Lo Stato Moderno - anno IV - n.3 - 5 febbraio 1947

LO STATO MODERNO 57 IL PROBLEMAALTOATESINO IV Fra i protagonisti di questa faccenda atesina c'era in– fatti J'Italia: il suo Governo e gli italiani dell'Alto Adige, per non dire tutti g;i altri italiani avvicinati di quando in quando alle cose di lassù da « inchieste » giornalistiche, per lo più male intonate; tutti gli italiani che non •riuscivano a comprendere per qua:e ragione il confine del Brennero potesse essere in discussione fra noi e un'Austria da tutti ritenuta nazista e nemica. Ma fra tutti i protagonisti della vicenda, l'Italia fu la più tranquilla, discreta e si:enziosa, tanto da parer quasi incurante. L'Austria inondava di propaganda l'Inghilterra e gli Stati Uniti, gli ing:esi si agitavano in Parlamento e scrivevano lettere al Times, fa stampa della Svizzera, &peciedella Svizzera tedesca, ci era in grande maggioranza avversa, il vescovo di Bressanone e il Volkspartei si arrangiavano anch'es,i ad in– fluenzare l'opinione pubblica internazionale. L'ItaBa difen– deva sì i suoi interessi in sede dip!omatica, ma avendo cura di non disturbare in alcun modo l'attività avversaria, rive– lando anche in questo prdb:ema quel:a deficienza di dina– mismo, di risorse e di capacità manovriera che ha caratte– rizzato .la nostra po!itica estera nella lunga fase preparatoria de: trattato di pace. Il risultato è che oggi quel:a parte del– l'opinione pubblica europea e americana che ha un'idea sia pur vaga - anzi proprio perché vaga - della nostra que– stione, è convinta che l'Italia detiene senza ragione e contro giustizia un territorio straniero e che il trattato di pace ha ~anzionato una nostra residua mentalità • imperialistica ». E si che non mancavano buoni argomenti a difesa delfa nostra preteia al mantenimento dello status quo territoriale e a confutaziohe delle tesi avversarie. Anche a prescindere dal fatto che nel 1919 ci era stato riconosciuto il confine del Brennero e dai relativi motivi (e a prescinderne non perché questi fossero decaduti nel 1945, ma -solo perché in questi casi l'argomento del possesso deve essere usato con cautela e misura), l'Italia poteva accampare le modificazioni nella situazione interna dell'Alto Aflige avvenute durante il ven– ticinquennio dall'annessione, i sacrifici sostenuti per la sua vn:orizzazione, la sua importanza per J' economia italiana, la assurdità po!itica di creare con la retrocessione del terri– torio all'Austria una folla di problemi nuovi e acuti (non solo locali o interessanti i rapporti Italia-Austria, ma riflet– tentisi sul!'atteggiamento di tutto il popolo italiano nei ri– guardi del trattato di pace e sui suoi rapporti coi vincitori) quando il prob!ema originario poteva essere sopito e avviato a so!uzione. E poi, non sarebbe stato difficile far rilevare agli osservatori stranieri tutta l'artificiosità, l'esagerazione della manovra austro-volkspartista, e come il problema venisse sviato dai suoi termini concreti e reali sui binari della retto- rica e della demagogia. • Tutte queste ragioni, e la situazione de!l'Italia uscita dal disastro che richiedeva una ferma difesa di ogni suo interesse materiale anche esiguo, e la genera!e situazione e atmosfera politica internazionali, cosi ]QDtane dalle soluzioni generose ispirate a principi di pura giustizia e di internazionalismo, legittimavano pienamente un atteggiamento di risoluta e strenua difesa dello status quo ter-ritoriale da parte dell'Italia, senza che in alcun modo si potesse accusar!a - se non da gente in malafede o da ideologhi acchiappanuvole - di im– perialismo o di 'Violazione di principi di giustizia internazio– nale. Ma tale attegglamento era legittlmo solo a patto che gli Interessi italiani venissero armonizzati con gli interessi della pacificazione eurepea secondo