L'Unità - anno IV - n.20 - 14 maggio 1915

I 680 LA DALMAZIA Dir ei/a da Giuseppe Prenolin i, ha comi11- ciato ad uscire a Roma, it 7 maggio, 11110 edi)ione politica della Voce (abbonamento a lui/ o il dicembre 19 15 1 lire 3.50, Libreria della Voce Firenze). Le idee fomlameulali, che guideranno l'o– pera della nuova riv-ista quindicinale, /tanno molli punii comuni ,011 le nostre. E noi non dubitiamo che fra i nostri /e/lori la Voce po!ilica /rovi larga simpatia e appoggi. P er dare un'idea del/' indiri'{_{odella ri– vista riproduciamo qui ciò che il Prenolin i scrive sul volume La Dalma zia, sua italianit à, suo valore, per la libertà d'Itali a nell'Adria– tico. Scritti di G. Dainelli, E. De Bacci Ve– nuti, P. L. Rambaldi, A. Dudan, E. G. Pa– rod i, Ant. C ippico, A. Orefic i, P. Foscari, A. Tamaro. Di questo volume sentivamo da un peno il bisogno e il dovere di occuparci, per prot estare ancora una volta contro la in– tossicatione dalmatica, che rappreswta oggi il peggiore pericolo per il senso morale e pu i benintesi i11teressi inlernap'onali del nostro paese. L'articolo del Pre{{olini viene in buon p,mto a risparmiart:.i la fatica di dir male ciò che il Prt{{Olini lta dello bme. Gli scritt i raccolt i in questo volume si possono dividere in due parti abbastanza nettamen te distint e. Una parte è dedicata agli argome nti geo– grafici, storici , letterari, artist ici, glottologic i - ed è quella che a noi sem bra priva di vero valore nella question e che si tratta; un'altra parte è invece dedicata agli argo– menti del recente passato e del prossimo futuro dalmata - ed è la parte che a noi sembra unicamente degna di discussione. Naturalmente, ed è già un sintomo, alla prima parte son dedicat i ben sei dei nove capitoli, alla seconda soltanto tre ; e mentre fra i primi sei troviamo stud i sopportabili, nei tre dell a seconda parte soltanto uno ci pare scritto con certa coscienza di studioso. Non vale la pena di contrastare gli one– sti sforzi di G. Dainelli per far penetrare nel concetto geografico dell' Italia la Dalma– zia, che finora da tutti era esclusa, e pos– siamo leggere senza che ci raccian caldo o f:-eddo i capitoli di F. De Bacci Venuti su < la Dalmazia e la latinità fino al sec. Xl > 1 o quello di P. L. Rambaldi e nel nome di San Marco > o la e Latinità e italianità della Dalmazia, secondo la testimonianza della sua lingua » di E. G. Parodi, e sen– tire l'amico Cippico discutere in un italiano di cinquant'anni fa, delle Lettere italiane in Dalmazia, e leggere le noti zie criticamente ridicole che A. Orefici ci dà degli artisti dalmati della Rinascita. Tutt'al più potremo osservare che ~i tratta di uno dei soliti sin– tomi della malattia italiana d'avere il capo semp re volto alle glorie e grandezze del passato; potremmo osservare che il Cippico si ostina a non riconoscer e il chiaro senso d'una poesia ove il Tomma seo, come , del resto , in altri suoi scritt i, si augura che la Dalmazia faccia tutt 'uno con la Serbia; po– tremmo trarr e qualche cagion di sorriso dal– l'accanim ento col quale il glottologo Parodi vorrebbe conquistare la Dalmazia, perchè colà, or sono alcuni anni 1 moriva l'ult imo rappre– sentan te di un diale tto romanico che con lui si estingueva ecc. ecc. Ma tutto questo non ci porte rebbe molto avant i poichè ci lasce– rebbe nelle posizion i dei nostri avversari. Ben altra importanza hanno lo studio del Dudan « La Dalmazia d' oggi, » quello di P. Foscari « la Dalmazia e il problema stra– tegico, » quello di G. Tamaro < La rein te– grazione nazionale dell'Adriatico ed i peri– coli di un irredentismo slavo ». Di ques ti tre lo studio del Dudan è, a parer nostro, l'unic o che presenti argomenti seri in una forma rag ionevole: il Dudan è temperame nto di studioso, come il suo più grosso lavoro sulla Monar chia degli Absburgo ha dimostrato, ed egli cerca nel modo mi– gliore di narrare la storia recente della Dal– mazia e il cresce re ivi natura le ed arti ficiale dello slavismo croato e serbo. Nel suo racconto però è costretto a snora re argomenti che non approfondisce abbasta nza, o a tocc.arli in un modo che ci appa re evidentemen te legge ro per passione. Accen niamo allo svolg imento naturale, in tempi democ ratici e nazionali, della coscienza naziona le tra gli slavi, e al L' UN I T À formarsi di una borghesia croata , la quale, sia