Lo Stato Moderno - anno VI - n.3 - 5 febbraio 1949

LO STATO MODERNO 51 LETTERE ROMANE ALTA CORTE E REGlONI La discussione, in Senato, sulla costituzione e il fun– zionamento dell'Alta Corte ha richiamato l'attenzione dei circoli romani sul problema delle regioni e sull'ordina– mento regionale. Per quel che concerne, in particolare, l'Alta Corte, i ,pareri erano difformi e divisi: ciascuno dei gruppi par– lamentari, attreverso i rispettivi leaders, ha fatto omag– gio ad una legge concordemente salutata come affatto de– mocratica, perchè intesa ad esercitare un sindacato di costituzionalità, a dirimere conflitti di attribuzione lrll i vari poteri dello Stato, ed a giudicare, infine, sui reali commessi dai Ministri o dallo stesso Presidente della Re– pubblica. Quest'ultima eventualità - di trascinare di fronte alla sbarra degli accusati il Capo dello Stato - ha rac– colto l'approvazione dei temperamenti più sanguigni e giacobini, del tipo Berlinguer e soci, i quali non hanno mancato di mettere in evidenza ]a innovazione compiuta in questo campo dalla Costituzione repubblicana, nei con– fronti del vecchio Statuto alberlino, il quale, come è no– to, considerava invece, la persona del re < sacra> ed in– violabile. Ma quali siano state le interpretazioni dei vari ora– tori su questo o su quell'altro punto partico'lare, e le ma– nifestazioni formali di consenso, le preoccupazioni - anche se non espresse in tutte lettere - sono di dar vita ad un organismo eccessivamente macchinoso e comples– so, e destinato, anzi, ad inceppare 1'4ntiero corso della giustizia, Mentre scriviamo, la discussione a Palazzo Ma– dama è nel suo pieno sviluppo; comunque, se il progetto di legge sarà varato secondo quanto propone il testo ap– prontato dalla Commissione, avremo modo di assistere a cose veramente amene ed assai poco edificanti. Una speciale disposizione stabilisce, infatti, che in qualsiasi fase di un giudizio che si celebri dinanzi a qualsiasi au– torità giurisdizionale, una delle parli, o il pubblico mi– nistero, possono sollevare questione di legittimità costi– tuzionale mediante apposita istanza. Tocca poi - s'in– tende - all'autorità giurisdizionale esperita emettere re– lativa ordinanza, con la quale stabilire se la richiesta è fondata, oppur no; e, nel primo caso, sospendere il' giu– dizio in corso, e disporre la immediata trasmissione della propria ordinanza e degli atti all'Alta Corte per le sue decisioni. La notizia di una simile procedura si è già diffusa per Roma, e in ispecie negli ambienti del Palazzo di giu– stizia, con la conseguenza che tutti coloro i quali hanno giudizi pendenti cercano, già fin da questo momento, di guadagnar tempo, di non pervenire alla fase finale del processo, alla sentenza. La legge, cui Palazzo Madama si appresta a dare il via, potrebbe, infatti, intervenire egre– giamente a vantaggio di chi sa di aver torto, allo scopo di lasciare durante un lungo periodo di tempo - in at– tesa, cioè, del giudizio dell'Alta Corte - le cose come sono .e favorire, quindi, il possessore illecito di un bene o chi gode di un dir iIlo che non gli spetta. In tutto ciò, v'è da tener conto dell'enorme carico di lnoro che grava stùle spalle dei giudici, in ispecie delle giurisdizioni inferiori, i quali, con tante cause loro asse– gnate, saranno ben contenti di sbarazzarsi, sia pure tem– poraneamente, di un certo numero di giudizi; e favori– ranno, quindi, sia pure involontariamente, il desiderio di guadagnar tempo della parte che si sente in difetto. L' Al– ta Corte finirà con il trovarsi di fronte, quindi, ad un compito immane, ad una mole sterminata di ricorsi e comparse; e se si pensa, inoltre, che i quindici membri del Supremo Conse~so debbono giudicare a"1che dei con- flitti di attribuzion·e tra i