linee democratiche e di solidarismo internazionale, e quindi con gli interessi della minoranza e, in quanto esistessero, dell'Austria. Ciò è quanto dire che il mantenimento della sovranità italiana su::•A:to Adige doveva accompagnarsi· ad un mutamento di politico dell'Italia in quella regione, con l'abbandono di qualsiasi in– tenzione e attività snazionalizzatrice e l'instaurazione di un effic<1cesistema di protezione della minoranza. L'Italia do– veva 'fare ogni sforzo per dimostrare - e questo doveva essere un suo contributo a::a ricostruzione europea - che la so:uzione dei prob!emi di frontiera può essere trovata anche all'infuori de!l'app!icazione del criterio del confine etnico, che i conflitti di nazionalità possono essere composti secondo giustizia umana e ragione politica, senza far prevalere inte– ressi strettamente locali e particolari su interessi generali, e senza che questi importino il sacrificio di que:li. Una politica di tal genere era connaturale al rivolgi– mento iniziatosi in Italia il 25 luglio 1943 e conclusosi il 25 aprile 1945. L'antifascismo, se non doveva limitarsi ad essere un puro avvicendamento di uomini e di gruppi al potere, non poteva seguire altra via: e non per imposizione di situa– zioni internazionali o per contingenti opportunità tattiche, bensì per spontanea e convinta adesione ad una concezione più razionale, !ibera:e ed equa del!a convivenza dei popoli e per un diverso e più largo modo di intendere, rispetto a quello dell'epoca del nazionalismo, la difesa degli interessi e del prestigio nazionali. Secondo tale ordine di concetti l'Ita:ia democratica doveva respingere una soluzione del pro– b:ema minoritario a'.toatesino analoga a quelle adottate nello stesso anno 1945 in certi paesi de!l'Europa centro-orientale, quand'anche essa fosse stata libera di seguire una simile po– litica di espulsione degli allogeni dai confini dello Stato e il problema avesse avuto maggior, gravità di quanto in effetti non abbia. E' ozioso cercar di dimostrare che l'Italia abbia avuto questa còmprensione del:e superiori esigenze de:la pacifica– zione europea, perché sempre 5i potrà opporci che la poli– tica seguita dopo la liberazione .rispetto all'Alto Adige ci er:i imposta dalla stessa nostra volontà di difendere il confine del Brennero in una situazione internazionale che ci consentiva assai minore libertà d'azione che alla Cecos:ovacchia e a'.la Polonia. Ma è un fatto - che deve essere rilevato - che non solo il Governo di Roma, ma anche tutti i partiti (na– turalmente con diversa larghezza di atteggiamenti) e, ciò che è più significativo, la grande maggioranza degli italiani del– !' Alto Adige, pur direttamente soggetti a sentire l'influsso deg:i antagonismi di nazionalità, espressero una concorde vo– lontà di veder rispettata e tutelata la minoranza nella sua individualità e nei suoi interessi legittimi. Di questa concorde volontà fu espressione la seguente dichiarazione approvata dal Consiglio dei Ministri 1'11 lu– glio 1945: • li Governo italiano riafferma che il rinnovamento democratico de::o Stato deve necessariamente comportare un complesso di speciali garanzie per i cittadini di lingua diversa dall'italiana. Sarà ammesso e garantito il libero uso della lingua non solo nel:e relazioni priv,ate, di commercio, nelle riunioni pubb:iche, nell'esercizio del culto, nella stampa, ma anche nei rapporti con le autorità politiche, amministrative e giudiziarie. N~le località, dove risiedono in proporzione con– siderevole cittadini di lingua diversa daJl'italiana, sarà garan– tito nelle scuole pubbliche l'insegnamento e l'uso de::a lingua materna. Le particolari esigenze delle zone abitate da iJOpO· !azioni di lingua o tradizioni diverse trovel'anno la loro tute!a

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