Lo Stato Moderno - anno VI - n.3 - 5 febbraio 1949

LO STATO MODERNO 53 A LUMI Al Congresso Nazionale il Partito Socialista dei La– voratori Italiani è ·apparso, gros·so ,modo, distinto in due mental'ità, e pertanto in due correnti. All'i'nizio almeno, Saragat era in tutta ev?denza il vero « centro» del par– tito: alla sua destra, in una gradazione assai varia, che ha però i suoi apici in Simonini e Andreoni, si distende tutta la democrazia rad'icale di questo partito, voglia'mo dire una frazione che si ritiene impegnata quasi esclusi– vamente al1a difesa della libertà politica, quale sembra da urgentemente tutelare nei riguardi del comunismo. Ne tl.iscendono implicazioni politiche precise, quella della col– laborazione politica con la Democrazia Cristiana in nome dell'alleanza elettorale del 18 aprile; una certa verbale resistenza all'invadenza stessa ·della Democrazia Cristiana come prassi di politica 'interna; ma soprattutto una con– cordia, se non una sollecitudine, sul punto della politica estera, da portare a tutte le legittime conseguenza del– l'impostazione occidentalistica. E' molto difficile discernere che cosa questa destra social'<lemocratica serbi in ·sè della tradizione socialista. Non c'è dubbio che il «sentimento» di Simonini è so– lidale con i ceti dei lavoratori meno progrediti e meno retbbuiti; ma è anche evidente che la sua politica è in primo luogo dedicata a preoccupazioni liberali e democra– tiche generiche. Quanto ad Andreoni, questi è certamente un cervello chiaro e proclive alle antitesi ultimative. Ma il suo anticomunismo non ha limi.ti i"deologi'ci precisi e positivi; è un anticomunismo alla Kravcenko, che sa mol– to, troppo di passionalità personale per poter essere poli– ticamente apprezzato. Anzi : due punti foddamentali del discorso di An– dreoni ci hanno dato da pensare. Anzitutto quell'appello al « popolo italiano>. che ci parve, anche per un sociafde– mocratico, troppo generico e pertanto peri'coloso. Ogni par– tito deve preoccuparsi di trovar seguaci tra coloro che ne accolgono i princi-pi: il « popolo italiano» è un semenzaio troppo ricco di vocazioni politrche, per poter indiscrimi– natamente venir evocato e sollecitato. Quanto \:lire che, per poter aspirare ad accoglierlo tutto, non vi sono oggi in Italia che pochi motivi veramente efficienti: quello co– munista, quello cattolico, quello liberale, e quello naziona– listi'co. A quale di questi ascriveremo l'appello di Andreo– ni? Lasciamo la sce'Ita al lettore che abbia preso visione del discorso del vicesegre1:!iriouscente del Partito. L'altro punto che c'insospettì fu lo spauracchio, agi– tato da Andreoni, del neofascismo. Andreoni volle esem– plificare, e ricordò il rapido suctesso 'di Giannini; ma non disse anche quello che si doveva aggiungere, e cioè che il « qualunquismo » si sgonfiò da solo, e sotto i colpi congiunti dei comunisti e democristiani; e che oggi non esiste pericolo fascista che Scelba, se vuole, non possa frustrare. Ma Scelba sa da solo che non gli sono concesse illimitate indulgenze nei rigua-rdi del neofascismo: perchè la stessa legge internazionale. che lo porta a contrastare una politica comunista di forza, non tollererebbe una po– litica di forza da parte tiella destra. Non sarà dunque la socialdemocrazia andreoniana a tener desta la vigilanza di Scelba : sarà lo stretto interesse e quel tanto di antifasci– smo che ancora sopravvive nella Democrazia Cristiana. Ma perchè allora Andreoni ha evocato questo spettro? Anche qui lascierei la risposta all'attento ascoltatore del– l'orazione andreoniana. Tali alcuni caratteri della frazione del partito che