L'Unità - anno IV - n.20 - 14 maggio 1915

L ' UNIT À u11co11traslo inrluttabih· frn città e rnmpagne, cl•r si complica co111ma diversa composi:.ione na:ioualt· delle cimi e delle rampag11·. E' ,m -probltnw chr non si può risofotrt con nts– su,1 taglio nello; lt, f,m:io,u dr/ potere po– litico, in questo rampo, ; di lubri.ficarr gli nitriti, impl'tlirt che i contrasti assumano forme bnrbarichr, lasciare che il tempo matu ri le soluzioni spontanee l' naturali. l a burocra– zia austro-ungarica, invea, non ha fatto da lrnll 1 mmi a questa parte cht· arruff are ed naspaare lt diffico/Jà in 1m citeo odio ariti– tnlimio. f mtrtlff tor11u11tatra a ff ritste e nt/1' Istria gf italia11iper propiziarsi ai na– zion11listi slovrni e croati, tormentava più a nord gli slow11i ptr favorire i na:ionalisti tednchi , opprimeva pi t't a sud i croati per far piacere agli wtghuesi , /avoritJa pii,. a sud i croati per pestare i subi nella .Bosnia e gl' italia ni in Dalmazia . Oggi sembra fle- 1mta l' ora del redde rat ionem. Che mtra– fliglia se gI' italiani drll'Austn'a tentano di sottrarsi ad un· amministra:io,u della quale nori possono at•ere che ricordi i1tgrati? e che mrra:1iglia se gr italiani d' It alia aiutatto? In qunto sjor.,o di libtrazio,u r Italia può .se~uire due vie : fttlla re "" tJII OfJO compro- messo ro,i gli slm,i 1 opp11rr Jostituirt alla burocrazia austriaca la burocraz.in propria ptr opp rimue austr iato more non più gli italiani ma gli slttt,i. E' q,usto il maggior puicolo, cht minaui la pau , I' amore d' Ita– lia, in ca.so di t•ittoria. Se prn•arranno, in Italia, per quanto riguarda U, futura ammi- 11istraz.io11tdella /"e11e:ia Giulia, i lfoori e i rancori locali degr italiani di 'T ritst e e drll' Istria contro gli slafli, tristi giom i si prepa reranno al nostro paese, t i tedeschi atJra11110 millt ragioni pt r rallegrarsi i' app ro– fittare dei nostri errori: ereditando la menta– lilà a1utriaca, ci prepa rtrtmmo una sorte analoga n quella, che atlt11de o prima o poi r Au stria. Se sapremo guardare il problema dei rappo rti italo-sltlfJi da 1m pu nto di vista suptriore n quello dellt lotte comimali e per– sonali locali, la sostit uzionr della bm1diu a itnlia,w alla bandiera a11striaca in 1 rie– S"lt e a Pola rappresenterà in Ei" opa una solida garen:ia di pau e di civiltà. Questo, ad og11i modo, ; urto : la pr()f)a /atta Jittora datiti burocrazia austriaca ; stata così su/le– rata, cht tlflle la pt11a di aprir la t,ia alla prova italiana. G. SAT.VE ~ II NI. MERCANTILISMO E NAZIONALITÀ L. M. Hartmann lo storico insigne dell' I– talia medievale di cui L' Unii.I nel penultimo numero pubblicò e discusse un articolo, ri– sponde all'inchiesta di « Scentia • con un breve studio sulle cause della guerra, in cui si colloca anch'eg li - ed è naturale che sia cosl - dal punto di vista nazionale-ge r· manico, ma non rinuncia del tutto alle sue abitudini menta li di mar xista convinto e di indagatore indipendente e originale dei feno– meni sociali (1). I.a causa ultim a della guerra attuale risiede, secondo I' Hartmann - e noi crediamo che in tesi generale egli abbia pienamen te ragione, - nella sopravv ivenz.a delle tenden z.e mercan ti– liste in qualcu no dei maggiori Stati europe i. Si ripeterebbero oggi, con forme e propor – zioni mutate, gli stessi fenomeni che han determinate le guerre di preponderanza e di equilibrio ai tempi di Luigi Xl\' e per tutta la prima metà del secolo X\'111. Dominav