L'Unità - anno IV - n.14 - 2 aprile 1915

L' UN I T À riori; e in ultima ipote si, se la Tuni sia ci fosse offerta, tutta circondata di domini tedeschi che devierebb ero da essa il com– mtrcio dcll' int erno, e data la povertà di cap itali che noi ab biamo e più :1vremo i prossimi anni, non varrebbe ch1:: un:1 mi– nima parte di ciò che vale oggi. l n conc lu sione, anche per i domini colo– niali l'ingrandiment o della Francia e dcl– i' Inghilterra sembra per i nostri interessi un male minore dell'ingrandimento della Germ an ia. Lui gi Par megg iani. emigrazione italiana e la guerra mondiale. A mplinudo la n;ataia di tre con/crrnu te– nute nll' Unù.•crsità popoforc di ,li i/ano ed in altri luoghi il nostro amico C. Ricchieri ha composto 1111 tJolumelto col titolo Fattori e prob lemi delb guerra mondia le. Loro basi geografiche e stor iche, per la nota e< Collana tli volgarizzazione scientifica» della Federa– zione ltalimlll delle Bi bliotfChe Popolari. Dalfr bozze chr l'amico nostro ci ha favorito ci pro– poniamo di trnrre qualche brnno del medi– tato lavoro, chf' presenta in sintesi un quadro delle condizioni economiche e coloniali delle p rincipali potenze della <J erra, attunlmellte belligeranti o neut,e, e delle questioni nazio– nali rhc agitano I' Europa. Per oggi rrnlia mo opportuno riprodurre la parte più intrr es– saute della ottava lezione. N atura e storia. Collorn ra nel mezzo di que l bacino del ì\Iediterrnneo, nel qua le ebbe il primo ed essenz iale sviluppo la civiltà , che poi, di– ventata Eu ropea, doveva diffondersi e trion – fare nel mondo, l' It alia contribuì potente- 1nente ;1lla formazione di codesta civiltà in tre Successivi periodi stor ici: quando fu centro dell' lmpcro Romano, il quale - a tutti coloro .che nello st udio de lla stor ia non s' ar resrnno alla superfic ie anedottic~ ma penetrano al fondo - ap– pare, ahneno nei secoli migliori, non gi:\ un organismo di compress ione e sfrutta– mento dei popoli soggetti, bensì un modello i nsuperato di organizzazione civi le e di po- / litic a libera le, da cui appunto germog liò . la prima coscienza della humtmitas, vale .t dire della solidar ietà del genere umano ; quando poi fu centro cosmopo lit ico -come sede del Pontificato cattolico, il quale indubbiamente salvò in certi secoli,~sopra – tutto contro le invasion i barb:iric~ C', la ci– vilt à da rovina estrema ; finalmente qu;indo, nei secoli XJV , XV e parte del X VI, l' Italia diventò il foco- 1.trc del Ri n.1scimento umani st ico. Fu ap pu nto il così detto Uman<>simo che fornì i nuov i elementi e i nuovi valori in– tellettua li e morali, da cui doveva svilup– pars i, colla partec ipazione sempre crescente, anzi più cardi senz'altro preva lente dei po– poli d' oltr' Alpe, la civiltà europea mo– derna, attualmente penetrata ed ~fferma– rnsi in tutto il mondo . Du rante quel per iodo del 1 300, del 1 +oo e in parte del 1500, l' Ita lia, considerata la terra del genio, dcli' arte e della scienza, dc} lusso e della moda, era pure al colmo dd la prosperid economica. ì\la poli ticamente frammentata e militarmente disorganizzata, retta da go,·erni alt retta nto grettamente egoisti, furbeschi e corrotti, quanto inca– paci di difende rla contro gli stranieri. più rozzi, ma pi lÌ forti, essa diventa va nei se– coli successiv i terra di preda, di sacc heg– gio per i Fran cesi, gli Sp::i.gnoli, i Tede::-chi. Una reazione efficace contro lo stato di sog– gezione obbrobriosa e di miseria, a cui ve– niva con ciò ridotta, non si ebbe se non quando si destava pure la coscienza del– )' unità nn iona le, dopo l'epoca Napoleo– nica, quando, cioè, nei primi del secolo XIX cominciarono la propaganda, le rivolte, i m.:i.rtirì, le guerre, che dovevano finalmente ridare all' Italia indipendenza e unificaz ione quas i comp leta . P urtroppo però più di tre secoli di domi– nio stra niero l' avev,:ino lasciata in tali con– dizioni economiche e civili, che il suo ri– sorgere a vita nuova sì da poter