L'Unità - anno I - n.13 - 9 marzo 1912

LA FAT ALITA STORICA Non sappiamo se gli ammirat ori di Alfredo Oriani, promotore e profeta del nostro nazio– nalismo africanista, abbiano gi:\ pron ·cduto a rivendicare a lui 1' origi nalità della frase sulla fatalità storica, ripet uta dall ' on. Gio litti al ban • cheno di Tori no. Non accusiamo cli plngio I' on. presidente del Consig lio ; ma è singolan : che la stessa frase giolitt1ana, donde cosl poca gioia e cosi poca esa ltnzione derivò al nazionalismo indigeno, ri– corra anche 11ella I.olla poli/ira in un senso filo– sofico sì, e perciò diverso dal pen siero giolittiano, ma pur sempr e a1ieno dalla passione eroica e dall e fantasie volontari stiche dei no\·clli rampca– dores. I lettori dcli' ( '11ilà potranno sco rrere le Lolle a p. 867, dove l'O riani riassu me le poco eroiche vicende della nostra prima e aflermazione • afri– cana dal 1869 in poi : le tituba nze di Viscon ti Veno sta, il doppio giuoco dell'Inghi lterra , l'ab– negaz ione dolorosa di Bened etto Cairoti , la ti– midità del nostro go\'eruo nella ques tione d'E– gitto , !e perp lessità, gli er rori, i sacrifici della di gnità nazional e in mezzo ai quali - seml>re se condo l' Oriani - l'Ingh ilterra riusci, quasi a nostro dispetto , a spingerci alla prima occup a– zione del mar Rosso: la fa/ali/(} slorim aveva ' tri onfa/ o di tulle le inespc,.;e11::e del paese e di, tull e le esila::ioni del gover110. Nepp ure allora, adunc1ue, si combattè e la bella ruerra • dei nazionalisti . P. N. Come si fabbrica l'opinione pubblica. Quand o un giornale si impegna a fondo, per motivi j>ÌÙ o meno confessabili, in una campagna, s' indus tria a tr ovar e dovunque pro\'e i_nsoste– gno della sua te si. Per questo si può capire com e )a Slanrpa, impegnata a fondo ormai nella campagna gaUofoba, cerchi tutt i i giorni nuovi argom enti per dare addo sso alla Francia. Ma tsl n,odus iu rebus. E quanto si nota nel f\umero del 27 febbraio di quel giornal e passa i limiti dcli' onesto e del credibi le, anche gior– nalisti camente parlando. · L'a rgom ento è qudlo della ripercussione che si è avuta in Europa, per la nostra azione a Beirut . E' orma i chiaro a tutti che la stampa austriaca si è di nuovo scagliala feroceme nte contro di noi, mentre la stampa francese nelJa sua quasi totalità, tiene un' altitudine giusta ed equ ami ne a nostro riguardo; qu;mtunque, es– sendo ,Beirut una città dove la penetrazione fran cese è grandissima, i Frances i potessero te• mere che la nostra azione dan neggiasse i loro interessi. La cosa è tanto chiara e evidente che perfin o l' on. Cirmen i, il qual e in questi tempi è stato alla testa della campag na gallofoba, è cos tretto a riconosce rla. Dice egli infatti nel suo articolo del 21 febbra io: " Tutti so no concor di nell' af– fermare che a Beirut i maggiori 'inter ess i sono quelli del1a Francia. Ebb ene, mentre i giornali france~i, conse rvand o ques ta volta una lodevol e calma, sono concordi nel riconoscere che l' lta• lia ha eserc itato il suo dir itto, i giornali au– striaci sono montati nuovament e in bestia, ben– chè l' Austria sia la potenza meno interessata •· Ciò scrive Cirmcni, o! ciò pubblica la Stampa nella sua seco nde\ pagina . Ebbene nello stesso nu mero dello stes so giornale, in ses ta pagina. un titolo a lettere di sca tola annuncia le esca11- d1sc1n#e/ranco-lurc/ 11contro /' aeio,ie navale del• l' Ital ia, e più giù un altr o titolo pure assai vi– sibi le avve rte il lett ore c/11 in Fra 11cia si conti– nua a deplorar e cht f Italia faccia la gtlerra sul strio I Come si vede, l' acco rdo tr a la seco nda e la sesta pagina del giorna le è veramente mirabi1e I Ma se la cosa si limit asse qui, si avrebbe sol– t ant o a deplora re un nuovo caso di quell' in• coerenza e di quella pocn serietà, di t:ui