L'Unità - anno VIII - n.41 - 9 ottobre 1919

l. in tempi cli rifonna della burocrazia e di semplificazione di scr\'i :r.ie cli economie sino a Il 'osso, non 0.: 1 è male ! Prima del 191 r si comprendeva che l'uffi– cio di direttore didattico fo~e ben distinto dJ quello cieli' ispettore scolastico, perchè que– sto esercitava ·runzioni cli controllo, non solo_, ma acccrla\·a I\ sscrvanza delle leggi per J9. o dello Stato, mentre qudlo vigil wa le scuole e ne cura,•a l',rnctamento per conto del C ruune, cui era demandata l'amministrazione della Scuola primaria. Ma oggi, per le scuole che dipendano dal Consiglio scolastico, ~on si capisce perchè la ,•igilanza e la dirc1.ione debbano e•Berc aflìd lte a due diverse ratego– rie d' impieg'ati, fra i quali non è possibile stabilire nettamente una linea di demarca– zione. Se l' i,pettore scolastico non deve più cu– rare l'andamento cliJatlico della scuola, che' passa al dit'ettore didattico. ne consegue che deve curare solt:mto l'organizzazione elci ser– vizi e l'o~;erva11z·1 <lellc leggi n· i comuni che conser\'ano le loro scuole e delle istituzioni collaterali: e allora che bisogno c'è di 480 l:;pettori, vltre I 6cJ prov:nciali e i 10 centrali? N~n ba1Jterebbe un solo ispettore amministra– tivo. e magari due per ogni provincia? Oppure l'ispettore de_vcanche e sopratutto vigilare sul funzionamento delle scuole, anche sotto l'a!ipetto didattico e disciplinare, e con– sigliare e indtarc l'opera dei maestri, e allora a che cosa servono duemila direttori ? A che' cosa servono? A moltiplicare e a com,;1licare i congegni, a stabilire altri con– trasti e altri confitti, a creare altri duemila malcontenti. d1e fra un anno o due, sorretti dai giornali did?ttici e non didatt ·ci, dimo– streranno rhe que:,to duplicato di funzioni, non 10!0 è inutile. nia è nocivo - cosi come si fece per i vice ispettori - ; e tutti doman– deranno cli diventare i-;pettori, o chi sa che altra cosa. Se si fossero i,;tituiti non più cli cinque o seicento circoli <l'ispezione, cioè meno ancora dei 1000 circoli stai iliti .Jel primitivo ùi~egno di legge Danco, Ch<! poi divenne legge 4 giu– rno 1911, n. 487, le scuole avrebbero avuto una larga ed efficace "igilanza, la fundone hpettiva e direttiva sarebbe slata esercitata· con unità di criterio e ù' indirizzo, e lo Stato 1...-rebbe ri,parmiato parecchi milioni. Ma appunto pcrchè quest.:i crn la via buona, non è -,tata seguita. L' " Agenzia Stefani ., Sull'(lnilà dc:!1'11 settembre, riproducemmo, .comment:1ndola rome si mcrita\'a, b notizia comunicata nicntt.•meno clall'.1.lgeuz•fl ,St, /ani .:d giornali torinesi, dic il .Mini-;tcro dell'Industria e Commercio. d'accordo col .Minbtero degli e.,,teri, a\'c,;s-,enominato nd~etto commerciale a Bedi!:O un comm. Ernwnno Leurnann, inter– detto in seguito a ;Cntcmn giudidaria su <lo. manda della fdmi~li~,. Dal t.-tinistero di lndLHria e Couunercfo ci .1ssicuran~1 d1c il fatto t « l 1 cl tutto in~u"lsi– stentc ». E noi diamo notir.ia, rom' è nostro obbligo di lealtà della s1mntita. Ifa perchè non è la prima volta che no– tizie date dall'Agmzù1 Suj.mi se.no snwntite dopo che noi le abbiamo c,;'Q:nmcntatc,noi do– mandiamo se il Govemo non farebbe bene a togliere ogni c.;.rattcre di ufficiosità all'Agem:ùr Slefam~ affinchè ne5:mno perda pii1 il sno tempo a prendere sul serio le frottole o gli spropo– siti di un'agenzia, che. p<'r e~ere ufficiosa, ha un certo diritto .td e:bcrc tenuta i:1 con~ide– razione. sopratuttu quando dù notizie che non fanno onore al Go\·ern-l. I cambiamenti d'indirb;~o Crisi morale. ds:;etto mondiale a guerra finita stato irto di diflicolt.