Studi Sociali - anno II - n. 15 - 21 novembre 1931

Di qui la grande nooessita, fin ,da o,·a, da un lato di una propaganda più vasta e profonda fra i con– tad-lni, non solo criticante la soci.eta attuale e prospettante la terra promessa del futuro comu– nismo, ma anche volgarizzante i progressi sclen– tLfici agricoli e vincenw i pregiudizi e mison-rusml campagnoli contrari a,i nuovi modi di co:tura e di d-istribusrone. Dall'altro lato, altnettanto gran– de necessita di ;>rospettare i sistemi comunisti a• gricoli come qualche cosa di molto relativo che non sempre e non dappertutto potranno avere a,t– tua.-ione troppo presto, e magari sconsigliabile In determinate circostanze e località; come qualche cosa, in ogni modo, che si vuol proporre ma n'1n imporre, e <:hè gJi interessati attueranno so:o se vorranno, e con piena, libert.a di fare altrimenti pei non convinti, senza che que,sti cessino dall'-es– sere ugua•!i agli altri neo. diritti e nei beneoficl morali e materiali de!Jri. più ampia solidaTietA re– oi1iroca fra tutti i componenti la nuova soci ta in forma.zio ne. " . " Altri elementi d'informazione e di distussione, ben– ché meno importanti, si •possono trovare nella lette– ratura anarchica d'anteguerra: cito, tra l'altro, a memoria un paio di capitoli del libro di J. Grave "L'Anarchia, suo scopo e suoi mezzi" su la rivoluzio– ne e i contadini e su la propaganda nelle campagne; un capitolo del libro "In cammino verso Ja nuova so– cietà" di C. Cornelissen sulla protezione della pro– prietà rurale; l'opuscolo gia citato "Verso l'Anar– ehia" del prof. Molinari (Epifane); qualche pagina interessante del vecchio opuscolo cli James Guillau– me "Idee sulla riorganizzazione sociale" (1876) ri– pubblicato in Italia poco prima della guerra 1914-18. Ricordo anche, pur non avendola presente, qualche relazione sul problema agricolo a congressi dell'Unio– ne Sindacale ltaliana, cli forte ispirazione libertaria anche se non dettata da anarchici, sempre anteriore al 1914. Più importante é ciò che s·é scritto in proposito nel dopo-guerra. Ed é naturale. Dopo la guerra sor- 8ero maggiori le preoccupazioni dell'indomani, sia perché le enormi distruzioni di ricchezza fatte dalla guerra avevano diminuito ancor pit'i l'antico ottimi– smo sulla durata delle riserve alimentari in tempo di rivoluzione, sia perché la rivoluzione si presentava come un prossimo immediato imponente la risoluzio– ne di certi problemi, sia infine, per quel che riguarda l'ltalia, perché l'esperienza della guerra avBva mo– strato come il paese sarebbe stato scarso di ali- 1nenti nel caso che una rivoluzione l'avesse isohto dal mondo esteriore. Queste preoccupazioni si mani– festarono nella propaganda rlel 1919-21, sia uelle con– ferenze e comizi. spacie neg-l'innumeri discorsi di Malatesta, sia nei giornali. Io ricordo una intervi– sta che ebbi con Malatesta e pt1bblicai in "Volontà" di Ancona (NY 8 del 6 febbraio 1920) in cui il no– stro amico aveva accennato alla necessita d'intensi– ficare in Italìa certe colture agricole più rapide ed al– la possibilità di ottenere molto mogglor produzione di generi alimentari, sull'esempio cli quel che si era fatto in Inghilterra durants la guerra ultima. In "Umanita Nova·· - il quotidiano anarchico u– scito prima a Milano e poi a Roma dal 1920 al 1922 - non solo il Malatesta che 1o dirigeva, ma anche altri, si applicarono a dimostrare come fosse neces– sario che la classe lavoratrice si apprestasse a b3.