Studi Sociali - anno III - n. 21 - 30 settembre 1932

STUDI SOCIALI 7 delle manifestazioni di solidarietà internazionale tra gli operai tedeschi ed i francesi che forse non si avrebbero oggi. Anche in questo, l'influenza del par- lamentarismo nel socialismo ha portato le sue conse- guenze funeste. Nel Congresso socialista di Bruxelles del 1891, l'o- landese Domela Nieuwenhuis propose che s'iscri- vesse nel programma socialista lo sciopero militare, cioé il rifiuto di servizio, in caso di guerra; e fu battuto dai socialisti democratici, e beffeggiato in tutti gli organi socialisti grandi e piccoli che pi- gliano il motto d'ordine a Berlino. Nel Congresso di Londra del 1896, socialisti rivo- luzionarli (Allemanisti) ed anarchici proponevano, per opporsi alla guerra, lo sciopero generale di tutte le corporazioni organizzate, il cui lavoro é necessa- rio perché gli eserciti possano fare la guerra; e non potettero ottenere dai socialisti-democratici nemmeno l'onore della discussione. Utopia! gridano con disprezzo gli uomini pratici del socialismo parlamentare; e cono utopie difetti fino a quando il popolo non ha raggiunto un certo grado di coscienza e di organizzazione. Ma, fino a che il popolo non vuole, é utopia tutto, finanche ogni più anodina riforma; e bisogna pur cominciare une volta ad affermarle ed a propagarle queste utopie, perché entrino nella coscienza popolare e si trasformino in possibilità pratiche, in realtà vi- venti! O forse aspettano, per opporsi ai macelli interna- zionali, di avere una maggioranza al parlamento che neghi al ministero i crediti necessari? E' utopia questa, o chimera? Pero giù si veggono per l'EurOpa segni precursori di più lieto avvenire. In Inghilterra, Belgio, Francia e Germania i mi- natori stringono sempre più' i vincoli di solidarietà internazionale; e negli stessi paesi va prendendo forza ed importanza la nuova 'Federazione interna- zionale dei lavoratori del mare e dei porti" che di recente ha combattuto brillantemente nello sciopero del porto di Amburgo la sua prima battaglia econo- mica. In Francia i ferrovieri costituiscono un'organizza- zione potente, the -non nasconde le sue tenTenze rivoluzionarie e che giù seppe, colla minaccia dello sciopero, imporre al Governo il ritiro di un progetto di legge, col quale si intendeva levare il diritto di associarsi e di dichiararsi in [sciopero agl'impiegati delle ferrovie, che in Francia appartengono quasi tutte allo Stato. Questa é la via buona, l'unica, per rendere im- possibili le guerre: sviluppare ed allargare a tutti I paesi l'organizzazione del proletariato. Intanto ad ogni eccitamento petriottico, gridiamo compatti: Viva la fratellanza dei popoli; viva l'In- ternazionale dei lavoratori. (Dal periodico "L'Agitazione" di Ancona. — n. 10 del 15 maggio 1897.) LA NOSTRA POLITICA ESTERA Guerra e Pace Strettamente parlando noi non possiamo avere una politica estera, poiché noi stiamo, e vogliam stare, fuori e contro l'attuale spartizione del mondo ll Stati rivali. Per noi non vi sono stranieri. Noi vogliamo .éhe tutti gli uomini, qualunque sia il loro luogo di nascita, -eieelumine sia il ceppo etnico da cui derivano, qua- lunque la lingua che parlano, si considerino come fratelli..e si aggruppino liberamente e cooperino in- sieme per il maggior benessere, la maggiore li- berta, la maggiore Civilta di tutti. E poiché questa fratellanza universale, quest'ar- monizzazione di tutti gl'interessi, di tutte le aspira- zioni in una vasta unita (quella del genere uinand) che rispetti e favorisca il libero sviluppo di tutte le varietà, la piena autonomia di tutti gl'individui e di tutti i gruppi, sono ancora un'ideale "in contrasto colla dura realtà dell'oggi; poiché gli 'uomini sono ancora divisi in oppressi ed oppressori, e gli uni 'vi- vono sfruttando il lavoro dégli altri, ed i lavoratori portano il pesa di tutti. i 'caticlii sociali e sono ~iati nel loro sviluppo materiale e morale e spes- so ridotti alla più squallida ed abbrutente miseria — noi stiamo, quale che sia il nostro paese d'ori- gine o di dimora, per gli oppressi contro gli oppres- sori, per i lavoratori contro i parassiti, senza ri- guardo alcuno ai vani aggruppamenti politici, in cui le vicende storiche e grinteresin e le ambizioni dei padroni, sia pure favoriti da