gareggiare con le nitre nazi oni in prosperità, in po– tenza e in ogn i manif estaz ione di progres so, non poteva non essere lento e difficile. Re– sasi infatti l'I talia indip ende nte ed una ,quasi contempor:meamente alla Gcrm:,n ia, qual differenza di risultati consegui ti pre– senta di fronte a questa, nei vari campi di attiv ità, a comin ciare da lle indu strie e dai commerci ! Vero è che alle cause storiche bisogn,1 aggiungere, a spiegazione di tal i differenze . quelle naturali, Poichè, se Virgilio chiamav:i l' Italia magna parens /rugum, per esaltare la fecondità del suo lo, questo è in reald ben lungi da presentare dovunque una pro– duttività naturale , pari ad altri paesi appa– rentemente meno favoriti. Su larghi tratti paludo so (Maremm e toscane , Paludi Pon– tine e nel!' Emil ia presso al Po, nella Sar– degna ecc .), altrove roccioso e 9u.1si brull o per l'altitudin e o la qualità del terreno o povero di acque (Puglia e Sicili.i), diboscato e franoso (Ba silicata ecc.), soltanto in certe plaghe della Campania, del bassopiano Pa– dano, della Tosca na, della Sicilia ecc., è così intensivamente - coltivato e produttivo, come le parei migliori della Fran cia, dei Paesi Bassi, della Germ :l1va. ~la sopratrntto l' lt alia è poverissima di minerali, ad ecce– zione dello zolfo in Sicilia ; e la sua nian– canza di carbone, che è sta to il fattor e fon– damentale del mera viglioso rigoglio indu – str iale de i paesi attual mente più ricchi del mondo, potè essere compens;:ita soltanto ne– gli ultimi anni e in parte dalla energia idro– elettrica. In cambio il nostro paese è uno di que lli in media più fittameJHe popolati del globo (121 :1bitanti per chilometro quadrato). Se la densità della popolazione scende in Sar– degna a soli 35 abitanti per chilome trD quadrato e in B:1silicata a +7, s:1le nelb Provincia di :\lilano ,i qua si 550 abitanti per chilometro quadrato e in parecchie al– tre a più di 200, senza contare quella di Nap oli, affatto eccezionale (14+0 per chi– lometro quadrato) . Da tutto ciò discendono per I' Italia ca– ra t terist iche conseguenze. ' Le imprese coloniali . li posto tenuto dall' Italia fra le potenze cbmmcrciali del mondo non è: elevatissimo è notevolmente inferiore a quello stesso oc– cupato prima della guerra dal piccolo Bel– gio. f. questa appunto una conseguenza delle condizion i naturali ed anche storiche so– pradette , contro le quali tuttavia si oppone ormai più o meno in ogni parte d' Italia un'attività sempre più desta ed eflicace. Nell' ultimo trentenn io, in fatti, e con vi– gore sempn~ crescente negli ultimi quin– dici :1.1rni, si sono svilupp Me, nonostante codes te difficoltà, import ant i industrie tes– sili, metallurgiche, chimiche ecc. non sol– tanto nell' .ltalia settentriona le, ma anche in parecchie localit à della centra le (Toscana) e della mer idionale · (Campani:1 ecc.) ; e il commercio in conseguenza è andato sensi– bilmente e costantemen te aumentando. Tale sviluppo indu str iale però non è stato sufficiente per dar lavoro ad un a popola– zione in cont inuo aumento, che s;:irebbe an – che più forte di quello most rato dalle sta– tistiche, se si tenesse conto del solo eccesso de i nati sui mor ti, e non fosse tanto- ridotto da una emigrazione in cifre assolute e in cifre relative molto super iore a quella di ogni altro popolo del mondo . Nel 1.lecennio 1903-9 13 emigrarono infatti jn med ia dal nostro paese 6oo mila individu i ali' anno, dei quali in media 250 mila verso i pae si d' Europa e del bacino del Mediterraneo, come emigranti temporanei; ma gli altri spec ialm ente verso le Americhe, allo scopo di stab ilirvisi. Nel 19 12 la cifra degli emi– gr.1nti iw li~ni salì a più di 700 mila e nel 1913 a più di 870 mila! Sebbene il problema dei provvedimenti a Gino Bianco impo1oti dal crescere dell a popolazi 0ne e da lla conseguente emigrazione sia diventato sempre più preoccu pante negli ultimi temp i, la gravità di esso fu int eSJ fin dall'inizio