Lo Stato Moderno - anno V - n.15-16 - 5-20 agosto 1948

362 LO STATO 'MODE R N O e dello svolgimento democratico? C'è chi dice che non ne avranno il tempo. Ma anche ora grosse responsabilità ricadranno so– prattutto sui socialisti e sui cattolici. La S.F.I.O., che aprendo l'inutile crisi intendeva dire al governo che 110n voleva veder liquidato sollo i suoi occhi e con la sua corresponsabilità il dirigismo econo– mico che aveva imposto, con l'accettazione di partecipare ulla formazione Marie è sperabile che abbia inteso innan-– zi tutto accettare una corresponsabilità nella difesa del metodo democratico; come i cattolici è sperabile abbiano inteso che i problemi della Francia di oggi sono più a– perti di uno schema confessionale. Da nessuna parte si è taciuto che la prova che attende BERLINO E I L,e ultime notizie da M-0sca riguardo alle trattative fra U.R.S.S. e AlleJti Occidentali sulla questione •li Berlino e per tutto il problema della Germania, an– nunziano che gli ambJsciatori di Francia e Stati Uniti, Yves Chataigneau e Bedel Smitl{, e l'inviato inglese, il segretario particolare di Bevin, Frank Roberts, si so– no intrattenuti già varie volte con Molotov e Stalin e che i colloqui continueranno. E' estremamente diff cile prevedere quale potrà essere l'esito di questi e dei futuri incontri, soprattutto perchè essi con ogni probabilità non condurranno ad uno di quei risultati chiari, netti, inequivocabili, che si possono tradurre nella stipulazione di un accordo tra contraenti, o comunque esprimere in una formula rias– suntiva tale da costituire un punto d'arrivo; ma segne-· ranno p:uttosto un punto di partenza. Quello che si può dire ora, con la certezza di non avventare profezie, ma di riepilogare i fatti che si so– no venuti svolgendo e spesso accavallando negli ultimi intensi anni di vita politica e d'plomatica mondiale, è che da questo punto di partenza due vie si dipartono. Una breve, ripida, irta di spine, in fondo alla quale c'è uno sbocco che si chiarrn guerra; e questa sarebbe la sola strada da percorrere in caso di fallimento dei negoziati. La seconda, più ampia e comoda, sebbene pie– na di svolte pericolose. Dove possa portare quest'ulti– ma che vogliamo credere sarà quel!J seguita, e che è la strada dei negoziati intorno a questioni sempre più ampie, superanti il problema dell'assestamento più o meno provvisorio della città di Berlino ed anche della Germania nel suo complesso, è ciò che non si può dire: perchè dipenderà dall'andJmento delle d'scussioni, e cioè dall'abilità d:plomatica degli interessati, ·dalla vo– lontà e dalla decisione con cui gli occidentali - in modo partjcolare gli Inglesi ed i Francesi che sono, come ve– dremo, i più direttamente impegnati insieme agli altri popoli europei - dimostreranno di voler approfittare della situazione parzialmente favorevole dal punto .di vista del tempo a disposizione, per rafforzare, anzi per creare, lo strumento capace di frenare il fatale espan– sioi;iismo russo. Di creare, cioè, l'Europa -unita ed indi– pendente. C'è poi, oltre a questa volontà e capacità, un ultimo fattore - ultimo perchè è quello di cui meno si parla, ma che è in realtà il più importante - ed è il fattore economico, di cui ci occuperemo più avanti. Notiamo ancora un sintomo, per ora vago, ma pur significativo in questo caso in cui certamente trionferà la « diplomazia segreta»; e che è un indi51e di serietà, dopo tutte le prove precedenti, dallo scambio di note russo-americane alla guerra fredda, nelle quali l'intento il ministero è ùefinitiva: ora spelta al Governo dimostrare se De Gaulle ha ragione quando chiede nuove elezioni, di– cendo che l'Assemblea non si. sente più rappresentativa del Paese e dei suoi interessi (e sottintendendo che una Assemblea è inutile quando si ascolli lo spirito di gran. deur dei francesi); o se il partito comunista ha ragionr quando in questa crisi scorge la débacle di una classe di– rigente e la fin.e di un modo e di un costume politico. Tutto si paga, diceva Léon Gambetta, e c'è una giusti– zia immanente. Sta ai partiti democratici dire che questa giustizia sugli errori della democrazia non avrà nome ni, Dc <.i:rnllenè Thorez. FRANCO CINGANO SUOI SVILUPPI propagmdistico, specie da parte russa, soverchiava, rendendo quasi impossibile intendere fin dove arrivaS– sero il desiderio e la volontà di fare sul serio. Voglio alludere alle reazioni della stampa ed a quelle dell'opi– nione pubblica - di quest'ultimit specialmente, meno smaliziata e quindi più rappresentativa - delle tre Potenze Occidentali. Si può notare in queste reazioni una oscillazione dal senso di panico (anche la corsa agli armamenti, anche l'insistenza sui problemi puramente militari, sulle al– leanze e sulle garanzie sono, più spesso che un segno di prudenza e di fermezza, indice di panico) all'ottimismo affiorante; e in questa oscillazione mi par possibile ve– dere, non solo l'espressione di un dubbio circa gli av– venimenti più prossimi (poichè non molti forse hanno obiettivamente creduto che la guerra stesse per scop– piare fra poche settimane, malgrado certe affermazioni allarmistiche ai;i.che di giornali autorevoli), ma anche il riflettersi di una situazione che lascia tuttora aperta la possibilità di un'opera costruttiva duratura ed effi– cace. Se la coscienza di questa possibilità si tradurrà poi in un lavoro fattìvo, in un atto di decisa volontà degli europei, lo dirà l'avvenire. E' ancora, e soprattutto, interessante osservare che, nonostante il segreto che ha circouda.to queste prime mosse, le reJzioni nei tre paesi occidentali presentano diversità dense di sign;ficato, su cui gioverà soffermar– si, perchè pongono in luce un aspetto della questione berlinese di primaria importanza. ••• La politica svolta dagli ex-alleati di Occidente e d'Oriente dopo la guerra, polit:ca che cominciò a de– linearsi fin d1i primi incontri e scontri per la s· esura dei trattati di pace con i paesi vinti (particolarmente sign;ficativa a questo proposito la Conferenza di Pa– rigi per il trattato di pace con l'Italia), appJrve, e più appare oggi, tale da portare veramente, attraverso par– ziali compromessi già minati sul nascere, àd uno scon: tro mJggiore, che già allora era facile prevedere che s 1 sarebbe avuto a proposito della Germania. (Questa po– litica abbiamo cercato di delineare recentemente anche su queste colonne). Il fatto che la Germania dovesse diventare il luogo principale di scontro era ovvio per molte ragioni: la importanza del Paese da ogni punto di vis:a e specia!· mente da quello industriale; la sua posizione geog-raf!– co-strategica nel centro dell'Europa; la paura che il colosso abbattuto ancora suscita, con tutte le. sue con• seguenti possibilità di giochi e di speculazioni che la paura stessa fa nascere.

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