Studi Sociali - anno I - n. 6 - 10 luglio 1930

corsa agli armamenti, Il materialismo e l'opportunl– emo dominanti ovunque, cl fanno dubitare che, lascia– to a se stesso, il mondo vada verso Il progresso. "Noi possiamo dunque tranqu'lllamente ammette– re - col De Man - che Marx ha riconosc·iuto esat– tamente tutti I tatti che l'hanno condotto a tormu, lare la sua dottrina delle cause economiche dell'e– voluzione sociale; noi possiamo Inoltre concedere che le deduzioni per le quali s'Incammina, dalla co– noscenza dei fenomin! isolati al sistema generale, erano quasi sempre conformi alla p!ii stretta logi– ca ... Ma la barriera che il marxismo non ha _potuto superare e che sembra Insormontabile ad ogni scien– za, appare dal fatto che le leggi della necessita de– ri vate dalla interpretazione causale del passato •non b:istano piii a suscitare atti di volizione .... Noi pos– siamo cercare di rlcono!kere c!6 che fu come causa di quello che é; ma ci6 che fu e ci6 che é non sa-' pra mal essere la causa di quello che dovra venire. Il "dovere" é determinato non da rauoo, ma da obiet– tivi... L'economia POiitica motiva il "potere" la motivazione del "dovere é nttare !dell'etica. Ora' l'e– tica non é una scienza, essa é una disposizione Ine– rente alla natura umana che pu6, tutt'al piii essere l'oggetto d'una descrizione scientifico- ps'icol~gica". Quando Marx formul6 la sua dottrina non esisteva come oggi, un secolo di svJluppo industriale e prole– tario su cui controllare le sue deduzioni; per cui egli ha il grande merito d'i aver superato ! socialisti pre– marxistl dimostrando che li fattore economico con– diziona lo sv!1uppo della coscienza socialista e la realizZ'az!one del socialismo; ma esso é incapace di suscitarlo. Questa Impotenza deriva dal tatto che traspor tando nelle cose materiali che cl circondano la ge– netica del progresso si suppone In esse una forza Intima e fatale, estranea a noi, superiore a noi; e "l'immaginazione filosofica e religiosa cerca nell'os– servazione esterna gli elementi di una t!ducia che essa non ha p!ii In se stessa; la storia diventa per essi un Dio lspiratore; ma l'Illusione che cambia d'oggetto non cambia di natura poiché li nuovo Dio non !spira che quelli che cl vogl!ono credere" (Re– nouvier). E' Yero ~be Engels, negli ultimi anni del– la sua vita, .i;\ntonio Labriola ed altri hanno attenua– to la rigidezza di certe enunciazioni marxiste, ma é allrcsl vero che in ultima istanza é sempre il !attore e– conomico che determ·ina gli a\'ven!ment! storici. Nel– Ja pratica si é constatato che sia per indolenza men• tale, sia per feticismo, sia perché in noi n senti– mento religioso del m'iracolo é ancora troppo radicato, sta per tornaconto personale (in alcuni), sia per scancars! delle proprie responsab!lita col darle al determinismo, la sostanza é che il determinismo é stato ridotto ad una legge meccanica, ineluttabile, aù una Provvidenza Divina colla quale si g!ust!t!ca– no le proprie codardie, la Inazione e a volte anche 11 tradimento col dire continuamente: "E' inutile teu– si~er tornaconto personale (in alcuni), sia per successo". "Ma non siamo ancora pronti''. "La bor– ghesia non ha ancora esaurito la sua missione sto– rica". "Restiamo nella Iegalita, essa finirà col sotto– care I nostri nemici". "Non abbiate fretta, la bor– ghesla si scavera la propria tossa colle sue mani". La mental!ta fatalista creata dal marxismo, la ripetizione continua che i fattorl economi– e! e materiali sono tutto, l'irr'is!one a l'idea!lsmo e a! sentimenti etici, 11 disdegno alle Idee di Ubertà e di giustizia, la riduzione dell'ideale socialista (rispet– to ai socialisti premarx!sti) da ideale di redenzione umana a ideale di classe e di emancipazione prole– taria, hanno portato li proletariato a considerare le cose da un punto di vista puramente materiale e ristretto agi! interessi della classe lavoratrice sic– ché l'egoismo, l'opportunismo plccolo borghe;e, li successo immediato han tolto il posto all'ideal!smo, all'entusiasmo e allo spirito di sacrificio di un