L'Unità - anno VIII - n.2 - 11 gennaio 1919

L'UNITA Il problema dei problemi I. Sap1·emo noi? ... Can, ( 1 i1ilà, Abbiamo noi veramente la esatta concezione della enorme differenza fra i problemi nostri di ,·itt•Jria, e quelli della Francia e della Inghil– terra? Comprenderà il paese nostro che una vittc;r1a porta sempre con sè una «crisi»; che non può significare « sollievo » per ora. ma peso di nuove piit ~rie e piit gravi fatiche, predsamentc come ben pii\ difficile è vivere che morire.:> Sapremo noi non essere il« rkhe imaginaire >>, o il« parvenu >'I di questa guerra? Se guardo ver:,.0 il «territorio» .. poco lo spcru: m.t se guardo qui il n~tro ~iovane ,·cc– chio fante, oso tutto sperare. Questo mera,·ig1io:,0 materiale nazionale uman1.1. che la guerra ha foggiato, questi nuovi • « migranti », che dalle terre più prettamente italiche, in que:-.ta ~ordica Italia ancor così « mitteleuropa », hanno portato per le vie di una guerra, da essi non ben co~1presa ma tanto ~entita, la loro instancabile attività di •guitti"> e cli «carusi », questi « futuri elettori». sapremo noi ben guidarli per l'Italia nuova, o li getteremo ancora in balia del parroco, che sarà divenuto neo.cattolico e nazionalista; del sindaco, sempre pill proprietario e sempre me• no babbeo; del candidato, che 5aprà ben tr<r vare la formula. di un nuovo giolittismo della vittoria? , Sapremo noi formare un partito, che poss:1 far capire ai nuovi Italiani che Trento e Trieste e tutte le aspirazioni nazionali i,aranno come una bandiera :-.en1.adSta, se non sostenute da disciplina ci\'ilc, da onestà politica e... com• merdale? Qu~ta guerra ha pur sempre ucciso il « miles glorioi,us »; ma temo che per formare il « civh. » ci vorranno ancora in Italia an• slose fatiche e diutume battaglie. Intanto, io vorrei che, dbpo aver tanto e troppo lodato il fante combattente, si parla:;,.,,e ora. un poco anche del fante « dopo la vit• toria », quella vittoria che è la pietra di para• gone delle qualità del soldato. Ho qui vicino il fante azzurro della Como: dopo le marce forzate. che dal Piave r hanno portato ai confini nuovi dell'Italia nuov( a traverso a le rovine dell'invasione, egli, che non ha avuto la pioggia di fiori delle citlà redente. che è rimasto per giorni senza vino, senza tabacco e sen1,agiornali, è andato divi• dendo la sua pagnotta coi bimbi affamati, ha fabbricato finestre per le case spogliate, ha ri• fatto baraccamenti sfasciati, ha rimesso iu ordine le :-.trade abbandonate, ha raccolto materiale per milioni e milioni. ordinandolo con metico– losa esattezza; e a fine di giornata, questi siciliani, calabresi e romagnoli, con u1,1 freddo da lupi, si mettono intorno al fuoco e ragio• nano del lavoro di doma•i ! Dopo la vittoria il fante, laborioso e pa– ziente, industrioso ed attivo, impareggiabile nel!'« arrangiarsi ». pianta oggi per domani patate e cavoli :!tulle rive dcli' alto Isonzo. Lontano dalla das:,e dirigente, colla sola guida di subalterni che sono oggi i suoi capomastri, senza elezioni e :.en1.acamere del lavoro, dà, oggi che potrebbe pretendere il riposo, un reddito di lavoro ben maggiore di quello di un egual numero di operai organizzati e spc• cialìzzati! E quello, che io dico degli «azzurri», potrèi dirlo di tutto l'arcobaleno dei distintivi RliJÌtari. Sapremo noi fare di questo« fante». frutto della guerre, il cittadino della \'ittoria? Yur.E G10LIOL1. II. La base di tutto. ·,g,"',- direttore, Un ventiduenne. che ha combattuto, e la cui educazione h:i. quindi sofferto grave inter• ruzione, si pennette nondimeno di :;c1frervi. Offre tre scusanti: 1° che è un vostro lettore; 2° che ha fatto cd ha visto la