si colloca alla destra di Saragat. Ma ciò che in essa più col- I SPENTI pisce è poi la mancanza di una fondamentale caratteriz– zazione: quella che possa validamente distinguerla dalla Democrazia Cristiana. Ho posto la questione a taluno tra i suoi più eminenti portavoce. Mi è stato risposto che non è difficile indicare la differenziazione rispetto a De Gasperi, ~na molto più arduo fissarla ne'i riguardi di un Dossetti. A questo punto ho timidamente avanzato una ipotesi: « Ma lei non è classista?». Certo, il mio interlo– cùtore era classista: ma non si sentiva di ricavarne alcuna conseguenza. In realtà il classismo è ormai lontano da un partito nel quale, come precisò lo stesso Simonini, i temi sindacali non riscuotono alcun interesse tra i dirigenti, che sogliono squagliarsela quando questi temi arrivano all'oi'dine del giorno di una riunione di Direzione. Ma allora su che cosa si fonda la discriminazione rispetto alla Democrazia Cristiana? Solo sul laicismo? Tale parve t>ssere l'avviso di Saragat: ma è un tema troppo ristretto, e soprattutto fondato su concezioni anticonfessionali che richiedono di essere dottrinarialmente rivedute. * * * Fluida la frontiera di destra. è assoh.ltamente ferma la frontiera di sinistra? Apparentemente senza dubbio, perchè essa è fondata su un 'dato di fatto: il patrocinio che tutto il P.S.L.I., quali ne siano le. tendenze, dà alla partecipazione italiana al Piano di Ricostruzione Europea, e dell'uso obbiettivo, anzichè privilegiato, del fondo lire. Questo è forse. a ben guardare, il solo punto fermo comu– ne a tutto il P.S.L.I. Ne discendono altre conseguenze unitarie, sebbene assai ristrette sul terreno della effica– cia pratica, come quella di una precisa avversione agli scioperi politici e all'impegno comunista di sabotaggio del piano Marshall. Ma abbiamo soggiunto che questo atteggiamento ha portata assai ristretta, come, documenta tutta la vicchda della partecipazione del P.S.L.I. alla politica cigiellista, che è una parte'Cipazione fatta di verbali proteste, senza serie conseguenze a dànno del predominio di Di Vittorio. In tali condizioni tuttavia la sinistra è convinta sia op– portuno ai sindacalisti socialdemocratici rimanere al loro po~to di lotta in ,-seno a11a stessa C.G.I.L. Ndi cdrnpren– diarpo benissimo il fondamento di questa posizione. An– che volen'do escludere 'Che la sinistra si pieghi alla sug– gestione del vecchio ma sempre possente "mito unitaristico, le condizioni per uscire dalla C.G.I.L. non sono più sem– plici di quelle in cui si porrebbe l'opposto problema di uscire dai Governo. Uscire dalla C.G.I.L.: e po-i? Fino ad oggi, com'è ben noto, il seguito operaio del sindacali– smo socialdemocratico non è imponente; si presenterebbe d'altra parte immediatamente il proble'ma 'del rapporto con la Libera Confederazione del Lavoro. Escludere una collaborazione significherebbe contribuire allo spezzetta– mento del fronte operaio; accoglierla, significherebbe ac– cettare anche tutte le ipoteche interclassiste che gravano sulla federazione cattolica. Si comprende che in questo frangente la sinistra predi'chi la permanenza nella C.G. I.L., che è stato però, sinora, un votarsi o quasi, all'im– potenza; mentre la destra, e lo stesso Canini, sono per la formazione di una confederazione apartitica, la quale, per la sua stessa origine, sarebbe natura/iter socialista. Ma questo progetto, per le difficoltà sopra ricordate, resta discretamente campato in aria. II tema sindacale è lo specchio dell'indirizzo della sinistra: o uno almeno degli specchi più significativi. Es90

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