Lo Stato Moderno - anno V - n.15-16 - 5-20 agosto 1948

LO STATO MODERNO 341 CRISI DELLA C. G. I. L. Per il 2• Congresso nazionale della C.G.I.L., tenuto nella primavera del 1947 a Firenze, la corrente sindacale cristiana aveva proposto, nella sua mozione introduttiva, che venisse' e modificato radicalmente, nel testo e nello spirito, l'attuale art. 9 dello statuto provvisorio ». Nel– l'illustrare le ragioni della richiesta, il Popolo (2 niarzo 1947)metteva in luce l'inopportunità di « lasciare ancora in mano ai dirigenti di un organismo che vuol riscuotere la fiducia di tutti i lavoratori, non importa come la pen.– sino in fatto di politica, di religione, di murale, una cam– biale senza scadenza, un mandato cosi indeterminato. senza sapere esattamente fin dove arriverà lo sviluppo della democrazia e quale sarà l'ultima conquisia compre– sa nelle libertà popolari ». Nella sua relazione al Congres– so, !'on.. Giulio Pastore, nel ribadire la proposta a nome della sua corrente, affermava: e A Napoli non potevamo rare delle deduzioni sugli aspetti negativi dell'art. 9; ma le facciamo oggi dopo aver raccolto un'esperienza con– creta>. Dalla vivace discussione che ne seguì, uscì approva– ta, con l'adesione dei socialdemocratici e dei repubblica– ni, una nuova edizione dell'art. 9 proposta dalla maggio– ranza socialcomunista, nella quale, fatte alcune conces– sioni puramente formali, veniva ribadito il principio so– stanziale che « la Confederazione dovrà prendere posizio– ne sui problemi politici che interessano la generalità dei lavoratori, come quello della difesa della Repubblica e dello sviluppo della democrazia e della libertà popolare>. I sindacalisti della corrente cristiana non. si dettero però per vinti; ed in una dichiarazione ufficiale davanti al Congresso si riservarono il diritto di giudicare, di volta in volta, nei singoli casi concreti, le eventuali applicazio– ni di questa pretesa della C.G.I.L. di « prendere posizio– ne > su problemi politici di carattere generale. Questo avveniva nel giugno 1947: sei mesi dopo, nel corso delle grandi agitazioni sindacali intese a mettere in difficoltà il « governo nero» avanti dello scioglimento della Costituente, che presero inizio nel Nord con lo scio– pero dei braccianti e si conclusero a Roma col tentati– vo di uno sciopero generale, i sindacalisti cristiani mi– nacciarono di rendere operante la riserva che avevano fatto al Congresso fiorentino. L'occasione fu offerta dal < tentativo sedizioso» (così lo chiamò Pastore) della Ca– mera del Lavoro di Milano, che aveva dato la sua adesio– ne alla clamorosa manifestazione inscenata dai partiti dell'estrema sinistra per protestare contro la sostituzione del prefetto Troilo. L'on. Pastore dichiarò testualmente: < Per quanto ci riguarda, dobbiamo formalmente richia– mare le nostre riserve fatte in sede congressuale ·circa l'applicazione dell'art. 9 dello statuto confederale, riser– ve che in queste circostanze diventano operanti >. Pochi giorni dopo, aveva inizio a Roma Io sciopero generale: e la corrente cristiana della locale Camera del Lavoro ancora una volta sollecitava i suoi aderenti a non Partecipare alla manifestazìone, a non « cedere a impo– sizioni politiche>. Si verificò così la prima incrinatura della solidarie– tà sindacale. L'on. Di Vittorio la commentò con parole· minacciose (« Chi non si attiene o, peggio, fa 'propaganda in senso contrario, si pone automatic/lmente in conflitto e quindi al di fuori dell'organizzazione. E' indubitabile rhe tale questione sarà affrontata dal prossimo Comitato direttivo>); le quali provocarono la pronta replica del Comitato d'intesa sindacale d,ella corrente cristiana per la provincia di Roma (« Se la maggioranza socialcomuni– sta dovesse tentare una qualsiasi azione di rappresaglia, la corrente