Studi Sociali - XII - n.15 serie II - 15 febbraio 1941

2 dette democratiche il travaglio di questa cns1 é allo scoperto. L'oscillazione tra le due soluzioni, il dilemma implacabile: fa– scismo o liberta completa, non solo politica, ma sociale, ha portato la. Francia e gran parte d'Europa alla resa. Dalla soluzione di questo conflitto in Inghilterra •e nei paesi neutrali cosi come da un eventu•ale rivol– gimento nei ·paesi totalitari, dipende, piu che dalle armi, il risultato della guerra e la sorte del mondo. Le necessita della guerra e le inconfes– sate e a volte incoscenti inclinazioni della classe dirigente verso l'assolutismo fascista che assicura la conservazione delle gerar- chie nei rapporti sociali, hanno provocato numerose infiltrazioni dei sistemi dell'"or– dine nuovo" nei paesi democratici bellige– ranti e non belligeranti. ·Sono fenomeni di statalismo, nazionalizzazioni, che sarebbe pericolosissimo confondere con il sociali– smo, restrizioni d'ogni specie alle liberta elementari, burocratizzazione progressiva di certi aspetti della vita. D'altro lato il po– polo, malgrado le deviazioni nazionalisti– che, cosi cli,fficilmente evitabili, va acqui– stando coscienza del valore intrinseco della liberta e del pericolo che rappresenta per tutti, ma specialmente per i lavoratori, il fenomeno fascista. 'ID lottare contro il ;fa– scismo significa (per quanto non tutti ne abbiano chiara nozione) lottare contro i padroni, nel campo economico e nel campo politico, significa lottare per il socialismo e per la liberta. Anche durante la guerra dei '14 - '18 si fece spreco di parole d'or– dine rivoluzionarie. M<a quelle che allora erano semplici frasi fatte per trascinare le masse al macello, ora sono necessità in•e– ludibili, condizioni ~ili(' quu non per vin– cere la guerra contro il fascismo. Per que– sto la vittoria non si pu6 avere nelle con– dizioni attuali o, se si avesse, sare-bbe pura a arenza. Si sarebbe )Otuta avere prima se la febbre spagnola avesse contagiato l'Europa, si potra avere domani se il ne– mico sara debellato all'interno .dei paesi democratici o se la vitalita intima dei po– poli sottomessi alla dittatura totalitaria riprendesse il sopravvento. In ogni modo, obiettivamente, bgni sconfitta del nazi - fa– scismo sui campi di battaglia rappresenta una vittoria della liberta, come ogni au– mento di repressione interna nei paesi "de– mocratici" rappresenta una vittoria del fa– scismo. Cosi com'é, la democrazia pretende invano di rappresentare la liberti in que– sto conflhto decisivo; rappresenta, si, una possibilita di liberti, possibilita che é tutta Ja speranza del mondo e che é nostro do– vere sfruttare. Per questo é grande l'errore di chi, an– che nei partiti avanzati, ha paura dei mo– vimenti popolari e non vorrebbe che si par– lasse di rivoluzione socialista fino alla fine della guerra. Temono di spaventare la bor– ghesia e di metterla al bivio. Allo spavento della borghesia di fronte al bivio attribui– scono la disfatta della Francia (e la re– sponsa<bilita sarebbe del!e timide 40 ore cli Blum) e -prima- quella della Spagna (e la colpa sarebbe, naturalmente, delle col– lettivizzazioni e della C.N.T.). E non com– prendono che bisogna affrontare quello spavento e quel bivio, e che la vittoria con– siste nel profittare dello spavento e nell'ol– trepassare il bivio, prendendo una delle due strade. L'esito del fascismo si deve appunto all'aver saputo adoperare il timore delle classi privilegiate come strumento e al non avere ammeaso mezzi termini fra l'assolu– tismo e la liberta. Questa paura delle solu– zioni chiare, questo fare e non dire, questo dire e non fare han perduto la S,pagna e 1a Francia. La riforma agraria della re– pubblica spagno 1 a ha spaventato il capi– talismo e non era che carta ed inchiostro; ie collettivizzazioni avrebbero entusiasmato il mondo operaio, ma il gran