· stare a se stessa per nudrirsi; e questo non era pos– sibile che traendo gli alimenti dalla terra, badando a non distruggerne né sperperarne, e sforzandosi di trarne tutto il necessario nel modo pi(1 proficuo. Da rammentare fra l'altro un ardente appello di Malaf!!sta contro la -distruzione delle messi (che era ~tata proposta ai contadini come misura immediata rivoluzionaria contro i padroni); degli articoli del prof. Ettore Molinari (Epifane), poi riprodotti in oouscolo, "Fattori economici pel successo della Ri– voluzione Sociale"; e una specie di calendario agri– colo, per le culture più ntili e facili in ogni mese, in tempo di rivoluzione, dovuta a un vecchio socialista (restato anonimo) amico cli Malatesta e competente in scienze agrarie. Anche io nel mio libro pubblica– to allora "Dittatura e Rivoluzione" ebbi ad accenna– re in pili punti. abbastanza diffusamente, alle solu– zioni possibili del problema agrario. E Quando si fu– rono dileguate, purtroppo, le speranze di una immi– nente rivoluzione, altri anarchici continuarono lo– stesso a occuparsi del pl'oblema della terra con col– to zelo. Trascurando qualche articolo pubblicato in "~'ede!"" di Roma (1923-26) e alcune monografie nella rivista "Pensiero e Volonta·•, redatta da Malatesta in Roma (1924-26) sul lavoro agricolo In Sicilia. Ca– labria e Basilicata, - qùalche articolo era cli Camil– lo Berneri, non ricordo con quale pseudonimo. - me ritano maggiore menzione numerosi articoli (in "Pen– siero e Volonta"'J di Carlo Molaschi, il quale ba an– dosi anche sn esperienze agricole proprie esamin6 partitamente i problemi agrari della rivoluzione (pri– ma, durante e dopo) sulla piccola proprietà, la mez– zadria, le cooperative, le colonie campestri anarchi– che, il fascismo rurale, le condizioni ag-ricole d'Ita– lia, la proprieta terriera dal punto di visto anarchi– co, i rifornimenti agricoli in .tempo di rivoluzio– ne, ecc. Da tutto questo lavorio, da questo affanno di ri– cerche, dall'espressione di tante preoccupazioni, a me pare che sia scaturita come una specie di "aggior– namento"' della posizione dell'anarchismo cli fronte alla questione agraria su tutti e tre i suoi punti pit'i importanti, che più sopra ho cercato di precisare. B Biblioteca Gino Bianco S'fUDI SOCIALI cioé: una maggiore adesione alla realtA presente, <::o– si diversa da quellla di venti o trent'anni addietro, della necessaria propaganda fra le masse campagno– le; uno studio meno generico e meno ... futurista, più rispondente alle necessita immediate d'una pros– sima rivoluzione, dei modi di trarre dalla terra gli alimenti sllTficienti e indtspensabill a un popolo In rivolta; e infine, pit'i importante, Ja visione anch'essa più realistica della complessa organizzazione della cultura, elaborazione, scambio e distribuzione dei pro– dotti agricoli. Quest'ultimo aspetto della questione, che forse coz– za di più con la vecchia abitudine unilaterale di tutti i partiti e correnti d'idee, merita d'essere lu– meggiato di più anche a costo di ripetersi. Non man– cherà modo di ritornarvi su. Per ora mi limito a ri– confermare che la salute, cioé il successo della ri– voluzione, sta non in una soluzione unica né subordi– nata a qualsiasi apriorismo dommatico, ma in solu– zioni multiple e multiformi, nella coesistenza e con– vivenza di tutte le forme ed esperimenti di produzione e ripartizione che rispondano al– J'unica condizione imprescindibile d'ogni rivo– luzione fatta pel benessere e la libertà di tutti: che nessuno, individuo, partito o classe, possa