L'Unità - anno I - n.30 - 6 luglio 1912

118 consig li su~ri ori e di incil:tmenii interessati o di premi irri sori. Nessun agrico ltore serio e respon sabile piant erà gelsi e fahbri cherà bigattie re in vis1a de l premio minis teriale. La caccia dei sussidi è una specu lazione mo – desta dei pseudo agrico hori e de i mestatori elett orali, Quel che si dovrebbe fare. Se il gove rn o mi rasse a facilitare la ge l– sic oltura nel Mezzogi orno seco,,do gl' inleressi degli agricollori 11tritlio,wl i, av rebb e pensato ~oltanto a rimu overe due ostacoli che ogg i la rendo no lll t' llO proli ttevo le, e cioè il da.: zio di esporta zio ne e le ~Ire tariffe ferro via• rie. In vece il dazio di esp ortazione si con – serva , pe r deprime re il prezz.o de lla m..teria pri ma nell'inlt rtsse 1/el/a induslri'a ; e le ta– riffe rerrov iarie non si rib:1~sano . perchè vi si oppo ne l'inlerene dei hachicullori sette n– lriooali, cbe temono la im maginar ia concor– ren za de l Meu ogio rno sul me rcato dei boz– zoli I E così, in men o al co mpromesso di opp osti int eressi settent rionali, il Mezzogiorno , ;,,,ttratto da i prem i m inisteriali, dov rebbe con suo dann o pro durr e materia pri ma ali' indu · stria serica I Noi, inve ce, continu eremo sopratu tto a col• ti vare la vile; e t ra~form eremo i nostri vi• gn eti fillo sscrati ; e se i vitign i am ericani non danrnn o i risult ati che ne attendiam o, altri ne prove remo i e i nostri terreni per L' UNITÀ molto tempo ancora saranno con sac rati a Dio Bacco! O r.a il dovere del G c.vern o non è di f are dislrib11;Joni gratui te di gtl si, ni· di ,I.ire l tl S– sùli ai ri·...aj di t•ili ameri(ane per dij/o ndtre la gd si(o/lura : è, ir.vece, di inten sitica re al nrnssimo - spendendo, p. e., come fa per i setaioli, un milio ne all'anno per .)O anni ! - la produzione dell e viti ameri cane e quella deg li innes ti e de lle barb atelle innestate per veni re incontr o al solo bisogno, verame ntè t·ilale, dell' ~gricolt ura pugl iese. li proposito posilit·o del go\' erno di sosti• tu ire il gelso alla vite riuscirà vano ; ·ma sarà ten:ice il proposito nrgalù •o suo d i ost.t· colare in Puglia la ricostituzione dei ,·ignet i tilos serati. Poichè la poli tiC3 del Mini stero d' Agric oltura è asservi ta non solo agi' inte– ressi dell'i ndustria serica, ma anche a quelli della viticultur a setle ntrion ale. Ecco il solo e vero peric olo ! Noi agri coltori del Meao giorno e della Pug lia già dopo la cri si de l 188 7 siamo ri· so rti per sola open no stra, (Onir o il co lpo mortale che il governo del tem po ci innisse pèr asservire la produ zione agricola del Mez~ zog iorno alle indu strie de l Set ltrntrione.... Ed oggi do bbiamo appre~larci ancora a far da noi la ricos tituzione dei vigneti, ~apendo che il G overno, lungi dall'assis terci, conl raslerà l'o– pern noslra. A. de Vit i de Marco . tutto il paese. La nPtizia dell a pace sar ebbe il segnale del massacro di tuui i T urchi da parte degli anb 1 in Tr ipolit.1ni:i, e forse anC'hc in tuu i ;;li alt ri pae si, nei quali i due popo li sono a contatto . La rir.uncia ad un paese, che essa occupa tuttorn, potrebbe :1\'ere per lei lo stesso effetto di un:i sconfitta rovinosa, che an<'ora non c' i;. I h un bdl o scalnuna r.,;i An drea Torre sul Corrirre dellfl Sera a di mostrare che la Tu rchia avrebbe dovulo cede re da un pezzo alle nostre pretest-, se non fosse go\•ernata da una IPgica del tutto div ers a d a quella dei pop oli eur opei. La di\•ersità sta sopralutto nel di\'e rso modo di giudi car e che :1bbiamo lr cose nostre e quelle de~li av versari . La Tu rchia di fende i suoi di• ritt i, ed è logi<'O, è umano, che fino a qua ndo abb ia un filo di speran za di difenderli, lo faccia con tutti i mu zi dc! quali di spone. E che le sue spera nte non fossero del lu tlo vane, lo ll11no– stra sino ad etggi lo stato tiella conquista in Libia. SE FACESSIMO LA P -ACE? Oggi i T urchi, in vista <li ahri maggiori peri• coli, acccnn11no a voler bene ponderare se non conve nga loro cedere in parte quc-i diritt i, C'he, dubbinmo riconoscerlo, h :111110 fino ad ora difesi nel miglior modo che