Lo Stato Moderno - anno VI - n.3 - 5 febbraio 1949

52 LO STATO MODERNO in questo campo - ritengo del resto si tratti di una si– tuazione che ho in comune con moltissimi altri - ess·e concludono a risultati senz'altro negativi. Anche nel mio caso particolare lo Stato, cioè, si risolve in una serie di atti facomodi e molesti, da cui il suo credito e il suo buon nòme ne riescono, in definitiva, sminuiti. Decisamente gli aspetti negativi dell'organizzazione statale hanno preso il sopravvento, hanno messo in ombra i lati positivi; e, in conseguenza, nella mia memoria permangono ricordi sol– tanto spiacevoli. Allorchè, ad esempio, in alcuni casi sono diventato oggetto di qualche pratica burocratica, ho riportato sem– pre l'impressione di essere preso in qualche organismo misterioso che, una volta messo in movimento, ·procedeva innanzi attraverso una serie di atti e riti misteriosi. Il segreto di quegli atti assai probabilmente era contenuto nelle lettere e nelle cifre di cui erano contrassegnate le varie cartelle sui tavoli degli impiegati; ma il significato sfuggiva ad ogni mia comprensione. I templi di questi complessi e complkati riti sono i Ministeri; e tutte le volte che sono costretto a varcare le soglie di quei pa– lazzi, mi assale un senso di sgomento e di inanità; infine. ne riesco, convinto sempre della verità dell'antico fato é destino che sovrasterebbero agli uomini. Seco,ndo quel che ho detto, è evidente che in questo mio - e' nostro - atteggiamento gli aspetti negativi han– no preso il sopravvento sui positivi; ma tale è l'opinione e lo stato d'animo della maggioranza; ed in realtà presso di noi lo Stato è risultato sempre eccessivamente centra– listicb, pronto a sacrificare alla macchina burocratica le esigenze dei cittadini, incapace quindi di accorgersi e comprendere appieno, dato il meccanismo uniforme posto in essere, le aspirazioni ed i bisogni delle popolazioni, di– versi e vari da luogo a luogo. Sotto questo punto di vista, i vari tenlativi allo scopo di offrire al singolo cittadino i mezzi con cui egli sia in grado di difendersi dalla prepo– tenza e dalle troppo amorose cure del potere centrale, vanno accolli con il più grande favore. Oltre tutto, i bene– fici effetti di una organizzazione rettamente e sanamente decentrata consistono nello stimolare, nel far fiorire le energie dal basso, nel concorrere, ossia, alla nascita !.li una rigogliosa vita locale. Ma sulla via, che alcuni vorrebbero imboccare e che a11paiono decisi a percorrere sino in fondo senza dubbi od esitazioni di sorta, il risultato che ne ueriva è di an– dare molto al di là del segno, di provocare con ogni pro– babilità danni e guai ben maggiori dei precedenti. Il problema, s'intende, ha importanza e riflessi nazio– nali; ma a noi in questo punto interessa considerare l'e– sempio particolare del Mezzogiorno. Ciascuno di noi dovrebbe oramai esser convinto della sostanziale giustezza delle rivendicazioni del Mezzogiorno. La questione meridionale, d'altronde, ha radici che affon– dano saldamente 11.ellastoria; e non è davvero il caso di ripeterne qui i motivi e gli aspetti più importanti. Basti accennare che nell'anteguerra il reddito· medio del citta– dino e sudista > risultava la metà di quello del cittadino e nordista ~- Ma proprio per ciò, le cose sono oggi giunte a tanto che nella struttura in gran parte arretrala, ed in talum casi addirittura feudale ancora in vigore laggiù, lo Stato con ie sue scuoJe, le sue strade, le sue ferrovie ecc. rap– presenta un elemento di progresso, uno strumento di civi– lizzazione, una forza attiva e innovatrice. Il mito separa– tista - che dopo tutto è l'estrema degenerazione di un non bene inteso decentramento - inconlra grandissimo . favore presso quegli elementi più arretrati (grandi pro- prietari agrari e latifondisti) che auspicano oggi nuove strutture unicamente ,per il loro tornaconto. Sappiamo che il decentramento cui gli spiriti vera– mente democratici ed illuminati mirano è qualcosa di assai diverso; e noi stessi abbiamo convenuto sugli inconve- nienti di un eccessivo centra'lismo. Si tratta, ossia, di ri– mediare a certe sperequazioni iniziali troppo rilevanti, di modo che c'è chi parte de·J tutto favorito e chi, invece, troppo poco; di farla finita una buona volta ,con certe in.