Lo Stato Moderno - anno V - n.5-6 - 5-20 marzo 1948

LO. S 'l' A T O M O D E R N O 129 bombaben centrata, non si strappa più i capelli, ma vende a prezzo aggiornato l'arca e se la cava atla meno peggio. Chi ebbe 1111 danno cosl grave da far sloggiare gli inquilini, ma non irrepara– bile, con un po' di riparazioni riesce ad affittare a prezzo libero. r più sventurati sono quelli cui non toccarono bombe: il lorÒ red– dito è negativo, e, se si tien conto della patrimoniale, è a un abis– so sotto zero: possono vendere, rria a un quarto del costo di co• struzione attuale, perchè il mercato stima che tre quarti ciel valore ,ia assorbito dall'ipoteca costituita dalla presenza degli inquilini. Così, mentre i più dei proprietari gemono sotto il peso della propriet-à(come i pecurioni del basso Impero), i senza tetto si aggi– rano lamentosi per le portinerie, gli uffici, i commissariati alloggi, le agenzie private, senza nulla ottenere. Le case popolari, finanziate dallo Stato, sono pochissime; le case d'affitto, cui dovrebbe pensare il capitale privato, non si fanno; il sogno infine di avere la pro– pria casetta, da pagare adagio adagio, è per ora, solo un sogno. La rivincita del mercato Intanto il mercato ha preso la sua rivincita. Il risparmio dispo• nibile si è rivolto anche atl'edilizia, ma nella fonna economica– mente meno utile e socialmente meno giusta. li risparmio in Italia è un po' come il pane con la tessera ciel periodo della repubblica di Salò : non si sa quanto sia, nè dove si trovi. L~ distribuzione dei redditi è profondamente cambiata. TI puro reddito di capitale - case, titoli azionari, titoli a reddito fisso-· è ormai annullato: i gruppi o ceti che strillavano con– tro « il capitale sfruttatore> sono riusciti a farsi attribuire una fetb maggiore della torta della produzione nazionale, ridotta que– sta almeno di un quinto; ed ora lottano contro la collettività, cioè, senza avvedersene, gli uni contro gli altri. Esempio i tranvieri di Milano e i bancari, che per tener tutti il loro posto, contribui– scono a far rincarare il tram ed il tasso di sconto. E mentre i gruppi oppressi si rintananò in silenzio -e sono legione quelli a cui non basta la ridottissima fetta di focaccia che è stata loro lasciata - gli altri spendono allegramente e si contendono i limi- 1,ti prodotti con un illimitata domanda. In questo « mercato del venditore> c'è chi ha guadagnato for- 1e: agricoltori, mezzadri, colol\i, che dispongono dei beni di con– sumopiù ricercati; molti produttori industriali, molti commercianti e, aiutando il vincolismo, intermediari parassiti. Il principio « chi non lavora non mangia > si è andato attuando in modo curioso : nessun reddito al capitale che non sia direttamente maneggiato dal suo possessore; alti luc~i a chi, profittando detle con!l'iunture, ha saputo servirsene con astuzia; e i soliti facili lucri a chi ha pun-· hto sull'inesorabile marcia detl'inflazione. Mentre gli agrari riem– pivanole statle e poi i portici di bestiame, gli avanzi dei facili gua– dagni venivano destinati anche alle costruzioni edilizie, ma per il bisogno dei più abbienti, e per due motivi : per assicurarsi con• tro lo svilimento della moneta investendola in un bene-rifugio; per speculare sutl'inflazione galoppante, convertendo in beni reali i capitali presi a pre$tito. E si fecero, e si fanno, case da vendere agli arricchiti, apparta– menti da affittare con quinquenni anticipati ai semi-arricchiti, edi– fici commerciali per le aziende prosperanti, cinematografi per quelli, proletari o no, che hanno uno soprareddito da consumare in di– vertimenti. Molto anche si è fatto per la ricostruzione e l'ampliamento di stabilimenti industriali, migliorando così l'attrezzatura strumentale delpaese: attività più assennata e opportuna, ma che esce dal cam– po che qui si esamina. Milano che, com'è risaputo, è il cervello d'Italia, si è messa su questa strada con lombardo coraggio: forse 10.000 locali di lusso da rivendere, 8.000 di semi-lusso, edifici commerciali, cinematogra– fi, luoghi per divertimenti sono stati costruiti o stan per essere compiuti,con un investimento complessivo non lontano dai quindici o venti miliardi. In questo concitato fervore di iniziative si è verificato anche quel che era previsto; una notevole anarchia costruttiva. Data la falsa posizione in cui s'era messo il Comune con una illegale deliberazione, i privati hanno avuto buon gioco a fare il comodo loro, talora anche deludendo