potevano ; e anche a noi conviene pontlerare bene, se 110n ci convenga ce– dere un poco sulle pretese che ave,•amo dap– prirnn ava nzate, piutt osto che anda re fino in fondo , ne:11'inferire alla T urchia que lla sconfitta rC'vinosa, che ancora non le abbiamo data. Ch i ci gara ntisce, che <la tale sconfitta rovinosa non possa derivare una crisi condu cente allo sfascia • mento della Tu rchia ? E non è da tei;nere, che h un simil e frangente, 11tll~ rondieioHi ul/" ali, noi avremmo tutto da perd ere, -:ost rctti ad as – sistere imp assibili ai guadag ni degli altr i? ltalia e Tur chia slnnno att rav('rsand o un mo – mento psicologi co decisivo per le ultt-riori fasi della gu,.rra, che ormai dur a da quasi un anr:o, e che pr ese nta come spicca ta cara tteris tica una straordin aria lcnt ezzn, acco mpagnata <lall'ass en- 1a di ogni grand e fatto tl'arm e capace di riso). verla. Jn It11lia - ness uno ha il cornggio di dirl o pubbli.:nrnente, 11111 ognun o lo r ipete privata– mente - siam o tutti dispos ti ancora a qualun que sac rificio per uscire con onore <lall' ardua im• presa in cui ci ~i11no lanciati : ma proviamo come un incubo ullorchè consitleri11mo il buio pes to che circonda l'esito tir.aie di ques ta guer ra. Nessuna più )()ntana prevision e circa la dura ta che essa potrà ave re ; cer tezza asso luta che- al tirar e delle somme In Libia rimarr à a noi; cer • tezza altr ettanto ass oluta, però, che la troppo lunga e ccntinua pres sione de11a guerr a sulla Tu rchi a se dovus e nppor tare gravi comp lica– zioni interne nell'Imp ero ottoma no con l'inter • vent o delle potenze europee e specialmente de• gli allea ti nos tri, condu rreb be ad una confe– renza iuternuzionulc, tlnlla quale noi avre mmo tutt o da perd ere. Da perder e tanto, che la con• qulsta della Libia s:1rebbe una ben gra ma con• solazione. D'ultra parte, in Tur chia si incomincia a com• pr endere che se la stasi gue rresca in Libia costa gravi sa crifizi, m :t non insop;,ortahil i, la guerr a ncll' Egeo in,·ece arr eca dan oi enormi sopra tutto paral izzand o il commercio di Smi rne, dal quale la T urchia tra eva tanta par te dei suoi introiti dC1ga• nali. Si incomincia ad essere gr:iveme nte preoc– cupati dall e ripe rcussio ni, che la guerra hà nell'intern o dell'Imper o e soprat utto in Albania , non tanto per i falli in sè stf'ss i, quanto in visln di quell'i nterve nto europ eo, che nessuno può considerare cer t3me nte come una salvagua r– dia pel gra nde ammalato, ma che sarehbe come il rivcrs .1rs1di uno sto rmo di jene sul corp o d'u n agonizznnte. In T urchia, come in Italia, le s1>ampana te dei giornnli sti che diri gono la pubbli ca opinione - e che l>tr ave r voluto qua ad ogni costo la guer ra, I:\ ad ogni costo la res iste nza, non si sentono di pottr pro nunci:ire ancora la parnh, pace, in un momento ntl quale la gue rra non ha presentat o ancon\ nessun fallo d' armi che poss a dirsi de• cisi vo - impedi scono che tale stato d'anim o dei due belligeran ti appaia manifesto. Non man ca però nei due paesi qua lche ind izio della buona disposiz ione a venire ad un acce• mod:unento, e\'ita ndo I' interv ento di terzi, d ,c f., cciano la par te del leone. Il recente art icolo <lei T tmi11, che tanti com• ment i ha su5citati nella stampa europea, sebb ene sia stato ll!confessa to subito dal Go\•erno turco e ... dHI suo stesso autore, è senza dubbio ass ai sintorn:.tico. Ci sembra perciò questo il momento più op– portuno pt-r ritornare su cli una presun 11bile base di negoziuli di pace, da noi nccennata su que• sto giornale fino dal 17 febbr aio ~corso: la qtrnle dov rebbe consistere nel limitare la nostr a con• <tuista alla Tripo litania pr opr iament e detta cd alla Cirenaica, lasciando alla Tu rchia, con le necusarit garanzie per l'avve nire, la Sirt ica e il Fezzan. Per Tripolita nia propriamente detta inten– diamo, con la maggio r parte dei geografi, il terr itorio compr eso fra il Medi terraneo e i Ge• bel Jefren, Gharia n, T arh una, oltre all'altopiano d' Orfella, fino "ll'uadi Soffegin e alla grande Sebcha. t evidente che es sa compre nde, oltre tutt a la linea cos tiera