L'Unità - anno VIII - n.45-46 - 6-13 ottobre 1919

e nelle I ro libertà. Perchè si formi presto fra loro questo sentimento di libera cittadi– nanz1, non c'è mezzo migliore che quello di lasciare che essi, nei loro munkipi e nella loro dieta provinciale amministrino da sè • 1e loro scuole primarie e secondarie, i loro giu– dizi di prnna istanza, le loro strade, le loro foreste, tutti insomma quegli affari stretta– mente regionali, per cui non possono in alcun modo imp'egnare o compromettere gli interessi politici e militari dell'intera nazione. Rimarrebbero - è vero - in un certo senso pregiudicati da una t:ile soluzione gli interessi delle minoranze latine ed italiane, che vivono sparse in alcune vallate dell'Alto Adige. T2li gruppi, ~econdo il censimento au– striaco del 1910, raggiungev;rno la cifra di 16.5Io ;1bit •nti di fronte a 2I5,433 tedeschi, mentre .:econdo i calcvli abbastanza persuasivi del Taniolo si dovrebbero far salire a 32,130 di fronte a 199,804 tedeschi. In ogni modo, quando pure si acceui la cifra ufficiale, è in– dubitato che, in una regione annessa ali' Ita– lia, sarebbe assurdo ed indecoroso lasciare abbandonati questi gruppi di connazionali, che son destinati ad aumentarsi sens,bilmente per la maggior libertà d'emigrazione dai paesi più poveri delle Alpi verso le più ricche val– late di Bolzano, di Merano e della Pu-lteria. Ma a parte il fatto che col crescere del loro numero, gli Italiani avranno il mezzo di far valere i loro interessi nella Dieta J rovinciale e nei Consigli dei Comuni in cui essi sono maggiormente addensati, ir. loro favore potrà intervenire direttamente lo Stato sia con l'o– pera di controllo e di 'tutela, sia con la crea- · zione di scuole italiane di Stato accanto alle scuole provinciali tedesche, sia coli' imporre l'uso delle due lingue nei giudizi e negli uf– fici di tutte le località a pcpolazione mista. Ma ~e per la tlltela delle minoranze dì lin– gua italiana un intervento dello Stato ci sem– bra necessario, per tutto il resto non sappiamo vedere quali vantaggi pOS-'ano venire nè all' I– talia nè alto stesso Trentino da una forzala riunione delle due regioni in una sola provin– cia, in una sola diocesi, in un solo collegio -elettorale. Il meschino vantaggio che da un allargamento della pro,·incia verrebbe a ri– trarre la sola città di Trento sarebbe di gran hmga superato dal danno del riprodursi in seno alla dieta o consiglio provinciale delle lotte ed ostruzionismi nazionali, tanto noti a chi ha vissuto nella vecchia Austria. O si vuol forse evitare d! avere una pro– \'incia italiana rappresentata esclusivamente da TedeKhi? :\la con l'aggregazione forzata del– l'Alto Adige al Trentino non si evite1à affatto il pericolo (?) di avere in Parlamento 3 o 4 -deputati tedeschi e si otterrà invece il risul– ta·o ben più dann?so di dare alla lotta elet– torale in quei paesi un carattere decisamente antitaliano, mentre in una provincia autonoma si manterrebbe con ~utta probabilità l'attuale divisione dei partiti, e questi partiti (cristiano sociale, liberale, socialista) finirebbero per in– quadrarsi anch'essi nei maggiori partiti ita– liani. Tutte queste sono delle veriià tanto O\'vie ed ev,identi che ci sembra quasi puerile il ri– peterle. )la purtroppo esse urtano ancora con– tro il pregiudizio nazionalista, che denuncia come pro\'a di debolezza ogni concessione alle minoranie 11azionali di paesi fino ad ieri ne– mici, e contro gli interessi e le abitudini men– tali della burocrazia, che vede disordine e confu:>ione in tutto ciò che non è livellazione ed accentramento. Sarà dunque necessario insistere ancora fino alla sazietà ~ queste verità elementari. G. L. Tutti gli abbonati, che non abbiano pagato l'abbonamento, o che abbiano ancora da pagare il seçondo semestre 1919, sono vivamente pregati ad in– viarne l'importo al più presto: ciò per non aggravare Il lavoro