L'Unità - anno I - n.12 - 2 marzo 1912

<1uindi e tenta di formarsi un suo n u O\'O orga ni– ·smo più con!ilono a st': medesim o. e attra\'er so il quale esso pi\1 chia ramen te rilut:a. E ques to spi rito democratico ha tro,·ato subito il suo contraddittore che lo mett e alla pro ,·a : lo sp irito nazionalistico. Si \'Cngono così a trovare di nuo,·o di fronte, nella loro schietta veslc nati\'a, la forza e la ragi one, il diritto conqu istato e quello da con• <1uistarf", il fatto e l'id~ :,, l'organizz::1zioneuma– na raggi unta e quella da raggiungere, la conser– ,·azione e la rinn o,,azione, la dife sa e la critica , J'ordin e e la rivoluiionc ecc. Attività entrnmb e, che hanno il loro valore ed esplica no la necessaria loro funzione nella vita sociale e ch e dividono e forse sem pre dh·ide– ranno gli uomini vi\'enti in una stessa comu• nilà. Quale ufffclo deve avere l'Unità? Ed ecco anche perché io credo sia sorto in buon punto, di fronte al proclamato réal ismo nazionalistico che pon e somma rea lt. .ì.la nazione materialmente forte tra e contro e sop ra le na• zioni forti, un tentath•o che, svegliando e spo. gliando dalle forme non sue lo spirito democra– tico, opponga la r,,gione alla realtà in quanto irrazionale, e in <1ues1a cerch i di penetrare per farla diven ire quale deve essP.re cont ro chi si sforza di farla rimanere quale è. Contro il na• zionalismo empirico e coùservatore, il naziom,. lismo idea listico e democratico. Quest'ultimo , in <1uanto nazionalismo, non rinnega la realtà della ,·ita nazionale e dei suoi problemi concreti; ma in quanto ideali stico, dovrebbe informare la so– luzione di questi problemi non alla realtà nazfo. nate ed internazionale, ma alla ragion d'essere <li quesla realtà : accetta re il fatto a\'venuto, ma c,on limitarsi entro i limiti di questo. Senza que sto prop osito di cercar di dominare , ,con l'idea, la realtà, senza farsi del tutto im·e• stire da questa, anzi contentandosi di non do– minarla quando essa cerca di travolgere e sna– turare l'idea, io non vedr ei una duratura e vera utilità nel nos tro tentati vo. E st questo realment e l' U11itd vuol fare, ha bisogn o di ave r sempre presente e di chiarirsi e chiarire il meglio possibile il suo presupposto, i postulati, diremo, delle sue idee e delle solu– zioni dei probl emi posti. Intorno a questi postu– lati che dovran tralucer chiari, se pur indiretti e lontani, in ogni concreta proposta, potrà P an– tico spirito de11a dem ocrazia forma rsi un orga– nismo nuovo , che sarà il nuovo rivestimento di un antico partito. PANTALEO CARA BELLESE . Politicanti e riforma tributaria. La dirt•ione della Riforma socia le ha voluto dtl tnHinare per 9uali redditi situo iscrilli nei Ruoli della i111posladi riuJ,e •ra mohilt i nostr i se11alori t deputali . Ed lta /rovaio du 9uasi fui/i si sono iserilli t pagano per cijrt assolulamenlt irri sorie. Volete sapere , o voi poveri Cristi, <li l'agtnlt dtllt imposte scortica stn:a la11li riguardi /)tr <hi -,,011 sitle dt/mlafi, volt /e sapere 911a11lo al/'011110 .dieAia,·a di guadac11a,·e l'un. avvorato Tancredi Calimbtrli 1 Appe11a J()O() lin I - E /'011. Al• ./Jtrlo lfftrlatti f 1.500 /i,·e I {!11tslo deputalo delle .('OOptralivt '1tllOrt di fame I - E il st11alort Tommaso Villa ? 5000 lire I - L 1 011. 