cristiarra ne trarrebbe le logiche conseguen– te>). , Il e prossimo Comitato direttivo>, che si riunì il 30 dicembre, raggiunse una soluzione di compromesso fra il richiamo della maggioranza socialcomunista ad un mag– gior rispetto della disciplina sindacale e la richiesta del– le correnti minoritarie che fosse assicurata una più ri– gorosa applicazione all'art. 59 dello statuto confederale, il quale prevede per la proclamazione dello sciopero l'ap– provazione « della maggioranza dei lavoratori interessati >. Il rappresentante della corrente socialista, con l'adesione dell'on. Di Vittorio, presentò delle proposte intese ad as– sicurare un rafforzamento della politica unitaria confe– derale attraverso il riconoscimento del diritto delle sin– gole correnti a far valere una certa autonomia entro l'am– bito dell'organismo unitario. Come è noto, queste concessioni furono deplorate so– lennemente al VI• Congresso del P.C.I., che si riunì po– chi giorni dopo. Nella sua relazione ufficiale, !'on. To– gliatti osservò: « Studiando con attenzione il contenuto di questo accordo, e sopratutto riflettendo al fatto che uno dei punti di esso consente ad una parte degli orga– nizzali nei sindacati anche di restare assenti da lotte col– lettive decise, come lo sciopero, ci siamo chiesti se i no– stri compagni non abbiano pagato un prezzo troppo alto per mantenere l'unità >. L'on. Grieco, relatore in assen– za di Longo per la parte sindacale, faceva anzi delle pro– poste concrete, tali da svuotare il documento Santi-Di Vit– torio del suo contenuto. · I rpesi successivi furono assorbiti dalla campagna e– lettorale.· Nella Confederazione fu trovato un modus vi– vendi di attesa fra le diverse correnti. Ma, dopo la vitto– ria elettorale, i d. c. si lasciarono suggestionare dalla spe– ranza di un « 18 aprile sindacale>: come ebbe a dire con poco tatto il vice-segretario della D. C. 9n. Taviani. In quei giorni era stata conclusa un'Alleanza sindacale fra le segreterie politiche dei partiti governativi; ed i d. c., nell'euforia del successo, commisero l'errore di con– siderare ormai superata la posizione di sei mesi prima, qi.anèo sollecitavano una maggior tutela dei diritti delle correnti minoritarie. Ormai manifestavano il proposito di tentare la ,battaglia elettorale anche entro l'organizzazio– ne sindacale mirando a dare la scalata ad alcuni posti chiave di delicati settori della Confederazione. Fu un grosso errore; fu un grave •peccato di orgo– glio. La posta in gioco della polemica sindacale, secon– do i d. c. accecati di superbia, non era più la difesa delle correnti minoritarie contro i soprusi della maggioranza, bensì la conquista stessa della maggioranza da parte di una corrente minoritaria. Questo proposito dei d. c., di o!lenere delle concessioni capaci di consentire un'affer– mazione della loro u,rre.,te, capaci di oortare i loro cte– legati in alcuni dei seggi occupati dai comun,sti, fu rosì sconvenientemente manifesto da suscitare malumori e dis– sensi fra gli stessi partiti della Alleanza sindacale: che era stata appena costituita e che praticamente non ha mài funzionato. Questi sono i prec!!denti dell'attuale scissione sinda– cale: i precedenti, diciamo così, sindacali, perché esisto– no naturalmente anche dei precedenti più strettamente politici. Di questi, i precedenti di maggior peso vanno ricercati nella politica del P.C.I. Non. è ·senza significato, , per esempio, che la scissione sindacale si sia verificata quando ormai entro al P.C.I. era già stato posto il pro– blema della successione di Togliatti per una virata nella politica del partito. Nè vale a smentire questa virata la recente risoluzione della direzione del P.C.I., che dà a vedere come se restasse immutata la politica frontista;

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