Lo Stato Moderno - anno IV - n.3 - 5 febbraio 1947

LO STATO MODERNO 47 fronte alle due vie che gli si aprono davanti (si può ripetere per esso l'alternativa già posta per il partito d'azione: grande partito democratico o piccola eresia socialista?). Tuttavia, nonostante l'errore iniziale del– la mancata partecipazione al governo, è lecito - di– remmo quasi che è doveroso - riporre in esso spe– ranza e fiducia. Esso segue un moto ormai europeo di riformazione - lenta faticosa ma storicamente ne– cessaria - di una nuova democrazia che svolga i nuovi valori senza rinunciare ai vecchi. Il partito la– burista inglese è stato il primo (facilitato dalla par– ticolare tradizione politica dell'Inghilterra) a sentire la vocazione di questi tempi nostri, e sulla sua linea si è spostato tutto intiero (per fortuna della Francia) il partito socialista francese. A proposito, voglio ri– cordare al nostro Governo la felice formula governa– tiva di Ramadier: politica produttivistica basata sulla organizzazione individuale, e redistribuzione del red– dito mediante il fisco. Quante cose si potrebbero fare se il fisco fosse in mani severe servite da occhi chia– roveggenti, da volontà inflessibili, e se da parte di miopi conservatori non si frapponessero ostacoli a quel socialismo fiscale che è forse la chiave di volta della risoluzione pacifica dei nostri problemi sociali! Se dunque i socialisti lavoratori (però, ci consen– tano, questo nome è un guaio stilistico) imboccheran– no decisamente senza gli errori azionistici la strada della democrazia moderna, senza paura di apparire troppo rivoluzionari a destra o troppo conservatori a sinistra, badando a lavorare sul sodo, tenendo conto della realtà italiana per rinnovarla, dando un'occhiata all'estero non per copiarlo, chè sarebbe dannoso, ma per fiutare il vento del tempo e assecondarlo per scrol– larsi di dosso la vecchia pigrizia provinciale, se sa– pranno mantenere la fiducia del proletariato senza demagogia ma con dedizione, e acquistare quella dei ceti medi rinsaldando quell'alleanza tra i due strati sociali che dai tempi dei Ciompi sola a9Sicura in Italia la stabilità della democrazia, essi avranno vinto la loro battaglia e la scissione sarà una grande data nella storia politica italiana. Ma questo bisogna farlo in fretta perché i tempi corrono e la partita sta per es– sere decisa. E la stessa soluzione dell'ultima crisi mi– nisteriale ci dice a favore di chi. Non rifaremo qui la storia di questa vacanza go– vernativa, e soprattutto non rifaremo la storia fanta– siosa, quella cioè basata sulle intenzioni di De Gaspe– ri. Teniamoci al concreto dell'esame dei suoi resulta– ti; e questo esame ci dice che si è ancora avuto un piccolo spostamento a destra, cioè, in più preciso lin– guaggio, le sinistre hanno ancora ceduto una piccola porzione di governo. Piccola, se volete, ma certa. Al– tro che la corsa dal « governo al potere » di nenniana memoria! L'importante è notare che, dalla formazione del govèrno Parri in avanti, ogni crisi si è risolta a fa– vore della vecchia Italia contro quella che si è ma– turata (pare non abbastanza) nel ventennio fascista e nella cospirazione e nell'esilio. E poi l'acquisizione democristiana non è tanto piccola, se essa risolve un loro vecchio sogno: mag- gioranza nel ministero, e concentrazione nelle loro mani della politica interna e della politica econo– mica. Coi ministeri riuniti delle Finanze e Tesoro e quello dell'Agricoltura, essi possono imprimere un ritmo serrato alla nostra economia, ma possono es– sere anche tentati da favoritismi parassitari. Su que– sto punto essi sono impegnati in pieno. Il successo o il fallimento sarà tutto per loro. Agli Esteri Sforza non sembra in grado di sottrarsi al fascino di De Gasperi. E forse il ricordo di Rapallo gli farà tentare un altro accordo con la Jugoslavia. Stavolta però la situazione è assai meno favorevole. A Gasparotto gioverà far memoria che un esercito non in grado di condurre una guerra esterna può essere sede matura per intrighi interni. Basterà sorvegliare, senza ri– gorismi, ma anche senza indulgenze. Ai comunisti bisogna dar atto di un esemplare senso di responsa– bilità; hanno incassato una indiscutibile diminuzione di forza ministeriale senza isterismi. Resta la spe– ranza che non vogliano trasportare altrove il loro ri– sentimento. Ai socialisti fedeli al vecchio partito ba– sterà osservare che non è sufficiente aver mantenuto lo stesso numero di ministeri per credere di aver mantenuto inalterato il prestigio antico e l'antica forza. Bisogna però ammettere che è loro merito (a parte i recentissimi errori) aver impedito un più sensibile ripiegamento delle posizioni delle sinstre. La costituzione del gabinetto è stata preceduta da una specie di « gentlemen's agreement » che do– vrebbe assicurare lealtà e dirittura tra i membri del ministero. È triste esser costretti a tanto, ma è ne– cessario osservare che, se si è ritenuto opportuno far ciò, era doveroso portarlo sino in fondo: e cioè esten– dere l'obbligo della solidarietà anche ai partiti im– pegnati nella direzione del _paese. Pericolose non sono le discussioni in seno al gabinetto - che del resto i maligni dicono normalmente accademiche -; deplo– revoli appaiono le discordanze, le polemiche brutali, le lotte senza esclusione di colpi tra organizzazioni politiche che, incapaci di cogliere successi al go– verno, vogliono cautelarsi raccogliendo anche gli in– soddisfatti della loro azione governativa. Si è parlato relativamente poco del programma del nuovo gabinetto. Non ce ne lamenteremo, dopo le sofferte delusioni. Tuttavia in quel poco c'è abba– stanza di cattivo. Ed è quella legge sulla difesa della Repubblica che ha tutta l'apparenza di un alibi. La Repubblica si difende non con leggi eccezionali, ma con la normale opera di governo. Se questa ci sarà, e sarà intelligente, e sarà concreta, e non baderà a favorire posizioni particolari, e sopratutto saprà es– sere forte e serena, la Repul::fulica non correrà nes– sun pericolo. Ma se si crede di poter continuare nel– l'inefficenza, tardività e debolezza tradite sinora, è illusorio sperar\! di trincerarsi dietro le leggi ecce– zionali. Quando debbono difendere la insipienza, anche le leggi eccezionali sono pezzi di carta. E la storia passa oltre. Magari « non senza un po' di fracasso ». MARIO PAGGI

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