pure aiutata dal governo, non si sarebbe perc iò meno formata sotto un alt ro regime entro le stesse citt à (informino Praga e ora Vienna); accenniamo al fatto che italia ni e classe pos– sidente coincidono in larga parte, onde la lotta di lingua e di razza si è venuta in Dalmazia acuendo e forli ficando con una lotta di classe tra rurali slavi e cittadini ita– liani, contro i quali, natura lmente, le ten· denze democratiche del nostro secolo dove– vano agire nel senso di diminuirne la potenza. Tutto ciò è soltanto sfiorato dal Dudan. Quanto alla sua poca precisione passionale, lo si vedrà dal com e egli calco la il numero degli italiani e le loro qualità intellettual i. Egli dice che s...no 60 .000 perchè raccolsero 600 0 voti in tutti i collegi della Dalmazia, e poi– chè in Dalmazia il 50 % soltanto andò a votare, amme tte che vi siano 12.000 elettor i che, a 5 persone per elettore, danno 60.000 italiani. Ma a noi pare strano prima di tutto che soltanto la met à di un part ito dipinto cosl ardente come l'italiano in Dalmazi:i vada a votare: e pensiamo che la percentuale dei renitenti al voto deve esser data piutto sto dalle campagne e montagne slave, che dagli abitanti di città italiani; e al Dudan dovrebbe esser stato facile fare il calcolo sezione per sezione, secondo le siatistiche, e vedere se in città han votato davvero soltanto il 50 °fo. Sono calco li assai pericolosi , e se il Dudan li facesse per Trieste come potrebbe rifiutare ai 12.000 votanti sloveni i 6000 ab itatori .:.he essi pretendon d'a vere nella città italiana? Inoltre non si capisce come questi 60.000 italiani siano tutti, tutti colti intelligenti e signori ; possibile che a Zara, che ci vien presentata come un nucleo ancora profonda– mente italiano non ci sia più un facchino, una serva, un ubriacone, un cretinO, un alfa– beta italiano? possibi le che la separazione sia cosl netta, com e forse non si è mai ve– rificata nella stona? Cito soltanto un esem– pio di poca discr iminazione, se no ci vor– rebbe troppo . Ritengo in complesso che il Dudan presenti le cose con troppo ott imismo per l'italianità e senza tener co._to del ri– sveglio della coscienza slava fra la parte colta, cominciata fin dal 1848 ma sviluppatasi poi e specialmen te in seguito alle vittori e serbe contro i turchi e più ancora dopo le recenti contro gli austdaci, e confo nda il fenomeno della coltura italiana, di cui sono imbevuti croat i e serbi, colla coscienza nazionale, eh.e è un'altra cosa. E vengo a l'argomento strategico del Fo– scari espresso in modo chiarissimo col dire che l'Italia deve impadronir si della Dalma– zia per la sua sicurezza <~ anche se la Dal– Clazia non vantasse la sua mill enaria storia roma na e veneta, aache se non esistesse Zara italianiss ima .... anche se neppure un essere vivente parlasse la nostra lingua cosl com'era per la Francia la Tunisia nel 188 1 ». Que– sto concetto « colonia le > della Dalmazia, è rafforzato anche dal Tamaro nello scritto seguente col dire che « il problema che la [Dalmazia] riguarda deve esser considera to come rm pr oblema) coloniale : [il corsivo è nostro ) cioè di strategia, di colonizzazione, di valorizzazione ». Siamo dunque avvertiti che il prob lema della Dalmazia è uguale al problema della Libia. Dalmazia == Libia.Si ado– prano per la Dalmazia gli stessi argomenti che si adopravano per stabilire la necessità della conquista libica, e comprenderà ognuno come questo ci desti una certa preoccupazione e, diciamo la parola, una certa diffidenza. Que llo de lla Dalmazia è dunque un pro– blema coloniale e strategico. Ci sarà lecito domandarci se possiamo risolverlo con altri mezzi che non siano quelli della conqu ista. Noi non neghiamo per la Dalmazia la realtà del prob lema strategico, come la neghiamo, invece, per la Libia, ma affermiamo risolu– iamente che essa può trovare una soluzione diversa dalla conquista integrale che occor– rebbe secondo il Foscari 1 a dominare l'Adria– tico. Secondo il Foscari, Trieste non si occupa , senza bloccar Pola, ma Pola non si occupa senza ripulire i canali dalmati, e questi non si puliscono se non si è padroni di Cattaro. Una ciliegi a tira l'altra, t? non vediamo come come queste idee del Foscari si accordino con quelle di coloro che voglion lasciare uno sbocco alla Serbia nel porto di Cattaro. Ma noi andiamo assai più