del regno costituito, fornendo argomenti a quanti propugnavano la necessità per l' It a– lia d' acquistare colonie . Disgra ziatamente però fin dai primi tentativi l' Italia ebbe nelle i_mprese colonia li qu<lsi sempre la for– tuna avversa, anche - bisogna ripeterlo - per la grande imp reparazione politica, mi– litare e perfino scient ifica, a comin ciare da un'incredibi le ignoranza geografica, dei go– verni che vi si accinsero. Una regione che nel .Mcditerraneo avrebbe potuto largamente accog liere la nostra i:mi– grazione, era la Tunisia. ~la la politica del principe di Bismarck seppe invece farne un pomo di discordi.a tra I' It alia e la fr an– cia; la quale se nt: impossessò nel 188 1, offrendo modo appunto al Cance lliere te– desco di dar pien::i. esecuzione ai suoi di– segni d'attrarre I' ltali a nell'alleanza cogli Imperi dell'Eur opa centra le. In <juell' anno medesimo I' Italia s' inse– diav.i nella baia africana d'A ssab, sul mar Rosso, presso allo stretto di Babbel -~land eb ; inizio di quella che in segu ito ali' occupa– zione di ~fassaua (1885) e della regione entro terra fin sull'alt op iano etiopi co, fu poi chiamata b Colonitl Eritrea. .E: noto pur troppo come tale possed imento, al cui acqu isto I' lt aliJ s' accinse nel peiiodo- più vo lte ricord ato della febbre Europea per la ripartizione dell'Africa, doveva cagionare i più grnvi dolori e ingenti sacr ifici pecun iari per jJ ne:stro paese, colla sorpresa di Dogali ( 1887) e con la battaglia ben più disastrosa di Abba G;uima presso Adua (1896). ì\Iinori sacrifici di sangue e di denaro doveva costarci l'occupazione cominci:na dei 1889, della Somalia e spec ialmente della sua parte meridionale (il così detto Ben:\dir) sulla costa africana dell' Oceano Indiano . Terza impresa coloniale del!' l talia fu quella iniziata nell'ottobre 1 91 1 con la con– quista della Trip olitania e della Cirenaica, fino allor::i. tenute dalln Tu rchia, ed ora nostro possedimento col nome di Libia. Non è il luogo qui neppur d' accennare ai molti problemi relativi a codesti posse– dimenti colonial i dell' Jt alia; discutere se e quali di essi si può sperare che i.n avve– nire più o meno lontano possano compen– sare in qualche modo i sacrifici compiuti. E certo però che tutti i compe tent i esclu– dono che b. Colonia Eritrea e la Somalia possano mai diventare la meta della nostra emigrazione proletaria; e che la Libia, se per il clima e per :1\tre cond izioni si pre– sterebbe assai meglio ad accogl ierla, non presenta in realtà, per ora e per un tempo avvenire i ndefiPito, maggiori probab ilità di pc terio fare . Nei tratti di suolo produttivo, infatti, non si possono ledere in Libia i diritti di propr ietà esistenti, non fosse al– tro per non provocare la insurrezione delle popolazioni indigene, colle qual i è già ta nto difficile conservare pacifici rapporti; e nelle regioni che, attualmt::nte incolte, si riten– gono però suscettibili di colt ivazione, non si possono inviare gli emigrant i senza prim a avere snggiato il suolo ed eseguito lavori, richiedenti lunghi studi, esperimenti e forti cap itali. l n qu alunque caso poi il nume,o di tali emigranti non potr ebbe mai essere molto grande . Problemi economici . 11 problema de\P emigrazione adunque ri– mane per I' ltalia in tutta !a sua gravità, p.er nulla attenuato dalb politica coloniale finora seguita. E codesta gravità è stata posta in maggi or luce appunco dalla guerra attuale, in seguito al tri stissimo ritorno in patria di centinaia di miglia i:J di italia ni cos tr ett i ad abbandonare le occupazion i sta – bili o tempor <mee, che nei vari sta ti belli– geranti avevano trovato . Nè la preoccupa– zione a tale riguardo è soltanto dd pre– sent e, bensì anche per l'avvenir e. Accennando infatti più sopra al movi– mento commerciale dell'Italia fortunata– ment e in ascesa, non ho fat to però notar e una circostanza assai important e : cioè <.hc 655 le imp ortazioni hanno superato negli ultimi anni il