\ più che la ra stessa, non v'è persona di buon senso che non l'abbia pensato sin dal principio. Ora la re:'tlù supera le previsioni: dopo cinque lunghi anni di guerra, la pace stenta a ve– nire fra mille dubbi inccppartli; anche senza combattere. i:,I,·ivc in tutto il mondo sotto un regime di guerra: :,cguita a crescere, anzichè diminuire, il carico dei debiti. E si \'a m.tni• festando, dappertutto coi medesim( sintomi, una <.risi tonuentos.J, di cui non !)i vede bene la solu.done. Non si tratta d'una crisi d'orgaoismi, come vanno dicendo - i;enza alcun fondamento d'esperienza - q:1ei bio:ogi pessimi-;ti che ve– dono dappertutto disfacimento organico, ne– ,·ro,i, p.iui,t, clegencraz:one. Basterebbe a di• mo~trar!o 11 fatto che la erbi si presenta anche là dov.: si ebbero in guerra pi.:.rdito minime: agli St<,ti Uniti cd al Giappone.:; e non ri– sparmia per certi versi neppure i nt:ulri. La vita organ'.ca è ritemprata al fuoco d'una lotta p..:r .. rnne. L'umanit·1 ha percorso, scnz:i. cadere, un'immensa via crucis; e non ara. que,.. ta guerra àd intaccarne le ene~gie \'itali. l\lalgrado I' imrncus:i falcidia fra gli uo– mini più rni>ul:ili,malgrado i milioni di stron– d1i e di nMlati, le generazioni avvenire non plliranno alcun danno durevole. Dire che J'u~ manità sce spossata dal!' immenso sforzo è prendere sul serio una met"-ifora semplicista. Indivi<lu.ilmentc p, esi, i superstiti della guerra ;,,vuo - nel\' immensa maggioranza - sani, g-ag!i:irdi, atti :il la,·oro, alle lotte; magari alla guerra, occorrendo. A considerarli sotto l'aspetto org1mico 1 non si vede ragione perchè e!'tSinon debbano mettersi ab.1crcmenlc ull'o– pcra di rico~trnzione, ripetendo col saggio an– tico : dum viltz sttjxnst, bene tsl. La crisi odierna è di natura psicologica, morale. Obiettivamente considerata, offre vari aspetti: può esser vista e studiata come pro• blema economico, finanziario, politico, sociale. Ma per comprenderne la geue:.i e il meccani– s1110,per inteoderne tutta la portata, per "e– derne i pericoli, per provvedere ai rimedi, bi– sogna pur guardarla nel suo aspetto interiore, psicologico. Se non si trattasse oggi che di rifare le cose distrutte, pagare i debiti, riattivare la produzione. il còmpuo non apparirebbe, per immane che sia; co~i tremendo. Con la buona volontà. e col tempo, tullo :,i riassetterebbe, fvrse pili presto che non si pen~i; e la so– cieti umrrna uscirebbe dalla pro\'a rinvigorita, meglio organiuata, in pieno possesso di tutti i mezzi tecnici che la gueua costrinse a esco– gitc1re e che s~n·iranno mf)Jto am.:he in tempo di p:ice. Invece gli uomini, uscendo dalla guerra, sono recalcitr.i.nti al lavoro, a\'idi dJ godi~ mento, agitati da torv passioni, chiusi in un egohmo esasperato. disorientali, incapaci di veder chiara la sitt:azione generale e la pro• pr:a, di comprendere che si sono messi su di una via che mena all'abbso, di persuadersi che la cooquista dr qualt!1e vantaggio perso• nale immediato non può rendere immuni in mezzo ad una catastrofe generale. Talvolta, in paesi di montagna, per uno slittamento di t"rrcni, tutto un villaggio si spost;i lentamente e minacci,i (li franare: gli abitanti, nelle loro c,i:,e, !:.entono qualche scric– chiolio, \'edono aprirsi qualche fenditura, ma non si rendono conto tiella gra, iti't del peri– colo, non vogliquo I .:,dar le case, e bisogna C"ondurli \'Ìa a forza. Qualcosa di simile av~ viene nell:l società d'oggi. Si seguita a vivere consumando i;pensieratamente il patrimonio nazton:,le. Però, la \"Ìta conserva a un di– presso le apparcn1.e normali, e moltissimi non s'avvedono del pericolo, c,cdono che si r·ossa andare avanti cvsi ali' infinito, mentre si "a incontro al fallimento totale. Gli abbonati, che, dopo averd dato un indirizzo. tlomandano che sia c..1mbiato, clcb• bono a\'ere la compiacenza di accompagnare la r!chiesli:I con 3r, <.enksimi di francobolli. perchè tanto cì costa la stampa dell'indirizzo nuovo, ~enza contare il lilvoro che occorre a fare il mutamente,. Alcuni d hanno mandato due indirizii diversi a una !)ettimana di di• stan1.a; altn hanno cambiato tre volte indi- ~ ri1.:r.oin poco tempo. Compre11diamo che non lo fanno per capriccio. Ma si rendano conto della spc:,a. che siffatti mutamenti portano nella nostra amministrazione. E non si dolgano <li questa tassa, che sia,1.0 costretti a intro– durre. La crisi è gra,·c. e sarebbe stt,ltc;,;za celare la cruda realtà sotto i veli d'un ottimism,, fa– tuo o menzognero. àfa sarebbe anche stoltezza,. disperare. L'incoscienza, l'imprevidenza, la spensieratezza, il