d'ac cordo col Foscari che col Co mitato Pro Dalmazi3, perchè il Foscari ha almeno il dono della logica e delle soluzioni nette ; e andia mo d'accordo in questo, che ogn i pericol o strategico deve esserci evitato nell'Adriatico . Senonchè il Foscari non si domanda neppure se questo possa evitarsi con altri sistemi che non la conquista di un paese per nove decimi di lingua slava, che sarà domani scosso da un irredentismo pericolo so, che porterà spese alla nostra forza per la difesa delle famose Alpi Dinari che. E vi sono due soluzioni : una, di gran lunga la migliore, neutra lizzare l'A – driatico, ossia pro ibire che quals iasi flotta da guerra ci entr i ; 'l 1 altra, occupa re parec– chie isole della Dalmazia, e non la costa, perchè avendo le isole in mano, si può fare quel che si vuole dei famosi canali e si im– munizzano i porti dalmati. L'una e l'a ltra ci permettono di non ricorrere ad una conqui– sta colonia le, che potre bbe serbarci sorprese non migliori delle eritree e delle libiche. Ma lo scritto che in tutto il volume de– sta pili viva la nostra disapprovazione e dirò il nostro disgusto, è quello del Tamaro, dove l'equivoco , le illus ioni freddamente volute, la politica della repressione si palesano non sai dire se con ingenuità o con cinismo, tanto l'una ti parre bbe grossolana l'altro im– mora le. Lo scritto , oltre l'affermazione che il problema della Dalmazia è problema co– lonia le, di strategia, di valorizz azione e (per– sino !) di colonizzazione, contiene due idee curiosissime, strett amente legate: una è che i croati, se si agitassero e dessero vita a un movimen to nazionale irre dentista « non agi– rebbe ro per la loro patria, sl bene per as– sicurare alla loro patria slava territori d'Italia. Giustificlt erebbero cOsl pienamente qualunque opera di repressione che sarebbe opera della più elementare e più santa difesa naziona le >. Idea che deve mo lto piacere al Tamaro, poi• chè se ne compiace e la riprende più avanti: e quando la Dalma zia ritorn asse ad essere possesso della gente italiana, un sovversiv i– smo croato no n sarebbe che sman ia per un imperialismo fallit o, reazione contro le ine– luttabili leggi che colpiscono gli invasori, azione per allargare fuori dei suoi confini naturali la terra de lla gen te serbo-croata. An– che in Dalmazia un movimento slavo.... non avrebbe il nobile carat tere dell' irredentismo , non sarebbe lotta per la libertà o per la ri– costituzione d'una patria, sarebbe cosi privo d'ogn i superiorità di valore morale e con ciò anche della forza che potrebbe renderlo pericoloso e suscettibile di serie ripercussio– ni internazionali ». Quando si pensi che in Dalmazia il mo– vimento per la Serbia è stato assai forte, che le vittorie dei serbi furono accolte con giubilo nazionale, tanto che un irredentista, I' avv. Bassan, forse ignaro del valore di quello che ammetteva, ha scritto : ~ il gran fascino che i serb i, popolo di trad izioni guerr iere e di civiltà antica, già esercitavano _ sui loro con fratelli d'Austria disseminati nella Bosnia-Erzegovina, lungo il litorale Da/malo e nel!' interno dell'Istria, s'accrebbe a mìlle doppi dopo le vittor ie balcaniche che prepa– raron la via a ben più vasta conquista > e aggiunge che « dopo lo scoppio della guerra austro-Serba .... il sent imento panserbo crebbe a dismi sura in tutte le regioni dell' Impero ove risiedono slavi > ; quando si pensi a questo non colpisce già l'ingiustizia del Ta– maro che trova mo rale I' irredenti smo dei suoi e immo rale quello degli altri bensl l'i gnoranza, la cecità politica, il reazionari– smo bruta le e poliziesco. Il Tama ro non ha mentalità italiana, ha menta lità austriaca, prettamente austriaca, e il suo programma di far tornare italiane con cotesti mezzi le terre degli sloveni nell'alto Friuli, I1interno dell' Istria e pienamente italiana la Dalma– zia, è puramente e semplice mente program – ma da austriaco. Che poi egli venga ad assicurare che mo– vimenti croati non ci saranno ; che I' italia– nizzazione sarebbe facilissima; anzi che si farebbe persino per forza naturale se il go• iblioteca Gino Bianco verno italiano non prendesse la Dalmazia (l); che non vuole abusi e oppr essioni e che gli italiani son liberali i che cosa contano tutte queste belle chiacchiere di fronte alle dich ia– razioni specifiche) chiare, prec ise, che