L'Unità - anno II - n.24 - 13 giugno 1913

316 L' UN I T À atto di opposiz ione alla riforma del Consiglio Super iore, nonostante che fino dati' 8 maggio fossero sta ti messi sull'avviso da un articolo dcli ' Avanti I E una delle prime riforme, che dov rà proporsi la nuo,,a democraz ia, do1>0 che sarà riesci ta a spazzar via i suoi attuali commcdia nli, dev'es – se re ap1>unto ques ta: di ridare al Con~iglio Su– periore qut:lla assolutrr indipendenz a dai corpi politici, che è condi:done ind ispensab ile alla li– bertà d' inseg nmnento, intesa nel senso vero, e non nel senso equivoco che dànno ali~ formula i clericali. Ub era doceou e Uotveraltà Ubere. Un'nltrn via per acquis tare nelle Università una maggi ore influenza, è quella di utilizza re l' i.:nituto della libera docenza. 11 diri tto concesso dalla legg e Casati ai pri– vati, che ne venga no giudicali capaci da una Commissione tecnica, di dettare nelle Univer– sit.ì. corsi di lezioni ave nti efficacia legale pari a quella dei corsi dei professori ufficiali, è una facoltà - spiega il Rezzara - • della quale i dotti e gli studi osi cattolici possono approfitta re con vantaggio della verità e della scienza •· .. Si pensi che in questa manie ra, senz'a ltro aiuto che il sapere e la buona volontà deg li stu– diosi cnttolici, noi potr emmo uvere, nel seno stesso delle Univers ità, tutelati dalle stesse leg– gi, difesi dag li stessi ordinamenti, sovvenu ti dalle loro rendite , dai loro uffici e locali, po– tremmo ave re, a lato dcli' insegnamento ufficiale, un insegnamento libero , 11ostro, eguagliato in tutt o a quello. E si noti che, non potendo fa. cilmente avere in parecchie Università alt ret– tanti privati insegna nti di sani principt quan ti ve n' hanno dei pubblici, si potrthbt però chiama– re il concorso di qm,mti 11e so110 capaci ;,, ,ma sola ,miversilà, e presentare in essa completo l' insegnamento privat o di una o più facoltà, alle q uali poi potr ebbero sempre accorr ere gli stu– denti delle varie parti d' Italia ., (pagg. 19-20). Per ques ta via si troverebb e sciolto di fatto il problema delle Commissioni di esa me per la concessif)ne dei diplomi universitari; pcrchè le de tte Commissioni, nelle Univcrsitl\ presce lte per la concent razione dei liberi docenti cattolici, do vrebbe ro essere sempre ipso ;,,,., compos te in p roporzioni notevoli con esaminatori cattolici. L'universi tà preferi ta n t ull e le altre per siftatta opcra'Zionc stra tegica, se mbra sia quella di Pa– dova. Ma la legisla zione attuale rende difficile il suc– cesso di un simile tenta tivo ; perchè il l ibero d ocente non può tras ferire il suo ufficio dalla facoltà, in cu l' ha dappr ima ottenuto, presso un'altra facoltà, scnu il consens o dei professori di ques t'ulti ma. 1 quali professori si mettereb– bero ben presto in sospe tto, se si ved essero as• sediati da troppe domande di trasferim ento e tu tt e d'un colore. Ecco, per tanto, un pun to delicatis simo, su cui è necess ario vegliare attentament e se non vo– gliamo trovarc i un bel giorno con qualche brutta sorpresa. E su un nitro pu nto si può e si deve, riguardo alla libera docenza, tagliar la via ad ogni pos– sibile rafforzamento clericale... : vogliamo dire sul sistemn di retribuire i liberi docenti a spese dello Srnto, anzichè a spese degli studenti . Un gru ppo di liberi docenti catt olici, concentr