Studi Sociali - VI - n. 1 serie II - 20 novembre 1935

dia reale e duratura, - duratura almeno fino a principale scopo comune raggiunto: H rovesciamento del potere capitalista e statale. .d.ppunti schematici in 1m foglio a parte: Possibilita d'una cooperazione fattiva nel campo dell'azione. Esempio: il mutuo aiuto attuale fra ri– voluzionari in Italia. • Certo, la voglia di conquistare il potere é il maggiore ostacolo ad una reale <:on– cordia rivoluzionaria. Il fatto nuovo della "volonta di potenza" dei comunisti é un ostacolo di piu. L'alternativa, che essi pon– gono, o rinunciare alla rivoluzione e rasse– gnarsi alla tirannide borghese o accettare la tirannide loro, é ci6 che piu ostacola la rivoluzione. Ma bisogna girare la diffi– .colta: ridestare la passione di li berta negli stessi comunisti (almeno nei seguaci ope– rai, non capi) o isolarli e fare la rivolu– zione senza di loro e magari contro di loro e contro i loro simili. STUDI SOCL\.LI realtà già conquistata. Questo ,dicev,:,, ,Luigi iFabbri, per ri3.vvivare intorno a sé la fede, ,per dare a se stesso la forza ,d'·esser sereno, di fronte alla valanga ,di ,disastri che s'é trascinata dietro la guerra. Ed é di questo che voglio parlare oggi, <li questa realizzazione lenta e oostant•e d'un i-deale, nell'in– te:rno d'un'anima e nella sua sfera d'irradiazione. B3.recchio tempo fa, in un artico.lo di "Pensiero e Volontà'' tra,dotto nel Supplemento della "Prote– sta" di Buenos Aires (p. 236), Luigi Fabbri scriveva un lungo articolo per richiamare i combattenti delh nostra causa al ,dovere delle realizzazioni indivi– duali. Diceva fra l'altro che una <!elle. colpe dei Tivo– luzionari della post-guert\3 . .é stato il trascurare per le conquiste future, le conqui15te immediat~ in sé e attorno a sé. "I risultati momentanei soddisfacevano i più; ci ,si curava molto de.Ile costruzioni generali politicihe ed economiche, statali ed estrastatali, di 01Tattere ,collettivo, e nessuno nega che fossero utili ed anche in-dispensabili ... '~Però gli individui che compongono le collettivitft, in quest'opera credevano esaurito il .loro c:ompito e per conto proprio non sentivano d'avere un do– vere J)'arsonale da com-piere, qualche cos,1. da co– struire e realizzare in ,sé e attorno a sé, •dipendente solo dal 'Proprio sfoTzo individuale e ,dalla propria i:1iziativa. Sopratutto, coloro che aveV11no abbrac– ciato un ideale <li libertà e d'uguaglianza, trascu– ravano la propria famiglia come se questr.l. fos-se completamente estranea alle loro preoccupazioni ,d'indole sociale e politica". Questo sforzo umile ed ignm·ato 'Per incarnare il proprio ideale nella piccola, intima res..lta della rvita quotidiana egli lo compi costantemente e in modo cosf naturale da far ,sembrare ai ,suoi pill vicini ch',egli vivesse gia, con lo spirito, nel mondo di libe,,tà e cli giustizia pel quale combatteva. Ci6 é possibile. Le rinascenti scissioni .comuniste ce ne danno. la prova. Ma biso– gna che <:oloro che si sono scissi acquistino coscienza che ci6 che li muove in fondo é forza di liberta. La ribellione a Stalin é incoscientemente ancora, nei piu, una ten– denza alla liberta, anche se pare preferenza per Troski. In realta, se Troski stesse al Eravamo bambini, noi, i figli del maestro Fab'bri, potere la tendenza si manifesterebbe nel- t<>me ci chiamavano in paese, e quando <licevamo !'opposizione a lui. con orgoglio che nostro ,padre era anarehico e com- Non pretendiamo che tutti siano anar- batteva contro il governo, contro qualunque gover– chici, e non vogliamo rimandata la rivo- no, ci sentiv<1mo dire dai compagni di scuola e <lai Juzione a quando solo sia possibile fare ·[ loro benpensanti genitori: "Sarà una bella cosa que– l'anarchia. Ma vogliamo una rivoluzione st'anarchia, ma non é possibile. Come si fa a vivere della liberta, <:he amplii i] dominio della senza governo? Chi ci dieen<lerebbe dai ladri, dagli libe•rl-a, -efl<l,-,re--,stenda l'ttso al maggi~· '' sini?" 'oL non. -capiµ.mo .en.e. né..Je_.ide2 >del numero, che sia un progi·esso e non un babbo, né le. obiezioni degli altri, ma l'enorme dif– regresso sulle rivoluzioni precedenti; vo- ferenza fra l'ambiente esterno (proletario alle ele– gliamo <:he la fase della civilta proletaria mentari, piccolo-borghese alle scuole me<lie) e quello superi la fase della civilta borghese. Se si famiglial'e allargato ·dalla cerchia dei -mig.Jiori com– deve andare indietro, a che scopo? pagni, ci faceva vedere confusamente che la vita LUIGI }'ABBUI. (Quest'articolo é stato. fl'ovato, incompleto, J,-o le carte di redazione.) w..r.· .._._._...,..,.._.___________ ..,..;-..._... • -.rw-.-,,,-.,,,._,,,.,,,,, L·educatore Non é possibile scrivere oggi di lui, da que3te colonne, con il linguaggio imparziala dello stori-co. Altri du-à di Luigi F'abbri pensatore e agitatore; .altri studierà, qui, sulla rivista a cui egli dette il meglio dei suoi ultimi anni, le caratteristiche del• l'opera sua. L1 figliola non pu6 superare il silenzio in qu"8to momento, non può parlare di lui, se non la.sciando scorrere i ricordi. Ed anche quei;to é difficile, 1>er– ché ,bisogna rispettare quel ,suo geloso pudoTe che lo rendeva cosi restio a parlare di sé ,e delle sue cose intime, quello ;,,lesso pudore che lo taceva .sembrare più uomo d'idee che di sentimento, pili un pensatore sereno che un lottatore apro~sionato. E la 1>arte di lui che nessuno avrebbe potuto vedere attraverso i suoi a1~ticoli acqubta ora un'im– portanza nuova, perché ,diventa il compl-emento ne– cessario del suo pensiero. 1Si parla molto, ora, di 1•,sa;lizzazione, di applica– zioni pratiche degli ideali liber,tari. E' una 1>reoccu– pazione feconda, d'un'•urgenza quasi tormentosa. Però, realizzare un'klea 'VUOI dire tradurla in a– zione oltre che in piani e in programmi; vuol dire jmpregnar,e di Jei ogni istante della no,stra vita, ogni atto della nostra volontà e del nostro pensiero. Vivere intimamente la libertà, anche ,;otto il tallone <li ferro, é gia una 1-ealizzazione, •é il primo pas.so , l'inc!ispensabile. L'anarchia, nel ,significato •più amplio della parola, é realizzabile sempre, con diversità di gra,do, e tanto _pili si realizza, quanto meno ci si contenta della. corren•te non é la migliore, né l'unica possibile. I nostri -piccoli amici non ubbidivano che per la p3.ura del castigo o ,per la golosità della Ticompensa: ave- vano bisogno d'un governo. !Noi, ,che non ubbi•di– vamo, ,sapevamo che si poteva fare a meno del governo. Ho ancora in ·mente un pianto lungo, dietro una persiana socchiusa, un giorno caldo di giugno; non ricordo •che ,cosa volevo fare: uno <li quei desideTi violenti ,ed insensati dei bambini. MiD J)a•dre aveva detto: .. on te lo consiglio" e aveva ,dato ·le sue buone ragioni, ma senza insistere troppo. Io 0 -mi sentivo vittima d'un'ingiustizi:1 e piangevo nascondendo il viso nel vano de-ila finestra . .A poco a poco il consiglio piglbva l'aspetto d'una proibi– zione; il rnio spirito si sentiYa in catene, per uno di quei giochi d'immaginazione che costituiscono il fondo di tutte le vite infantili. LI babbo se n'accorse, 6'avvicinò, mi passò la mano sui capelli e mi disse: "Fa quello che vuoi. Pensaci ,bene e risolvi tu. Io 110n ti dico piu niente". Fu un momento di ,delu– sione: tutto il mio dramma cadeva e con àui il desiderio ingigantito <!alle immaginarie difficoltà. Ri– sposi: "No. T'ubbidisco". Lo dissi incoscentemente, per un'abitudine che m'aveva <lato la ,scuo,la, e m'ac– corsi subito d'averlo ferito. "No, figliola, non bai capito. Non é questo ·che voglio. Non devi ubbidire. Devi fare ci6 che vuoi, sotto la tua responsabilità, dopo aver riflettuto. Io posso aiutarti a ragion:ne; la decisione la devi prendere tu". In quel momento ricor,davo un tema scolastico di ,compo3izione "I bambini -devono essere ubbidienti" e la differenza fra i due mondi, il mondo futuro, ide3.le, che vedev-0 incarnato in mio padre, ·e- il vecchio mondo della -disciplina forzata ed ingiusta, che trovavo fuori ,delle nosti~e pareti, mi saltava ,agli -0cchi in tutta h sua chiarezza e mi riempiva il cuore <l'un'indignazione confusa e (l'una confusa speranza. Non regalava mai un :ibro o un ,gioca.ttolo indi– vidualmente a ,mo di noi. E s'addolorava quando <licevamo, di qualunque ,cosa, "E' mio". ,Non ci aveva mai ingannato ,e noi aveva.mo una ta:Ie fiducia in lui che bastava •dicesse "Questo libro 7 non é ancora adatto par te. T'annoiere\3ti" oppure "Ti f~rebbe male. Aspetta ancora", perché noi ,:3e– guissimo i suoi consigli come si seguono quelli ,J'un medico ed alJbandonassirno il libro cominciato. e non era ubbiJienza. I bambini capiscono Ja giustizia prima .della bonta. Ciascuno di noi ~i .::;enlivu. defraudalo qu.1nJo l altro gucteva di qualche privilegio, sia che si •trattassa d'un divertimento, d'un giocattolo o a·un semplice e stupido pezz.o ,di carta. l{eclama vamo l'uguaglianzi pertetLa di condiziom e ,di tnutamento in cose a cui non davamo in realt;i ue::;suna importanz.1, semp1ice– m<:.11leper ,ditendere un principio che credevamo in– violabile. Le nostre e:.;igenze •.su questo pml'lo erano sempre rispettate, per quanto il babbo crollasse la testa o mettesse in ridicolo con qualche parola iro– nica il calore con cui ,di[.:>ndevamo i nostri piccoli diritti. 1Solo un po' più tardi, guidati non dalle sue parole, ma dall'esempio quotidiano della 1sma. vita, capimmo che la pace viene non ,tanto ,dalla giu'3tizia, quanto dall'amore e che, per lo meno moralmente, chi più dll, più riceve. Allora, .s·enza prediche né ragionamenti, arrivammo .ad intuire la verita '(l'm!d. frase che •non c'era mai sta..ta ,detta diretlamente, ma che avevamo sentito correre spesso nelle di~cus– sioni tumultuose cne riempivano <li chia-sso e di fumo il piccolo studio "Ciascuno deve dare secondo le sue forze e ricevero secou,10 i suoi oisogni". l:i'u mm scope1,ta quh.:.,1 improvvisa che rese più sempiice e pili. bella la nostr1 vita infantilz, facendo cessai~e i 1,-.ntigli e le piccole •di•.:1rnte. Cre<levamo d'esserci -·· l'ivali da soli. Ora capi:;1..:0che era tutta opera !:Hld, •dell'amico nostro che aiut.1va la nostra formazivne senza forzarla. Ci lasciava liberi e soli, e cerca va non di renderci simili a lui, ma ,di farci sempre più simili a noi stessi. Amava le s·ue jdee con una passione profonda e d'una maravigliosa costanza. Viveva in continua co– munione con tutto il mondo degli uomini, tanto che i picco1i incidenti ,della -su1 vita personale non hanno mai avuto nel S).10 stato d'animo tanta in[luenza come la lettura ,quotidiana del giornale, che portava nella nostra piccola. casa •tutte le inquietudini, Hl tragedie, i •delitti e gli ervismi che convulsionavano l'Europa. Pareva a volte eh~ le pareti <Sparissero e che i venti ,cli tutti gli orizzonti venissero i rav– vivare quella gran fiamma d'amore e di bonta che -.si tra(MlCeva in a.zione ragionata e 1Si nascondeva ,sotto •una serenita perfeEa. Eppure, anclrn n-ei periodi pjù assorbenti della lot– ta, anche ,quando, nel -dopo-guerra, si preparavano ,disordinatamente le anni e le file per combattimenti che si sono realizzati poi solo sporadicamente, men– tre gli uni pensavano al trionfo ,ed altri al sacrificio, egli, che era piu~losto ,cli questi ultimi pernllé ve– deva avvicinarsi il •disastro, non -dimenticò un ,solo momento l'o·pcra sua d'educatore. Educare vuol dire sopratutto esser sereno e di– menticare se stesso cli fronte agli esserf nuovi che ,si formano. E in quei te.npi infuocali Luigi Fabori ritrovava la serenité. nella scuola, davanti agli alun– ni, in casa, -O.avanti ai figlioli, nello studio •davanti alla carta bianca. .La sua passione ,di lib9rta aveva Je sue radici in un geloso rispetto della personalità umana. II suo insegnamento non si trasformò mai in propaganda, quanclo era 1·ivolto ai ,fan::!iulli Eppure nes-3una pro– paganda era pill efficace dell'atmosfera che -sapeva creare. Rideva quando io, a otto anni, dicevo orgo– gliosamente d'essere anarchica e con l'ironia affet– tuosa m'insegnava che bisogna formarsi da soli il .proprio mondo interiore e non 3:ccettare mai né te idee, né le frasi fatte. E mi consigliava austera– mente ad aspettare, a maturare gli entusiasmi con l'esperienza e con la riflessione, prim1 d'assumere un atteggiamento ,definitivo, che costituisce sempre una responsabilita a cui non é serio mancare. Per6 sopratutto non voleva -che credessimo vera una cosa perché ·egli la. affermava. Diceva: "La mia convin– zione non prova niente per voi". E nella scuola <diceva: "~on crediate mai cieca– mente alle parole ,del maestro, alle affermazioni di un solo libro. Ascoltate, p:uagonate le diverse opi– nioni e arrivate a conclusioni vostre". Questa era tutta la ,sua propaganda, ed era la pill eMica,ce. Non una parola entrava nella sua classe delle lotte feroci che si svolgevano nella strada fra le camice nere e le forze della libertà e ciel prole– tariato. 1 L'odio scatenato non -doveva turbare, almeno per opera del maootro, le anime infantili. E la pas– ,sione che gonfiava tutti i cuori, che armava di pie– tre la mano ,dei ragazzi fino a 1>ochi metri -dall'e– ·dificio scolastico, sembrava 'Placarsi nell'aula, dove si studiava. .Pure, il distacco era cosi ,brusco e,d evi-dente, c·he gli alunni, epecialmente do1>0 il trionro del fascismo, sentivano che quella muta rivendica– zione delli libertà costituiva una protesta e inco-

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