silenzio le ha coperte, e la burocrazia governativa le S'flJJH SOCULI ha indebolite prima che Franco le soffo– casse. Un problema nng·oscioso e,1 una irrande spernnza Alla luce di q:ieste considera·zioni biso– gna studiare la situazione attuale e sopra– tutto il problema della guerra. Mai é stato forse cosi difficile per ciascu– no di noi prendC're una posizione, perché non basta evidentemente avere dei principi ed una meta per essere matematicamente sicuri di quel che bisogna fare, in ogni oc– casione. Apparentemente ci sono due attitudini possibili. La prima: noi siamo contro tutte le guerre; nessun b2ne pu6 venirne al po– polo; dobbiamo lottare contro la guerra, contro gli armamenti, contro il militari– i:'mo in tutti i paesi; non dobbiamo lasciar– ci trascinare dalla demagogia; non dobbia– mo cadere nell'errore in cui alcuni caddero nel 1914. La seconda: malgrarlo gli errori commPssi dal suo governo, l'Inghilterra sta difendendo la liberta del mondo. Tutti coloro che amano la liberta devono schie– rarsi dalla sua parte. Scartiamo la terza possi•bile attitudine che consisterebbe nel desiderare la sconfitta dell'Inghilterra, perché solo per paradosso potrebbe essere sostenuta da un libertario, in quanto implica una vittoria del fascismo. J! mondo che ci circonda é diviso in que– ste tre tendenze; non se ne vedono altre. E nessuna delle tre pu6 essere la nostra; non la prima, perché la lotta contro la guerra ed anche il movimento rivoluziona– rio tradizionale, concepito esclusivamente come "lotta contro il governo" non basta ad arrestare il fascismo che ha gia ingoia– ta l'Europa; anzi pu6 in certi momenti, se non si é piii. che cauti, facilitarne l'avan– zata. Non la seconda, perché la City ha date gia troppe prove di filofasci·smo, e indie– treg.gere-b-b ertamente daYan-ti alle cs-trc– me conseguenze di una vittoria. La classe dirigente inglese é ancora imperialista, mentr quella francese non lo era piii.. Ci6 si deve al fatto che le 'frade Unions met– tono meno paura di quanta non ne mettese (immeritatamente) la C. G. T'. La lotta é per ora tra il capitalismo privato e il ca– pitalismo di •Stato; ma quando entrasse veramente in scena il socialismo il primo abdicherebbe, come clapertutto, in favore del secondo. E se avessimo una vittoria del– l'Inghilterra cosi com'é attualmente, senza nessun fenomeno laterale modificatore (co– sa quasi inconcepibile, data l'impossibilita in cui si trovano le .nazioni totalitarie cli sopportare un.a sconfitta senza rivolgimenti interni) non avremmo che una dilatazione del processo di crisi capitalista e dell'evo– luzione del capitalismo verso ,.il totalitari– smo fascista. Sarebbe in ogni modo del tempo guadagnato sull'avversario, e non fosse che per questo, la vittoria inglese sa– rebbe desiderabile. 'Ma perché il fascismo sia sconfitto a fondo é necessario che i suoi veri nemici non si leghino a un sistema caduco, che non da affidamento cli resiste– rn nel momento rlecisivo. Ripetiamo. e•.~ un cadavere: la plutocra– zia. E un mo$tro: il totalitarismo statale. Pero c'é anche una creatura viva, che ha ancora troppo scarsa coscienza della sua forza, ma cbe rappre3enta l'eterna riserva di vita dell'umanita: é il popolo; l'altro ieri il popolo di Madrid ,che resisteva alle forze della morte quando la resistenza era follia ed il governo era in fuga; ieri il po– polo di Varsavia. che resisteva quando la resistenza era vana ed il governo correva sulla via di Bacarest; oggi il popolo inglese impassibile sotto il bombardamento; doma– ni forse i popoli della Francia, dell'Italia e della Germania sollevati contro i domlna– tori di oggi ed obbligati come gia quello spagnolo a guardarsi le spalle da tutti gli altri governi ... E il popolo non pu6 uccidere il mostro, finché trascina sulle spalle il cadavere. Noi abbiamo in questa guerra un compito nostro e lo tradiremmo se