delle oas i, la gran de steppa <lcsertica della Gefara, e la seconda st.... rie di terr eni coltiva li, che dal ciglione se tten– tri onale della grande hammada, costituilo ap• punto da quei Gebe l, si diste ndono lu,,go le ·valli che vanno a morire nella Gefara . Com• pr ende cioè tutti i ter ritori di colonizzazione romana, anche nell'i potesi che il limes lripoli – lnn11s si svolgesse a ridosso di quel ciglione montu oso, e sarebbe u sicurato cosi alla ipote – tica coloniznzi one ita liana tutto il terr itorio pel quale è poss ibile parlar e di colonizzaz ione se nza cadere nel ridicolo. Nella Cirenaica potremmo limitare la nost ra conqui~ta al te rrit orio fra il mare e una linea sull'ahopian o, che lascia sse in r,ost ro possesso la car ovaniera da Benga si a Dern ~, per Sira, e verso oriente, dall' uadi Derna al confine egi- 1.iano, alla 1.ona cos tiera della Mannarica. An – che qui sarebbero ass icurati all' Italia tutti i territori di anti ca colonizzazione e gli unici che posso no ave re per noi un qualche inte– ress e. Dobb i~uno convi ncerci che se un sent imento d'orgoglio na1.ionale abbiamo noi, l'h anno pur e i Turchi , e che non poss iamo da ess i pr eten • dere di farne scempio. E ciò appu nto ~igni– fica il pretendere che la Tu rchia ceda se nz'al– , tro la Libia :,Ile condizioni da noi volute . Essa non può abban donare a st stess a una popolazio ne, che si è battuta eroica mente contr o di noi per lei, e che è riuscita fino ad oggi, dopo tan ti mesi di guerra ., ad ar res tarci lnngc la costa, consen ·ando tutto l' interno, cioè quasi Una sola rngione potrebbe trattenerci dal prende re in esam e l'i potesi di dover ceder e su di una parte de lle nostre pretes e : que lla cioè c·he ne risultino nolevolmente dim inuiti i van· taggi, chi! si ripetono dover trarre l' Italia dal• l'im pr esa afri cane, che ne sia leso il pres tigio che ci ~ deriv ato presso le :1ltre naz ioni, d:1ll'aver data buona prova del:a nostr a prf"parazione mi• litare e navale. Ta le rag ione per ò esula completamente dal- 1' ipotesi da noi avanza ta, poichè rimarr ebbe semp re ugualm ente affermata la noslra buona preparaz ione guer resca; ci assicurer emmo pr e– cisamen te quelle terrt-, a cui si può se riamente attribuire un qualche valore economico e poli– tico; n()n r inunzieremmo in nulla al pr ogr amma che ci siamo proposto, cioè alla sovranità piena e intera sulla Libia, e ci affermere mmo anche nel campo diploma tico riu scendo a trarci d'un• paccio in cosi grave frangente, senza bisog no di fare interve nire fra noi e il nemico nessun terzo incomodo. Non si tratterebbe , in fondo, che di definir~ i limiti geogr afici e poli tici della Libia. Questa soluzione pr esenta ta li analogie con mille altre soluzioni di guer re di tutt i i tempi, che nessuna n:1zione dovrebbe esse re considera ta gelos a del proprio deco ro nazionale, se per essa potesse .1ttribuirsi a noi un qua lsiasi disdoro. L'u – nico pericolo d'u na tale soluzion~ è in Italia; nei guer ra fondai, nei Don Chisciotte che hanno fino ad oggi fatto pii1rumc,re loro sulle gazzette, che non i cannoni e i fucili in Africa e nel!' Egeo. Sohnnlo ess i potrann o considera rsi dim inuiti, se non si conducano le cose ;:1ppuntino come le hanno decise nelle loro me:iti febbri citant i. Ma per buona fortuna la grnn nrnssa de lla popola– zione, anche quella che ha appr<so con gioia l'annun cio della guerra, che ne ha seg uite con orgoglio le varie fasi, e che consid~ra come adeg uatamente compensata dag li effett i morali i sacrifir i di vite e di clrn:-iri che la guerr a ci. costa, non è cost infatuata di spi rito bellic o, da considerare t·ome inacc ettabile una pace, che r i– conosce ndo a noi il poss esso pieno e intero delle part i della Libi:1, dove si pr('sume possa la nost:-a colonizzazione trovare utile campo d i att iviL1, lasci alla Tur ch,a tutt o il res to. Questo Se per estcnSone forma :mcora la mttggior par te della Libia. per la su:1 rrntura dese rtica non ha valore per noi, ma soltanto per i nomadi. Alla gran massa del popolo italiano non puo sfuggire inoltre l'enor me \'a11t:1ggio, che tale soluzione