11/arcora è .iscn'llo per sole 7()00 lir e. - L 'on. Coreano I iseri llo, insieme al suo sodo, per un ndd ilo di :sole /ire 3S-10. - L '0 11. Sa«lti non guadagll(n,a, ,n ·,110d 'essere ,ninislro , <Ae 4JOO lire al/ 'am,o .' - L 'on. Denli11i al/csla di g11adag11are sole 4000 lire , ed lta la fauia /osta di rico, ·,·ere <011/ro l' age11lt ddl e imposte, rltt vorrt/J/Jt tassarlo per 7000 lfrt. - L '011. r:iacomo Ferri, <ht ka gua– dag 11alo co11le s11tsj)trnlazioni di ricdu:::a 1110- 6ilt la11l0da comprar si ltrn : e tenere 011/omohile, ~ra iscrillo 11tl 1910 per 1111 nddilo di 2.500 lire, .e sol, ,ul 1911 si è de.1r11alo di sa/in a 5000 li,·"· lVi:ta il sodalismo I - I... '011. A11/011io Vicini è .isrn"llo /)tY 1111 reddito di sole lire 1.500 .' Evviz,a .il parli/o radi<alc.' - l.'011. Tt1rJrio11i,9ue/ dd ,;ro usso /las logi, I iS<rillo per 1m ndlf ilo di ,6./1 lire. - /Jaaelli C:11ido dirhiam di .f!'tmda– ;g uan sok .1160 /in- al/'a11110. Ali, farcia di pie– ,/ra piper11i11a .1 - L'u n. Pa11si11i11011cuadag- 11a, suo11do lui, rhc .1.500 nll 'a,mo. Si ude rhe il ,JJri.iusso Ci/addio lo fe<e per ... amore dd/"arlt.' ,~· lo sjxJ1tlio potrehl>c <ontùmare Jh·,· 1111 pe:::,o. /.:.' da esso ,-isu/la rlt,· 911asi l11lli i nostri depu• /ali e sena/ ori 11011 />O.l[OIIO la lassa di ricchc:::a 1110/Jile, <!tedovrrb/Jero /)f1,1:a,·e. l:."d e<<O spic:,1;nlo, .ah11r110i11parie, f>t•r<hi i nostri polilim11li 11011 .voglio no st11li,· parlan · di rifonua lrih11lt1ria. Il sistema all ua/t' è <osi romodo, prr loro , <hc sa• rtbl>erodei J:'ra11miurhi o11i, sr si prulasscro a .1n11ta,·lo .' I <omilali cldlorali, du i11!t:11do110 <ombalh:rt ndl c /11/11rt ek:io11i ![li atluali deputali, fan·6 - 6ero h,·11c ad eslran ·e dalltt Riforma sociale le dfrc , du: i11lcrtssa110 il loro... 11011,0,t lc11e,l e ;,, serbo per shnllt·rlt: sul muso al mt·desimo 11ti J!Ì0111i dd lr deci o11i. L'UNITÀ La forca a Tripoli. La notizia pubb licata alcun e settiman e or sono, che la forca era sta ta abb :itluta a Trip oli, a\•e• va tr ,1tto un respiro da l petto a11amagg ior parte degl' ita liani e non soltant o agli spr~giati uma• nita1 I, ma .1nche a molti fautori in buona fede e disi nteressa li dell' impresa tripolina. Poich è il senti mento degl' italiani V<'rso la guerr a non è la famosa un.111imit:ì su cui s' illu• dono i nazionalis li. Bisoi;nu viver lontano dai grand i cen tr i, com' è accadu to a mc in qurst i mesi, per comprende re che v'è tutta una gam • ma, tra gli estremi della gioia e clel dolore, tra il clam ore e il silenzio, e \'i pred ornin~mo l' in• quie tudine e la tristezza. Sa rebbe troppo pove ra di riflessione e di convinzioni, d' aspi razioni e d'i dea li l'anima e la coscienza ilaliana , se fosse scomparsa, da\·anti ad un' impre1m imprep arata e improvv isa, la complessità di sentimen ti che ci ,,gitano di fronte ad ;1hri problemi che i nuovi avvenimenti hanno aggravati. Di comune v• è soltant o la discipl,11a; mentre l'onore della pa– tria, e qualcoc;:i piU che l'onore (trattando:;i di gra udi polm:st l' onore, •la dig nità sono cose di molto dubbia definizione, come da recenti esem• pi) sono imptg nati ormai senza possibili tà di penti menlo o di sosta .... Come si sa, le prime impiccagio ni <liamb i per la rivolta dtl 23 ottobre avvennero il 6 dicem– bre. Nclt' intervallo si era cominciat o a tastare l'o pinione