ati in una sola università, e costituenti una completa universi1:\ clerica le ncc~rnto alla università uffi– c inie, e retn'huif; ,la/lo Si a lo, rappr esenterebbero un'app licazione brillantissima di quel principio della ,. libertà sussid iata "• che è st ato cosi lar• gamente sfruttato in Belgio dal part ito clericale. Ora questo siste ma di pagamento va combat• tuto e abolito, non per pre occupazioni anti• derièa li, ma per semplici preoccur,azioni ele• mentari di moralità. Grazie a ques ta facollà la~ciata allo studente di tra rre dei veri mand ati sul pubblico bilancio in favore dei liberi docenti, la libera docenza è diven tata un fomite di cor– ruzione, che in qualche universit:\ è "giunta a proporzioni addi rittu ra intollerabili . • Lo st udente - scriveva Pasq uale Villari nel 188 2 - che nel novembre arriva dalla provin • eia a!la stazione dalla strada ferra ta in Napoli, trova spesso un agente che lo invita ad iscri– vers i ad alcuni corsi liberi. - Voi 1100 perd e• rete nulla, e fate guadagnare al professore, che poi sarà frn gli ese minatori. Non a\'ele alcun obbligo di andare alle sue lezioni i potete andare . se volete, a quelle del professore ufficiale. - E qualc he volta, per indurlo più presto, gli offre . una quota della tassa, generalmen te cinque lire per i.)gni iscrizione. Se tutt o ciò non è avve nuto alla stazione, avviene a casa dello studente o nell'atrio dcli' Università, dove un altr o student e o lo stesso profess ore pareggiato fa, 1>cr eco• nomia, in persona il mestiere di agen te. - Che cosa vi costa far mettere sul vostro libretto di iscr izione la mia firma invece di c1uella d'un al• tro? li professore ufficiale non perde un cente– simo; voi anda te all,e:lezioni, se volete ; io, che posso essere nella Commissione che vi esami– nerà, guadagno una trentina di lire che non si lev:rno a nessuno. - Nessuno è in ques to caso lo Stat o. I buoni e veri liberi · docenti, che la– vora!1o.molto e guadagnano poco, si dolgono assa i d1 uno stato di cuac che discredita il loro ufficio, e lf' Facoltà hanno più volte energica• mente prote stato. Ma nessun ministro ha la forza di resistere, perchè i mestieranti hanno le loro clientele, e gli altri pensano solo :1 lavorar e ed a tace re. 7 ullo questo i avvt ,mlo alfomhra della liht, là d'i ,,stg 11ame11to. Se le cosr. continuass ero a qu esto modo, ci potrebbe essere il caso di do".cre un giorno scoprire che quassù si può ~~1r;~t~~: :,~n~1:i3~; 1 i~1ioe~i ~o ~~~r~l&!\!: ~:\~ palladio ~ella scienza e della morale. Che sarà delle nuove generazioni, se non vi si pone ri• paro ? " Fra il 1882 ed oggi le cose purtroppo non sono migliorat e. E il guasto, come il ViIlari te– meva, si è es teso; per quanto sotto forme e in proporzioni meno allarmanti , anche fuori dell'U • nivcrsi tà di Napoli. Perciò era da augurare che passasse anche alla Camera la riforma di libera docenza, quale era stata recentemen te concretata dal Senato (1). E se questa riforma disp iaceva ai depu tati cleri– cali e clericaloidi, oltre che a que i liberi do• centi, per cui la libera docenza è fonte di illeciti lucri , tanto di guadagnat o! Ma purtroppo la ri– forma votata dal Senato si è arenata alla Ca• mera per opern anche dei cle;rntati.... anticleri– cali dell'estrema sinistra! Nel volume più volte ricorda to il Rezzara ac– cenna cautamente anche al profitto, che po– treb bero ricavare i clericali da qualcu na delle univers ità libere, per esempio da quella di F'pr• rara. Secondo lo statuto cieli' Università di Ferrara il Consiglio universitario è composto • in pre• valenza di eleme nti locali • ; cioè in esso, di fronte al Sindaco della citt..