Terza Generazione - anno I - n. 3 - dicembre 1953

passato e al loro futuro. Alla presente loro realtà di tradizioni, di storie, di atte– sa, al futuro necessario di sviluppo e di espansione di vita. Mettere i paesi di fron– ·,e a sè significa mettersi in condizione di trovare il proprio posto, costruendoselo; significa trovare una correlazione fra il proprio domani e lo sviluppo dell'Italia: l'unica correlazione possibile che non sia reazionaria. Vale a dire che l'atteggiamento è quel– lo di affrontare la realtà come un docu– mento storico, per trarne dei giudizi che muovano all'azione. Con te cognizioni raggiunte nello studio ci si deve inserire per potenziare i rappor– ti umani esistenti in un paese, al loro livel– lo att~ale, servendosi di essi per creare col– legamenti sempre più stretti ai fini di una comune azione per lo sviluppo. Sorge così la possibilità di impiegare lo studio nell'indagine a servizio di coloro che vivono in ttna data realtà. Così si crea un collegamento fra le varie discipline, che, inesistente all'università, diventa operante di fronte ai bisogni del paese, e un colle– gamento più importante fra cultura e realtà. Ma una ultima osservazione va fatta: non si tratta di rendere strumentale una cultura esistente al servizio della realtà. Il problema è più grosso: si tratta di solle– citare nuova conoscenza. Pensiamo cioè che rendere cosciente una realtà umana esclusa, partendo da un at– teggiamento volto alla comprensione, si– gnifichi ricondurre tale realtà nella storia, nell'ambito cioè dello sforzo e della lotta per la conquista del destino e dei fini del– l'uomo, arricchendo la cultura. Si aprono così molte possibilità di lavo– ro: ne indichiamo alcune per esemplifica,, re, ma ce ne sono molte altre che ve"an– no suggerite, una volta postisi in questo 11tteggiamento, dall'ambiente s,. dalle realtà dei paesi, Innanzitutto si debbono potenziare in ogni modo i rapporti umani esistenti fra gli universitari che provengono dalla medesima -zona: il problema degli studenti di provin– cia è aperto e non sono sufficienti i gruppi universitari, le associazioni, gli organismi rappresentativi a risolverlo. Biblioteca Gino Bianco Per risolverlo bisogna of]rire la possi– bilità a questi studenti di inserirsi con uno scopo vero nella vita universitaria, propor– zionato e adeg11ato a quello che di più reale essi sono: non si può da essi preten– dere di esser parte attiva alle sofisticate raf– finatezze del dibattito tra i gruppi. Questi studenti possono qualificarsi per la loro ricchezza più specifica per svilup– pare la quale essi vengono all'università: quella di esser figli ed elemento essenziale allo sviluppo della vita dei paesi. Di tanto sarà più concreto il loro apporto di quan– to si darà loro modo di prender coscienza della loro importanza per quello che sono oggi e dovranno essere domani nei loro paesi. Bisogna riuscire cioè a far sì che gli an– ni universitari non siano più l'inizio di una abdicazione. E' nei paesi e in riferi– mento ai paesi che ad essi bisogna chiede– re un contributo efjettivo. Il primo passo per fare questo, non può non essere che quello di incontrarsi, costrui– re dei « centri di relazione> nei luoghi di incontro: farsi amici, scambiare le proprie ansie ed esperienze, discutere delle condi– zioni dei propri luoghi, (e non solo di sport, di cinema e di ragazze) in atteggia– mento positivo, trovando una espressione attiva e non negativa all'amore che si nu– tre verso il p1·oprio luogo di origine. Si possono sviluppare certi studi per de– scrivere storicamente il livello raggiunto da un certo paese o zona, il perchè del suo eventuale arresto, i valori che si sono con– ser,vati nella struttura tradizionale. Si pos– sono catalogare le possibilità economiche di sviluppo di un paese e di una zona. Si può cerca1·e di esprimere il modo di pen– sare della gente, spiegandone le ragioni psicologiche e storiche. Si possono organizzare spedizioni per compiere rilievi, indagini, per condurre i lavori preparatori a una inchiesta. Si può portare a termine l'inchiesta, su gruppi di paesi aventi le stesse caratteristiche. Ma bi– sogna tener presente che questo lavoro ha valore se ci si può inserire con elementi di sviluppo nella situazione. Si può disegnare una carta d'Italia, un catasto «umano» delle possibilità di svilup- po, che non sono cose di breve momento, perchè si debbono, in uno, anche costrui– re gli strumenti teorici e pratici di rileva– zione. Noi non abbiamo nulla a nostra di– sposizione, che somigli a una « geografia» d 1 ltalia, in cui non siano cancellati gli aspetti più importanti, dei valori umani e delle tensioni della convivenza, volte allo sviluppo. Fare il « catasto umano » della nostra Italia significa entrare finalmente nel con– creto della vocazione nazionale italiana: si– gnifica altresì determinare alla nostra azio– ne un « domani d'Italia» concreto che può risvegliare grandi energie e of]rire scono– sciuti campi di lavoro alle nostre vocazio– ni. Anche qui vogliamo capovolgere il co– mune modo di pensare e di immaginare lo sviluppo e l'espansione tesa all'esterno: vo– gliamo creare un « far west » interno, non illusorio., al pionierismo giovanile. Si può infine prendere l'iniziativa di or– ganizzare incontri con corsi, o lezioni, per operai e contadini. L'utilità è duplice: si portano delle cognizioni a livello culturale accessibile agli elementi più attenti fra gli operai e i contadini e si riceve in cambio una necessarietà di concretezza e di ade– guatezza che oggi è sconosciuta agli uomi– ni di cultura. Dovrà essere il pubblico di questi « scam– bi » a porre i temi e le richieste: le risposte debbono essere frutto di studio accurato. Anche qui occorre rovesciare l'atteggia– mento « illuministico » della scuola e del– l'educazione, e sostituirlo con un atteggia,, mento di scoperta delle comuni aspirazio– ni di sviluppo e di maturazione. Vicino a questo materiale nuovo, entre- 1·ebbe nelle università come una ventata di aria fresca, tutta una nttova serie di giu– dizi storici, e quindi di P,rospettive di azio– ne e di iniziative, tali da essere sufficienti, anche se non definitive, a rispondere ai « perchè » dello studio e della condizione di esonet·o. Non si disgiunge questa ricerca - e pos– siamo dirlo di fronte al dilettantismo im– perante -, questa riscopertura dello studio, dalle esigenze di moralità, di rischio e di impiego adeguato che i giovani studenti sentono. 1-Wa sarebbe un errore cerca1·e og– gi questo entro l'università: la strada da percorrere è tutta fuori dell'università. BARTOLO C1ccARDI1'I 35

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