Lo Stato Moderno - anno V - n.5-6 - 5-20 marzo 1948

LO STATO MODERNO 127 Altre proposte tendevano a diffondere la proprietà della casa tra gli stessi utenti: « chi vuole, possa diventare padrone della sua abitazione>. E richiamandosi alle « Building societies > si di– segnarono dei piani basati su l'accumulo del risparmio, obbliga– torio o libero, su forme assicurative, sull'utilizzo delle enormi som– me versate per le previdenze sociali. Quanto al bisogno di case popolari, il Governo, tutti i successivi· governi, sono stati larghi di promesse ; ma quando si è dovuto passare agli stanziamenti, sorio cominciati i dolori per il povero erario sconquassato. E intanto· si teneva fermo il blocco degl affitti, fieri di trovare almeno un blocco di prezzi che non fosse, come la maggior parte degli altri, una burletta. A quelle economiche. hanno fatto buona compagnia le illu– sioni che chiamerò tecniche. Non parve vero agli architetti ur– banisti - come tutti gli specializzati, proclivi a sopravalutare un solo aspetto del problema - di aver trovato l'occasione per ideare piani razionali -ed organici ; e, dinanzi allo scempio fatto dalle bombe, sentirono, come Nerorie dopo l'incendio di Roma, la cer– tezza di poter rifare molto più belle di prima le città distrutte. In Francia si fece una pondçrosa e minuziosa legge; in Italia non si arrivò a tanto. Ma molti Comuni gravemente danneggiati accet– tarono il punto di vista degli urbanisti; e quello di Milano, per esempio, meno d'un mese dopo la liberazione partì risoluto per metterlo in atto, coprendosi con una bella delibera illegale che dichiarava decaduto il piano regolatore esistente, e cercando di "incolarsi dall'obbligo delle convenzioni già stipulate. Un'altra illusione, propriamente tecnica, fu quella della « pr.efab– hricazione >: benchè l'esigenza implicita in quella tendenza sia con– sona alla tecnica moderna, si creò lo e slogan> della casa < mon– tata all'asciutto, vantandola come· il toccasana per la riduzione dei costi e per la celerità. Sottintesi politici Lo stimolo a tutte codeste illusioni, il significato recondito di codeste proposte, era essenzialmente politico: la questione delle abi– tazioni ha così ampi riflessi etici, economici, sociali che si presta come un eccellente strumento di propaganda per affermare le proprie tendenze e combattere quelle avversarie. E' uno strumento da non lasciarsi strappare di mano. Chi voleva che la collettività avocasse a sè la risoluzione del pro– blema, era mosso da principi collettivistici e dall'avversione allo stato presente di cose; chi voleva ripristinare nei suoi diritti, pur con le opportune attenuazioni, la proprietà, manifestava aspira– zioni conservatrici; chi propendeva per la nuova formula : « la casa a chi la abita>, esprimeva concetti riformatori etici e sociali volti a soddisfare l'esigenza umana del socialismo e insieme quella di un individualismo liberalmente progressista. Anche i bravi urbanisti fecero, soprattutto, della politica. Da che si sono accorti che l'urbanistica è una scienza sociale, hanno pre– ferito allo strumento della matita quello della parola, assai meno impegnativo e più penetrante presso i non iniziati. Dietro la rico– nosciuta opportunità di rinnovare i piani regolatori, sta l'esplicito proposito di adeguare l'organismo delle città ad assetti sociali diversi dal presente. E siccome questi assetti variano secondo !'aspi-· razione e il desiderio di ognuno, le discussioni sono state molte e inconcludenti. La stessa teoria della prefabbricazione, di per sè innocentissima, si è colorita di un certo alone politico, essendosi opposta al tra– dizionalismo conservatore. Bisogna poi° aggiungere che dietro ai programmi, più o meno scopertamente politici, sta uno stato d'animo generale, un senti– mento diffuso d'ayversione (esclusi gli studiosi del problema e, na– turalmente, gli interessati) ·all'attuale assetto della proprietà im– mobiliare. Il « padrone di casa > è da decenni la tèsta di turco contro cui battere senza riguardo. La funzione di colui che, per avere accantonato o ereditato dei risparmi e averli investiti in im– mobili, può far pagare un compenso a chi se ne serve, è sentita, con poca logica ma con molta energia, come parassitaria. Ora poi che appare chiaro, dopo l'inflazione, che egli ha conservato, al– meno potenzialmente, il valore reale del suo risparn1io in con– fronto a chi non aveva altro bene che la propria potenzialità di la– voro, o, a chi, infelice, s'è fidato