pubblica : i corrispondenti ci iltumi· navano sulle superstizioni dei nostri futuri sud– diti, i quali non domandavano di meglio che venir fucilati, men tre aveva no uu sac ro orro re del capu tro. E coloro che si ri\•ela, ·ano cosi acu li demo-psicologi erano quelli che, prima della guerra, colla loro fiducia nelle amichevoli accoglienze degli arab i, avevano reso possibile l' errore di una bonaria, troppo estesa e spa r– pagli ata occupazione ! E solo qualche giornale descrisse l'impicca • gione dei primi q arabi, con sobrietà e tristezza . Non mancarono però le fotografie sui gra ndi illustrati nostri e dcli" estero , che provoca rono la lettera di Pier re Loti al Figaro. contro il capest ro, caus.1ta dalle loro fupcr sti• zioni. (La religione degli altri è supers tizione, e noi simno per fortu na comple l:un cntt! esenti da supers tizioni !) Cosi gli eruditi lmnno pensa to do• vers i pun ire gli arabi secondo la loro religione, come quei leroci che nel medio e,·o facc,·ano ai lor nemi ci rinnegare Dio, prima di ucciderli, pcrchè negli ultimi momenti pregusta sse ro la dan nazione eterna. La Prr/mraci oue :wcvn anche scritto altre pa• role sensa te, qua ndo i giornal isti bellicosi illu• devan o l'Italia , scrivendo che il nostro tse rcito aveva di contr o soltanto poc:hc orde disorganiz– zate e intente a far mostra di guerreggiar<', ma pronte a scappar e. La Pr, panu :iont concludev a che i tu rchi e sopra tutto gli arabi non me• rit ano que l disp rezzo di cui li coprono i nostri giornalisti e dietr o la lor paro la (cosi amo ere• der e, r.on già su qu ella dei loro ufficiali), i sol• dati nelle loro spesso ingenue: e alqua nto vana• gloriose, talvolta int eressant i lettere. • Se l'Europa credt:sse a quanto essi dicono , che cioè abbiamo dinanzi soltanto poche migliaia di stracci oni demora lizzati, senza viveri, sen• z'armi n~ cartucce , che figura farebbero i nostri centomila uomini ? Per fortuna i giornali tur chi, esAgerand o ma• gari da parte loro, dicono che di fronte a noi stanno benissimo arm,-te tutt e le popo lazioni della Tripo litania e della Cirenaica; cosi i nostri centomila uomini si trovano a posto. Sotto ques to rapporto l'Italia può essere grat a ai giornalisti tur chi. La verità nel suo compl esso, è quest a : Ab· biamo in Africa centomila uomini che da oltre due mesi soste ncon o quasi ogni ~iorno qua lche comb attim ento e riescono vitto riosa sempre, per· chè respingono sempr e il nemico iafliggendogli pudite molto maggio ri delle nostr,-; come è n:i.• tural e e come deve aspettarsi chiunqu e atta cchi posizioni fortificate specie se viene respinto . Con tutt o ciò questo nemico è cosl duro che non ha perdu to ancora la speranza di rompere le nostre linee e ritenta ogni giorno la pro• va•· Per il nostro soldatino I' arabo non è un ne• mica impon~nte. La sua tenut a non è elegante. Si rintana dietro le dune o si appo1laia sulle palme; corre molt~, fa molt i gesti inutili, salta come una sci mmia: anche nel morire è ridicolo. E questo è doppiame nte tragico . 