speciali- condizioni naturali, han diviso l'umanità. Se di stranieri vuol parlarsi, allora per noi lo straniero non é colui che é nato al di la di una frontiera e parla una lingua diversa, o ha la pelle di diverso colore; — lo straniero, il nemico, é l'op- pressore, é lo sfruttatore, é chiunque, in qualunque paese, sottomette a sé un altr'uomo. —"Ma noi, malgrado il nostro cosmopolitismo, dob- biamo pur vivere nello stato in cui ci troviamo e sottostare al suo regime politico. Noi possiamo sen- tirci idealmente solidali tanto col lavoratore di un paese lontano, quanto con quello che lavora accanto a noi, noi possiamo odiare i governi esteri tanto quanto il governo nazionale; ma nella pratica é coi vicini che la solidarietà o la lotta sono più vive, più sentite, più efficaci." Cosi ci dicono alcuni che, non potendo far di noi dei patriotti e dei nazionalisti cogli argomenti ordi- narli fondati sopra odii criminosi e stupide vanità. credono poter fare appello ai nostri instinti di coni- battivita e farci accettare le più reazionarie teorie sotto la maschera del rivoluzionarismo. E noi ac- esitiamo la loro tesi. Noi, malgrado le nostre idee, — .nio per forza cittadini italiani, vai quanto dire sudditi dal governo d'Italia; e quindi questo governo ci opprime e ci colpisce più che noi possa fare per esempio il governo del Giappone; e noi a volta no- stra possiamo fare contro il governo d'Italia quello che non avremmo i mezzi di fare contro il governo di un paese lontano. Dunque la conclusione é che, per un anarchico, il nemico primo é l'oppressore che gli sta più vicino, e contro di cui può lottare con maggior efficacia. Per un anarchico italiano, ed in generale per ogni lavoratore italiano che aspira al- l'emancipazione sua e dei suoi compagni, occorre sopratutto combattere il -governo d'Italia ed i pa- droni d'Italia, cioè quelli che si dicono nostri con- nazionali e nostri compatrioti, ed in nome della nazione e della patria ci vorrebbero far accettare docilmente il loro dominio. E' questa la conclastoee a cui volevano arrivare? Se si, siamo d'accordo. Dicono che il sentimento -nazionalista e patriottico é un fatta, e che perciò bisogna accettarlo. -- Sono dei fatti anche la religione, il delitto, la mi- seria, la schiavitù e mille, aberrazioni individuali o collettive. Bisognerà dunque tutto accettare, e ri- nunziare ad ogni azione per il meglio? Il sentimento patriottico, quando non é una sem- plice montatura fatta nell'interesse di una classe ed esiste realmente nell'animo popolare, é buono al- lorché serve ad animare la rivolta contro l'oppres- sore che si trova essere uno straniero; cattivo al- lorché spinge ad opprimere gli altri ed a fare meglio accettare l'oppressione indigena. Esso resta sem- pre un sentimento inferiore, che la civiltà dovrà sostituire col sentimento largo della fratellanza u- mana, ma é rispettabile e può evolvere ed eller- gerabse,riconosce e rispetta negli altri il diritto al sentimento equivalente; cioé quando, domandando una patria per sé, sa rispettare la patria degli al- tri o, meglio ancora, sa combattere, come già i patrioti italiani, per aiutare gli altri a rivendicare una patria. Disprezzatine invece, e conducente ai più orribili misfatti ed alle più miserevoli dege- nerazioni, se serve alla soddisfazione di criminosi istinti di rapina e di dominio. I governi e le classi dominanti si servono del sentimento patriottico (come di quell'altro difetto umano che é il sentimento. religioso) per far me- glio accettare dal popolo il loro potere e per trasci- nare il popolo in guerre ed imprese coloniali fatte a loro esclusivo ,profitto. Ed i loro teorici dicono che al di sopra della lotta, tra poveri e ricchi, tra pro- letarii e prontetarii, vi é une solidarietà. nazionale che unisce in un sentimento ed in un inteeeffle co- muni tutta la gente di uno stesso paese, tutti i membri di ena fitertea. nazione. Naturalmente guasta é. dottrinapei soggetti, che in quanto ai doMinatori trii`tinnbt i loro honna- zionali come cara da liiiÚ61145;'e piazzano 11 loro denaro dove da più interesse, preferiscono gli ope- rai che producono di più e si éòntehtano' di Meno, comprano e vendono sul mercato più vantaggioso, curanti solo del loro profitto e completamente in- differenti alle sofferenze dei loro