pre senterebbe per noi, libe randoci dagli "n ormi sa crifici, richies ti Jall a conquis ta dell a regione sir tica e del territorio dese rtico retrost ante alla Tr ipolitania cd alla Cirenaica , mentre nostro intento è di sfn1ttarc economi• camcnte soltan to ques te du e regioni più pros • simc alla cost:1, le quali da sole assorbira nno capitali ingenti e domanderanno ancora , dopo an·enu ta la sup1>0st:1 ctSsion t-. lungi,i sacrifici 1>er l'assogge u amtntp e la pacificazione com pleta. Gli intenti , <'he i govern anti italian i si er :,no propos ti c•m l' impresa libica, sa~ebbero cosi interam ente rlfggiu11i : 1•. accap arra re alla co– lonizzaz ione itali:ma gli ultimi lembi dell 'Africa med iterra nea ancora dispo nibili (credo che nes • su no \•orrà seriam ente sostenere la possi bilità d' una colonizzazi one italiana dell a Sirt ica e de l Fczzan); :io rompt re il fam,.,so cercltio di/ trro, che minacci wa di soffoc.,re i nostri polmoni navali nel Medi terrane i'\, se altri occupava 11 segme nto di costa afri cana interpos to fra I' Egitto e la T unisia. i-'.: vero chGil nostro poss<"socostie r .> rima rr eb• be diviso in due ,la un piccolo segmen to che ri. marrebbc ancorn in man o dei Tu rchi, la cost a sir• tica ; ma, prescindendo dal nessun \·aJ,.,re stra• tegico di questa costa, dovremm o anche .,;aran– tirci un diritto di prelazione gr atuita sulla costa sirtica cd anche su tull o il resto del terri torio fra il Mediterrane o, la T ripoli tania e la Cire• naica da una par te e gli attua li confini egiziano e tunisino e la linea della sfera d' influenza anglo-francese fi:5sa ta dal tratta lo a1 marzo 1899 dalle altre. Cosi che alla sovra nità pie na cd intera dell'lta• lia sull a Libia (Tr ipolita nia e Cirenaica propri •• mente de tte) farebbe riscontro la sovra nità che In Turch ia continuereb be ad esercita re, come pel 1nssato, sul re!tante territorio dell a Sirti, e del Fezzan, non escluse le oasi delle vie carovani ere per il Sudan, con la rc~tr izione che la T urchia non possa ceder nulla ad altri. N~ la sov ranità tur ca in quei territori esc lude che possiam o riser varci qualche privilegio d'or – dine economico, come la concessione di even• tuali minier e e da fer rovie, e sopratu tto il di– ritto alla cos truzione di quella transa harian• , che è e sarà per molti anni d'una utilità molto problematic a; ma che, se dovrà costruirs i in un temp o più o meno lontano, dovrebbt- ess ere sottoposta ad un regime int erna zionale, nell 'in• teresse della ferrovia stes ~a e dell'avv eni re eco• nomico della nostra nuova colonia. Questa soluzione <lella guerra lascer ebbe a noi dunq ue tutti i van taggi che da casa ci siamo ripromess i, ris par miandoci· ingen ti, inu– tili sacr ifici pe r la conquista di terr itori per noi assol utamente inutili i e d'ahra parte lasce • rebòe aperto uno sfogo alle popolazioni nomadi r ibelli al dominio cristiano , e alla Tu rchia un mezzo pt::r salva re, alme no in part<-, il propri o pr estigio. La st ampa e i part iti veramente dem ocratici dovrebber o farsi propugna tori di qu es ta solu • zione contro i guerr afondai a tutti i costi, prc. para ndo l'opinione pubblica a ben accoglierla, sospingendo sopra tutto i governanti nost ri a facilitare alla Turch ia l'accettaz ione di negoziati di pace, che realment e ques ta non pot rebbe ac• éettar e, se rimanessimo caparbiamen te fermi nella pretesa che la Tu rchia abband oni sen• z'altro del tutto tinelle popola1.ioni, che per lei si sono battute cosi ero icament e, e che noi non siamo ancora riusc iti a conquis tue. Soltanto il ridicolo <lisdcgno settario di la – scia re :,I gove rno e ai par tili dominanti l'intera responsabilit.-\ dell'i mpr esa nella quale ci siamo ingolfati, può spieg ar e il nu11ismo de i part iti popolari in ques t'ora cosl piena d' incognite per l'avvenire de lla patria ; può spiegare come ess i persis tano nel h•sc iare che a lor ta lento ci con• <lucano incontro a qu alunque a\lventu ra gl' ineo• scienti speculatori dello spiri to guer rt>Sco che• ha pen •aso I' Italia. C. M .-\RASE I.LI .

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