Lo Stato Moderno - anno IV - n.6 - 20 marzo 1947

118 LO STATO MODERNO del potere esecutivo. Emanare una legge simile, e con- I • 1 • • temporaneamente concedere l'autorizzazione a Pa- -. mperJa }Sfili trissi di pubblicare un giornale, significa in realtà mondiali imporre al Magistrato un problema insolubile. Meglio sarebbe stato - con tutte le riserve teo– riche, ma con tutti gli eventuali consensi pratici - fare una legge provvisoria che punisse la costituzio– ne di partiti aventi un programma che negasse i fon– damentali istituti della Democrazia. Era più chiaro, più facilmente applicabile, e meno pericoloso•per la pacificazione nazionale. , La seconda parte dell'art. I punisce « chiunque costituisca qualsiasi partito diretto alla restaurazione . con mezzi violenti --dell'istituto monarchico ». • Qui l'errore è duplice. Il primo consiste nel prevedere e punire una sola ipotesi di « mezzi violenti », come se quelli diretti a fini diversi dalla restaurazione monarchica fossero leciti; il secondo, - ed è veramente prova di intolle– rabile inscienza da parte del legislatore - è di aver dimenticato che questa ipotesi è preveduta testual– mente dall'art. 283 del ~igente C. P. (che è proprio intitolato « Attentato contro la costituzione dello Stato ») e punita nientemeno che con ... l'ergastolo, mentre la legge speciale per la difesa della Repub– blica reca una pena massima <la 10 a 20 anni! Ora, le ipotesi da fare sono due: o il legislatQre ignorava l'art. 283 C. P., o ha voluto favorire i mo– narchici violenti diminuendo loro la pena. Tertium, dicevano i buoni scolastici, non datur. Ma allora, perchè strillano le oche della destra? Perchè quest'ora della storia d'Italia è purtroppo contrassegnata dal caos, dal disordine mentale, dalla incapacità tecnica oltrechè politica. Dobbiamo continuare in una esegesi analitica del documento? Pensiamo che agli scopi di questo articolo non QCCorra. Qui preme solo a noi accertare come l'azion,~ governativa sia stata ancora una volta incongrua po– liticamente e contradditoria tecnicamente. A complicare il panorama politico interno ita– liano, e a dare un senso più virile al problema della salvez:i:a della Repubblica, è intervenuto il discorso del Presidente' T,·uman. Le destre hanno balzato di gioia, le sinistre hanno dato segni di preoccupazione. Giova dire che, sotto il profilo della politica interna. sbagliano entrambe. Ma per le sinistre si avvicina l'ora suprema, quella in cui o si rendono conto che la politica estera è una cosa seria e non bamboleggiata, che nella nostra posizione non c'è che da sciegliere la sola strada possibile o da subirla, oppure accadra che la politica « estera » premerà sulla interna, nel senso che assumeranno intiera la direzione del. paese « quel– le forze" che garantiranno « quella politica estera». E allora il dramma della Democrazia e della Re-· pubblica italiana sarà giunto all'epilogo. TJ discorso vale anche per i comunisti, perchè tutto ci auguriamo tranne che le « cose " costringano .:omunisti ad abbandonare il J;!overno. E anche qui la Francia può anticiJ:lare. MARIO PAGGI I commentatori politici hanno avuto mclto da fare in que. sti giorni. La repentina messa di Truman ha aperto la via a tutte le interpretazioni. C'è chi vi ha visto una Gran Bretagna cadente sorretta dalla nazione sorella più giovane e piìi robu– sta. C'è chi ha disegnato le frontiere strategiche europee ed asiatiche degli Stati Uniti. C'è chi ha interpretato il gesto di Truman, non come il lancio di un guanto di sfida, bensì come il solenne avvertimento atto ad evitare lo scoppio di una terza guerra mcndiale. E così di seguito. Tutte ragioni vere. Tutte ragioni fondate. Ma qualche altra considerazione si può ag– giungere, di carattere economico. Il monda vide la sua più splendida fioritura economica nel diciannovesimo secolo. Una -completa libertà di scambi per merci, per uomini e per capitali permise un incremento di rie• chezza mai raggiunto prima. Poi la prima guerra mcndiale. Brusca recisione di tutti i legami che si erano via via annodati nel tempo. Finita la guerra qualcuno osò sperare di poter rl· tornare a quelle condizioni di libertà di traffici che avevano arricchito il mondo pre-1914. Ma erano illusioni, generose illu. sioni, se si vuole. Ed il periodo che corre dalla fine della pri· ma guerra mcndiale allo scoppio della seconda è tutto un sus– seguirsi di atti incoerenti, obbedienti ad opposte direttive, per riaffermare, nel tempo stesso, libertà e restrizione di traffici. Il fatto è che le singole economie nazionali sempre più si rinchiu– devano entro angusti confini, con grave nocumento per la pro- duzione della ricchezza mondiale. • La seconda guerra ha posto in chiara luce che l'autarchia è un male da debellare. D'altra parte i confini hanno acquista• to una tale rigidità che 11011 è possibile cullarsi nell'illusione di impossibili ritorni ad una economia mondiale del tipo secolo scorso. Si profila, quindi, l'affermarsi di grandi spazi dominati, guidati, da nazioni capigruP'JX). Non lasciam0<;i spaventare dalle parole. Il pericolo dei grandi spazi economici non tanto sta ne/Ja loro formazione, quanto Wi/J modo con cui le nazioni dominanti intendoTl-0 esercitare ,w loro missione. Il programma della Gèr-mania è fa?lit-0 anche perchè fAASO voleva esercitare tale missione con criteri che repugnaV01'1() alla nostra tradi:iiione di libertà. Come l'esercita la Russia tiei con– fronti del vasto spazio mondiale che va da Trieste a Vladivo– stock? E' ancora un mistero. Certo è che le regole pianificatrici che i11formanr, Ja sua struttura eronomica mal s'adattano ai criteri di libera espansione produttiva delle economié occi– dentali. Gli Stati Uniti sono ora entrati in campo. E si sono posti alla testa di un vastissimo spazio economico mondiale dai con– fini, per il momento, ancora incerti. Quello che dobbiamo spe– rare, noi italiani, è che esercitino la loro missione seguendo le regole e la tradizione inglese. La Gran Bretagna, proprio dopo la perdita degli Stati Uniti, capi che la strada era sbagliata. E ne prese un'altra, che l'ha port<ua ~Va formazione di un im– pero tenuto assieme non da rigidi vincoli di sudditanza politica ed economica, ma da legami di piena reciproca espansione pro– duttiva . E' sperare troppo dal::c roonl!ro tra gJ.i imperialismi mondiaJi? L. L.

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