dello Stato e dei suoi titoli, aJla istintiva avversione si è aggiunto un sentimento di equità sociale: quello di parificare tutti nella sventura. Il pubblico, cioè il grosso pubblico, è propenso in fondo a con– cepire in modo medievale i rapporti economici. Far capire ad es. all'uomo della strada che il concetto di costo è equivoco e sfug– gente, che ciò che esiste è il prezzo, è impresa difficile assai : mentre la concezione scolastica dell'economia, coi suoi principi del giusto prezzo, del reddito di capitale considerato usura pecca– minosa, del commercio ritenuto illecita intromissione parassitaria, e così via, riscuote il consenso dei più. San Tomaso era un gran santo; ma era anche una intelligenza chiarissima, e concepiva la sua economia in funzione morale, indirizzandola ad alte finalità. Oggi, anche chi nolj crede a quelle idealità, si compiace di pre– cetti che nel loro aspetto inibitorio solleticano un sentimento, ahi• mè, connaturato all'uomo, quello dell'invidia: invidia di chi non ha verso chi possiede, di chi non riesce nella lotta economica contro chi è riuscito. Questo diffuso sentimento è forse quello che ha avuto il mag– gior peso nel determinare l'azione dei governanti, non solo nei paesi latini; e su quel sentimento si appoggiano le considerazioni politiche ed... elettorali che fecero scegliere, per la questione degli affitti, quello che Filippo Turati chiamava nel 1922 il pessimo di tutti i sistemi : proroghe continue, con aumenti irrisori e nessun programma definito. E fu anche per questo orientamento dell'opinione pubblica che in Italia si iniziò la costituzione di un demanio statale di abita– zioni popolari. A un disegno che ad un liberale dell'Boo sarebbe parso mostruoso, fu data esecuzione nel 1946, proprio, per ironia della storia, da un ministro liberale, Leone Cattani. Ostacoli economici Da quel che si è detto risulta chiaro che ben poco poteva na– scere da un semenzaio di germi così diversi e contrastanti, molti dei quali portavano in sè il principio della contraddizione e della dissoluzione. L'illusione dello Stato <cornucopia> cadde ben presto, davanti ai crescenti disavanzi: con tutta la buona volontà dei ministri, come può .l'Erario stanziare ingenti somme per la ricostruzione, quando non gli bastano i mezzi a pagare decentemente i suoi im– piegati, che non può licenziare? Nè d'altra parte si vede come e dove lo Stato potrebbe raccogliere l'enorme quantità di risparmio occorrente al bisogno. Neppure un'economia collettivistica, nelle condizioni in cui oggi ci troviamo, reggerebbe alio sforzo. I pro– grammi di orientamento totalitario sono restati· lettera morta per questa difficoltà e per l'interna contraddizione di volei attuare, oggi, disegni collettivistici conservando un ordinamento ancora ba– sato, pur con mille limitazioni, sull'istituto delJa proprietà privata. Ugualmente contradditorie erano, e sono, le aspirazioni conser– vatrici, di rimettere in moto l'iniziativa privata quando mancano le premesse che possono farla agire. Manca, semplicemente, la cer– tezza dei rapporti giuridici; e manca una vera libertà economica che pc.ssa offrire, a chi ha capacità e coraggio, il modo di mettere in valore le sue iniziative: il vincolismo tuttora resistente, le in– teri erenze della burocrazia, reali o potenziali, il timore di inter– venti politici, sono potenti freni alle velleità private. Manca in– fine un assetto fiscale e monetario, nel quadro del quale si possano fare conti sicuri: l'investimento immobiliare si proietta in un lun– go domani, e non si arrisc~ia quando il futuro è n~buloso e tem– pestow. Inattuabili si sono dimostrati pure i piani basati sul principio « la casa a chi l'abita>. Il ceto che più sente quell'aspirazione, a piccolo ceto medio, è nella maggioranza il più sacrificato dalla nuova distribuzione dei redditi, e si trova nell'impossibilità di for mare il risparmio occorrente. Il ceto immediatamente vicino, cioè il più ricco ceto operaio, non ha nè la tendenza al risparmio, nè l'amore alla casa. D'altra parte le proposte cli far convergere a quella finalità una ;>arte e.cl risparmio forzato raccolto coi contributi assicurativi, di– menticano che lo Stato ha già immobilizzato o dissipato quel n sparmio in altre imprese e r,er altri scopi e dovrebbe, p~r met– terlo in circolazione, appesanti, e con tutte le inevitabili ripercus– sioni il già"pericoloso sistema debitorio e circolatorio; urtano inol-

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