sfruttare il lavoro altrui e obbligare gli altri a lavorare per sé; e che nessuno possa imporre agli altri, con la violenza o con la fame, o con la minac– cia dell'una o l'altra, la propria autorità. LUIGI FABBRI. Oh! se il tiranno fosse nno solo, e i servi fos– sero meno sluvidi, la mia mano basterebbe. Ma chi mi biasima 01· di vilta, rn'accuserebbe alloi· di delitto; e il savio stesso coniviangerebbe in me, 1inziché ii consiglio del forte, il fitrore del forsennato. UGO FOSCOLO. (Da "Le ultime lettere di Jacopo Ortis". - Edit. Sonzogno, Milano. Biblioteca Classica Economica. Pag. 24.) BI rroblema della Violenza - Fra lttlli 1 proùle111i, quello ùella violenza é 11 JJ!ù turbante cli ogni altro. La violenza, dolorosa realtA, si fa sentire ogni giorno contro di noi: co– me vincerla e, una volta vinta, come eliminarla per sempre? La, soluzione tolstoiana della resistenza unica– mente pasRiv[l. non é in realtA una soluzione; quegli che non rende i colpi che riceve, continuera a ri– ceverne sempre di più e d'altra parte la sua passi– vita diventa un vero incoraggiamento alla violen– za. non solo contro di lui ma, anche contro tutti gli altri. Ricordiamo a tal proposito una delle tante con– fessioni fasciste uscita neJl"'Almanacco italiano" del 1923 (edito dalla casa Bemporad di Firenze) e he pu6 considerarsi una pubblicazione ufficiale ciel fascismo: " ...le squadre fa~ciste milanesi inizia,vano up fie– ro combattimento, che ha deciso poi degli insucces– si successi\~i del Partito socialista, quando il 15 aprile 1919 qualche centinaio di fascisti, in mag– gior parte ex combnttenti e "a-rditi" ancora in uni– fonne, attaccavano e incendia\'ano }"'Avanti!''. Il gesto di rappresaglia era giuf:itificato, nell'animo degli assalta-nti, dall'atteggiamento di giornal~ socialista durante e dopo la tra la resi::;tenza e la vittoria scherno del guerra con– delle armi italiane. Il valore cli questo gesto di violenza, che é stato il battesimo del fuoco per il giovine mo– vimento, Ha inter..tmente nelle conseguenzia asso– lutamente imprevec!ute del fatto, cioé la mancanza di resistenza mater•ale a,ll'assaito fascista. La sfida non essendo stata immedi3tamente raccolta, i rliri– genti del movimento fascista. - ben valutando, per essere tutti di origine so, versin1, i tempera– menti e le forz avversa-rie, - videro in ci6 tutta l'incaparitft e l'insensibilitft rivoluzionaria del Par– tito socialista. Tale conferma autorizz6, natural– mente, i fascisti a insistere nei loro metodi vio– lenti ed a perfezio1utre la Joro formazione di com– battimento. 'l'ute le altre manifesta,:,ioni del fa– scismo e del socialismo italiani - di arfermazio– ne sicura pel primo e di debolezza intima pel se– condo, malgrado i suoi effimeri successi elettorali 7 dipendono direttamente dall'episodio di via San Damiano (,la via dov'erano i locali del quo– tidiano socialista)". La confessione é completamente nuda d'ogni ar– tificio. I socialisti italiani sono stati colpiti, non In ro,gione delle violenze -di cui si sarebbero resi col– pevoli, ma, al contrario perché si .sapeva la loro in– capacita non solo di ricorrere alla violenza ma an– che semplicemente di respingerla. In una interpellanza sui delitti fa.scisti, il 10 marzo 1921, Gtacomo Matteotti diceva alla .Came– ra italiana dei deputati: "Non é più la lotta politica,, é la barbarie e il medioevo. Do)>biamo noi combattere la lotta poli– tica con tali sistemi? siamo autorizzati a porci an– che noi su questo terreno? Ma allora non ve ne 