. Adige liana, è stato spinto pure all'assurdo di non offrire ed anzi di negare tal\'olta ogni aiuto a tutti quei tedeschi che sentivano il bisogno urgente di apprendere la nostra lingua. l\la in queste ultime settimane, riaffaccia– tosi - dopo la firma del Trattato di Saint– Germain - il problema dell'crdinamento am– ministrath·o del Trentino e dell'Alto Adige, richiamata su que$tO problema l'attenzione del pubblico dalle notizie intorno al colloquio dei delegati del Tirolo meridionale col Pre– sidente del Consiglio, si son vbte ricomparire, più o meno timidamente, sui giornali molte delle \'CCchie idee sul!' opportunità di com– prendere l'Alto Adige in una ~ola pro\lincia con Trento e Roverèto, sulla debolezza poco dignitosa di cui darebbero prova i vi'ncilon· usando troppi riguardi \'erso i vinh~ sulla as– surdità del timore che possa mai sorgere un irredentismo austriaco, sulla necessità che la lingua obbligatoria nei tribunali e nelle scuole negli uffici, nelle caserme, sia dovunque l' i– taliana1 in modo che in una o due genera– zioni si possa ottenere che entro i confini d'Italia non si parli altra lingua che quella di Dante. Di fronte al riaffacciarsi di queste aberra• zioni, che oggi incontrano ancora molte op– posizioni1 ma domani potranno essere rappre– sentate alle masse come una questione di dignità e òi difesa nazionale, noi riaffennia– mo, dopo dieci mesi, la nostra tesi della pfù larga autonomia regionale imposta non solo da un dovere di giustizia, ma anche dal be– ninteso interesse dello Stati italiano. Se in Italia la protesta contro l'acqentra– mento e contro la burocrazia romana non fosse un semplice motivo da discorsi elettorali e da articoli di giornali 1 il criterio dell'auto– nomia dovrebbe essere imposto dalla volontà popolare per tutte le nuove provincie, che hanno bbogni e consuetudini amministrative, giudiziarie e scolastiche profondamente di– verse da tutto il resto del Regno. t<ifa se l'autonomia è utile cd opportuna per tutte, essa rappresenta una necessità indeclinabile per le provincie dell'Alto Adige, che costitui– sce una unità regionale perfettamente indivi– duale dal punto di vista della lingua, della tradir.ione e della civiltà, e profondamente separata dalla regione a cui si vorrebbe an– netterla come appendice. L'esempio, che ci si op1one, della Val d'Aosta, di lin~a francese, la quale non si è mai lamentata della sua appartenenza alla provincia di Torino, non ha il minimo valore; poichè in questo caso si tratta di regioni che dal Medio Evo In poi sono sempre state unite sotto gli stessi principi, mentre per l'Alto Adi– ge si tratta di una regione che le vicende po– litiche hanno d'un colpo separata, nolente, dal suo ceppo nazionale. Nè ha maggior valore l'argomento del precedente austriaco: ct{e se l'Austria :weva privato Il vcsco\'ado di Trento della sua antica autonomia e lo a\'eva aggio– gato al Tirolo tedesco, se l'Austria aveva ten– tato di violentare costumi, sentimenti e libertà degli italiani di Val d'Adige, i risultati ch'essa ha ottenuto da questa sua politica 1.00 sono davvero tali da invogliarci a seguirne a ritroso le orme per solo :,pirito di rappresaglia. Quanto ali' irredentismo dei tedeschi del– l'Alto Adige, siamo convinti anche noi che esso non ~ia oggi un pericolo da prendersi in considerazione : i vantaggi economici che, per ragioni geografiche e per la rovinosa situa– zione dell'Austria Tedesca, offre ora a quelle popolazioni l'annessione ali' Italia sono tanto sensibili da poter in breve sanare l'offesa che li ha colpiti nel loro sentimento nazionale. l\fa il pericolo oggi inesistente, può sorgere minaccioso domani, se con una politica inu– tilmente e stolidamente compressiva e provo– c:,trice si saranno esasperate le suscettibilità nazionali di quelle popolazioni. Uno Stato di 40 milioni d'abitanti non deve preoccuparsi d'imporre la propria lingua, le proprie abi– tudini, i propri impiegati a poche decine di migliaia di sudditi nuovi; ma deve mirare a fare di questi sudditi dei buoni cittadini ita– liani, che entro il nuovo Stato :,i sentano uguali nei diritti e tutela.ti nei loro interessi

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