Lo Stato Moderno - anno VI - n.3 - 5 febbraio 1949

LO STATO MODERNO 55 munizzare il proletariato stesso dal contagio comunista, violatore di quella libertà -politica che, offesa, si vendica annullando la stessa libertà sociale. La teorica di Saragat include naturalmente l'Italia nella zona ad alto tenore capitalistico. Applicata a rigore, questa dottrina dovrebbe però dimostrare che l'espansione comunista in Italia e in Francia, ad esempio, non è che un trapianto artificioso operato 'dal Cominform, dimenticando tra l'altro la resi– stenza esercitata dal comunismo al fasci!>mo in Italia; e in secondo luogo, che questa salvaguardia dal contagio è efficace solo e soprattutto se esercitata dal governo, an– zichè dal basso, con una legione di apostoli sindacalisti, fino a conseguire autentiche conversioni di coscienza. Que· sta era appunto la tesi della sinistra. Dalla impostazione di Saragat non si deduce però affatto la collaborazione al Governo. E' vero che Saragat ha giustamente sganciato la questione della collaborazione da quella della dottrina socialdemocratica; ma non si vede perchè abbia invece voluto tenervi aggarlciata la questione dei limiti della riu– nificazione. O tutt'e due, o nessuna delle due. * * * E veniamo all'altro punto dolente, che il Congresso non ha affatto sufficientemente dibattuto, e che era il più attentamente eguito dall'opinione nazionale: quello della politica estera. Saragat ha giuocato sulla distinzione, ac– cennata ·da Truman, di paesi affiliati al patto Atlantico, e di paesi tutelati dagli U.S.A. Ora non si può impegnare la politica del partito su distinzioni così fluide. Qui le po– sizioni erano due: patto Atlantico. o _neutralità nenniana. Ci dispiace non poter seguire il centro sinistro, e la sini– stra stessa, nella tesi che predil::a la sicurezza nella fede– razione. Questa tesi è troppo latamente finalistica, voglia– mo dire che è valida solo a grandi distanze di tempo. Nel– la realti, le soluzioni occidentali sono oggi semplice– mente unioniste, costituiscono cioè una estensione del patto di Bruxelles ad una solidarietà tra Governi, tutelata, come Bevin ha detto con chiarezza, dal patto Atlantico. Se si vuole sfuggire a questa formula, resta l'altra, della neu– tralità nenniana. Come la sinistra non si rentle conto che il piano Marshall non è che un punto di partenza di una soluzione più che economica, politica? Che a voler essere coerenti, bisogna essere o simoniniani o nenniani? Ed ecco che ora 1 nòdi stanno per venire al pettine. lnvitati nell'L'111oneEuropea, lo saremo forse tra non mol– to nel patto Atlantico. Saragat verrà fuori col compromes– so della neutralità garantita, che deve pur sostenere non solo per onore alla propria proposta, ma perchè è l'unica formula sulla quale non vi sarebbero dissensi fondamentali del centro e della sinistra. Ma potrà Saragat permanere su questa formula? Ma non si sa forse the la Democrazia Cristiana non ha pregiudiziali contro l'alleanza Atlantica, che non ne ha la Chiesa, che non ne hanno le altre mi– noranze governative, nè i liberali nè i repubblicani? Sarà possibile restare nel Governo su questo dissenso? Ci sem– bra difficile. O Saragat riuscirà a rimorchiare il partito alle conseguenze andreoniane della collaboraziope, fino -'li patto Atlantico, o il P.S.L.I. dovrà abbandonare il Go– verno, determinando nel Governo, e anche nel Paese, tutta una nuova situazione. Ebbene, è forse in questo punto che sta una certa forza del P.S.L.I. De Gasperi non desidera nè crisi nè rimpasto. Certo egli potrebbe sostituire i saragatiani con elementi della propria sinistra. Eppure non accenna a vo– lerlo fare, perchè vi sono in quella stessa sinistra insidie gronchiane che pon gioverebbero alla stabilità jijeologica e politica del Governo. Il P.S.L.I. è in certo senso meno