tem– po. La gloventii ideal1sta ed entusiasta che un tem– po affluiva all'Internazionale e al socialismo, oggi, salvo qualche rara eccezione, é assente perché non comprende un movimento che vuol rinnovare Il mon– òo basandosi sul gioco degli interessi materiai!, che subordina a questi 1 valori etici e che invece di tra– sformare il mondo, delle aristocrazie operale si for– mano e i partiti socia:1sti si trasformano in partiti di go,·erno di quei reg'im! che vorrebbero abbattere. In queste condizioni la gioventii quando aderisce al movimento socialista non fa che seguire la cor rente senza quella tede e quell'entusiasmo elle sono indispensabili al proselitismo e alle lotte social! La grande maggioranza della g!oventii si !a scettica: a– patica e !ndlfferente, tende al ·propri interessi :m'.ate– riall, f,i dello sport oppure si ritrae tra i meandri rea– zionari della borghesia. II IL FENOMENO SINDACALISTA 'La gravita della crisi che attraversa il movimento socialista si é rivelata nell'impotenza dl questo di fronte alla guerra mondiale e al caotico periodo del •dopo guerra, per6 essa maturava da tempo e diede iluogo, un 25 o 30 anni orsono, al fenomeno s!nda– ,callsta. Il sfndacalismo sorse come protesta contro 11 po– l!ticantismo e il possibilismo del partiti social-de– :mocratict. e sl atterm6 sopratutto nel paesi Jatlnl. Si proclam6 federalista, antlstatallsta, s.nt 'ipatr!otta, an• 'timilltar!sta e contro ogni forma d i sf ruttamento e ,d'autorita. Alle- origini ebbe, specie In Francia, spie- BibliotecaGino Bianco " ; -sTtJntSOCtAtt C11tetendenze ·J!bertarie, e gl! anàrchicl vi ererc!ta– rono un'influenza spes,:;o preponderante. . I -sindacalisti si rnttrassero 111fatalismo aet socia– listi marxisti e teoricamente portarono un notevola contributo ai:a eritica del marxismo; ma in realtll n~n can,l)!:u mo diamentalbi perché la IMu fnle nel le vf rt\1 del determ'inismo econmnico la. trasCc1•i1•ono unlle vil'lli taumaturgiche dello sc 1 .ov~ro genrl'ale e d·?ll'a:r,imrn ti1;·ctrn .. . Senza preoccupazjoni avvenir.i.;tiche, per essi ran– (!statallsmo, il !ed;,;·;,lism<>, l':inl.l;,atnot.t!•mo e l'an– tim!litarismo non erano derivati da obiettivi e da finalita ldeall, ma semplicl •'.!'lllMD'I di lotln o (i'a, zlone che utlllzzaraco per an!l·are. ()J)poscro 11 ~ln– dacato allo Stato, 11 federalismo al ceptral!smo delle organizzazioni riformiste, l'antipatr!ottlsmo al patriot– tismo ostentato dalle classi possidenti, l'antimllltarl- ' smo ,alle baionette che falcidiavano ·11 proletarlato. La lotta contro u degen;,raz!one riformista Ii fe, ce ferocemente antihberali e ,.nti !<·mocrnticl 1'l lot– ta contro i politicanti d!yent6 la lotta rontr~ J'lntel– lettual!smo; la soprnvalulazione Ii.I sindacato tnndi dal movimento chi non ern overaio autentico, tl'Rsfor– m6 la lott11. di classe- in guerra rl! cla::isc, J'im1,icl'!O– J'J!'do cosi ancor pJ(r l'Jdenlo .::oct.lllsta che: gl{,. 'il mar• xismo ,iv,Jva ,;c1i31tilmente ri•.lot~.o colla L•.!Oda CE•lla lotta di classe. Dagli anarchie! i sindacalisti preser•l la tattlc'.l ri– voluzionaria, ma mentre per quelli •- cnme per tut• ti i partiti rivoluzionari elle hanno t!nalitn ld~allste - l'in1piego ciella violenza non P che una dc,Jon,sa J:eccsslta pe!· real'izz"are il !oro 1'1t:-alè,e quJn 11 lo rc:rpo, 1! fJne li ~mmunizza fJUil8i sempre dall'influen– za ,.. ,:1isociale cbe la Yiolenza es'}relta su cM In com– pi\'. 1:er i ~h1dacalisti la vio! 1 :n~a, l'azi,,r:e 1lir•Ht1 era fine a se stessa: essa. era b ''fat)ltr!cJ- c]elJa storia''. Pragmatisti, attuaJJstl, dinamici, rumorosi, vuoti, spregiudic'ati fino~. al èinismo, cra~o dotati d'uno spirito d'indipendenza tlle pe, un certo tempo sup– pli alla loro mancanza d'idee: la loro !ebbre d'azio– ne Ji rendm•a•shnpatici. L'a.zion~ dirch.i, lo sci;Jpero, il sabottagglo, il boicottaggio; lutlol cJ..i che potevu nuocere al nemico era buono. O~ni agitnztone, og11'i sciopero generale era la prova generale rJe!la rivo– luzione. In fondo il sindacalismo tu piii uno stato d'animo collettivo delle