dell'ammini– strazione con l'invio di circolari e per evitare inutili spese postali. I Abbonatevi subito: la forza di I un giornale settimanale è tutta . negli abbonamenti :: :: :: :: :: :: L'UNlTA 225 Il discorso-programm a dell' o n.A.de Vitide Marco agli elettori di Terra d'Otranto Sono consapevole del momento storico che Ja società borghese attraversa, nei paesi vinti e nei paesi vincitori, e sento tutto il disagio intellettuale di formulare un programma che nella diagnosi storica discenda all'azione po– litica concreta e l immediata. Mai elezioni si presentarono in condizioni più difficili per la grandezza dei problemi che bisogna affrontare, e per la scarsa ficluda che ispirano gli uomini chiamati a risolverli, e per l'attesa fatalistica in ct:i è caduto il pubblico, dopo la lunga tensione della guerra. La collezione dei discor:si politici che sa– ranno pronunziati ·n queste elezioni ~arà un documento prezioso per lo storico di domani. La collezione comincerù con la epistola ai Lu– cani, che ncn dice niente. Ma subito seguirà il pedestre discorso che tutti <1bbiamo letto, che pochi possono compatire, che nessuno può perdonare. L'uomo è oramai intellettualmente fossiliz– zato nel suo recente passato di recriminazioni neutraliste! Venuta la pace vittorio~a - che egli non ha prevista tale e a cui nessun contributo ha dato - il \ 1 ccchio emarginatore di pratiche burocratiche pensa che, passata la bufera, possa riprendere il potere pel disbrigo degli affari di ordinaria amministrazione. Vano desiderio! Chi per quattro anni ~a letto i bollettini della guerra, gioendo delle nostre angoscie e dolorando delle nostre gioie.... non lonurà al G<>Ven10! Q'uesta è la risposta che gli im·io di qua in nome di coloro che nelle giornate di maggio gli intimarono di tornare a Cuneo e di esiliarsi volontariamente a Dronero. · Non per questo, non per rintuzzare questa auto-risu.rrezione occorrerebbe vincere la pre– sente battaglia e!ettora!e. Noi impegnarne la lotta e vogliamo vincerla e la vinceremo, per– chè non poss'i::tmoconsentire, dopo gli ultimi avvenimenti e di fronte ai metodi elettorali rimessi a nuovo, che l'erede continui le ge– sta del Dccujus. . .. Non usciamo dalla guerra del tutto soddi– sfatti nè dei negoziati della pace, nè della piega che prendono gli avvenimenti all'interno. Dobbiamo scegliere la nostra via! Ma. per veder chiaro nell'indirizzo della futura politica ,internazionale, dobbiamo intenderci sulle vere ragioni della guerra. Ricordo a grandi tratti: -· Due correnti si delinearono fin cl:l\la prima ora; - l'una del nazionalismo ufficiale, che volle la guen:a per un fine meramente o prevalentemente ter– ritoriale-nazionalista, trascurando o mettendo in seconda linea i fini pii.1 generali che perse– guivano i grandi alleati: - l'altra della De– mocrazia interventista, che volle la guCrra per il fine, comune ai grandi Alleati ed ai piccoli ,popoli, lo schiacciamento del militarismo Ger– manico, considerando come un corollario della vittoria comune, la sistemazione del problema nazionale italiano. Furono due visioni politiche di"ergenti, che ebbero comune il punto di partenza - I' inter– vento, - e si andarono sempre più allontana,!d::> tra loro, a misura che ci si avvicinava al mo– mento della pace. li governo considerò il conflitto europeo come una mera occasione ravore\'ole per ri• \'endicare Trento e Trieste, non diversamente di come nel '70 considerò la guerra franco-te- ' desca come una fortuita e propizia occasione per ri\·endicare Roma. O:m ciò ; dirigenti della roliticà. italiana mostrarono di non intendere il significato po– litico e sociale del cataclisma mondiale 1 e quindi non entrarono mai appieno nel gran giuoco delle forze politiche, che si contende,·crno la suprema direzione futura del nuovo ordine. Da questa concenzione è nato quel disgra– ziato Patto di Londra, che, ingoiando troppi jugoslavi e