valore delle esportazioni per una media di circa 1 miliardo e 200 milioni ali' anno. Se tale sbilancio commerc iale, pe r quanto fortissimo, non fu considerato finora dai compete nti come preoccupante, è per– chè ha potuto trovare compenso in due larghe fonti di risorse economiche : quella della così detta industria dei forestieri, ac– correnti a godere le bellezze naturali ed artis tiche del nostro paese, le delizie del nostro clima ; e quella dei risparmi invia ti in patria dai lavora tori italj ani emigrati ali' estero. Or non occorre dire quale colpo abbia dato la guerra ali' una e ali' altra di rodeste fonti di guadagni, sia per questo anno e sia per gli anni venturi ; ma sopra– tutto è da riflettere quali conseguenz.e po– trà avere in r.-ipporto ad esse l'atteggia– mento, che nello svolgersi della conflagra– zione mondiale si deciderà ad assumere il governo italiano. f. inn egab ile infatti che codes te risorse economiche sono intimamente connesse coi sentimenti di attraz ione o di ripulsione nu– triti dai vari popo li verso il nostro paese e la nostra popolazione? st ret t amente con– nesse pure con la conservazione della pace. Se anche non fc6se negli animi italiani tanto profondo e generale, istinti,· o, per effetto stesso della storia nostra e della nostra ci– viltà, l'amore alla pace, que sto ci verrebbe dettato anche dall'intere sse. ì\la pur troppo la guerra per volere altrui è scoppiata in modo così spaventoso e con tali minaccie per l' avvenire di tutti i popoli, che nessuno di essi - quando non voglia ciecamente abbandonar si in baliJ del de sti.no - può restare come il vilb.no del ì\lanzoni 1( sulla porta del cheto ab itu ro,, a seguire . . .. il nembo che scende lontano sopra i campi che arati ei non ha Qualunque sia b decisione che di fronte agli avvenimenti incalzant i finirà col pren– dere chi ha la terribile responsabilità del governo in questi momenti così decisivi an– che per I' It alia, guai se la decisione non sarà determinata da un:t coscienza lucida e matura. dei problemi d'ogni specie, da cui dipende tutto l' avvenir~ del nostro paese ! E fra codesti problemi uno dei mag- ' giori è ce!tament e quello della nostra cre– scente emigrazione. A proposito della quale, osservando obbiettivamente, si deve rico– noscere che tanto il partito della neutralità conservata fino al termine della guerra, quanto il partito del\ ' int ervento, prese n– tano gravi pericoli e conseguenze . Siccome infatti la neutr:llità - come af– fermava Mazzini e ben prima di lui avevano osserva to Mach iavelli e Tit o Livio - (e non dà un ~mico e non toglie un nemico», se I' ltal ia rimarrà neutrale , tutti i popol i, che da essa non avranno ricevuto aiuto nella lotta mort: :i.le , sentiranno per lei, se non vogliamo dire senz'altro disprezzo ed odio, per lo meno assai poca simpat ia. Se invece I' Italia tosto o tardi scenderà pur essa in campo alleata degli uni, nemica degli altri, str ingerà coi primi una più salda unione, non priva certo di vantaggi materiali e morali ; ma avrà per sempre gli altri acer– rimi contro di sè e pronti ai suoi danni . GI' interessi mondiali dell' Italia. Pesare la gravità dei pericoli e dei sacri– fizi, delle conseguenze inevitabili, a cui I' Italia s'espone in entrambi i casi; giudi– care il valore dei compensi che I' f talia po– trebbe spe rare dai rischi e dai sac rifici a cui decidesse d' andare incontro, è com – pito degli uomini di stato. Ma non credo di esorbitare dal compito mio, esprimendo questi miei convinci ment i d'ordine generale : 1° Ritengo che ad acquistare e conser– var e le corren ti di simpatia nel mondo, tanto utili anche dal punto di vista del semplice interes se, come sopra ho dimo– strat o, non giovi all' l talia la esclusiva preoccupazione di egoistici e immediati gua– d~gni da conseguire, profittando di un mo– ntento tragico per I' uma1ùtà ; credo invece che sarebbe allo scopo incomp.irabilmentc

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