omo allora incontrastate le dottrine mercantiliste, per cui si considerava come condiz ione prima per la Horidezza e la potenza d'uno Stato ridurre al minimo le importa zioni , otten ere ali ' inte rno tutti i prodotti più necessari al consumo e assicura rsi cosi l'indipendenza dal• l'e stero, quella che I' l-lartma~n chiama « l'au• tarchi a economica». ~b poich è non era possibile r3ggiungere questo risultato entro il solo territorio na· zionale 1 bisognava annettere a questo terri– tori più estesi 1 di suolo e clima di,erso, e impe gnarsi perciò nelle guerre di conquista e nelle guerre coloniali. ~el secolo XIX invece, fin dal suo inizio, le con dizioni si trasforman o profondamente : mentr e la Rivoluzione francese, col trionfo della democrazia, accelera nei diversi popo li d ' Europa la formaz.ione della coscienza na– z.ionale, la introdu zione delle macchine nella industria, la ri,oluzione dei mezzi di tra– sporto e di comunic:nione 1 lo sviluppo de l capi talismo determinano la caduta della con– cezione mercan tilistica dello Stato , e rendono possibile una nuova distribu zione degli Stati secondo il principio di nazionalità. Lo Stato industriale, il quale con un largo impiego delle macchin e può in pochi anni moltipli• care la produzione dei suoi manufatti, non si preoccupa più del la deficienz.a di prodotti naturali , perchè è sicuro di poterli importare da que i paesi dove l'industria non s'è ancora sviluppata. Fra Stato e Stato si stabi lisce spontanea mente una divisione del lavoro, che permette d1 considerare il produttore 1) L'inchie,;;ta sulla guerra, ttia da noi an• nunziata., è continuala net fascacol~ d1 marzo e aprile d1 , Sa,ifta, coi sef!:uenl1ar.t 1 c?h P.,Rn·~• l a ,:ur rra e 1.<::1101 pr,n_c,pah /11/lon ~oc,ologm; \\. t. Cot.Lt,s. L'thologw dtllaron/lagra:;uo,,t curo– pr,1: E MEYER· La r1u,ra ddf lu,fl11llora Cf!t1~ro lt, G,rm<1t1ia td, probltm1 dtlft1tn.•t1mt: Kosn u 1-1-. / /nllori ps,colo,t;iCI dtlla g,urra allualt; n. l\t. llARn1A,:. . . ,·,,11,caus i dilla gutrra mo11• d1<1le/ Ll ·tt, r l:SRtsT.\~O. lt cau.~, ulltm, dtlla ,:111rraa/lualt straniero non più come un rivale da abbat– tere, ma come un compagno di lavoro o come un cliente necessario. Nessuno Stato può aspirare più alla completa indipen denz.a econom ica, ma deve inten sificare alcune forme speci.:d i nella sua produzi one, adattan• dosi a dipe ndere dal!' estero per tutte le altre. Venuta meno qu indi la ragione economica, con cui si giustificava la riun ione in un solo Stato di popo li e di territori diversi, si ma– nifesta dovunque e comin cia a trionfare la tendenza a trasformar e le fronti ere nazionali in front iere polit iche. Ma le resistenze non mancano : tutte o quasi tutte le guerre del secolo Xl X sareb– bero deriva te appun to dal connitto fra lo spi– rito mercantil ista sopravvissuto negli Stati più potenti e le aspirationi nazionali dei popolì sottomessi; e lo stesso spi rito domi – nerebbe ancor oggi tutta la poesia int erna– zionale dell' Inghilt erra, la qua le per difen– der e la sua posizione di dominio mondiale ed e,•itar e ogni rivalità perico lOSJIavrebbe risuscitato la dottrina dell' equilibrio europeo, erigendosene a tutrice e arrogandosi il di• ritto d'int ervento Cf"'lntrochiunque minacci questo preteso equilibrio. A leggere che il tipo dello Stato mer can– tili sta è oggi I' Inghilterra - I' unico fra gli Stati del mondo che abbia tenuto fede alle idee liberi ste, - vien