velenoso, meno pericoloso, di certe istanze demagogiche della sinistra democristiana. Ed ha perciò il suo peso nel Governo, perchè permette a. De Gasperi, in tutto agio, la posizione abbastanza comoda, perchè non molto profonda, di un centro tra socialdemocrazia e liberalismo conserva– tore. Ogni spostamento comprometterebbe un equilibrio di cui è oggi facile i dire corna, ma che non è facile a ri– costituire. Ma in che può giovare questo vantaggio iniziale alla sotialdemocrazia? N OJ1 si dimentichi che i ministri socialdemocratici hanno nella compagine governativa solo uno scarso quinto dei posti; che taluno di essi non desi– dera essere rimosso e trova in questo desiderio una remora naturale a trattative severe con la Democrazia Cristiana; che infine, se si vuole rimanere al Governo per rendere efficiente la poiitica interna della socialdemocrazia, biso– gnerà retrocedere sul terreno della politita estera. Nel– l'insi,:jme, un grosso imbroglio. * * * Uno di quegli imbrogli che escono fatalmente dai congressi troppo addomesticati, troppo corretti, troppo preoccupati del « parlare ornato>. Il P.S.L.I. è un partito giovane, e ben circoscritto nelle sue possibilità di movi– mento dalla sua fondamentale adesione al Piano di Rico– struzione Europea. Non avere osato dar espressione a tutte le possibilità di approfondimento delle tensioni in– terne, a questa naturale delimitazione nel proprio ambito politico, ha oggi come conseguenza che il P.S.L.I. risulti piuttosto un elemento di instabilità che di incremento de11a vita pubblica italiana. E che le sue responsabilità e i suoi problemi siano oggi gli stessi che si ponevano alla vigilia del Congresso del Dal Verme. UMBERTO SEGRE Della verità Gli osservatOl'i francesi al recente co,igresso del P.S.L.J. {alme110 quelli coi q11ali ho parlato) era110 tutti c.011cordi 11el congratularsi per la c<tmposte::cae la maturità dimostrate nella dismssi011e. E deve essere vero, perchè erano gli stessi deputati e giornalisti· che, parlando delle sedute al nostro Parlamento, per lo /'iù ste11Ja110 a tratle,,ere 1111 rictus di ilarità. Ma i,, Frmu:ia è dif– fusa 11110 le_qge11da:che "" clima fovidialnle, esilarante e pacioso, re11datutti gli uom111i 1111 po' Pulcinella, da Orvieto i" giù. Ho do– vuto q11i11di sfor::armi a spiegar /oro mediante richiami storici e psicologici il perchè di quel progresso denwcral'ico così insolito da parer si,!golare. - L'ésprit de serieux che voi avete constatato - dicevo loro - 11onè u11fenomeno di latitudine nè di clima. Tanto è vero che nella politica regio,iaJe • Valdostani non se ne so,w mostrati pr<n1- visti pi,ì dei Siciliani. lii realtà sono i ten,pi che ci hanno fatto <seri>, e non solo invecchimuloci ... A I che 11110 dei miei interlocutori si portò educatanumte la ma- 110alla bocca. - Ma come si spiega questo? - i,J.Sistetti.A11che i tempi della g11erra e del dopog11.erra,delle carestie e delle crisi era,w seri. E vfrtfversa noi 110,ici sentwa11w tali. Se be,, ricordo, io allora vissi sotto bombardamenti a tappeto e a ti,ffo c01, nwlta allegria, e 11011 cercavo 111,1111,ieuo di e--Jitarli; e scampai numerose volte dalla cat– tura con un senso di piacevole vrvacità. Partecipavo a co,weg11i, scrÌ'/.'l?'JO articoli, porta-<10 dommellti e manifesti, falsific<r<1a certi– ficati conie se rubassi mele o ciliege; vivevo sulla linea gotica, 1111 gior110 in mez:,o a partigiani e 1111 gionw i11 mec::o a S.S., e qual– che volta passeggiavo sotto impiccati, e infi,ie passai le li11ee,fa– ce11do,ni portare da autocarri della W ermacht fi,w al limite del fro11te, ;J tutto co,1u, in una dmu:a. N011 passo dire che fossi molto serio (Per 111ia fortuna). Oggi invece 1o· so,,o. - Malereux - se11te11::iò un interlocutore esistenzialista.

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