guerra sotto molti aspetti, pensando su ciò che \·ede\·a; 3° che ama l'Italia veramente e non bolsce• vicamente democratica. L' {l,,i"l si occupa dei << prolJ\cmi della \"ita italiana ». Per cui ha finora trattato principal• mente dei probfemi attinenti alla guerra, per• cht! c1uesta rappre:,entava il problema princi• pc. Finita la guerra, tratta di politica estera, di riforma sociale: si preoccupa. cioè, che il meraviglioso frutt,, della vittoria i,i porti a ma• turazionc e non marcbca per colpe di una cattiva coltivazione (legislazione). Si :;01levano cosi molteplici ed immensi problemi 1 che voi discutete obiettivamente e senza preconcetti personali e di partito: ed è per que:>to che scri\·o a voi. I\la vi è un problema base, al quale du• rante la guerra non abbiamo avuto tempo di pens:ire, senza risolvere il quale gli altri sono insolubili. Chi scrive ha comandato il plotone e I.\ comp:ignia in combattimento, ha viS.!)uto la vita di trincea, ha vissuto la \"ita di forito in ospe• dale, è stato uno dei tanti biasimati ufficiali inabili istruttori ai depositi - in una grande città -, è stato ufficiale addetto acl alti co-– mandi e di collegamento con truppe alleate; - donde i « molti aspetti» di cui parlo. Ha avuto quindi ucc:asionc in molteplici e diverse circostanze dì scambiare \"edute con colleghi, dipendenti, superiori, giornalisti, industriali, ecc. ecc.; ed ha cercato cli capirne il modo di ve– dere e lo stato d'animo. E soprattutto h<L cer• cato di guardare con spirito critico. Voi sa– pete bene ciò che ho \"iSto: ma vi importunerò col dirvelo egualmente, premettendo che mi riferisco principalmente agli ultimi due am1i di guerra, quando, cioè il fiore della nostra gioventù pensante e convinta si era offerta, si era sacrificata, era gi;'L messa fuori combatti– mento, e veniva sempre con maggiore difficoltà e sempre più inadeguatamente :-.ostituita. Nella continua os:)ervazione di tali circo. stanze, ho tenuto presente che non ero spetta– tore del funzionamento di un esercito, ma di una nazione in anni. Ed ogni volta che ho voluto ricercare le cause di tanti errori, mi :,011 tro\"ato, risalendo di causa in causa, ad incontrare ogni volta la medesima causa base. Questa nostra nazione•esercito ha vinto, malgrado tutti gli errori. Ma ha vinto per la bontà rara del nostro contadino-soldato, ma che, se.mplicc contadino armato, è bastato per vincere la guerra. J nc.,:-.tri contadini hanno vinto; (Ce11.111ru) Eccù la causa base di tutti i no~tri guaì: l'ineducazione. Ecco il mio problema base: l'educazione nazionale, acnza di cui al nostro Parlamento vi saranno 5empre dei Giolitti, senza di cui avremo sempre un governo di mediocrità incapaci di prendere provvedimenti energici e sagaci. Ma nello studiare questo problema, bisogna ricordare che l'istruzione ne è una piccola· parte. Non basta sapere molti fatti : occorre saper pell!>are.I nostri ragazzi dovranno acqui• stare attraverso ali' educazione il senso del dovere, il !:lenso di giustizia, il senso di re• sponsabilità, capacità di trattare uomini, spi· rito di abnegazione. In una frase : oltre alla mente, bisogna educare il carattere. Come fare questo? Se non disprezzerete questa lettera, e lo vorrete, questo presuntuoso ventiduenne si sente pronto a darvi qualche appunto per un pro~ gramma di educazione cd anche qualche idea. per il modo di ottenere i mezzi neccs:,ari per attuarlo. Le nostre dassi dirigenti !;i ricordino che il dirigere implica il dovere di formare le fu 4 ture generazioni di dirigenti. Non basta che dalle università e dagli istituti tecnici escano giovani tecnicameme istruiti ; ma dovranno uscirne giovani moralmente educati e prepa• rati a prender posto nella vita :-.ociale.con un :.enso profondo delle responsabilità che in• combono a chi abbia goduto della loro çppor• tunità di istruzione. Ed è questo che vi chiedo, signor diret• tore: l' U111ìà si ricorderà ciel problema del– l'educazione n:tzionale? MILF..S STt;DESS. Hl. La propaganda fra i soldati. 