'immischiate, signori del Governo, e la,3ciateci com– battere con dignità, a condizioni eguali. E noi sa– premo mettere a i;osto i briganti. Il vostro inter– vento é in favore del briganti". Siccome il preteito d'Infierire contro i soc·ialisti ~ra sopratutto il fatto d'essere stati avversi alla guerra•, Matteotti uotava: "1 nostri contadini sono stati tutti al fronte, hanno combattuto, sono morti o sono ritornati mu– tilati e feriti. Se vi sono stati degli imboscati che non hanno combattuto, essi furono gli agrari che ottennero di essere esonerati in. massa". V'é qui rileva,ta una menzogna da non dimenti– care: il fascismo non rapprese11ta l'Italia dei com– battenti della guerra, bensl dei profittatori della guerra. E Matteotti concludeva dolorosamente: "Ma• allora cl1e ci resta a tare? Sono mesi e me– si che noi (.;:0ntinuiamo a dire nelle nostre riunioni che non bisogna arcettare provocazioni, che anche la vigliaccheria é uu dovere, un atto d'eroismo. ' Abbiamo predicato invano durante troppi mesi, o rlignori del Governo; noi non possiamo più tacere a,i nostri che la disciplina pu6 significare la loro morte. Non possiamo pit'i ordinare che si lascino am– maz~nre uno ad nno, scannare uno alla volta, in omaggio alla nostra disciplina. Non possiamo più consiglia,; ci6, e nelle nostre riunioni sentiamo gHi pronunci~· parol11 cui non sapren1mo Diù resistere. Voi, governanti, voi assistete hierti o complici. Not non ci lamentiamo pit'i, non domandiamo più nu11a. Ora voi siete avvortiti su tutto: la Camera é avver– tita•. E' ciò che volevo dire". Questo linguaggio angoscioso non servi a niente. Gio!ilti ri•pose anzi con lo aciogllmento della Ca– mera. Egli speTava con l'aiuto del terrore fascista, di ottenere un parlamento più anendevole. Ma Ja, composizione della nuova Camera non fu molto cam– biata dalle elezioni del 15 maggio 1921. E pochi me– fi più tardi Matteotti to1·nava- a scrivere: ''Riprendere la t:toria docuu1entata delle vio]en– ze agrario-fasciste in provincia di Rovigo dal pun– to in cui ero rest:ito nel discorso fa•tto alla Came– ra il 10 marzo, non é cosa templice. Perc,hé ci6 che fino allora non era stato ancora che episodio staccato e particolare, benché ripetuto, doveva di– ventare in seguito la crona,~a. di ogni giorno e di tutti i piccoli comuni, moltiplicandosi all'infinito nelle forme pili fantastiche che il crudele medio– evo o il più inumar,o regime coloniale abbiano po– tuto inventare". E, seguendo, fo tteotti riporta va sommariamen– te tutta una serie di atti terrorismo fascista, ac– cordando anpena sei o sette righe a un caso di cui era stato vittima lui stesso. Egli concludeva triste– mente: "L'Autorita, il Goven10, la Giustizia assistono come complici sfrontati. Tutta la stampa1 tace vil– mente; essa non parla mai della provincia di Ro– vigo, non potcnclo s-coprirvi ueppur l'ombra di pro– vocazioni socialiste o di agguati comunisti". In una publilicazione intitola•ta "Fascismo", usci– ta ne} maTZo 1922, sette mesi prima dell'andata del fascismo al potere con la cosi eletta ., marcia su Ro– ma", noi troviamo già un& lista cli 115 persone as– sassinate dai fasciRti. E dopo d'allora, benché ogni agitazione operaia o socialista fosse cessata, vi fu– rono a,ncora altre centinaia di at:sa8sinati dal!e ca– micie nere. Quest'esempio di resistenza. pas.;iva, di "eroismo della vilta" - per impiegare la clefinlzioue datale dall''•Avanti!" - ci sembra molto adatto a farri-

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