malvolere, \1angnstia di men• te e di cuore, l'abbandono fatalistico di cui 207 di questo passo? son malate tutte le classi sociali, po:;sono vin– cersi, se si riesce a destare il senso esatto del 1~ericob, a far comprendere le, necessità di rimedi eccezionali. Soltanto affrontandoli con chiara coscienza e con ;,nimo risoluto, po– tremo impedire agli avvenimenti di sover– chiarci. Una catena di iniquità. Perchè, come mai s'è formato q11esto stato d'animo diffuso in tutto il lll0ndo, che mette a fiero repentaglio le sorti della civiltà? Noi cadremmo cerio in errore se d la– sciassimo trascinare dal disgusto e dallo sde– gno che suscitano la. mala fede, la protcr\'ia, l'abiezione di singoli individui, o le aberm• 'l.ioni cli gruppi o cli partiti. I IUO\'imenti cosi diffusi sogliono nascere - sia pure come un incendio da una scintilla - da qualch~ ~en– tlmento profondo o generale d'indole buona. Ed~ facile vedere che anche stav..:,lta. è cosi: la c:isi morale odierna parte da una reazione ali' ingiustizia. t vero che, come la violemm genera vio• lenza, così l'ingiustizia genera ingiustizia; e che nel tumulto delle lotte perdono il freno tutte le passioni più basse. e il pur.lo di par. tenza vien perso di vista. Ma se si vuole uscire dal circolo vizioso, non basta oppor~i alle ultime conseguenze, prend•er di petto gli estremi s_f,,ghi delle passioni esalt~te; occorre anche rifarsi alle origini, e non pretendere di arre:1tare gli effetti se non si S,lpprime la causa. Bisogna saper riconoscere la giustizia anche se è velata, renderle omaggio anche se è trascinata a braccetto dall'invidia, dalla cupidigia, dalla vanità. Ll guerra è costata sforzi enormi, soffe– renze inaudite. l\fa non è che gli sforzi ab– biano deteriorato i muscoli, che le sofferenze abbiano scosso i cervelli. Gli sforzi e le soffc~ renze apparterrebbero ormai al passato, come la morte, se la guen:a non avesse tratto da un'iniquità iniziale tutto un se;..uito di ini– qnit,ì. e di errori sempre attuali, crescenti e minaccio~i. .'\ far la guerra è nece:,saria l'opera dei combattenti quanto quella dei produttori di materiale bellico. A tenor di giustizia, il so-– pralavoro industriale dovrebb'essere parificato alla prestazione bellica d·•i combatten i, come contributo doveroso alla difesa nazionale. E invece, quanta differenza! li combattente deve dare la vita la salute, le sofferenze, subire spesso la rovina economica sua e della sua famiglia: il produttore di materiale bellico (capitalista, imprenditore. dirigente, tecnico, operaio) non corre rb,chio. resta a casa e s'ar– ricchisce. S'arricchisce perchè, lungi Uall'essere costretto a lavorare, costringe lo Stato ad ac– cettare prezzi d'eccezione. chiedere ed ottenere duemila lire al mese. che un ta,•oleggiante da caffè possa guadagnare più che un alto magistrato. In realtà l'au– mento era cominciato durante la guerra, nelle industrie belliche sopratutto. Determinato dal difetto della mano d'opera, in principio era assai meno che proporzionale ai profitti degli imprenditori. Appunto per l'enormità di qut– sti profitti fu st molato, e non trovo reslste1 • za, ad ulteriori aumenti. Finita la guerra 1 era naturale che -,i manifestasse, aspra e violenta, la preoccupazione di con.servan• i vantaggi ottenuti e di aumentarli in proporzione coi guadagni dei padroni, Dicevano gli operai delle officine: « quando splende il sole, splen– de per tutti ». Il sole erano i miliardi presi a prestito dallo Stato e profusi senza contare. Poi dilagarono gli scioperi - tutti vittoriosi - per il contagio dell'esempio, per il deside• rio d'esserci tutti alla cuccagna. per cancel– lare la di~parità, per fare sfoggio di potenza e cli prepotenza, per affermazione politica. per protesti futilissimi. I l,woratori che tornavano dal fronte non potevano essere da meno dcg,li altri. Su di essi doveva anzi agire il rammarico d'essere arrivati tardi al banchetto, e il sentimento di meritare qualcosa di più degli altri a com– penso dei sacri1izl fotti. Purtroppo, se la guerra suscita - in chi ne è capace - sen– timenti d'abnegazione e