Lo Stato Moderno - anno V - n.5-6 - 5-20 marzo 1948

112 LO STATO MODERNO legale di regolare le libere iniziative affinchè non si tramutino a loro volta in privilegi ed in forze soffocatrici. Considerare i grandi complessi della produzione come elementi necessari l'uno all'altro e quindi ripartire gli oneri, e le respon– sabilità. Il lavoro del salariato non è più oggi un elemento pura– mente materiale della fabbrica o dell'azienda sì che sia riducibile o annullabile secondo le esigenze del profitto dell'imprenditore: at– traverso lunghe lotte esso è divenuto elemento della produzione. Politicamente è ancora un elemento estraneo, privo di responsa– bilità. Mentre l'elemento del lavoro domina la vita politica, è inutile lusingarsi di tenerlo estraneo alla produzione ed alla inizia– tiva che alla produzione si connette. Chi rifletta che ad ogni diritto riconosciuto corrisponde un limite ed una responsabilità, dovrà convenire che a questo meditato riconoscimento di una parteci– pazione effettiva del lavoro alla responsabilità della produzione corrisponde non una abdicazione del diritto di proprietà ma un momento della sua evoluzione, ed in definitiva una vera conquista liberale. Per il vero liberalismo il problema massimo è quello di introdurre il maggior numero di cittadini alla responsabilità poli– tica effettiva; ed in un mondo così permeato di socialità, nel quale non si parli più in termini di profitto ma in termini di produzione, più ampia è la sfera delle responsabilità partecipanti alla produ– zione e J)iù costante e sicuro è il suo ritmo; più consona la le– gislazione alle effettive necessità e più ordinato il mondo del la– voro. Questa responsabilità coordinata del capitale e del lavoro considerato come un éomplesso produttivo autonomo, rende la li– bertà al Parlamento, non più soffocato tra le opposte esigenze, e rende scioltezza alla produzione. E' una riforma da meditare; ma essa è la grande riforma che influirà sulla stessa composizione dei Partiti e sui loro programmi. E toglierà soprattutto loro la strut– tura totalitaria alla quale ho accennato. Dare una precisa responsabilità legale agli organi che sono al centro dei .rapporti e dei conflitti sociali. Oggi noi possiamo assi– stere all'esercizio del diritto di sciopero, ad esempio, come a.d un diritto la cui portata sia limitata alla categoria che inte·1·ia ast~– nersi dal lavoro. Viceversa ogni astensione dal lavoro incide su categorie affini di lavoratori. Questo porta a pensare che il clintto di scior-ero debba essere· deliberato dalle categorie interessate e deliberato in forme legali precisamente determinate. La vdontà particolare deve sempre rispettare la volontà della collettività alla quale appartiene. Lo Stato che riconosce i diritti ne regola •·eserci– zio. Così nell'esecuzione della legge s, ritroverà quel rispetto della volontà generale che è al fondamento di ogni legislazione demo– cratica. Si dara oosì un carattere decentrato all'esecuzione della legge. Lo Stato non sarà chiamato ad arbitrare il conflitto pagando per ,utti; av,endo regolato le forme del conflitto, avrà autorità per im– i e,';re che esse vengano violate. Avendo creato la solidarietà ne– cessaria della deliberazione, avrà impedito che un interesse sopraf– faccia l'altro nell'ambito della stessa categoria. Si sarà solo in ap– parenza spogliato di un potere poichè avrà attribuita una respon– $abilità. Naturalmente accenno appena a problemi cosi gravi. E l'accenno vale in quantr esso indica una sfera propria delle responsabilità collettive, di fronte alle quàli lo Stato non ha obbligo di tutela nè di riconoseimento se non ha il diritto di regolare l'esercizio e le forme di attuazione. Sarà con riforme così coraggiose e liberali che potremo spogliare i partiti del potere J)olitico che oggi •, sono attribuiti per restituire loro il ·carattere di organi spontanei dtlla lotta politica. La " terza forza " e i partiti Il carattere sempre più sociale di ogni rapporto ha fatto si che i Partiti si sentono essi' stessi lo Stato. E come lo Stato è un com– plesso di privilegi, cosl il Partito è un complesso di privilegi par– ticolari o già ottenuti, o reclamati dallo Stato. E proprio questa è la suggestione dei cosicletti partiti di massa. A questo punto dirò che spetta a noi promuovere la formazione di quella terza forza, di quel grande Partito democratico che possa condurre in porto le grandi rifo,rme alle quali i partiti di massa non sono interessati o lo sono in senso del tutto illiberale ed anti– democratico. E' nostro compito promuoverla, ma non intendiamo dircene