Studi Sociali - anno III - n. 21 - 30 settembre 1932

2 tinuo, corrispondente alle necessità della lotta .at- tuale come delle realizzazioni avvenire, ed aderente alla realtà' obiettiva della natura umana e delle con- dizioni di fatto, non quali ai vorrebbe che fossero o che potrebbero essere in un lontano domani, ma quali esse sono odiernamente con tutti i loro difetti e deficienze. Il suo anarchismo é un ideale umano, socialista nel senso originario e più vasto della parola, che non si rinchiude nel partito o nella classe, ma le lotte di partito e di classe, indispensabili, volge ver- so uno scopo superiore di universale liberazione: ideale che non sacrifica il molto di domani al poco di oggi, né viceversa, ma si propone di fare e conqui- stare — con l'azione diretta e rivoluzionaria, prole- taria e popolare — tutto il possibile non appena possibile, senza opportunismi e senza rinuncie. Cosi in Malatesta l'anarchismo sfuggiva al peri- colo d'incapsularsi nella torre d'avorio degli aprio- rismi e delle astrazioni filosofiche e scientifiche, che aveva tanto in uggia, benché egli fosse in realtà un intellettuale di primissimo ordine. L'anarchismo era per lui sopratutto una idea di combattimento. Da ciò derivarono tutti gli atteggiamenti pratici suoi, sopratutto sulle questioni di metodo intorno a cui ebbe criteri completamente proprii, assai diversi e talvolta in dissenso radicale con altre correnti del- l'anarchismo. Sono note le sue idee costantemente favorevoli all'organizzazione anarchica, cosidetta fe- deralistica, ed alla organizzazione sindacale neutra e aperta a tutti, cosi come sono noti i suoi criteri sui rapporti con le forze operaie e rivoluzionarie non anarchiche, sulla violenza e sul terrorismo, suL, l'educazionismo, sulle colonie anarchiche, ecc. ecc. Ma la caratteristica principale, diremmo quasi fon- damentale, dell'anarchismo di Malatesta, che sta in rapporto diretto con tutto il complesso delle idee suaccennate, é la concezione "volontaristica" del di- venire sociale ch'egli ha in contrasto con la conce- zione "deterministica" o meccanicista di quasi tutti gli altri teorici anarchici. L'anarchismo non é, secondo Malatesta, un portato spontaneo e naturale dell'evoluzione, che debba in- evitabilmente realizzarsi in forza di supposte leggi scientifiche del progresso umano, secondo una in- terpetrazione meccanicamente determinista di tutti i fenomeni naturali e sociali, bensí é un portato della coscienza acquisita dagli uomini delle cause dei mali sociali e della VOLONTA' sorta in alcuni di essi, — che han visto la principale di tali cause nell'autorità politica, economica e morale dei gover- ni, dei capitalisti e del preti, — di ripararvi col com- battere e abolire tutti i governi, i capitalismi e le chiese. L'anarchia, cioè, non si realizzerà — secondo il pensiero di Malatesta — se non vi saranno uomini in numero sufficiente e con volontà bastante per attuarla; oppure si realizzerà poco o molto a se- conda che poco o molto sia voluta, e questa volontà sia sorta in un numero minore o maggiore di uo- mini, e questi facciano volontariamente tutti gli sforzi e sacrifici necessari a realizzarla, sia nella lotta e la rivolta contro il vecchio mondo, sia nella ricostruzione del nuovo. Le leggi naturali, la scienza, ecc., v'entrano solo in quanto i volontari dell'anar- chia sappiano tenerne conto e utilizzarle per il loro fine, non essendo esse in realtà altro che strumenti materiali passivi, che servono a qualunque forza cosciente li utilizzi: alla tirannia come alla libertà, alla reazione come abla rivoluzione. Altri due lati importanti del pensiero di Malatesta, benché non originalmente soltanto suoi, ma che sono stati una caratteristica della sua propaganda negli ultimi quindici o venti anni, e pi ú recentemente sono stati posti al primo piano della discussione dagli Avvenimenti che