fatto subito di do– mandarsi se un uomo della serietà dell'Hart– mann sia in vena di schen: are, o se egli parli dell'Inghilterra perc hè il lettor e intel– ligente attribuisca 1~ sue parol e a qualche :,ltro Stato , che gli è assai più vici no e di cui non può o non vuole parlare. t \'ero bensl che di questa sua affermazione cosi contraria all'opinione comune, egli dà anche un prin cipio di dimostrazione, che può lasciare un momento di perplessità : l'illu sione, egli dice, di un ' Inghilterra de– mocratica e libero -scamb ista, di un Inghil– terr a da considerarsi come modello del pili .alto grado di sviluppo a cui sia arri vato lo Stato moderno, può con,çervarsi soltanto quan– do non si spinga lo sguudo al di là della G ranb rettagna. Se si considera in,·ece I' im– pero Brittannico nel suo insieme, si \'ede che non solo esso è lontani ssimo dalla democrazia, essendo tutto dom inato da una ristretta oli– garchia , ma che nessnn altro impe ro ha ten– tato di realizzare in cosi larga misura l' i– dea autarchica mer cantilista, che nessuno s'è r:t\'\"icinato altrettanto al punto estremo del• I' ideale autarchico, ali' impero mondiale. La dimostraz.ione dcli' Hartmann sarebbe accett.1bile, se l'Inghilterra d'oggi fosse rima ~ sta ferma al regime colonia le restrittivo che essa a\'e\'a seguito tino ai prim i dcli' ottocento, o se comunque essa fosse riuscita a costituire fra madrepatria e colonie quella cerchia eco– nomica chiusa, per cui esse si completassero a vicenda e formassero un complesso orga- teca Gino Bianco nico del tutto indipendent e dal mondo esterno. Ma dal cinquanta in poi I' lnghilterrn ha adotta to per tutte le sue colonie il regime della porta aperta o ha lasciato ad esse una completa auton omia anche in mater ia doga• nale; e lo sanno assai bene i ·r edeschi, i quali 1 app rofittando di questa libe rtà, tanto op· posta ai sistem i proibitiv i di casa loro, hanno invaso coi loro prodotti tutte le colonie in– glesi, facendo spesso una conco rrenza ,,itto riosa alle industrie della madrepatria. Ma neppure quella concorrenz a valse a indurre gli inglesi a mutar e sistema : pur di mantener si fedeli alla tradiz ione libera le della scuola di Manchester, essi affrontarono, senza difesa, la temibile concorrenza dei paesi nuO\•i e re:;istettero ai consigli ed alla propaganda, di chi li invi• vitava a formare colle colonie una grande unione dogana le chiusa. Nè si può obb iettare che essi rifiutassero il consig lio, perchè fos– suo già riusciti, anche in regime di libertà, ad ottenere dalle colo nie tutto ciò che è ne• cessario alle industrie e al vettovag liamento della madr e patria. È infatti notissimo che dcli' intero co mmercio esterno del Regno Unito meno di un quarto è assorbito dalle co– lonie, mentre i tre quar ti son dirett i ai mercat i stranieri , tutti più o meno prote zionist ici. Non solo dunque ci sembra assurdo il qualificare come mercantilist ica la politica a/tua/e dell'Inghilterra, ma ci sembra anche ingiusta l'accusa, tanto spesso ripetuta, che gli Inglesi siano stati spinti alla guerra dal desiderio bottegaio di togliersi di mezzo un concorrente troppo temibile. Senza contare che per colpir e la German ia nel suo com· mercio essi avrebbe ro potu to trovare nella tariffa doganale un'arma assai meno terribile della guerra, si deve ricordar e che gli In• glesi sono troppo educat i dall'esperienza se– colare dei fatti economici , per non compren• dere che la