pur– tropp o quasi tutti i nost ri giornali dimno con– tinuamente prova. La cosa però s'i ntorbida e la poca seri età min accia di apparire ·qualche cosa di peggio , se si fanno queste cons idera zioni: 1.0 che la forzata constatazione del Cirmeni è se polta in un art icolo, il cui titolo non fa cer to supporre che in esso si parl i della Francia, men– .tre gli attacchi antifr ancesi nella ses ta pagina sono annunci ati a lettere di sca tola. 2.0 che in questi atta cchi contr o la Fran– cia sono citati come rappres entanti dcli' opi• nione pubblica fran cese giorn ali di quasi nes– suna autorit à come la Pr, sse, la Patrie, la li– btr/i . Di altri giornali, dei giornali pili autore • voli, non si parla , per chè essi sono favorev oli a L'UNITÀ 51 noi. Ma che importa? L' effetto voluto è rag– ginto lo stesso. Si sa che la più parte dei • lettori di giornali si arr es tano ai gross i titoli e non vaglian o le informazioni. E e' è da sco m– mettere che qua ttro quinti dei lettori della S tam– /m trascu reranno la pr eziosa confess ione del Cirmcni, non baderanno se i giornali frances i citati in ses ta pagina sono :lutorevo li o no, ma riterranno sol l.lnt o i gr oss i caratteri dei titoli tendenziosi. E cos i si forma l'opi nione pubbli ca ! E dopo alcuni mes i di que sto i::cncrc di lenta e inosser• vala intossicazione, si t rn,•1, bella e fatta la " unan imit:l nazionale! "· P . SIL\'A. LE OPERE DI BONTÀ La nave-scuola Scilla. A Venezia , nel canale della Giudecca, è an• corata la na\'c-a silo Scilla, che raccoglie i figli der elitti dei marinai e pesca tori del1' Adriatico per educarli alla vita del mare. Niuna fra le tante opere dire tte a salvare e ad istruire l' in– fanzia pare rispo ndere più intimamen te a1 ca• ratt ere della città e ai bisogni del suo popolo quanto questa , che riconduce i fanciulli sulla via del passato e dcli' avvenire , - la sola che le darà forza e ric.:chezzu . Eppure l'asi lo dellu Sci lla non lu voluto dall a città concorde : fu pensato cd auu ato in mezzo a difficoltà che pan •ero in– sormontabi li da un solo : Davide Levi Morenos. Com' egli ha ottenuto da l Ministero - batten– do a quanti usci I - la bella nave •;ad iata da lla marina da guerra, e non un centesimo di sus– sid io, egli ve lo raccon ta tr;mquill ame nte. Ap– poggiato alla Società Veneta per la Pesca e l'Ac– quicoltur a, per la parte ammini strativa, l'Asilo cominci ò la sua vita con dodicimila lire di... de – biti. Pareva un'a udacia folle, mettersi a tale impresa: cd era invece una profonda saggezza : in ogni tempo coloro che hanno fatto appello con fiducia alla bon:à e alla solida rietà degli uomini, hanno dato vita a ope re meravigl iose; a pr ezzo di quali sa crifici niun o lo disse mai; e non ne parla neppure il Levi Morenos, nè la sua Signora, che ha divi so con lui ogni fatica. L' usilo s'ape rse nel giugno del 1go6 con due fanciulli; a fin di luglio ne contava dodici; oggi sono 46; e se ne aspettano altri quattro. Vengono racco lti fra i più poveri, orfa ni quasi tutti di entrambi i genitori, in condizioni tr istis– sime, fisiche e morali, tolti spesso alla strada, con eredi tà che rend ono assai gra ve il compito di chi li educa , oggi che l' alcoolismo :tbbrutisce e fa strage nel nost ro popolu ; e trovano nella Scilla una famigli~, in cui vanno a pari la <lisci• plina, il rispetto e l'amore . Sotto la legi;e , ch'è per tutti egua le, ognuno può esrl icare il suo carattere e le sue forze. li Levi More nos è un padre per tutti q1,esti figliuoli; ed ~ perciò che visitando la nave noi re stiamo ammirati dal· l'aspetto ser eno e franco di quei piccoli mari– na i : l' aspetto dei fanciull i sani, buoni e felici. Ricev ono l' istruzione elementare dai maes tri, quella professionale dal nostr omo e dai pesca – tori; ma ali' una e ali' ultra sovraintende il Di– rettore, eh'! hn org anizzat o anche la pr eparazione pr ofessi onale dei futuri 1>escatori mar inai, colla conoscenza eh' egli ha 1.lella vita e dei bisogn i della classe così povera oggi, e ignorant e, e che sarà mig liore domani per vir tù anche di questi pll;coli della Scilla, cresciuti. Gli allie, •i più gran• dicelli escono a tu rno, periodicamente , in mare con un bragozz o da pesc a. Dodic i orfa ni del terr emo to calabro-sicu lo si affrute lhmo, in que!