ì., a sei delega li eletti dal Consiglio comunale, ai rapp resentan ti degli altri enti locali che sussidiano l'universi tà, a tr e stude nti dell'ulti mo corso, e ai cittadini che il Consiglio stesso nbbia dichiara ti beneme• riti dcli' Università , l'elemento tecnico non è rappr esen tato che dal Provvedit ore agli studi, dal Rettore fletl' Università e dai Presidi delle Facoltà. 0rn poichè tocca al Consiglio Univer– sitario nominare il Rettore e la deputazione universitaria i e poichè dipende dal Consiglio, dal Rettore e dalla deput azione l'amministra• zione della scuoh.1 i - è agevole compren– dere cpme, att raver!:jo alla conquista eleU.ora\e degli enti locali, il Par tito clericale potrebbe (are dcli' Università di Fer rara una piccola cit– tadella del proprio insegnamen to superiore , quasi del tutto libera e in perfetta concorrenza con le università ufficiali dello Stato. • Pd oclpll1 obata. Nell' insieme , sul terreno universi tario, l'a• zione clericale incontra in Italia difficoltà piut– tosto gravi. I larghi mezzi finanziari indispensabi li al1a vita di una universi tà cattolica libera , senza la cui esistenzn reale sare bbe vana ogni rivendi– cazione della .,. liberlà d'in segnamento ,, in ques to cnmp°' il Parti to clericale non li ha. E la conquista delle Unh•t rsita dello Stato o deglj enti focali, pur non essendo imposs ibile, richiederebbe una lunga e sistematica, lenacissi• ma opera di filtrazione o di organiuaz ione in• disturbata, di cui il Pa rtito clericale non sem– bra molto capace, data la fi.accona scettica e incoordinnta, di cui esso 4!:, a somigli anza di tutti i partiti italici, sebbene in proporzion i minori, mala to. Molto tempo, crediam o, deve ancora passare prima che per le Unh•ersità si possa gridare che Anniba le è alle porte. La sola via maestra, per cui qualunqu e corren te di idee può entrare libe– ram ente nelle nostre Univers ità e impadron ir· (1)Con quoto non dici•mo che in qudche punlo I• riform• del Scn•10 non ,i pottM 1ende1c p111equo. Su J rnilioni e mcuo di ,., ~ uni,•erfÌIH1e,i liberi docenti ne •uo rbh·ano finora circa un milione. Il Senato, ~ttbilcndo chct da 0r1 in poi i liberi doccoti nranno rapii d,rettamentc J11h ,u1Jcnti, &\'rebbi=do.-1110 con• donHc ■gli ttudcnti quel milione, 1u cui finora lo S1•to non 11•n1 alcun diriuo. lnvtce il Sc11110ha 11bili10 che quel mi• lionc sia u1ilizuu , per migliorare I ,cr.-i.t:i tc:i~n!lfici. t una l'il indircn, rcr 1umen1ue le 1uwo ,u quegli $luJen1i - ci~ per i migliori - cbe 1cn111anno il b1togno J1 1tgu1re I cou i dei liberi docenti vcr1men11 buoni. DT'l<lr;neicbbe,per rimanere nei litr1i1i ddl1 equidi, che 11elle 111..che 1icon1inuuebbt ro • paiare nei li– mili di çrim1, gli cconom1ti uni,ctti tati laKUincro I ditf'Ol!izione di ciaKUn» 11vJen1e un quarto J'C' f'l~ale i liberi doctnlì: 1!11 line dell'anno, lo tiudcn te Mrebbe 11mbora10 dei rttidui non ero,– g,t i. Cotl ,i evi1ercbbc il pericolo di uccidere dr! tuno I■ libera docenza col pretesto di purificu\1 I 1D10eca CJ1no t:s1anco sene in bre':'e tempo, quella della produzione