poteri dello Stato e tra lo Stato e le regioni, le prospettive divengono ancora pii1 incerte · e problematiche. Le male lingue dicono che lo scopo della creazione di un simile organismo consisterebbe nel collocare in una degna e dignitosa posizione quindici valentuomini, e in testa a tutti il Presidente della Corte, che in un primo momento sembrava dovesse essere l'onorevole Ruini, suc– cessivamente sostituito, a quanto sembra, nelle'intenzioni del governo dal vetusto Vittorio Emanuele Orlando. Se le cose stanno in questo modo, sempre le suddette male lingue fanno osservare che la questione avrebbe potuto essere risoluta in maniera assai più semplice e meno complessa, senza creare un così grosso impaccio all'in– tera vita giuridico-costituzionale dello Stato. Ma quelli che abbiamo fin qui delineati sono gli aspetti forse meno interessanti della questione: il tem– porale si è scatenalo, infatti, a proposito della assurda coesistenza di un'Alta Corte Costituzionale siciliana; (san– cita dallo statuto dell'Isola e, anzi, già posta in essere), con l'Alta Corte nazionale. L'assurdo di un tale doppione (se non altro, perchè avrebbe potuto darsi il caso che una legge giudicala incostituzionale dal primo tribunale fosse considerata invece provvista del crisma della costi– tuzionalità dall'altro tribunale) è apparso subito evidente. Nel caso della Sicilia, si è creduto di poter giustifi.care l'irraz"ionalilà della situazione dinanzi a cui ci si è tro– vati di fronte, ricordando che lo statuto siciliano è stato approvato - dalla Assemblea Costituente - prima della Costituzione, e che la prevista e necessaria legge di coor– dinamento non è stata mai attuata. E' evidente, però, che inconvenienti di analoga portata e tenore - tra poteri dello Stato e poteri delle regioni - possono ìnsorgere in qualsiasi momento e in qualsiasi occasione. In conse– guenza, gli spiriti più attenti e meditativi si sono messi seriamente a riflettere sulla conveniem:a, o meno, del nuovo Ol'dinamenlo regionale, a cui si vorrebbe dar vita. Nilli ha avuto, addirittura, parole di fuoco: ha espli– citamente affermato che le cause della rovina del Paese vanno ricercate nella proporzionale e nel regionalismo; nei confronti di quest'ultimo ha fallo rilevare anzi che, proseguendo nell'andazzo, gli attriti, i litigi fra le dician– nove regioni e lo Stato saranno tali e tanti che finirà per· riuscirne compromessa la stessa unità italiana. In proposito, si sa come le cose si sono svolte, e come dal generale favçire - dei primi mesi dopo la liberazio– ne - per un ordinamento statuale a base regionale, si sia passati ad un secondo tempo, quello presente, dove i giudizi risultano assai diversi. In tutto ciò, in questo mu– tamento <li opini,oni, occorrerebbe vedere, secondo taluni, un rovesciamento di fronte soltanto a scopi tattici: l'or– ganizzazione, e più le elezioni regionali sarebbero stàte auspicate dai diversi raggruppamenti politici prima del 18 aprile allo scopo, unicamente, di correggere e retliflcare, attraverso una successiva consultazione popolare, risultati non troppo favorevoli al proprio partito. Del tutto conse– guente, allora, che i democristiani, regionalisti prima del 18 aprile, abbiano mutato opinione dopo quella data; e viceversa per quel che concerne, invece, i eomunisti, e via via gli altri settori dell'emiciclo parlamentare. Ma l'interpretazione sopra riportata è forse troppo semplicistica; e, comunque, non in grado di offrire una. spiegazione esauriente. In ogni problema, anche il più vasto e generale, se si desidera veramente venirne a capo, ciò che conta, a mio modo di vedere, sono le diverse personali esperienze; 11 per quel che riguarda le esperienze fin qui da me fatte

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