ro,•ina dei pili grand i fra i loro concorrenti avrebbe sottratt o alle loro indu• strie il più ricco dei mer cati e le avrebbe danneggiate in maniera irrim ediabi le. Assa i più fond,ua è l'altra accusa del Hart– rnann che l' Inghilterra non vuol tollernre che alcun altra potenza possa sorgere a contrastare alla sua llotta l'a ssoluto dominio dei mari Effettivamente il predomini o incon trastato della marina brittanica è stato fino al periodo napoleonico uno strumento di oppressione e di rapina . Ma, oggi di front e ai mutati rap– porti comme rciali e alla formazione delle forti 1narine militari degli Stati continen tali, dttgli Stati Uniti e del Giappone, ci sembra che anche la prepond eranz.anavale dell ' lnghi l• terra abbia mutato scopo e carattere, sia so– pratutto uno strumento di difesa e di con – ser\'atione, reso necessario dalla sua situazione geografica e dal la sua costituzion e economi ca, e in ogni caso non minacci in alcun modo, in lemp o di pace, il libero sviluppo dei com· merci marittimi d'ogni altra potenza. Ma amme sso pure che la politica ìogle se miri soltanto a conso lidare ed anche ad in– grandire il suo impero mondiale, resterebbe sempre da dimostrare che la difesa, da essa assuntasi, dell 'equilibrio europeo, costitui sca una minaccia per quel principio di naziona– lità che, secondo I' Hartm an n 1 tende ormai a trion fare definitivamente nella distribuzione e nella politica degl i Stati Europe i. La politica inglese, lo ripete I' Hartmann stesso, da Gl adstone in poi s'è proposta co• scientemente di opporsi all'ac cresciment o esagera to di qua lunqu e potenza europea. Or a noi non vediamo come questo credo politico , ripetuto ora da sir Eduard Grev, possa ur– tare cont ro il princ ipio di nazionalità , se appunto nell' indipe ndenu piena di tutte le nazioni europee, grand i e piccole, esso tro va l'arma migliore contro il costituir si di un grande impe ro o di una grande egemonia continen tale , germanica o russa che sia. L' Hartmann chiude il suo articolo, ripe• tendo e facendo sue le paro le di ,\1azz.ini che invoca la Federazione Europea fondata sul rispetto delle nazionali tà; egli riconosce l'e• sistenza alla vigilia della guerra di una que• stione naziona le austro·serba e di una que• stione franco•germanica, che si sarebbero do– vute risolvere per salvare la pace europea; ma poi si scaRlia contro la politica d' mlervento delle potenze più forti m difesa degli Stati 679 minori; e non ci dice dov 'essi potran no tro– vare una garanzi a della loro indipende nza., quando ques ta sia minacciata dalle spedizioni punitive o dalle ragioni strategiche dei co– lossi militari, con cui per loro disgrazia si trovino a confinare. Sorge quind i il dub bio '"he I' Hartmann 1 quando parla del e diritto di liber a disposi• zione > che lotta oggi contro i principi del merca ntili smo, non voglia più difend ere con· tro gli Inglesi, il princip io di nat ionalità , che non è cert o minacciato da loro, ma pimtosto il diritto all'e spansione mondiale del!' impero e della nazione germ anica. Chiun• que legge il suo atto di accu~a contro lo spirit o mercantilista che spinge alle conqui• ste territoriali e le giustifica per la ntces sità di raggiun gere I' « autarchia eco nomica , » è tratto immediatamente col pen siero alla Ger– man ia d'oggi, allo sviluppo enorme delle sue industrie, alla sua politic a economic a ultrapro– tezionistica 1alla sua preoccupazione angoscio– sa di