47 Fra il turco che lo caccia innanzi, tenendo in os taggio i suoi figli e le sue donne, e il nostro cannone che lo attende ailc ridotte per farlo a pezzi, l' arabo è un tragico cnig 111a che <leve far estinguer e la celia sulle labbra anche a chi. ha il compito di sciog liere in fumo le sue ossa sec– che e il suo barr ac.ino ! E' il turco il nemico coscien te: l' arabo non è che la sua arma. E' un proiettile che il tur co mancl;1a es1>lotlerc lontano da ~è in nome del loro Dio. l\fa se la parola patria non è una odios a ma• schera, I' arabo 1 che solo fra tur chi e noi ·ha diritti sulla sua terra, è una vittima senza com– pens o. T11li morti, quando hanno die tro di sè una nazione di grand e avvenir e, sono martir i: quando sono ultimi figli di padri decaduti, sono oscu ri ribelli. Questa ~ la verità , poiché si vuole che ci dispog liamo dei sentim enta lismi ! Ma pochi giorni fa leggevo un aneddoto si– gnificativo . Narrava de l matrimonio, a Benga!!i, <li un giovane arabo che aveva salvato la vita c1. due nostri marinai naufragati, compen sato con la medag lia al valore .... E a Bengasi, raccon– ta\' a )o stesso giornale, gli arabi er?no già in grndo di essere istruiti a11earmi per difesa de lla nostra colonia. E a Bengas i non fu necessaria la forca.... Si tr atta forse soltanto d' una differenza tra Comando e Comando? Fra un anno o fra qualche meSt\ si concluderà la pace. Si celebrerà il valore dei turchi, perchC cosi vuole la diplomazia, I turc hi avranno la parte migliore come appa rtenenti ~ uno Sta to piU o men cost ituito e in misura deg li interessi italiani sul Bosforo .... Gli arabi sa ranno sudditi 1 sarann o italiani ; li chiamerann o frate lli coloro che ora li vituperano . E i parenti degli uccisi? Ah, gli orfani degli impiccati f Noi inseg neremo lo!'o a benedir e l'Italia. Essi ci guard era nno coi loro occhi im– peoetr ~bili. L'odio: ecco la prima pianta che abbiamo se• minato su quella terra! GtO\ "ANNI CENA . Si tratta va di dare un esemp io e ques to csem• pio fu dat o alt' Europa più che lg1i arabi: i quali mostrarono dava nti alla forca non diverso con• tegno da quel che avevano mostrato prima da– vanti ai fucili: aie-uni apparvero smarri ti, altri impenetrabili, altri asso lutame nte in:lifferen ti. Ciò ruu lta non soltan to dalla media delle contraddizio ni dei corrispo ndenti, ma anche dalle lett ere dei soldati. Difetto di fucile o difetto cl' istruzione ? Di 1>0i lo scopo che dapprima aveva consigliato il capes tro, cioè l' tstmpio, fu dim enticato. I giu• dici militar i dimen ticarono la provvisc-rietà di tale a.trace misura, per diventar bur ocratici, si • mili a quei terribili ministri della Giustizia-idea, per cui se si trovas~ero soli alla fine del mondo un giudice e un semplice uomo, il primo si sen • tirebbe in vita soltanto !)er SC'lpprimere il delitto nell' allro uomo. Infatti, oh tene rezza di cuore, la. forca vete• rana, che aveva funzionato per <lue mesi, fu de• molita per non mantener quel lugubr e simbolo davanti agli occhi dei tripolitani: salvo a fab. bricarne poi una apposta, ad ogni condan na. Per !'t~mpio, non era meglio manten er per qualche tempo lo spe ttr o di quella che aveva già sen•itC', e non servirsene piU? I corrispondenti forcaiu oli sono soddi sfalli . Ma leggo queste righe sulla Pr,para•iont. Si parla di una recente senten za a Tr ipoli : « Non discuto la sent enza, ma espr imo il voto che se la forca de\·e rialzarsi per ques te od al• tre esecuzioni, i cor rispondenti non sd upino il colore della loro tavolozza ne lla descrizio ne del suo funzionament o, che fa una cauiva impres – sio