incalzano, sono la concezione libertaria della rivoluzione e lo studio della rico- struzione sociale su basi libertarie durante e dopo la rivoluzione. Ambedue si riallacciano, ma più spe- cialmente il secondo, alla concezione volontarista del divenire sociale di cui abbiamo già parlato. Veramente l'idea di un indirizzo libertario della rivoluzione, e della funzione corrispondente degli anarchici in seno ad essa, risale a Bakunin. Dopo di questi però, pur non essendo, mai stata negata dagli anarchici ed avendola quasi tutti i loro teorici più o meno affermata, tale concezione, malgrado tutte le affermazioni teoriche, si era molto presto attenuata per dar luogo ad una inconscia abitudine di considerare la rivoluzione e l'anarchia come due idee, due fatti, due momenti separati o separabili: il che ha determinato, in spedii dopo la rivoluzione russa e il successo politico dei bolscevichi, non poche incoerenti e disordinate infiltrazioni autoritarie nel rnedesimo campo anarchico. Malatesta ha fortemente reagito contro questa specie di oblio. L'anarchia, secondo lui, non é sol- tanto un ideale per dopo la rivoluzione; é anche e sopratutto una idea direttrice e formatrice della ri- voluzione. Spetta quindi agli anarchici farvela va- lere perché la rivoluzione trionfi con risultati reali di benessere e di libertà e non sia mistificata e tradita da un governo qualsiasi, restando essi al- l'opposizione contro qualunque governo si costituisca e cercando in tutti i modi di creare e organizzare fuori d'ogni Stato quante più forme di vita libera e indipendente saran possibili nei più svariati campi della produzione, della distribuzione, degli scambi, della coltura, della difesa rivoluzionaria ' ecc' Poiché tutto ciò non sarà possibile improvvisarlo STUDI SOCIALI a rivoluzione incominciata e senza avervi pensato prima, di qui la necessità di studiare fin da oggi il problema del da farsi. Malatesta ha scritto molto su questo argomento, specialmente criticando la ten- aenza di molti anarchici a credere che, una volta abbattuti i governi ed espropriati i padroni tutto si accomoderà da sé spontaneamente. Senza l'interven- to di volontà anarchiche premeditate ed organizza- trici, le necessità più dure determineranno il risor- gere dei governi, e la rivoluzione sarà rovinata. Ma con ciò Malatesta non cadeva nell'errore opposto, in cui é caduto talvolta pur qualche anarchico meno avveduto, di patrocinare misure coercitive per im- porre a tutti questo o quel sistema sociale presta- bilito. Non potranno esservi sistemi unici. Deve es ser lasciato campo libero a tutte le sperimenta- zioni, e la esperienza insegnerà i sistemi migliori. Ma é ovvio che per sperimentare bisogna sapere da prima che cosa sperimentare; e questo occorre saperlo al più presto, senza aspettare che gli avve- nimenti non ce ne lascino più il tempo. vittime d'ogni .specie, senza distinzione, dell'attuale sistema sociale; sui deboli, sugli indifesi. E lo dimo- strava non solo con le parole e gli scritti, ma anche coi fatti, dovunque ed ogni volta gliene capitava l'occasione. Non parliamo poi dell'affetto immenso che nudri- va per i compagni di fede. Ricordava tutti, ricono- sceva tutti anche dopo una separazione di decine dl anni. Prendeva parte alle loro gioie ed ai loro dolori. Le famiglie dei compagni erano la sua fa- miglia. Quante volte lo abbiamo visto coi nostri bimbi in braccio, o giuocare con loro come un altro bimbo, per delle ore, senza stancarsi! Quando già stava con un piede nella tomba scriveva a uno di noi, malato, e per incoraggiarlo e non dargli dolore gli diceva d'esser guarito, e solo si preoccupava della salute dell'amico lontano ... E non poté finire una • di quelle lettere, l'ultima che scrisse, perché il ma- le gli spezzò in mano la penna per inchiodarlo que- sta volta sul letto di morte! Ed oggi Errico Malatesta non é più. La