scient ifica, è quasi del tutto inaccess ibile ai cleri • cali. E finchè il parti to clerica le non riesca in Ita– lia a pres entare sul mer cato dei concorsi univer – sitari un nume ro abbastanza lnr~o di scienzia ti, le università restera nno per esso chiuse per la via diretta , e assai difficili a circuir e per le vie traverse. Ora come ora, il solo lavoro che si deve fare in questo campo per rintuzzare le velleità cle– ricali, è Ji riformare in senso sempre più tecnic o e sempre meno politic o il Consig lio Superiore, e riformare la libera docenza nel senso già appr ovato dal Sena to. È poco. Ma non vuC\I dire che non si debb a fare. Pri11c,piis obsla. G. SALVEM INI, TERRE INCOLTE E BONIFICHE La leirirenda dell e terre inco lte. I.a diagnos i corrente dei mali de ll' agricol– tura ita liana afferma con semplici tà recisa e beo ta che I' Italia ha troppe terr e incolte: afferma zione di fron le all'c evidenza • de lla qua le ogni distinzione di classe, di fede, di partito scompare nel mare profond o de ll' igno– ranza nazion ale. Questa leggenda è il comp le– mento necessario dell'altra leggendd, che at – t ribuisce alle pove re crete e 2i duri ·calcari · di nostra terra le più ascose virtù, e non può spiegare altrimenti che con la mancanza di coltivazione la scarsez za di prodo tti offerti dalla e magna pare ns frugum > dove og ni spu to fa germog1i are un albero. Si ca.pisce che il Mezzogiorno è, anch e qui , la testa di turco di tutti i geo rgofi li di– soccupati ,_a cu i gli en tusiasnìi bucolici ser• vono di cond imento per il caffè po meridia– no : tutto inco lto il Mezzog iorno, incolto l'a– @ro romano , incolta la Sardegn a! Terre incolte? Diamo un'oc cch iata alle stat istiche agrarie. Ripar tizione della superficie del Re gno secondo la destinazione pro:luttiva ed improduttiva dei terreni, Superficie occupata da fabbri- Superficie destinat .. alla pro• Su1>erficie cati, acque, strad e, ferrovie, duzione agra ria e territor iale. t errit ori al e tran vie e ster ile per natura . COJIPARTIMENTI Kmq. Totale Kmq . Piemo nte . 29.3 96 .18 3-727.33 Liguria. 5.294. 23 434. 86 Lomba rdia 24.0 89.75 3.415.00 Veneto . 24.5 94.32 3.352 .71 Emil ia . 20.852.64 2.0 24.72 Toscana 24.090-4 I 1.397.63 Marca 9.690.88 6 16.32 Umbri a 9.7 67 .14 577.40 Lazio 12.082 .72 77 1.43 Abruzzo e Mo· lise . 11.5 39.51 1.087. 23 Campania. I 6.2 55.16 78 1.97 Puglia. 19.104. 17 724.75 Basilica ta . 9.987 .16 464.60 Ca labria 15.09 1.13 1.303. 76 Sicilia . 25.73 8.03 1.423 .92 Sardegna 24.1o8. 79 862.4 2 - Reg no 286.682.ZZ ZZ.966.15 Ecco una tabella, che sembra"'fatta apposta per sconvo lgere tutto il castello dei nostri p'recon cetti in materia di agrico ltura nazionale. Questi numeri ci rivelano uno stato di fatto che sembre rà a molt i un paradosso : la Sarde– gna è la region e che ha magg iore aliquota Ji territo rio coltivalo, la Lombardia presenta in– vece la maggio re aliquo ta di terra incolta! Essi ci dicono che in Italia le migliori reg ioni agricole sono quelle che presentano minore superficie coltiva ta. Ecco infatti come si or– dinano Je regioni d' Italia in rapporto alla superfic ie co ltivata. I Sardegna co n 96.4 °lo del territ orio 2 Puglia • 96 .2 • • Basilicata • 95.3 • • 4 Campa nia . 95.2 . 5 Sicilia . 