– giustizie per cui le risorse, le tasse, i risparmi di una re– gione sono adoperati in minima parte alla soddisfazione dei bisogni locali; occorre soprattutto trovare un con– temperamento, attenuare l'organizzazione statale per ciii che essa ha di troppo rigido, anonimo e distante; ma non più oltre, non più in là. Si tenga presente che c'è chi in– tende barare al gioco; e a non sapersi guardare da co– storo, al posto del prefetto o del carabiniere, s: finirebbe col sostituire qualcosa di assai peggiore. Una buona causa cesserebbe allora di essere tale. ROMANUS Polemichetta SUI supplenti Ernesto Ross( che è tra i nostri più cari mnici e collab<>ratori, pare sia andato oltre il limite del pa::ie11tabile,q1<ando,11el < Cor– riere > del 29 gemiaio, ha messo tutti in un maz20 le migliaia cli supplenti delle srnole repubblicane, trattandoli d'ignoranti, di bestie, di peste della sc-1<ola, e via dicendo. A chi poi gli ricordwa che a sister,iare questa dolorosa faccenda del s11,pple11tato solo i conco1'.fi giO'llm10,e che a q1<esto, lui statistico il/11stre,neppure a.veva pe11satv, rispondeva e/te q11estope11siero11011 rie11trwa per il momento 11eisuoi ass,mti. Ma ciò che piiì è dispiaciuto si è che il Rossi in.mltasse non solo aJ/'i11compete11::a, ma alla miseria dei supplenti, a quel loro mi– serabile stipendio che pure fa loro gola, come fa gola a tutti, il pane quotidiano. Noi siamo, col more, per i mpplenti. Ma col cervello "°" ci è possibile 11011 rico11oscerea11chetalii,ia delle ragioni e/te Ernesto Rossi ha <J"<1anzato sia nel primo e più spiacente suo articolo, sia nella risposta, e/te il «Corriere» ha successivamente p11bblicato, aliCJ "iu– stificata protesta dell'altro 11ostro caro amico Antemio Basso, Pre– .<idente dell'Associa:;io,,e della Smola Media. Di queste ragioni, ce n'è una eh.e a noi sembra fondamentale, ed è il rilievo del Rossi riguardo a q11,elci11q11a11ta per cento dei pasti che la legge riser·va ai reduci, stabile,uio l'assurdo criterio che tra il mpplente abilitato 11011 reduce, e il red11ce 11Q11 abilitato, debba vincere il sec011do, solo perchè red1<ce.Non ci sembra cioè che quel pane q11otidw110di mi sopra parlwamo, divenga più giu– stamente appetito dai reduce che dal 11011 reduce, e che debba mm,.– giarne meno o nlllla 1111 abilitato solo percl,è non redt4ce. Certo, J siamo qui a NCQJ'Oscereche i redt4ci meritm,o particolar riguardo per quel che hanno sofferto, per il ritardo subìto 11el/apersonale J carriera da 111aggiorforza di circostanze, ecc. (per quanto la so· spensi011e di p11bblici c01icorsi abbia colpito altretta11to i "°" re- d11ci costretti a tutt'oggi alla condi::i01ie di s11,pple11t<). Ma questa soddisfa::io11e che i reduci 111erita110 t1011 dmoYebbe andare oltre u11 determi,iato punteggio attrib1<ito,in 11na1111ica graduatoria e senza 1 ref>arti privilegiati, alla loro Ql<alifica. E d'altra parte ha ragi01ie il Rossi a rilevare la parte scarsissima che viene riservata, nelle I graduatorie per i mPf>lenti, ai meriti scie,,tifici, alle pubblicazi011i, ecc. Se, p1<tacaso, "" non reduce avesse avuto il saldo cuore di I c011ti11uarea lworare scientificamente durante quella g11err1Jlo– tale di Citi la popola::ione civile ha sofferto t1on certo quanto i I c01nbattmti, ma 1111 pochino senza dubbio, perchè q11esto non do- vrebbe venir eqt4amente co11teggiato? J Dove Antonio Basso ci lrO'lla peraltro del tutto c011senzie11ti, si è nel desiderare che si p011ga termine aJ vezzo di gi11dicare in I blocco, con ditirambi o con stroncature, fotere categorie di cit– tadini: soprattutto se le stro11cature parto110dalle colo1111e del e Cor- I riere della Sera> cm, "" effetl'o deleterio e i11gi11stificabilesul- I /'opi11io11ep11,bblicaitaliana, e particolarmente su quella sospetto- sissima, e spesso a torto, di padri e 11iadri. J Dobbùvmo ricordare noi all'amico Rossi e/te c'è i11 Italw, co- 111edisse 1111a volta in tt.tta serietà il Gramsci, 1111 partilo del e Cor- J riere della Sera>, e non certo il me110 co11fon11ista? S. M.. I I

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