sua lunga ed eroica giornata é finita. Egli però continua a vivere la vita universale del pensiero, per le idee che ha seminate in ogni angolo della terra; continua a vivere per l'esempio di fermezza, di coerenza e di attività che ha dato ai compagni di fede per più di sessant'anni di combattimento instancabile. E vi- ve sopratutto nel cuore di tutti coloro di noi, che lo conoscemmo cosi grande e buono, lo amammo e ne fummo riamati. Il ricordo di lui sarà il viatico poi cammino che ancora ci resta da fare nella vita; e quando il piede fosse stanco, basterà quel ricordo a rinfrancarci e sospingerci sempre più avanti. LUIGI FABBRI. Alcune lettere di Malatesta 'tonta, 18 Maggi o 193/. Carissimo, Ho ricevuto l'interessantissima I u del 16 aprile. Tu deri darmi ricevuta (se le hai rice- vute) delle mie del 1;..? e 215 aprile e dell'S mag- gio, oltre una cartolina eh e li mandai il primo maggio. Ho ricevuto pure il "volumen" 17 di La l'In- ma con entro l'articolo di Catilina su Di Giovan- ni e Searfé. Mi é piaciuto mollo' l'articolo di Luce sulla poesia di Luisa Luisi, 11 dilneni: di chi e articolo ra marcha atrdS dr1 171 - 117 7 ti O contempordneo"? Mi pare tuo. Ti ringrazio delle notizie che mi dai su De Giovanni, le quali completano ció che dive Ca- tilina. Se hai altre notizie inedite mi farai pia- cere comunicandomele. Comincio a ricevere qualche giornale spa- gnuolo, che mi fa crescere la volontí di andare sul posto, senza, ohimé! aumentarne la possibi- A proposito delle tue osservazioni sul fatto che la caduta della monarchia spagnuola fu de- terminato da una manifestazione elettorale, ti dir6 che é vero che esso fatto darà. HA certo credito alla lotta elettorale e sar4 certamente sfruttato dagli elezionisti nella loro propaganda r nelle eventuali discussioni con noi, nui non infinita la nostra tesi, se fatti e teorie sono de- bitamente esposti e comprese. In reallú le elezioni che noi combattiamo, cioé quelle vhe servono a nominare dei governanti, o tendono, nel p< riodo preparatorio, a discredi- tare e paralizzare l'azione diretta delle masse, mai sono equiparabili al fatto spagnuolo. Le ele- zioni municipali spagnuole sono state l'esplo- sione del sentimento antimonarehico della popo- lazione, che ha profittato per manifestarsi della prima occasione che si ,é,,presentata. La gente é corsa all'urna come -sarebbe corsa in piazza a. fare una dimostrazioni, se non avesse avuto paura delle fucilale della Guardia Non é detto con cid che le urne hanno decisa la situazione, poiché se il re non si fosse sentito abbandonato dalle, ('lussi dirigenti e se fosse sta- to sicuro dell'esercito, se ne sarebbe infischiato delle elezioni ed avrebbe messo ordine alle cose con, molte manette e qualche buon massacro. Certamente sarebbe stato molto meglio se la monarchia fossi' caduta in altro modo, in seguito per esempio ad uno sciopero generale od un'in- surrezione arnotta, perché il fatto che il intyni.- mento prese le forme elettorali influisce mala- mente sulla sua natura e sui suoi probabibi seiluppi futuri: ma insomma meglio cosi che nulla. Possiamo doplorare che non vi sieno state forze sufficienti per far trionfare i metodi Più volte mi é avvenuto, nei momenti di dubbio e di sconforto, di ricorrere a Malatesta, — a lui personalmente, quando gli ero vicino, o nella rac- colta dei suoi scritti che vado mettendo insieme fin da che lo conobbi, quando egli era troppo lon- tano. Giammai vi sono ricorso inutilmente. La forza di persuasione delle sue parole era enor- me. La prima volta che ci parlai, in un'ardente di- scussione durata ininterrottamente tutto un giorno e una notte, orsono più di 35 anni, mentre egli viveva di nascosto in Ancona, mi parve che egli rin- novasse completamente tutto me stesso, che quasi materialmente mi avesse rovesciato il cervello nel cranio per farlo funzionare più dirittamente. Fu