94.5 • 6 Tosc ana • 94• 2 • 7 Umbria • 94· 1 . • 8 Lazio • 93.6 • 9 Marca • 93.6 . IO Abruzzo e Molise • 93.4 . • Il Liguria • 9 1.8 • • 12 Calabria • 9 1.4 • • 13 Emil ia • 90 .3 • • 14 Piemonte • 87.3 • 15 Vene to • 86.4 • 16 Lombardia . 85.8 • • Co me dicevo, la relativa abbo ndanza di terre incolt e si presen ta in Italia proprio nelle migliori regi oni agrarie. Due sole apparen ti anomalie ci offre questa tabell a : la Calabria e la Puglia . Ma entr amb e si giustificano fa. cilmen te quando si pensi che la Calabria no n possiede che un3 trascurabi le esten3ione di territorio in pianura, e la Puglia non presen ta che un'estensione trascurnbile di zona mon – tuosa. Naturalmente le « terre incolte », di cui tante gen te sem bra scand aliu arsi, non impe• discono al Veneto, alla Lombardia , all'Emilia e alla Liguri a di avere un' agricoltura assai più per 100 kmc,. disu• perfide 1erruori1le. Totale kmq. per 100 kmq, di IU· perfide 1emuwi1le. 12.7 25.668 .75 87.3° 8.2 4.859 .37 9 1.8 14.2 20.674.75 9 5.8 13.6 2 I ,241.9 1 86 .4 9.7 18.827 92 9 0.3 5.8 22.69 2.78 94.2 6 .4 9.074.56 93 .6 5.9 9.189.74 94.1 6 .4 I 1.J t J. 2 9 93. 6 6.6 I 5.452.28 93·4 4.8 15.473 . 19 9 5 2 3.8 18.379.42 96 .2 4.7 9.522.56 95 .3 8.6 I 3.787.3 7 91.4 5.5 24.3 14.11 94 .5 3.6 23.246. 37 96 .4 8.0 I 263.716.07 92.0 fìorente di quella della Basilicata e della Sarde– gna. Que lle e terre incolte» hanno una ragione di essere. Appunto perchè nella Lombardia, nel Piemon te ecc. l'agricolt ura ha assunto forme più pe rfette che altr ove, la produz ione agrico la non vi si può e1tendcre se non sulla parte di terri torio in cui essa presenta reali car~tteri di con venienza econ omica. Nella Sardeg na e nella Basilicata, invece, mo lte volte succede che il picco lo proprie tario, spinto dalla miser ia, tenta la cultura (specia lmente cereali fera ) in terre assoluta mente inadatte. Per queste reg ion i il progres so ag rario si pre• senterà necessariamente con una diminuzio ne di superfic ie co ltivata. l a stessa osservazione si può ripete re ge• ner icamente per 1ut1a l' Italia. lt nostro poese ha troppe terre coltivale. Il 92 ¾ del terri• torio è soggetto a coltur a agraria, ma di questo 92 ¾ una larga parte è costituito da terren i pochis simo adatti alla pro duzione . Si può dire grossolanamente che circa 1/5 del territorio nazionale è sterile o quasi. Ten• tarne la coltivazi one con mezzi necessaria– ment e assai elementari, signi fica ooo sol– tant o giuocare al lotto, ma altresl provocare maggior i danni a spese del territo rio nazio• nale già per sè stesso cosi povero ed infe– lice (1). Lo sviluppo agrico lo de l nostr o paese non può dunque presentarsi ovu nque come un'ul • leriore estension e delle cult ure i si deve anzi in parecchi casi presentare come una dimi – nuzione di terreno col tivato accompagn ata da intensificazione delle cuhure. ( 1) La coltivazione delle terre troppo ingrate richiede rebbe tecnicamente I' impiego di forti capitali, mentr e poi darebbe prodotti miseri : l'i mpresa s.·uebbe antieconomica. Come dato di fatto, poi, è certo che 1ali terre sono genera lmente poste a cultura eia colti\'ato ri po,•eri, i quali vi arr ischiano il proprio la\'oro ma non vi arrisc hia• no nè potrebbero arrischiarvi che un capita le minimo. La redenzio ne dei ghiaieti italian i è opera lunga e dispendiosa, a cui r:munente può condurr e l' interesse individuale.

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