ne in Europale non fa buona impr ess ione nep– pure in ltali.1. ' indom ani del 23 ottobre avre i anch e npplaudilo se, per la sicu rezza delle no• stre trup pe, si fosse latta di Tripoli tabula rasa, ma non comprendo come, dopo tre mesi, a in– su rrezione repres sa, si vad a ancora a rivm1gare nella confus ione di tale fatale giorna ta per trar• ne fuori qualche arabo da impicca re. Guardi amo i nemi ci che ci stanno di fronte, non quelli che ci strisc iano al piede, impotenti di nuocere. Faccio voti che il boia politi co-militare si;, po• sto a riposo sulle coste della Lihia, e sono certo di avere consenzienti in que sto desiderio uo• mini l·he per il bene detl' h alia darebbero fuoco al mondo. Il diritto di conquis ta si esplica combatt endo, vincendo e sfru ttando la \·ittoria, non si esplica con sen tenze di Tribunale eseguite per m<1no del boia. La forca in Italia fu esecrat a sempre, non venne usata neppur e èontr o i rapi bri ganti; l' abbi :uno abo lita an<'he r er gli assass ini; Cas– solut amente fuori luogo in mezzo :ii popo li che ,·ogliamo conc1uistare in corpo ed anima, ma non distru gger e, non schiacciare e neppure av\'i• lire •· La Pr,p"rns:iont è givrnale di soldati. Ben vengan,, le par ole dei soldati, che in questa im• presa si mostrar ono ammirabili ! Infatti la forca non è un'id ea di soldati italiani ! E' un'id ea di letter ati erudit i. Gli arabi hanno un'avv ersione Alcune informazioni ricevute da perso na pro• venien te dal campo turco di Aziziah , e dal capo dell a Mezzaluna ottomana , sulla nalura delle ferite prodo tte dal nostro fucile .1891, dànno materia al corrisponde nte dalla Tunisia del Cor• ritrt della S tra di scrivere due ar ticoli per con• sigliare l'adozio ne di un nuovo fucile meno uma• nitario per l'eserci to combattente in Africa. È vero che il nostr o fucile 1891, al pari di tutt i i fucili delle altre grandi nazi,mi, è un'arma 1Jmanitaria, e <·he la sua pallottola essendo rive– stita di metallo, trav ersa le carn i e talvolta an• d1e le ossa senza infrangerle i ma non credano l' autore dei due articoli ed i suoi informatori, const atand o ciò, di avere scoper to l'America. La cosa era notissima fin dagli espe ri menti fatti qu ando il fucile (u inve ntato; eJ .:ippunto in con– seguenza di tale sua propr ietà, unita alla ra– denza, precisione e celerità di tiro, esso fu adottato per l' eserci to, des iderandosi oggi da tutt e le nazion i civili che una guerra (ammesso ques ta non possa evitarsi) risulti il meno poi· sibile micidiale. La prop osta di cambial'e fucile non solo non è umana, ma neanche logica, salvo che non ,·c– gl!amo dimenticar e a pochi giorni di distanza Ja nostr a protesta contro i tur co-arabi che defor• mavano la pallottola <lei Mauser per renderla più micidialt- 1 e <'he non vogliamo ora raggiun– gere lo stesso loro scopo sia pur con sistemi diOerenti. La sproporzione fra i feriti d~I cannone e 'luelli dal fucile ha ben altre ragioni che quelle add otte nei due articoli suaccennati. Se gli Arabi avanz ano imper terri ti sotto il nos!ro fuoco di fucileria ! e giungono ad ogni scon tro fino a pochi passi dalle trin cee e dai canno ni, non è perchè cs~i sapp iano per pto\'a che le feri te del nostro fucile sono quas i tutte guar ibili in pochi giorni; non pcr chè il fanali• smo religioso, iJ disprez zo