7.ona di guerra, 14 novcwbrc 1918. S1$11or dti·ellore, Spero che, bcnchè io :-.ia a lei :,,eonosciuto, mi leggerà e mi rispondarà; perchè \·oglio sot· tomettere al suo giudizio propositi ed incer• tezze, che comm.uovono lo spirito di molti tra noi. che durante c 1 uesta guerra siamo stati cit• tadini e soldati, con sentimento e disciplina di pensiero. Noi abbiamo guidatl) alla \'Ì-ttoria- i pop<>-– lani d'Italia. Ed ora, me11tre abbiamo volontà e lena per proseguire, sentiamo qualcuno o qualche cosa che ci dice: « Ecco, la tua strada I' hai percorsa ; ritorna ora a fare il proletario, il professionista, I' impiegato o lo studente: così come la massa dei lavoratori ritornerà a lasciarsi sfruttare dai preti o dai socialisti ufficiali .,. Ma perchè non approfittiamo della magni• fica condizione, in cui si trovano queste ma~e oggi, nell'eserci~o, prima della smobilitazione, per dare loro un buon indirizzo in vista delle lotte ch 1 ili, che ~ertamente si accenderanno a pace compiuta, per l'av\·enire della nostra pa• tria e della umanità? Dei nostri soldati siamo noi oggi i soli ispiratori : come da noi hanno appreso perchè: era santa questa guerra, per• chè la morte non ci doveva sgomentare se ogni goccia del nostro sangue si tramutava in fiore di liberl.'.t, cosi da noi soltanto possono ascoltare la parola spassionata, la parola di vita della nazione rinata. Non faccio letteratura: l'esercito della vit• toria può trasformarsi nell'esercito della nuova civiltà italiana. Tre milioni di giovani, illu• minati ed agguerriti, possono bene trasformare la vità della nazione. La struttura del nostro esercito, specialmente ora, è proprio quella di una grande famiglia; e io son sicuro che quel soldato, che ha ~uito il suo ufficiale all'assalto, domani, vestendo panni borghesi, seguir'a il suo ex. ufficiale nelle lotte della ci• viltà. Potrà dir lei : « Fate - e noi ,,i appog• geremo ». Ma è impossibile fare, quando vige nel nostro esercito un regolamento, in cui certo non si prevedevano e non :ii cercava quindi di.risolvere questi nuovi problemi della vita nazionale. Durante la guerra, dopo Ca• poretto, a modificazione ed aggiunta del re• gola.mento di disciplina militare, si sono iati• tuiti quegli uffici di collegamento morale con la pri~a linea, che effettivamente han dato il sangue morale a quello che attualmente è l'etcrcito italiano. Perchè questi ufficii, conti• nuando nella loro opera, non sono autorizzati alla istruzione morale del soldato, che domani ritornerà alle sue funzioni di lavoratore e di cittadino? Ecco, per esempio. Sono certamente pros• si.me le elezioni gener.s.li . Non è un pericolo per l'Italia mandare alle urne que:)ti milioni di uomini, facile preda alle manoHc dei fa– cinorosi : giolittiani, clericali, socialisti uffi• ciali, neutralisti? Il papa scrive una lettera per proclamare che egli è stato :sempre bene• volo (sic!) alla causa d'Italia; i socialisti uf• fidali votano ordini del giorno di plauso per la vittoria della giustizia e della libert..1. ; pre· sto aHemo un magniloquente discorso di Gic,. litti al Consiglio Provinciale di Cuneo: e la manovra sarà completa. Perciò spetta a lei, signor direttore e ai suoi compagni di cultura e di fede, insistere perchè il Governo senta il bisogno di ordinare 11 quanto sopra ho pro~to. Inoltre è necessario fin d'ora mettere le basi di potenti associa– zioni tra gli ex combattenti, in seno alle quali si debba continuare l'opero di educazione mo• raie e politica delle masse, che dev'essere ini• ziata in questi giorni. Se lo crede neces:,ario, pubblic.hi pure la mia lettera. [n ogni modo altenclo da lei una parola di fiducia e di incoraggiamento. ~Ii treda Dev.,,10 • Tu.