connazionali. Però fosse pur vero — e qualche volta Io é, come avviene anche nei rapporti tra le diverse provincie di-uno stesso Stato o tra le diverse categorie di lavoratori — fosse pur vero che dal saccheggio e -dallo sfruttamento eccessivo ne venga qualche van- taggio materiale ad una parte o magari a tutto il proletariato del paeaev conquistatore, non sarebbe perciò meno condannabile la conquista, o la compii- cita nella conquista di quelli che sl dicono amici dei lavoratori, aia dal punto di vista superiore della giustizia e della libertà umana, sia anche da quello degl'interessi duraturi del proletariato stesso che per un momento può profittarne, ma poi paga il delitto in moneta di servitù. Un assassinio resta sempre un atto abbominevole e degrada e irnbestia chi lo commette, anche se lo arricchisce.., senza contare che il più delle volte riesce presto o tardi un cattivo affare! * Noi siamo contro la classe borghese, noi ci met- tiamo contro e fuori denti Stato — e spingiamo i lavoratori a fare -altrettanto — tanto nella pace quanto nella guerra. I socialisti democratici, che mentre dicono di vo- ler rivoluzionare tolto l'ordine capitalistico fanno poi opera di conservazione sociale cercando di rendere più sopportabile e più sopportato Io stato attuale di cose, o meglio cercando di far sperare che nuove leggi potranno riparare ai mali più stridenti, pos- sono interessarsi ai rapporti cogli Stati esteri, ai trattati -commerciali, al dominio dei mari e simili Passatembi. I repubblicani che invece di pensare a far la repubblica si occupano di moralizzare la mo- narchia denunziando i ladrocini' dei deputati e gli amori illeciti dei generali, possono parteggiare per triPlice alleanza o la triplice intesa e preoccuparsi della forza e del prestigio d'Italia. Socialisti e re- pubblicani aspirano ad andare al potere — alcuni magari con- la monarchia — ed é naturale che si esercitino nelle arti dell'uomo di Stato. Ma noi, che vogliamo davvero abbattere l'attuale sistema sociale, noi che non ci accontentiamo di semplici miglioramenti, noi che crediamo che quei miklioramenti che il sistema capitalista Po- trebbe concedere senza negare sé stesso non si ot- terranno, ed ottenuti non saranno utili ed efficaci, se non strappati dalla resistenza e dalla minacci" dei - proletariato in-lotta- contro i padroni, noi non possiamo avere nessun rapporto volontario collo Sta- tti e non ci occupiamo di lui se non in quanto pos- glamo minarne la- forza. a l'esistenza. * • a Ci dicono che colla guerra si propaga la civiltà. Se fosse vero, dovremmo in ogni modo prima pen- sare a diventar civili noi stessi, cioè dovremmo pri- ma Conquistar per noi la libertà -ed il- possesso della ricchezza, dovremmo far sparire di mezzo a noi la miseria, l'ignoranza, l'oppressione, l'alcoolismo, la prostituzione, e poi portare agli altri i benefizii che avremmo saputo realizzare per noi stessi. Portare in altri paesi la strage per offrir loro il capitalismo ,ed il regime parlamentare, per aggiun- gere i mali della civiltà nostra a quelli della eivilta loro sarebbe cosa da matti quando non fosse opera di delinquenti. • Ma non é vero. La guerra, la violenza non produce civiltà, ma barbarie, -schiavitù, odio, miseria: essa opprfme il vinto, corrompe ed abbrutisce il vincitore. -,.Non yi,guerl se . .non quella fatta, per li- srarsi dadroppreasieee, non vi é violenza, giusta se non quelli' che respinge la violenza. 'La civilt4uisi 'plóptiga con 'IP propaganda, l'esem- pio„., i benefizii; e se un giorlio i lavoratori- etuatici- l'iati di Europa dovran portane le armi fra i popoli a'?retrati, non sarà per opprimerli, non per imporre 15FR aisterni.' di 'vita ch'essi non appreitano, ma per aiutai-li a -liberarsi, per sbarazzatli Vena tirannie indigena o forestiera a cui ai troveranno soggetti. E colla libertà porteranno loro grano, bestiame, medi- gine, strumenti da lavoro. Allora si che la civili* (taxa accettata e si espandere per tutto Il '.mon'tio, far libera,, ricca, gaja, sapiente tutta, ciglia nume- • I nuovi apostoli della forza brutale, i damerini inguantati e profumati che stanno a fare i rodomonti fra le belle signore e mandano i proletarii al macello per la gloria della monarchia e per la borsa dei

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