identificassimo la nostra causa con quella d'un qualsiasi governo: dobbiamo lavorare a portare il conflitto sul suo vero terreno. La lotta non <i fra nazioni, ma fra si~temi; non é verti– cale, come le frontiere, ma orizzontale co– me le differenze gerarchiche che oggli ci soffocano tanto nel campo economico come nel politico. Dob'biamo lavorare -certo- a sconfig– gere il fascismo; ma non dobbiamo lasciare ehe si confonda il fascismo con una nazione e l'antifascismo con un'altra. Desiderare la vittoria della Grecia in questo momento non vuol dire desiderare che si affermi il regime dopo tutto semifascista instaurato da Metaxas, ma de$iderare una rivoluzione in I'talia (che certamente né i dirigenti gre– ci, né il governo inglese desiderano). La nostra lotta é rivoluzionaria e non nazionalista; é diretta non contro determi– nati paesi, ma contro il sistema che il go– verno cli quei paesi rappresenta e contro tutti coloro che, direttamente o indiretta– mente, in ogni parte del mondo, sono a fa– vore di quel sistema; ha per scopo, non. la conservazione della democrazia attuale, m.a la costruzione d'un socialismo antista– tale, che solo pu6 salvare la liberta, come solo il fascismo pu6 salvare il privilegio e lo Stato. Unicamente su questo terreno la gran battaglia contro il fasci<smo pu6 essere vin– ta. L'avv•ersione e la paura dei popoli verso la Germania di Hitler e l'Italia di Musso– lint avversione e paura che danno alla guerra attuale una base popolare, hanno un caratt-ere esclusivamente negativo; sono, nel migliore dei casi, antifascismo. Dare a questo antifascismo, che esiste so– lo in funzione del fascismo e non é cbe op– posizione, il fecondo co•ntenuto che porti .;.!Ja creazione del mondo nuo o. ecco il 110- stro compito. Lucia Ferrari AI 1 COMPAGNl . Ormai la reclaàone di'· Studi Sociali" non si scusa pùr. Avviene ci6 che deve fatalmente av, venire IJUanclola continuita cl'itn lavoro é ,,ffi– dalit rtd nna sola persona, cli buone intenzivni l110 di fo1·ze deboli e scarse _ t partire clall'aao– .,lo ]!)39 la compilatrice cli "Sliidi Sociali" si 1·ide cost,·etta per lnnohi mesi all'ozio pi{i u.,– soluto dri nna cl-iffirile maternità. Qnando, verso la m,t<i rlell'amio 1corso, le fu vossibile ripren– dere la 1•ita normale, le condiz·ioni ciel mondo 1•rn110 cosi rambiat,, che si csi/6 a l•,ngo .ml da farsi. la lirnl 11rarlella rivista .rnperava rl·i poco le mille copie prima della guerrn. Ora tutta "Europa é chiusa. Qualche compagno consiylia– "o cli rinunciare. 801·se anche l'idea cli sostit 11fre l(, ri1>i,ta ron ww serie d'o7rnscoli. E q11e.il 'u l– limn sol'llzione stavrt per essere messa in pra!ica, quando la svarizionc -speriamo vrovvisoria-– del "Risveglio" cli Gi11evra, ili cui ha culmi– nato la progressiva 1limim1zione della nostra stampa, fece JJensare alla necessita cli non i11- u1-rompere o di 1·ii11iz·iare il lavoro 11ost-ro11ei 1>aesirlte ancora .~ipossono chiamare liberi. Per questo, invece del progettato opuscolo .torn(I a,l ascirc "Studi Sociali". l comvagni diranno se ta decisione sin O'f'portuna. Lo diranno con lr 1Hll'ole ecl. anche coi fatti, giacché, se "Stucli Sociali" deve continuore. bisogna pensare a d>f– fonclerlo cli piii nei pochi paesi in cui non yli ,; vietato l'i1111resso.Se lei tirahll'a dovesse con– timwre a limitarsi al nwne1·0 cli copie che s'in– oiavano prima cli quesl<Llunga interruzione ne– gli Stati Uniti e in qualche altro paese che s'é wlvalo dal tallone cli ferro fascista, l'iitilit,i del– la 1-ivista sarel,be ,·osi ristr,tta cla non co1W1JP.1t– sare lo sforzo finanziario che fanno i comp;,rtni vei· sostenerla. In questo momento (l'ttniversale terremoto tutto f, provvis11rio ed incerto. Jlla bisogna lavo– rare come se la continuazione clell'opera nostra ;osse assir11rata, sotto pena cl'essere condannati

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