-ENTE Nuc~a:s GIORGIO IV. Un convegno di «unitari»? 16 notn.-emf>re 1918, Cara U11ilà, Ora che la guerra è finita e che, come ben dici nell'articolo « Nuo\'i doveri » del 9 no. vembre, ne comincia una più lunga, più aspra. e più 1spietata per la riforma interna del no• stro paese, mi pare urgente la necessìtà di tr<r varsi per alcuni giorni tutti insieme - dico tutti quelli che, attraverso l'Unità, abbiano com– preso di a\"ere una finalità comune - al fine di accordarsi nelle direttive - generali e spe– ciali - da imprimere al nostro movimento. Molti siamo ancora sotto le anni; ma si potrebbero prendere intanto i primi accordi, in attesa del convegno, che so essere deside– rato anche da altri amici. Saluti cordiali TEN. TARELLO GIOVANNI V. Che rare? 11 frutto migliore della guerra. Ecco quattro lettere, scritte 111:Jli stessi giorni, da quattro diversi ufficiali di comple– t~ento, senza che l'uno sapesse degli altri. Sono documenti assai interessanti delle preoc• cupazioni morali acutissime, che in una grande parte della nostra borghesia intellettuale, nella parte migliore, si sono andate maturando i.a quattro anni di prove dolorose, e si sono in• tensificate e rivelate definitivamente nei giorni della vittoria. Quelle preoccupazioni morali sono il pill bello e il più promettente resultato dei quattro anni di guerra. Non mai nella storia d'Italia gli uomini delle classi intellettuali si erano trovati, nel loro insieme. a contatto con la moltitudine anonima dei nostri contadini: un abisso di incomprensione e di inditferen1.a aveva sempre separato le due classi: erano qu.-si due razze diverse che vivevano l'una accanto all'altra, l'una al di sotto dell'altra, .. nello stesso territorio, che si chiamava, ma non era, la patria di entrambe. La gue~a ha rimescolate queste due razze: il giovane stu• dente, sfuggito appena alle gonnelle della mamma, e il richiamato che aveva lasciato a casa l'aratro, la moglie e i figli, hanno vissuto per quattro anni la stessa vita di pericolo e di sofferenza e di sforzo: hanno donuito nello stesso fango ; hanno mescolato insieme il san• gue dellè loro ferite : si sono conosciuti, si sono sentiti uomini, si sono amati come fra. teli i. Oggi noi. vediamo ciò che senza. la guerra non avremmo mai visto : il giovane studente di venti anni parla dei « suoi soldati ». fra cui ci sono uomini di quarant'anni, con ri· spetto, con \"enerazione, con un lampo di amore negli occhi. I legami sorti in trincea fra la borghesia intellettuale e il proletariato rurale non si spezzeranno più. E da questi legar1:1,i sorge la preoccupazione morale angosciosa, di cui le lettuc che pulr blichiamo, sono il documento. Sapremo noi dare la pace a questa moltitudine che ci ha data la vittoria? l'abbandoneremo, dopo essere vissuti con essa in comunione di stenti e di ansie, agli artigli dei vecchi politicanti ? come guidarla nella conquista dei suoi diritti, nel compimento dei suoi doveri civili? Se la guerra non avesse prodotto che que. sto resultato: suscitare nella borghesia intel– lettuale il sentimento del dovere di umanità e di giustizia verso le classi pH1 umili e più ingiustamente trattate, se la guerra non ci avesse dato niente altro, niente altro che que~to, meriterebbe :>0loper questo di e~ere stata fatta.

RkJQdWJsaXNoZXIy