della vita, il corag• gio de lla dii perazi one li spinga avanti; ma per · chè superato il raggi o d'azione dei cannoni, essi san no di esse re quasi invu lnerabili, in grazia <lei cattivo tiro della maggior partt dei nost ri fucilieri . Pro\·c di ciò? Fra i tanti episodi narrati iu questi giorni dai giorni.li , ne sce lgo uno a caso: q uello del tene nte P~sci, che con tre soli gra • natieri riesci a mettere in fuga una cinqua ntina di Arabi, e ciò solo perchè quei tre uomini eh' egli avt\ ,a scelto erano t>en addestra ti ncl tiro. In questa occasio ne gli Ambi non ave,·ano qu el fanat ismo religioso , quel disprezzo ccc. ccc. che loro si attr ibuisce ora? Ed il nostro fucile, che fece prodigi allora, è diventat o un caten ac– cio tutt o ad un tratto? Un altr o ese mpio ? Eccolo. L' on. De Feli ct> 1 a proposito delta rkognizione di Sir Tobras , scrive al ftf~ssagg,ro in data :u e 24 dicembre che i nostri, ultima te le munizioni, furono co– stretti a sparar e le cartucce tolte dai nastri delle mitr agliat rici, e che in questo momento supre• mo per la piccola colonna , a,•ente di fron te ed ai lati un nemico doppio di numero , l' incom• bcnza di sparare fu data ai soli h'ralori sct//i, i quali mirando abilmente costrinsero il nemico a ret rocedere. Ora si consideri che la nostra colonna era di 1500 uomini, che ciascun soldato aveva come mun izionameh to individua le di gue rra 16:3 car• tucce, e <'he quindi di questt ne furon o sparate, senza contare queHe delle mitragliatrici 1 ben 243,000, riu scendo a porre fuori comba ttim ento 500 nemici. Fncciamo la somm a dei mess i fuori combattirncnto dai tirat ori scelti e dai cannoni, che, a detta dei corrisp ondenti di gue rr a, cau– sarono le maggiori perdi te alle file nemich e; tale somma togliamola da1la cifra sunccen nata di 500; ed avut:,n e la differenza, doma ndiam oci, se la mat ematica non è un' opinione, dove sono and ate a finire le 243,000 pallottole delle 243,000 cartuc ce. Nè mi si obiclti che il Pitagora si può fare a tavolinu 1 e non sul campo di battag lia. lo non esigo un:t rigor osa proporzione matema tica fra il numero dei colpi sparati , ed i nemici posti fuori comb,mime nto ; ma osservo che un cen• l inaio, torse che sl forse che no, di morti o fe– riti, in co11fronto di un quart o di milione di colpi S?arati, è prova più che convincente che i no• stri fucilieri non sono add~slrali nel tiro come dovr ebbero esse re. Osservo che le teor ie della vecchia scuola: " su l campo di battaglia non si mira , e quindi il saper tirare è inutile ", • la somma deg li r.rrori dà la giustezza del tiro ", "ba , ta ricoprir e di proiettili una <lata zona di terreno •, ave\'ano fòrse una ragione di esse re quando grandi mas se di fanteria ope ravano con• tro altre grnndi masse di f2ntt:ria. Oggi invece si avanza e si combatte in ordi111sparso. E r ii Arabi, che noi abbiamo di front~, pratici come sono del terreo", fanno loro pr ò cli ogni acci– de ntaht.ì cli que sto; carpon i o buttandosi a terra, e stri scian do come serpi passano velocemente: da duna a duna, mettono fuori il capo solta nto il temp o nece ssa rio per spa rare un colpo, e si nasco:1dono cli nuc,vo per ricomparire in un al– tro luogo, offrendo cosi ai nostri fucilieri un ber- - saglio non solo piccolissimo m.-. anche mol>ilis• simo.

RkJQdWJsaXNoZXIy