rinunziando a parecchi italiani, è. stato, dalla opinione publica fuorviata, a to,to considerato come il vangelo delle rivendic:l7:ioni nazio1nli. Ma di esso non posso fare qui la critica particolareggiata. CO Voglio soltanto mettere in rilievo la fun– zione politica generale, che esso ha escrcilato sullo svolgimento della guerra e sulle trattative della pace. Col Patto di Londra l'Italia ufficiale ha negoziato il suo intervento; ha elencati e mi– nutament~ definiti i territori nel l'Ui acquisto ha fotto consistere i fini della sua guerra: - e se ìi è fatti garantire dagli Alitati. e que~ta garenzia è stato il prezzo fisso ed a forfiul dcli' intervento. Cosi l'Italia s'impegna\·a a _d.:re un aiuto ùubi·tllo ali' Intesa in quanto avrebbe fatto la sua propria « guerra nazionale», parallela alla guerra degli Al!t:ati, ma es/rauca •ai fini che questi persegui\·ano! Era la politica del sacro egoismo, a cui la Democrazia oppose, per lungo · tempo indarno, la politica del Jronle 1111ico. ln conclusione col Patto di Londra l'Italia, entrando in guerra si è di proposito isolata dalla guerra mondiale. Ecco primo errore che fruttificherà alla Con– ferenza della Pace! Non bi'sta. Il Patto di Londra prevede"a e voleva la diminuzione territoriale dell'Austria fino a concorrenza dei territori che volevamo toglierle nel nostro interesse. Ma escludeva i fini della gue·rra italiana lo« smembramento de!l'Austria– Ungheria »; escludeva, cioè la sola condizione che avrebbe resa possibile la liberazione degli altri popoli oppressi dagli Absburgo! Enorme errore di previ:,ione storica e di' accorgimento politico! Poichè, mentre noi sol– tanto facevamo con tutte le nostre forze la guerra. all'ereditario nemico, e' avremmo po– tuto erigerci noi a liberatori dei jugoslavi e ~ei czeco-slovacchi, - ce li siamo messi con– tro e li abbiamo spinti a chiedere la loro li– berazione ai nostri Alleati... che erano tutti intenti a combattere solamente la Germania, e sarebbero stati lieti di risparmiare la vecchia Monarchia danubiana. Nemici· dcli' Austria per_liberare gl' italiani irredenti, siamo stati di fatto o siamo apparsi i suoi alleati segreti, per tenere sotto il suo giogo tutti gli altri popoli aneiabti anch'essi alla propria liberazione! La vittoria di Vittorio Yeneto è andata al di là dei fini ufficiali della guerra italiana: perchb ha di fatto - contro la nostra vo– lonttl - sfasciato l'Austria e ha di fatto - contro la nostra intenzione - liberato tutte le nazionalità oppresse! Così l'Italia ha vinto la battaglia; ma la vittoria è stata politicamente sfruttata dai grandi Alleati. Questa è la tragica soluzione della politica estera dell'on. Scnnino! Si pote{).ancora. concepire il Patto di Lon– dra nel primo moment0, quando gli a,lleati spernvano che l' inte:-vento. d'Italia avrebbe rapidamente risoluta la guerra, ed erano per– suasi di risolvere le nuove questioni territo• rial i con· la vecchia mentalità del Congresso di Berlino, togliendo terre ai "inti 1 per rega– larle ai vincitori: - quando non vi ,era il proposito di smembrare l'Austria, e la Serbia avrebbe dovuto accontentarsi di un ragione– \'Ole ingrandimento territoriale e la Jugoslavia e la Czecoslovacchia erano <1 cspres!ò:ionigeo– grafiche! »; quando la Russia era l'arbitra dei Balcani e l'America una chimera lontana dal teatro della guerra e della pace! Allora, dare ali' Italia un pezzo di Dalmazia togliendola al dominio dell'Austria e non stae– l candela da una Jugosla\·ia inesistente, poteva avere per sè le circostanze attC:nUami! Ma in seguito, quando per le crescenti dif– ficoltà della lunga guerra quei:;te condizioni si sono venute mutando; quando l'intervento italiano 110n fo risolutivo della guerra; quando si è dovuto sollecitare !a cooperazione dei czeco-slovacchi e dei jugosla\'i, perchè sgreto– lassero dall'interno la compagine politica e militare dcll'Austri;-Ungheria, e