se ci fosse irredentismo slavo (e ci sarà!) e sarà necessaria una politica ene rgica alien a da sentimen talismi interna ziona H, fissa solt anto e fortemente nella necessit ?t che entro i con – fini d' Italia non vi siano avanguardie della gente slava >. Bb via, questi tipi di forcai()li li conos ciamo anch e troppo in Italia perchè non ce ne debban venir altr i da Trieste ! Ma tutto il libro, oltre a queste partico – lari deficienze, è manchevole per un di fetto fondamentale. Il libro pone la questione della Dalmazia Quasi unicamente da un punto di vista dalmata i ora la questione della Dal– mazia va posta da un punto di vista ita– li'ano. Tutti gli argomenti, nazional i, storici} strategici, van sottop osti a quella polit-ica, che solo è capace di fonde rli e di render li element i di un giudizi o, non più giudizi a parte . E la questione della Dalmazia dev'es – ser veduta in relazione con la futura politica italiana. Mette conto a noi essere in cattive relazioni con i popoli slavi de l sud? Coloro che credono che l' Italia di do– mani, dopo la guerra, dovrà e potrà appog – giarsi alla Germania, possono sostenere con logica la conquista della Dalmazia, che po– trebbe essere utile per un'offensiva italo-te– desca nei Balcani. Coloro i quali pensano invèce, che, sia a causa della guerra , sia a causa del possesso di Trieste, noi sarem o necessariamente in antago nismo con la Ger– mania, dovranno vedere nella conquista de lla Dalmazia soltanto l'occasione offerta agli slavi del sud di intendersi con i tedeschi per cac– ciarci dall'Adriat ico. Negli opuscoli di Con– cetto Pettinato è chiaramente indicato questo punto di vista, e perciò il Pettinato indica in Fiume ed in Vallona i punti estremi ai quali dobbiamo estendere il nostro dominio lasciando l'altra sponda ai serbi e ai croati ; concetto che in qualche partico lare potrà es– ser modificato, specie per le isole o per Zara, ma che facciamo pienamente nostro. GIUS EPPE PREZZOLINI. ~ IOVANNOZZI, gercnte-r;;.~- ,..,. Flreue, 1915. - St,b. Tip. ALDINO, Vii del Reo.I, Il. - Tel.g.35 GIUS. Illl.TERZll e flGltl • Ba,i ED ITORI NOVITÀ Scrittori d' Italia JACOPONE DA T ODI: La Laude se· condo la stampa fioren tina del J490. a cura di Giovanni Ferri (n. 69) - Voi. di pag. 316 L. 5 .50 - Rile– gato in tela ed oro L. 7. - QuesJa edizione delle Laude iacoponiche risponde a un antico volo non pur degli slu· dios1, che erano costretti a serv irsi, quand o potevano, della infida e rara edizione secen– tesca del Tresattì, non potendo sempre per– venire fino alla rarissima tditio pri11ceps dt:I 1490, o ad una di quelle poche che ne de– rivaron o nel secolo XVI e nei primi del XVII; ma delle persone colte, a cui sag gi famosi, come quelli dell' Ozanam e del D'Ancona, avevan f<1tto gustare questa rozza ma schietta, vigorosa e a volte misticam ente profonda poesia del vecchio poeta umbro, e ispirato un vh•o desiderio di più ampia e diretta co– noscenza. Non è ancora quella edizione cri• tica, augurata fin da 35 anni fa dal D'An, cona; poichè la tradiz ione scrilta ricchissima, ma quanto mai incerta, re1ide presso che d1· sperat a l'impr esa di chi voglia ricostituire in tutta la sua integrità e purezza primitiva il patrimonio poetico di fra lacopone. Ma mette alla porta ta di tutti quella edizione del 1490 che, deri vata con accuratezza e se– verità di criterii mirabil e da manoscritti, non più posseduti, che sono i più antichi e auto– revoli, di cui si abbia notizia, è finora la più sicura fonte, e per l'autenticità dei ritmi che vi sono raccolti e par la corrett ezza della lezione, che meglio d'ogni altra sembra con– servar e le impronte idiomatiche della re– gione, ove il poeta nacqu e e cantò. Il valente studioso che l'ha curata, aveva qualche anno ra, per conto della Società filo– logica romana, riprodott o in elegante edi– zione destinata ai soli studiosi l'antica e pre– ziosa stampa quattrocen tina. Tornando a riprodurla negli Seri/fori d'Italia introduc e nel testo le modificazioni consen tite dal ri– spetto d(?vuto a una stampa così autorevole; e, semplificando la grafia, aggiungend o un glossario de lle forme lessicali più difitcili agevola l' intelligenza delle Laude a ogni sorta di lettori . Dlrl1ue commlulon l e n1II• ali• Cua Editrice O. LA· TERZA e Fl1II, Bui.

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