oon trovar mercati sufficienti all'au• mento della sua produzione. Vien fatto quindi di chiedere se non d t roviamo di fronte ad un imper ialismo mer – cantilista attua le e dinamico della Ge rma nia assai più minaccioso e temib ile per le po· tenze mino ri, dell'i mperialismo brittanico , che ha già compiu to il suo corso, e non ha più mira di conquista ; e sorge spontanea e legittima la curios ità di coooscere anche su quest'argomento il pensiero dell' llartmann s'egli riconosca l'esis1enza di un imperialismo germanico, se egli lo approvi , e se creda di poterlo conciliare con quel p, incipio di nazional ità, di cui con tanto calore egli ha assuolo la difesa. Purtroppo su questo punto egli tace com• pletamente; e per la stima alt issima che ab– biamo dell'uomo e dello studio so, noi spc• riamo di poter inte rpretare il suo silenzio come una condanna di tutti gh imperialismi e come una difesa delle legitti me aspirazioni nazionali contr o le pretese di dominio, non solo dell a Russia, ma anche degli Imper i Centrali. G. LuzzATTO La campa gna per la Dalmazia non può ser\'ire che alla Germania . Kon diciamo che tutti i d.1lmatomani si rendano conto di servire un interesse, non italiano, ma germanico : sappiamo troppo bene che i più fr,, essi non sanno qu ello che fanno. l\l.1 gli eccit:nori e org.min ..uori supremi del mo, i memo non possono non. vedere i resultati necessari cieli' opera loro. J .cl sopra valutazione, che si tenta fare della Dalmazia 1.:ome terra necessaria al l' Itali ,,. non puc\ non ;n-ere i seguenti re sultati: , 0 Durantr lt- lrattativt fra A11Jtria , It alia, la offena di qualche bocconcino d.,I mau ser\'e ., i:;o~tituirc nelle offene au~tri.t che r Istria, a cui l' Italia tiene e giust.1- mente assai più che alla D.1lm,wi;1, Se i dal nutom,mi non. h,rnno del llltto per– duta la tesla. quesu relativa facilit:ì 'dcl– i' Austria a moli.tre su qualche punto della questione d,1lmatic;1, mentre <:osì i11croll.t– bile è la intransigenza riguardo ;tll' Istria occident.1lc, dovrebbe servire a convincerli della fah.il~ Ì della strada da essi finora percorsa. 2° Qualora jallisu ro le trallntive fra lt nlia t Au stria t Ji vniisst a/In gurrrn, la bestiale campagna di bugie e di insult i fatta contro gli sloven i, i croat i e i serbi, servirà al go\"erno austriaco per eccitare l'odio antiiLlli.mo degli slavi del ~ud, ed organizzare una più tenace resistenza mi– litare contro di noi, che ci presenteremmo come brutali conquistator i e non come Ji. bcratori fraterni. 3° Qual.ora la gurrra andasse malt pa la Gtrma,,,a t prr r A ustria r r Italia rit– scisse 11 rnsrdiarsi Jul/a tara/erma dalmn111 1 la Germania nelle sue future ini,iati\"e di plom;.niche e militari avrebbe nel proprio gioco una carta preziosa, la eterna inimi– cizia comro l' Italia degli slavi della B,1lcani.l. 1 n.v.ionalisti italiani sono stati gi~\ par– tecipi di un grande delitto contro l,t p.,tria, allorchè hanno l,mciata nell'opinione pub– blica italiana quella guerra libica, ,l n1i dobbi.,mo se I' Italia si è tro\'ata ncll' cn.,ce scor~l &enz.1c.sercito, con due mili.,nli 6per– perati, e quel che è peggio ,·on un immenso c.,piulc di illusio1ti e di forze mo– rali già e,aurito e pen :iò non più utiliu ., bile. ora d,e più 1,::rande ne sarebbr il h1 !;0gno e l,l utilit,'t, ~l.1 il delitto libiro non ~arebbe null.t di fronte al delitto d.1lm.1t,t. I.' l \JlA .

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