in- ventori ed accaparrarcene la formula, sia perchè a questo mondo non c'è più nulla da scoprire, sia perchè la necessità è da tutti sen– tita e proclamata. Dirò di più: la terza forza già esiste ed agisce; ma essa non ha coscienza del suo esistere e non avverte l'efficacia de}la sua stes– sa azione. Allorchè il Partito Repubblicano rompendo una tradizione di in– transigenza dottrinale è andato al governo con la Democrazia Cristiana, ha agito come terzo forza e lo ha dichiarato. Ed il P. S.L.I. realizzando la sua scissione dal P.S.I., appuntando la sua critica sul patto di unità di azione dello stesso P. S. con il Partito Comunista, ha agito come terza forza anche se non lo ha dichia– rato nel senso in cui noi lo intendiamo. Il Partito d'Azione, la De– mocrazia del Lavoro allorchè no1;1 hanno resistito alle crisi che li hanno corrosi, hanno dimostrato di essere sorti ubbidendo all'esi– genza cli una terza forza e di non aver trovato, all'infuori di essa, una giustificazione alla loro esistenza. E noi stessi, ciel P.L.I., ab– biamo dovuto separarci dai nostri amici allorchè il Partito assu– mendo una netta posizione di Destra, ha mancato alla funzione di terza forza che noi gli avevamo, e non a torto, assegnato. Questa crisi dei varii partiti mostra che la terza forza c'è ecl agisce: solo che il suo agire è un agire spontaneo, come una an– cor rozza esigenza, non portata al fuoco della esperienza e della lotta politica. Ma gli elementi ci sono, e basterà coordinarli perchè si riconoscano e si ritrovino. Forse il Partito Repubblicano avrà bisogno di rimanere più a lungo al governo, il P.S.L.I. dovrà ,. der fallire il suo tentativo di costituire la terza forza sul piano di un rinnovato socialismo al tempo stesso massimalista ed antico– munista. Forse tutti gli altri partiti od avanzi di partiti demo– cratici e liberali dovranno sentire pÙ fortemente di quanto fino acl oggi non abbiano sentito l'esigenza di avanzare sul terreno sociale, tenendo fermo il metodo politico democratico. Forse questo travaglio sarà necessario perchè il grande partito della democrazia liberale e sociale venga alla luce con le sue pre– cise delimitazioni. Ma intanto la terza forza già esiste in quanto esistono tutte le condizioni necessarie al suo manifestarsi ed al sue agire. A me basterà guardare al grande ed opposto 5chieramento dei due partiti, comunista e democristiano, per darne la dimostraziont' Dirò subito che io non mi renderò schiavo di un anticomunismo di maniera. Il Partito Comunista è e resterà il partito rivoluzionario della classe operaia e contadina. Da che le grandi masse si muo• vono nella storia e si agita110 all'irrompere nella vita dello Stato spezzando gli schemi tradizionali della vita politica ed economica, bagliori di speranze messianiche e aspirazioni comunistiche illu– minano la strada e aprono l'animo delle plebi alla speranza. 1\a due dogmatismi Ciò che oggi rende difficile la convivenza con il Partito Comu– nista non è la sua dottrina sociale è, piuttosto, la sua azione po– litica. Partito internazionalista, esso è portato a legare la sua po– litica sociale .e)la politica estera del grande stato comunista. E co– me questo è in guerra ideologica con i paesi democratici ed in guerra imperialistica con i grandi imperi, l'azione dei partiti co– munisti assume nei paesi democratici l'aspetto di una guerra ci– vile, aperta o mascherata, precorritrice della grande guerra futura che dovrebbe essere al tempo stesso, con una contradizione solo apparente, nazionalista ccl internazionalista, di Stati e di classi. Appunto perchè questa è la politica dei partiti comunisti, spet– terà alla terza forza di volgere la sua azione politica a ricon– èurre il Partito Comunista alla sua schietta funzione di partito ri– voluzionario, internazionalista e classista. Cosi, se si riuscirà a ri– condurre la politica comunista sul suo vero piano, essa assolverà, nel contrasto medesimo che dovrà suscitare, nella opposizione che dovrà incontrare, la grande funzione di creare il contatto tra il mondo operaio e contadino non ancora assunto a capacità politica ed il mondo delle élites operaie nelle quali si manifesta già la pos– sibilità di ~un ceto dirigente. Il mondo si muove perchè la gente nuova lo sospinge di conti– nuo a nuove espeJienze. Il Partito Comunista è certamente un av– versario agguerrito e temibile della democrazia e della libertà de– mocratica: ma probabilmente ogni.democrazia si avvilirebbe in de– magogia o si svuoterebbe di ogni contenatQ risolvendosi in oli1rar-

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