-,.toe in tutti gli altri la,·o ri, cogli orfani veneti. Tutt o l' andame nto è se m– plice, regolare, come in ogn i istituzi one retta da una mano forte, e da una mente sicura . Ma il prob lema grande è come vivere. L' isti· tu to, che non aveva risorse, fu mantenut o, alla giornata, dall e piccole oblazio ni del popolo e de lla bassa borghesia , pei primi tempi ; i ricchi sono venu ti dopo, e dà nno; ma non è abbastanza, e ci vuol tant o ! Il rincaro della vita, dice Le\'i Mor enos, è se ntito moltiss imo; se cinque anni fa un fanciullo costava 50 centesimi al gio rno, ora ne costa 67 o 68; e a Venezia, dove ingenti somme vann o dispe rse in piccoli rivoletti di sussid i parr occhiali, di doti e cose simil i, che non da nno un valido aiuto a nes suno, e vanno a far il pai o colle vincite al lotto, si è otte nuto dalla congregaz ione di carità . in cinque anni, trecento lire. È vero che il ri.·Jinistcro d' Agri• coltura, in egua l tempo, ne ha date mille! Ades• so, da Roma il Levi ·Morenos otterrà 12 mila lire annue ; ma vi è annesso l'ob bligo <li man– tenere una scuola eleme ntare di sei classi e un corso tecnico-nautico che le asso rbir à in gra n part e. Che cosa sono dodici mila lire , quando cc ne voglio no più di trentami la I La manuten– zione de lla nave costa molto; pill assai di quella di una casa ;ma in nessuna casa l'asilo potrebbe tr asferirs i : la !-Ua ra gione di \'ita sta nel mitre; e 1>0i l'anima dei fonciulli vi si pla sma più forte, più lib<-rai più serena , e i poveri corpi smunti, minali da germi ereditari, si ritemprano; i tes – su ti si rinnova no, e i pove ri figli di alcoolizzati e di tubercolotici di\'en tano fort issim i e belli. Occorrono denari, dèna ri.... e non ne ,·cngono, benchè Levi Morenos si adopri in ogni modo per far conosce re il suo Asilo e procacciargli aiut o. Venezia, la città, non risponde; rispond e di più il popolo ; e t:oi suoi piccoli, cos i, Levi Morenos educa anche i gr and i. Gli Arsenal otti, con\'ocati da lui, commossi da lla sua parola cald.i e buona, hann o assun to il compito di mant ener e a spese loro sulla Scilla il figliuolo d' un compagno mor- to; un gruppo d'opcraie mantiene l'orfano d' una compagna; e si rifà cosi il cammino \'Crso quelle forme di solidarietà e e.I' orga11i1.z.1zionc che Ve– nezia conobbe nei suoi giorn i migliori, in cui ogni scuola provved eva colla pre vide nza e h1. cooperazione alla vecchiaia e a~li or fani. E questo , che noi ammir iamo, a\' rebbe com • musso anche il Ru skin, dinanzi alla cui cas a si culla la Scilla. StuJian do le Pietr e di Venezi a Ru skin non \'i legge va che decadenza e morte; ma, se avesse potuto veder <1uesta nave di fan• ciulli che porla tanta speranza. egli, che onorava al di sopra d'og ni bellelza la virt ù e la forza moral e, av rebbe scri tto in fine del suo libr o una parola di fede nell'a vvenire. RIFORMIAMO LA CASERMA Il fatto che i nostri soldati e uniciali combat– tenti quaggiù si most rano abbastanza serii e valorosi, non deve far pensare che l'ese rcito italiano sia un organ ismo perfetto. La presente guerra dimo stra appunto che l'o rganizzaz ione di mille cose nel nost ro eserc ito non è delle migliori. E i competent i, forse un giorno , in seg uito a ciò che avranno constatato o \'Cduto 'ora qui, sentirann o di dover consigliare mutam enti negli eserc