masse, nauseate a un dato momento dalla politica riformista, che un movimento '."ero e proprio. La guerra rimescolando profondamente sen, timentl e passioni ,super6 questo stato d'animo e, as– sorbendo gl! Istinti violenti dell'umanitA, J!qu!d6 e assorbi in parte anche li movlmenào sindacalista. Il movimcqto sindacalista non riusci ad arginare !I materiallsmo e l'opportunismo delle masse Impre– gnate delle comode teorie deterministe e materia liste. Al contrario, l'assen:e.i di flna!ltà avveniristi– che, l'avrnrslone all'intellettual!smo, l'esaltazione e– sagerata delle "man'i callose", la superticlalita, 11 d!spreglo dell'idealismo e della Ubertà, la mancanza di scrupol!, il culto, la pred!cazlone continua e l'e– sercizio della violenza aggravarono !I male; e quan– do la guerra scopp!6 le masse sorprese, disorienta– te, pur avversando la guerra la subirono; furono in. capaci di uno sforzo costruttivo nel dopoguerra e se l'instaurazione della dittatura in diversi paesi nou !ncontr6 una resistenza abbastanza forte tu perché la dlttutura, togl'iendo la Jlberta alle masse, proml– se loro In compenso la tranqu!llÌtà della vita ma– teriale. · Il mito dello sciopero generale é ormai tramonta– to. DI scioperi parziali e generai! se ne son fatfi 10 quantita. Essi hunno rjsolto problemi momentanei e materlall, ma non hanno Intaccato li reg'.ime- socia•_' le. Dal punto di Y!sta rivoluzionarlo l'esperienza cl ha dlmostrato che allorquando Io sciopero gener'ale riesce a lmmob'illzzare tutta l'attlvita della socie- · t.A esso, non pu6 trasformarsi In rivoluzione ed é condannato ad esaurirsi da sé. Tutt'al plii pu6 scri– vere qualche bella pagina locale, ma non pu6 gene– ralizzarsi, estend·ersi, non pu6 provocare un movJmen. to d'insurrezione generale. Durante gli anni 1919 e 1920 quante volte cl sia• no accorti di aver mancato delle ottimo occasioni e cl siamo trovati impotenti, appunto perché, paraliz– zando lo sclopero generale traspotti, mezzi d'infor– maz!onl, stampu, ecc., eravamo nell'!mposslbll'ità cli lanciare un proclama, di cbfamare le masse all'a– zione, dl stampare ùn bollettino che Illuminasse le masse sul corsò degl! avvenimenti, sulle !)oss!b!lit:\ di contlnuure la lotta, sugli ulteriori sv!luvpl d~I mo– vimento ecc.; eravamo nell'lmposs!b!lit:i. Jl s1,ostarci da una cltta all'altra, da una regione all'altra, cli comunicare tra di noi colla rupldlta necessaria a un vasto movimento d'insieme. E avveniva che mentre in- una·cltta cl si batte,·a eroic·m,ente, nella c',tt:i. vi– cina c·ona· stessa preparazione J1i:;lc0Jogicae materin• · le, colla stessa !ebbr& rlvoluzlrua1ia si fremeva e S'i languiva nell'ina~!one o n~u•attesa, mentn, il gfl– v~rno, col .potenti mezzi di cui dla;>ono sl apprestava all'opera di soffoca1ri~nt0- e ,ii .rea~!onl). Lo sclot,ero generale, si é ,umostralo un'arma ab– bastanza emcaçe per r-isolyere QU(JSt!ùDilocali e ~o– ln10 mezzo ui nf:istenza r:mssiva; cosi ,th.. 'r. ett,!Ulpic•, lo sciopero generale in Germania fr,~3 tallire 11 ,:olpo dl Stato del reazionario Kapp. Ma esso si ,; dln1ostra– to Inefficace come ,roeto•Jo rll lotta rivolu11ç.\1àrt,i e lnslirre'zlonale su ,,,sta ·scala. - · · ·' ""' • ' · · qgsi !l J?rOIJ),Ottentemovimento .sindacalista ha tal. 1' lito negli scopi e nei mezz!, e CJUPl I he ora Ya sotto questo nome él !I movimento operalo !nfliienzato dall'ideologia anarchica. I sindacalisti puri oggi si contano su!l•J dita. In Franc·ia la "Confédérat!on Général dn Tra vai!" dopo la guerra é entrata nell'orbita del movimento del– le organ!zzazlonl riformiste e Jouhaux, suo segreta- 1·!0, é diventato un personaggio ufficiale del gover– no francese . In !talla la grand,, maggioranza rlogl! esponenfi, do1,o aver trovato nella guerra il campo d'as!one per sfogare i loro istinti violenti, si Mnnresi ancor phl ripugnanti trasformandosi, in gr,m 1,arte, nel 11!ii biechi !strumenti ed esecutori materiali d~lla reazio– ne fascista. TORQUATO GOllllI A proposito della "Re– sponsabilita collettiva" Traduciamo qu( appresso una lettera di E. Mala-· testa al Gruppo anarchico del 18. 