Lo Stato Moderno - anno III - n.15 - 5 agosto 1946

338 LO STATO MODERNO che ha .permesso il fascismo e che il fascismo ha, per cosi dire, perfezionata, dandole. la pretesa di erigersi a forma ~uperiore di cultura politica, dall'altro è 1~ forma di reazione istintiva ed immediata alle enormi difficoltà del momento: difficoltà della pac!e, difficoltà della riconciliazione degli animi dopo la guerra ci– vile, difficoltà economiche e sociali di un dopoguerra assai più duro del precedente. Ora, queste ovvie c~nsiderazioni spiegano molte delle ragioni del malcontento, ma non le spiegano tutte; bisogna ammettere che alcuni dei difetti la– mentati nelle istituzioni democratiche - come la lentezza di decisione, la logomachia parlamentare, una certa demagogia elettorale - sono inseparabili da tali istituzioni e rappresentano, rispetto ai regimi . autocratici, solo quel minot9 male che deve essere • obbiettivo di chi non insegue chimeriche perfezioni, ma vuol dar vita ad istituzioni umane, e come tali, imperfette e moriture. Ma occorre _pur dire che vi sono critiche all'attuale situazione, in gran parte nuova, e in gran parte non solo italiana, che prendono di mira uno sviluppo es– senzialmente antidemocratico della vita politica odierna: l'irigidimento dei partiti in blocchi chiusi in cui la disciplina di gruppo viene a contare più della coscienza individuale; il crescente predominio delle direzioni dei partiti - estranee come tali acl ogni e qualsiasi responsabilità - sulla vita interna dei partiti e sulla vita del Paese attraverso il rigido controllo dei gruppi parlamentari da esse manovrati; il vanificarsi progressivo agli occhi della pubblica opinione dell'efficacia reale di un Parlamento, ridotto ad essere un'adunata di pupazzi parlanti secondo la volontà di burattinai irresponsabili. Appare ormai sempre più chiaro è per la breve esperienza italiana, ma specialmente per la più lunga esperienza francese, che il Parlamento, esautorato in gran parte nella sua funzione di organo legislativo, viene rinunciando sempre più a quella funzione di controllo dell'attività del govérno che rappresenta per .noi la sua suprema ragione di vita. La ;ituazione è poi ancor più grave in quei paesi, come in Italia, dove si abbia un governo di coalizione di base larghissima di fronte al quale si trova solo una sparuta minoranza che conduce l'opposizione in base a principi estranei al sistema democratico. La– sciare all'opposizione soltanto monarchici, che si bat– tono in nome di una pregiudiziale istituzionale, e qualunquisti, la cui bandiera politica è paradossal– mente la lotta contro la politica, vuol dire esporre il paese al gravissimo pericolo di far sfociare l'inevi– tabile malcontento di una situazione straordinaria .. mente difficile negli stagni melmosi del legittimismo e del qualunquismo. Bisogna rendersi conto che col 2 giugno è cessata la necessità imperiosa dell'unani– mità nazionale dei partiti antifascisti; col 2 giugno il C.L.N. ha assolto la sua grande ed insostituibile funzione di contrappeso rivoluzionario della monar– chia, col 2 giugno si deve assolutamente abbandonare la posizione dialettica fascismo - antifascismo che potrebbe far rinascere il fascismo proprio da quelle difficoltà che sono una triste eredità di quel regime. Occorre che al più presto in seno alla stessa c~a– lizione democratica di governo si operi quella neces– saria distinzione di compiti, essenziale ad un regime di stabile democrazia, di un partito o di una coali– zione che governa e di un partito o di una coalizione che lo controlla. Questo compito dell'opposizione non è certo suf– ficientemente assolto dal partito comunista, non solo per il fatto che essendo al governo - e sia pure in una posizione di più limitata responsabilità - esso non può coerentemente assolvere sino in fondo tale funzione, ma soprattutto per il fatto che non è stata ancora accertata in maniera indiscutibile la sua ap– partenenza al sistema democratico. Tale opposizione, nell'evidente carenza a quella funzione mediatrice, cui pur talvolta pretende di assurgere, del partito socialista, non può essere svolta che da formazioni democratiche diverse dai grandi partiti di massa. Che il partito repubblicano non abbia inteso questa perentoria necessità dell'attuale situazione politica è prova ancora u a volta del suo formalismo astratto che lo voleva necessariamente all'opposizione -in re– gime monarchico _e lo vuole necessariamente al go– verno in regime repubblicano. Dobbiamo dolerci che gli uomini della democrazia repubblicana, inseguendo un nobile ma per noi ancor prematuro sogno di più larga concentrazione democratica, si siano sentiti in dovere di votare la fiduda al governo cui partecipa– no gli uomini del P.R.I.; cosi pure ci duole che i rap– presentanti del Partito d'Azione non abbiano saputo spingere la loro audacia al di' là dell'astensione, con una motivazione che è apparsa piuttosto contrad– dittoria. Eppure, come più ampiamente dimostra l'amico Diena, se di un'opposizione democratica l'Italia ha oggi bisogno urgente, di essa solo gli uomini della democrazia laica, dai repubblicani agli azionisti, alla concentrazione democratico-repubblicana (che ora comprende i liberali di sinistra dei •gTUJ>Pi di Calvi e di Brosio, usciti dal partito liberale in due successive secesssioni), potrebbero e potranno essere i protago– ·nisti. Occorre soltanto che si abituino a dirè ad alta voce quella verità ch'essi sentono nel loro cuore; per– ~hè proprio in tale verità, nella sua virtù educatrice, consiste la vera superiorità del regime democratico su quello autocratico-. Arturo Barone \ j •

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