izi di tiro, trasformazio ni nelle arti glierie, correzioni di servizi san itari e di s,:ssistenza ecc. Noi vo~liamo brevem ente acce nnar e a ciò che, combattendo , guidati dalla nostra propria espe– rienza persona le, abhiamo osse rvato di man che– vole nell' orga nizzazione , diremo cosi, morale del nostro ese rcito. La quale, considera ta assolutamente, è buona, certo . Nelle nostre caserme non sono in onore le battiture come anco ra, mi par e, nelle ca~er– me inglesi ; non si hanno ese mpi nè di feroce durezza nè di severità terribile come nelle ca– serme tede sche. Ma si pensi che i soldati in– glesi sono dei volontari, per giunta pagati assai bene, dai quali appunto per tali ragioni si ha il diritto di esige re un di\•erso servizio che da soldati obbligati al servizio militar e per le\'a. Si pen si che l' italiano è ben altro spirito che il tedesco: direi anzi che l'italiano, anche se umile, è più specialmente spir ito, mentre il tedesco, specie se umile, è pili specialmente cor po. Co• mun que, al soldato italiano sono negati i bene– fici che hanno molti altri soldati del mondo, ptr i quali benefici rappr ese ntano un compe nso delle molte asprezze a cui sono sottoposti. Parlo di quei benefici a cui non tengo io, a cui non ter reste voi, perchè preoc cupati io e voi da mille prob lemi, perchè, per la natura del nostro in– telletto, abbiamo be n altre aspira 1.ioni che ci pren• dono e tengono. Ma non 1>0ssono non tenerci la più gran parte degli uomin i, quelli specia l– mente vi\'en ti di la\'oro, che, tanto per inten– derci, chiamerò fisico, alla cui categoria appar– tengo no gl' impiegati inferior i, gli ope rai, i con – tadini ecc. Soldati pro, •enienti da <1ueste class i io li ho vedu ti soffrire meno d'esser puniti di prigione, che per I,, proibizion e di portar e una giubba elcgantu ccia e la crava tta di filo. Proi– bi~donidi tal sorta sono in onore nel nostro ese r– cito , ment re non esistono negli ese rciti inglese e tedesco, dove pare non si abbia maggio r cura che di lusi~gare la \'ani tà ùcl soldato. Sono miserie, senza dubbio, ma appunt o perch è tali gli ufliciali italian i potrebbero passa rci sopra, tanto più che se ne avrebbero buoni effetti. Non di questo per ò ,·ogliamo par lar noi, e nepp ure, ad ese mpio, di tutt o il n_mle che fa alla disciplina il dare al soldato del voi anzi che del lu o del lei. 11soldat o italiano ci tiene molto · a esser trattat o con rispetto anch e dal pro– prio superi ore, sia pur gene rale, ma sopratutto con fraterni tà. Quegli ufliciali italiani, che dolan – do i regola menti dànno alme no de l /11 a' Jlro– pri soldati, posso no essere sicuri di \'eders i da' propri solda ti se(tuiti fino in un bara tro. Noi - io e voi - pass iamo sopra anche a codesto, e il nostro do\'ere cerchiamo di farlo perchè sen tiamo di do\' erlo fare, senza aspettare lusingh e alla nostra \'anit,\ e agli altri mille di– fetti di cui siamo pieni. Ma è proprio miseria an– che questo desiderio, questo bisogno, diremo più esattamente, di esse re trattalo col lei o almen o col lu anzichè col voi, del soldat o italiano? E ad ogni modo, 1>erchè: non sodd isfarlo se, soddi – sfacen dolo, il soldato di\'e nta migliore ? E del resto, che cosa si fa nelle caser me J>erchè il no– stro soldato diventi meno vanit oso e pili serio, sia uomo? Eccoci all'a rgomento. Nelle caser me italiane si cerca di a\'ere de' soldati militarmen te istruiti, non degli uomini. E mille episodi della prese nte guerra dimostrano che, pcrchè i soldati italiani facciano bene, è necess:uio che sieno. che si sentano deg li uomini. Tra i success i ~cli' ese rcito combattent e qui, in Tripolitania , c1uello che 1>illha mera,·iglia to e stupit o perché il più inatteso , que llo che più im– porta e ha maggiormente valore, è la bella pro \'a di serie tà e <lisciplina nobilissime data dai nostri soldati . Le ragioni di tal successo sono \'arie e complesse! Non deri va, come ,·orrebbe qualcuno, dal fatto di avere contro il nemico; perchè, a dir vero, i nost ri solda ti non lo pigliano sul serio il nemico. Deriv.i da tanti fatti, di cui saremo sempr e in tempo a parl are, e qualcuno è stato di già accennat o in questo giornale. Ma deriva anche da un fatto, che voglia mo subito dire, per– chè un gio rno o l'altro l'entusi as mo di una \'it– toria non ce ne faccia dimenticar e. l)eri\'a, sa• pete da che? dall'azi one: s'i nle11de, in 9ua11/oa– ::ione si'g11if ra opera utile, f eco11dao - d1e è lo stesso - uedula /aie. Proprio cosi : i soldati italiani non tollera no di buon animo il dover andare a\'anti e indietro, a cui sono costretti , nelle caserme e nelle piazze d'armi al comando difia11co deslr, si11islr, ava11li, nu,rcl, I ecc. ecc. Essi sanno che, una volta im– parati quei moviment i, saper fare i quali è certo utile, è un perditempo insistere nell'e • sercizio di essi : ess i sanno che è inutile in– sisterci perchè l'allenamento e il tenerli in ese r– cizio cont inuo hann o valore fino a un certÒ punto, tanto è vero che bravi solda ti - bravi soldati nel senso più militaresco della parola - !-i mo• stran o egualmen te in questa guerra i richiama ti, che pur vi sono venu ti dopo un anno di ri1>0so. Il soldato italiano ragiona molto : per lavora r <li buon animo, per far con piacere ciò che gli \'iene impo sto di fare, bisogna che sia convinto della bontà di ciò che gli viene imposto di fare. Il soldato italiano non è stato finora mai que llo che si mostra a ques ta guerra, perchè ali' utilità di ciò che si fa in caser ma egli non ha mai ere• duto, mentre sente ora profondamente la utilila e la necess ità della sua ope ra. Quando si parti dal reggimento, uno de ' miei compagn i, che veniva \'Olontario alla gue rra, era tutto acceso di odio contro uno dei no– stri ufliciali , e diceva di venire alla guerra perchè alla gu~rra gli sa rebb e riescito di am– mazzarl o impun emente. Eravam o da pochi gior• ni qui, e c1uel soldato <-ra già.un altro. Ora egli fa bene come tutti gli altri , e non pensa pili di ammazza re il suo tenente. Ecco, dunque, ciò che realme nte di buono, la campagna tripolina insegna. Ammonisce che nelle case rme non si de ve lascia r luogo a c1uclle fatiche oziose , che non si farebbe un giuoco di parole a chiamare ozi faticosi. Si facciano magari la\'ora r di più i soldati , ma che sia un lavoro promett ente un utile reale, un ' opera subito feconda. Quegli esercizi, che sono i.ntesi ad avere dei soldati militarmen te comp iuti ncll' e,·en tua– lità di una guerra , fanno dei soldati italiani, se in ess i li indu giate più del nece ssario, tanti indi• sciplinati , tanti strafollenti , quali non si mostra• no alla guer ra, ma seg uitano semp re a essere nelle case rme. Bisvgna aver fatto l'u mile soldato per saper e com' è che in Italia non vi sono se non soldati antimilitaristi, mentre alla guerra, ora , di s9lda ti antimilita risti .non c' è neppur l'om bra, Io conosco qualc he unìcial e c1ui combatt ente che non riesce tal volta ad ottenere ser,vigi, che chie– de e chiede con insistenza: il meno per riuscire nell'int ento ci sarebbe: che qualche cosa della gue rra andasse male. E per ciò gli ufliciali dicono ai propri sold ati - lo dicono in tono scherzoso , ma lo dicono : e Ecco, in caser ma, dove c'è da rompere le scatole a noi, non fate che metter~, come si dice, il bastone fra le ruote per ogn i pi,) piccola inezia; qui, invece, do\'e a,•reste di– ritt o a tant e cose, nessuno di voi fa male, ognu• no di \'Oi conosce il rimedi o a ogni deficenza, basta più che a sè stesso, non ha bisogno di niente•· JI difetto è dun que nella caserma. Riformi a– mo la caser ma.

RkJQdWJsaXNoZXIy