si è ricono– sciuto ad essi il diritto di erigersi a Stati na– zionali indipendenti sulle rovine dell'Austria– Ungheria; - quando i governi dcli' Intesa han dovuto sempre pili recisamente dichiarare il carattere anti-imperialista della n;Jstra guerra per tacitare le correnti democratiche mondiali, che reclamavano la pace immediata senza in– dennità e senza annessioni territoriali; - quando la Russia è crollata cd alla Russia è subentrata la Democrnzia americana, che si rifiutava di riconoscere trattati, in cui si di– sponesse della sorte dei popoli senz'a\·erli con– sultati, ... il Trattato di Lonclrn, corroso lenta– mente dalla forza delle cose, era morto nella coscienza giuridica universale. Sopravviveva nella mente solitaria dell'ono– revole Sonnino. A noi consta che la Consulta aveva avver– tito il pericolo; ma poi nulla ha fatto per as– Sicurare in tempo utile e in altra forma i com– pensi che legittimamente ci aspetta vano, e che allora ragionevolmente nessuno ci negava. Così, dopo quanto era avvenuto in-tre anni e mezzo, come se niente fosse avvenuto, col Patto di Londra, - unica idea fissa ed unica idea chiara, - siamo auda1 i a isolarci nella Conferen1...aclella Pace. Mentre 3. Parigi convenivano i popoJi della terra e intorno alla Conferenza turbinavano tutti i problemi della politica mondiale, la nostra Delega1,ione, barricata nell'Albergo Edoardo Vl!, viveva in contemplazione del Patto èi Lond1a ! Estr,mea alle questioni della politica mon– diale, è restata quasi indifferente allo stes~ Trattato di Versailles, considerandolo come il documento che chiudeva la guerra degli al– leati1 non la guerra italiana. Chè, anzi, durante questi negoziati, la no– stra Delegazione ha consentito ad ogni devia– zione dai fini della pace giusta e (~urevole, per assecondare, contro Wilson, le aspirazioni par– ticolaristiche dell'Inghilterra e della Francia. Ha sperato cosi facendo, - e senza ti,lesa pre• 1,·entiv(l/ - che Inghilterra e Francia avreb• bero poi a loro volta assecondate, contro Wilson, le nostre aspirazioni territoriali. E non ha avvertito la profonda differenza che esisteva tra togliere terre alla formidabile Ger– mania, nemica e vinta, e togliere terre a pic– coli popoli, come la Grecia e la Serbia, che erano alleai i dcli' Intesa, e aveano vinto la guerra con nei ! In breve: - col Patto di J o::idra ci siamo isolati nella guerra mondiale; col Patto di Londra ci siamo isolati nella Conferenza della pace. Ali' errore politico originario è seguito fatalmente l'insuccesso diplomatico finale! . .. Si badi ora alla strana conseguenza di questo insuccesso, che è piccola parte del pro– gramma della pace ! A vendo fatto consistere i fini della nostra guerra ufficiale soltanto nelle annessioni terri– toriali del Patto di Londra, se queste non ci 3aranno completamente consentite - e non lo saranno! - « ecco dimostrato l'insuccesso del nostro inter\'ento! L'Italia ha combattuto per nulla!>> - « Avrebbe fatto meglio a restar neu– trale! >>- « A farsi pagare la neutralità co1 parecchio giolittiano ! • - « Gli alleati ci hanno ingannati! ... » - « I tedeschi ci avrebbero trat– tati meglio! ,. Ecco la sinfonia nuova della vecchia stampa gi0littiana e parccchista, neutralista e socia– lista! Ma questa è la più insinuante, subdola, insidiosa, premeditata svalutazione della nostra guerra; fatta per scopo settario parlamentare ed elettorale; - essa è, combattenti, la sva– lqtazione più completa dell'opera vostra! Voi avete combattuto per nulla! . .. Per la Democrazia interventista, nulla di tutto ciò risponde alla realtà storica. Per noi il Patto di Londra è stato il vangelo apocrif0 della guerra italiana. Noi abbiamo messo in rilievo fin dal primo momento i fini della guerra italiana: 1° nella sconfitta del militarismo genua-. nico di cui eravamo di... ·entati i vassalli; 2° nello smembrameuto de\1'Austria-Un-

RkJQdWJsaXNoZXIy