quel- la la più forte impressione della mia vita, e non l'ho mai più dimenticata. L'anarchia che per me, ragazzo allora, era piuttosto un sogno mistico rispon- dente a un bisogno di rivolta, divenne sotto il mar- tellamento della dialettica malatestiana una verità sicura, una fede ragionata ed attiva, una volontà di vita e di battaglia. Naturalmente gli scritti non hanno "la medesima efficacia che aveva la sua parola parlata, cui davano luce e calore lo sguardo acuto di fermezza e di bontà e la voce ed il gesto cosi espressivi e affe. tuosi. Però, anche i suoi scritti hanno una loro efficacia persuasiva straordinaria, sopratutto per la loro chiarezza, semplicità e concisione. La lettura n'è facile e avvincente. Il massimo buon senso ed il ragionato ottimismo che vi spirano dentro, ani- mati da un inesausto amore umano, danno al let- tore una trnpresslone di sicurezza e di conforto senz'ombra di quella specie di sopraffazione intellettuale che esercitano per solito gli scritti dei dottrinari che predicano dall'alto. Chi legge Mala- testa ha quasi sempre l'impressione di sentire espri- mere il suo proprio pensiero, tanto le idee vi sono dette con naturalezza, da eguale ad uguali, come se si esponessero verità semplicissime e comuni a tutti. Tutto questo spiega la influenza immensa che ha sempre esercitato Malatesta attorno a sé con la propaganda. Per ciò nei contradditori appariva in- vincibile, e l'avversario pareva uscire stritolato dal- la sua dialettica terra terra, accessibile a tutti, nuda di fronzoli letterari o rettorici, senza paradossi di sorta. Ciò spiega come le sale o le piazze si riem- pivano all'annnuncio ch'egli avrebbe parlato. Ciò spiega la diffusione raggiunta da ogni periodico o giornale fatto da lui, e l'esaurirsi di. tutte le edi- zioni dei suoi opuscoli, ristampati cento volte in tutte le lingue, fin nei paesi più lontani da noi come la Cina e il Giappone. Ciò spiega, fra l'altro, come dopo poco tempo ch'egli svolgeva in un dato luogo la sua propaganda, presto gli anarchici si i moltiplicavano, lo spirito rivoluzionario aumentava e si sollevava come una marea, e non di rado si de- terminavano sollevazioni di popolo, prima ancora che lo stesso Malatesta se lo aspettasse. Pure v'è qualcosa in più che spiega meglio il successo popolare di Malatesta: la sua bontà. Era la sua una maschia bontà sposata ad un carattere inflessibile e risoluto, che non si effondeva in parole, ma si sentiva in ogni sua manifestazione parlata e scritta, come si sente anche all'ombra il calore del sole. Quando parlava alle folle non usava parole altisonanti o frasi violente, pur dicendo nella so- stanza le cose più audaci ed estreme. Ciò che faceva penetrare il suo ragionamento ed incitamento tra le masse accorse ad udirio e ne sollevava l'entusia- smo, malgrado la nudità letteraria della sua elo. quenza, era appunto, insieme alla serietà delle cose dette, cotesta grande bontà che si sentiva sotto tutte le sue parole. La stessa bontà, fatta di quel- l'alto amore degli uomini che forma il substrato spirituale di tutti i suoi scritti. Tutti coloro che lo avvicinavano, anche se avver- sari o nemici delle sue idee, sol che restassero un pó a contatto con lui, ne rimanevano conquisi e finivano coll'ammirarlo p rispettarlo, spesso con l'a- marlo. Ciò é avvenuto con persone delle più 'alte classi sociali, come perfino coi giuklici, i carcerieri e gli agenti di polizia incaricati di condannarlo, cu- stodirlo o perseguirlo. Si potrebbero in proposito raccontare una quantità di episodi, alcuni curiosis- simi ed altri commoventi. Ma a che insistere? Del resto Malatesta, anche se gli avveniva di riscuotere senza cercarle molte simpatie negli stessi ambienti pii lontani dai suo, il suo grande amore per l'uma- nità lo riversava tutto sugli umili, sui poveri; sulle

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