0 circondario di Pa– rigi, scritta nel marzo o aprile pas!;ato, e pubbl!ca– ta ne "Le L!bertalre" di Parigi, n. 252 del 19 aprite u. s. Con questa lettera Malatesta riconferma la sua opi– nione sul concetto della "responsab!lita collettiva" d~ll'organ!zzazlone, su cui allora (anteriormente al congr'esso ultimo deg:i amrrchic! organizzati france– si), si faceva nel "Liberta!re" una accalorata discus– sione. •• Vedo una dichiarazione del Gruppo del 18.o, in eui si sostiene, d'accordo con la "Piattaforma" dei •Russi e col compagno Makhno, che "Il principio del– la responsabilità collettiva" é la base di ogni seria organizzazione. ! Io ho g!a detto, nellu mia critica della "Piatta– forma" e nella risposta alla lettera aperta rh-oitaml da Makhno, qual'é la mia opinione sn questo prete– so principio. Ma poiché si Insiste In una ldea o al– meno in una espresione che mi parrebbe plii a posto in una caserma che fra i grappi anarch'ici, mi si ver– mettcra, spero, di idire ancora qualche parola sulla questione. I compagni del 18.o dicono che "gli anarchie! co– munisti devono tendere a che la loro influenza si eserciti con le maggiori probabllita di successo, e non raggiungeranno tale risultato se non in quanto la loro propaganda si sviluppi in modo collettivo, permanente ed ombgeneo". D'accordo! Ma a quel che pare, non é cosi; poiché quel compagni lamentano che "In nome della stessa organizzazione al quattro ango!l della Francia si spandono le teorie p!ii diver– se, perfino le p!ii opposte". C!6 é molto deplorevole, ma sign!flca semplicemente che quell'organizzazio– ne non· ha un programma chiaro e preciso, compre– so ed accettato da tutti I suol membri, e che nel suo seno vi sono, confusi da una etichetta comune, uo– mini che non hanno le stesse idee e che dovrebbero aggrupparsi In organizzazioni diverse, o restare Iso– lati se non trovano altri che pensano come loro. Se, come dicono i compagni del 18.o, l'U. A. C. R. non fa nulla per stab!l!re--nn programma accet– tato da tutti I suol membri e per mettersi In grado di poter aglre Insieme nelle s!tuaz!onl che si pre– sentano, se-tnsomma l'U. A. C. R. manca di prepara– zione, di coesione, di acco1"10, qui é ll suo torto ed é a cl6 che bisogna rimediare. E non si rlmediera a niente proclamando una "responsabilità collettiva" che, se non é la cieca sottomissione di tu ttl alla vo– lonta di alcuni, é una assur<lità morale in teoria, e, In l)ratica, la irresponsabilità generale. Ma tutto cl6 non é, torse, che questione di parole. Gia nella mia risposta a Makhno lo dicevo: "Pu6 darsi che, parlando di responsabilità collettlva, voi intendete l'accordo e la so!ldar!eta che devono csl– stere tra I membri di una Associazione. E se é co– si, la vostra espresslone sarebbe secondo me una hnpropr!eta Kli linguaggio, ma in fondo si trt1ttereb– be solo d'una questione di parole, e saremo vicini ad intenderci". ·-Ed ora, leggendo cl6 che dlcon 0 i compagni del 18. 0 lo mi trovo abbastanza d'accordo sulla loro manie– ra di concepire l'organizzazione anarchica (molto lontani essendo dallo spirito autoritario che la "Piat– taforma" sembrava rivelare) e mi confermo nella speranza che sotto differenze di !Jnguaggio si nu– sconda veramente una· Identità di propositi. Ma se é cosi,: perche perslstere In una espressione che é contrarla allo scopo di chiarificazione che é stata una delle cause di malintesi provocata dalla "Piattaforma?" Perché non parlare, come tutti quan– ti, in modo da esser compresi e da non creare equi- voc'iT . La responsabllita morale (poiché nel nostro caso non pu6 trattarsi elle di responsabllita morale) é in– dl,·!duale per sua natura. Soltanto lo spirito di do– minazione-, nelle diverse sue manl!estaz!on'! politi– che, militar!,. eccleslastlche, ecc. -ha potuto ritenere responsabll! gli_ uomini di c!6 che quesfi non han– no tatto volontariamente. . Se degli uomini si sono messi d'accordo per tare qualche cosa, e q1Jalcuno di essi, manca~do al suol,

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