regolamenti e norme valide. La Con- servazione dei monumenti in qualche caso ha dovuto intervenire a difesa della bellezza artistica o storica della città, ma non so con guaii risultati. Ben poco si è attuato poi nel campo prettamente tecnico. Il mi• racolismo detla prefabbricazione ha dovuto cedere il passo al lento, metodico studio dei miglioramenti e dell'evoluzione dei processi co– struttivi; fuor del miracolo, la ricerca di una riduzione nel costo attraverso una ben studiata produzione in serie è stata resa vana dallo sminuzzamento delle iniziative e dal carattere di eccezione delle costruzioui. Quanto alle forme e alle vie per convogliare verso la casa il risparmio disponibile, l'attuale distribuzione dei redditi e la generale situazione economica hanno creato nei più un insor– montabile ostacolo. Unico risultato positivo sono state, a Milano e in altre città, quelle costruzioni di lusso esuberanti al bisogno. - 'l'utto sommato, poco male - si è detto da taluni, e anche, per scusare la loro inerzia, datle autorità - ; è sefnpre lavoro che si fa, maestranza che si occupa, locali ·che in un modo o nell'altro verranno sul mercato e ristabiliranno la circolazione degli alloggi. Io penso invece che codesto sia stato proprio uno dei casi in cui la politica del • laissez fai re> si dimostra pericolosa: gli alloggi di lusso sono esuberanti al bisogno detle classi ricche, e per met– terli in circolazione occorrerebbero odiosi provvedimenti coercitivi, la cui efficacia è sempre incerta: quegli speculatori che. tentarono, col credito, l'avventura detla inflazione, son presi nella loro stessa tagliola, e devono arrestare le costruzioni, lasciando inattivi ingen• ti capitali reali; la frenetica domanda di materiali, da un anno e più, ne ha portato i prezzi ben al di sopra di quel livello cui sarebbero giunti in un mercato equilibrato; e la resistenza alla di– scesa. al solito, sarà assai più forte di ~uella alla salita. Infine è da riconoscere che, dopo tante betle parole, si è arri– vati a una situazione socialmente insultante, come quetla che si presenterà fra sei mesi agli occhi di chi passerà per le strade di Milano e di altre città, e vedrà molti lucidi palazzi dalle nitide vetrate quasi interamente vuoti, e leggerà allettanti cartelli (dietro ai quali è nascosta la riéhiesta di un po' di milioni), mentre ri– mangono famiglie acéatastate alla meglio in uno o due locali, e coabitazioni assurde, e sfollati che passano ore preziose in treno. E rimane il Commissariato Alloggi, del quale è càrità non par– lare. Bilancio di un biennio Il bilancio consuntivo del biennio sembra sconcertante: e lo è, se lo si paragona all'ambizioso preventivo detle nostre illusioni. Ma, al lume delle considerazioni svolte, deve riconoscersi che non poteva accadere altrimenti, e che datl'accaduto possono trarsi molte e serie cautele di metodo e norme di azione futura. Il grave problema è stato, come si è detto, semplicemente accan– tonato. Nella non indifferente attività ricostruttiva del paese (at· tività dovuta quasi tutta atl'iniziativa individuale, che seppe de– streggiarsi fra le pastoie dei vincolismi, e benchè disordinata, fu nel suo complesso efficace), si è data la precedenza ai beni stru– mentali, come era giusto, anche se è da compiangere la sofferénza di quetla forte minoranza che soffre tuttora per la carenza di abitazioni. In secondo luogo, quel che è accaduto giova alla chiarificazione del problema: è questa la prerogativa• della storia, che non è la storia delle intenzioni, ma dei fatti. Anche il blocco degli affitti è bensì un assurdo economico, una somma iniquità distributiva; ma ha avuto la sua giustificazione so– ciale, e dalla constatazione delle inevitabili conseguenze, si po– tranno trarre gli elementi per la sua trasformazione o eliminaziope. Neppure è da trascurare la lezione che i fatti hanno dato agli incauti investitqri o speculatori, soprattutto a Milano: i capitalisti impareranno per l'avvenire a tenere i nervi a posto. Ci furono certo degli sprechi di capitale, del lavoro inutiliz– zato; ~a per fortuna, in non grande misura. Forse lo spreco mag• giore è stato quello di parole; ma quando le idee non sono chiare, le parole son sempre moltissime. Dopo aver riassunto così quanto è stato fatto, e adombrato mo– tivi e fini, rimane da vedere quel poco che si potrà realmente fare Ed è ciò che mi riserbo per un'altra wlta. ' AMBROGIO GADOT,A

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