d'eroismo, in mol– tissi t:i ha lasciato un scn,o di rancore, come per uno sfruttamento indiscreto ed ingiusto : cd inohre l'abitudine alla violenza, allo sciu– pìo, alle spe-ie superflue, alla vita dissipata cd oziosa, al fumare ed al bere. Tntti faltori che svogliano dal lavoro e fanno aun,1...utare le pretese. Ne è nata, più o meno dappertutto. e in Italia pit\ che altrove, una situazione econ,,. micamente assurda, che protrae, aggra\'andol~. il regime di guerra. Si consuma assai più cl1e non si produca. Occorr(" lavorare e s'abbre– viano gli orari. Manca l:t mano d"opera e si i,;eguita a sus9idiare la dissocupazione. Le aziende dello Stato sono eno1memente pas– sive e si moltiplicano. Le private approfittano, per reggersi,_<lei regime economico di guerra, che cercano di prolungare ali' infinito. fosom• ma, si continua a vivere e a dissipare, au– mentando tutti i giorni il debito. Si seguit:! a consumare il patrimonio nazionale. Intaccare questo patrimonio era lecito, drJ veroso, necess~1rio, durante la g11e1 ra. Ora i: pania. A furia di debiti si pcr<lc,:1 jJ credito: · a furia cli ~pendere, si finih il patrimonio. I· allora? Verrà, .st: si seguita così. il fallimcnJ.1. I~ fame, la sen ilù econMnica e politic.:1. La volontà di vivere. Contro tanti mali, 11011c'è giomalibta , deputato o ministro,. che non abbh pront:1 tutta una sterminata fannacope di rimedi . l\fa ne~suna ne viene applicata, buon1 o ca,. tiva che sia. E questa inerzia in tanto cian– ciar dì proposte miracolo-.e esaspera la in• quietudine generale. Dicono che cosi è necessario : con lo sti– molo del guadaguo favokso i privati fanno miracoli che non saprebbe far lo Stato i e cosi si salva la Patria. Sarà benissimOi ma ciò non toglie che il sistema sia iniquo, ripugnante, carico delle I cg;.ori conseguenze indirette. La immensa spesa delle forniture di guerra pagate a pfezzi forzosi si condensa in un debito enor– me, espressioue cJnc1eta, palpab:le, dure\'ole, dell'economia strqzl"ina che vige durante la guerra a tutto vantaggio dei pri\'ati produt– tori. In Fr.:inci?. R' è iniziata una re"isione de; contratti di guerra. In Italia non se ne parb · neanche; eppure si sa che i contratti da noi n1n furono fatti rerto con ma~giorc accor– tezza che in Francia. Que-;to debito :-i traduLe poi in un eso– nero, per c]li ne pos,iede i tittJli. da ogni ob· bligo di lavoro avvenire. Nel periodo della ricostru;done, mentre il bisogno :,Oci,dc di la– voro è immensamente ac:cresciuto, una non piccola minoran,a può condurre, se \'UO!e. ,·ita oziosa e dis~luta. E mentre la scarsezza dei prodotti dovrebbe suggerire la pars.imonia, i nuovi ricchi, ~rossi e piccini, impos!-les&.1.tisi di una gran parte della ricchezza nazionale, fanno sfoggio del loro h1sso insolente. Qual maraviglia se al m1>rso dell'ingiustizia s'ag• giunge il ,·eleno dell'invidia. e i:,.;gli operai credono che sia venuto anche per loro il tem– po di godere e oziare? Molti non riescono a capacitar~i dell'enor– me aumento dei salari, S\'Oltosi in massima dopo l'armistizio~ qumdo invece s'aspettavano un movimento di ritorno alle condizioni nor– mali. Si stupiscono che un capo tecnico possa Dappertutto si studia un' impo~ta str:ior– dinaria sui patrimoni. Ancl1e il nostro go~ ,,erno ha annunziato qne3ta intenzione; ma finora sono state parole; e invece c'è bisogno" d'un'l-pera1.ione sollecita. Par che si propenda a non tassare i pa trimoni stranieri, in Itali:t, e forse anche al– trove. Così si favorisce e si premia la fug:• del capitale da cir1scuno Stato, e si fa ai tra– ditori una posizione pri"ilegiata. Non sarebbr da studiare una convenzione internazionak con t,C'rfetta. reciprocit;\; che slabilisca un;, tassazione, destinando magari i pro,·cnti at' uno scopo comune, internazionale? Non far nulla è la peggior soluzionr. Il debito di guerra lo si lascia crescere. per debolezza, senza necessità. Quando si far:\ sul serio la smobilitazione? Quando si penseJ.\ a sopprimere con mano cli ferro i reliquati burocrdtici e militari della guerra, ove ~i an-

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