Lo Stato Moderno - anno III - n.13 - 5 luglio 1946

292 LO STA10 MOD~RNO unitaria, nè a soluzioni radicali e immediate. Essa dovrebbe Invece, per un verso, facilitare l'ascesa dei lavoratori verso forme via via più indipendenti odi gestione attravel'SOun pro– cedimento di progressiva acquisizione e di selezione naturale delle capacità, e, iper un altro verso, dovrebbe tendere a un immediato m1glioramento delle condillìioni dei lavoratori stessi. Infatti, la mtuazione è estremamente varia, 1,>0ichè !Y« da casi Idi mezzaldri che coltivano poderi isolati e che vengono lasciati iPratioamente a se stessi, ai d!si di una via via pii1 intensa coHaborazione &a propriètJario e mezzadro (con inter– vento del pri,mo qua:le stimolatore di progresso tecnico e fornitore di capitali pe.r la _gestione e .per l'attività migliorà– trice), alle mezzadrie raggruppate e coordinate nell'organismo della «fattoria» (come per lo.più in Toscana), alle forme cli partecipazione per singole colture o miste di salario e di partecipazione, alle forme di s(Ùario fisso ad anno e infine alle forme di conduzione basate su uno scarso numero di salariati fissi e un largo ricorso ad a~entizi (braccianti) nei periodi .dei grandi lavori. Varietà di forane, cui corrisponde un diverso grado di preparazione tecnica ed economica dei lavoratori e fin anche, talora, un diverso stato d'animo nei confronti della terra, che va dalla aspirazione esclusiva, te• nace dei mezzadri, verso la gestione indipendente e fa pro– prietà, fino al distacco, completo o quasi completo, dei brac– cianti e .anche dei sruariati fissi de1le zone della grande e media impresa, di tipo industriale, le cui aspirazioni sem– brano limitarsi alla sicurezza del lavoro e di un salaria il .più possibile ele~ato. Ora, io credo che si ipotrebbero raggruppare le pressochè infinite varietà di casi che ho cercato di indicare sommaria– mente fin qui in due grandi categorie: l ') atiende a mezza– dria, caratterizzate dal rapporto stabile fra famiglia coltiva– trice e podere e dalla ripartiz-ione dei :prodotti e deHe p'pese; 2') aziende a salariati, con o senza forane di partecipazione per singole coltivazio!Ji. Nella prima categoria ci sono famiglie di coltivatori già o~a-nizzate per la coltivazione di un podere, con virtù ata· viohe di risparrnio, abituate a una certa, più o meno vasta, libertà di iniziative e ad una più o meno intensa partecipa– zione alle decisioni inerenti allo sviluppo tecnico delle colti– vazioni, alle vendite, agli acquisti e via dicendo; nella se– conda categoria ci sono famiglie o individui isolati (la fa– miglia è non di rado frammentata in occupazioni diverse), psicologicamente avulsi <!alla azienda, scarsamente preparati d(tl punto di vista tecnico, foorchè per quanto attiene alla esecuzione manuale di determinate operazioni, assolutamente non avvezzi a quei oalco:i di .costi e di ricavi, a quella visione d'insieme, a quelle valutazioni prospettiche, specie dì sacri– fici presenti in vista di vantaggi futuri, che costituiscono la sostanza di una qualunque gestione economica. Di qui 1a necessità, a mio avviso, di porre l'accento, per i casi di prima categoria, sulla agevolazione del processo selettivo e del' conseguente ,passaggfo dei coltivatori alla proprietà e .di porre invece l'accento, per i casi della seconda categoria, sul mi– glioramento ummediato delle condizioni dei lavoratori. Una prima, e fondamentale, agevolazione per i casi di mezzadria .dovrebbe consistere in una revisione della misura percentuale di riparto dei prodotti e delle spese a favore dei lavoratori: revisfone che ·per ragioni di semplicità mi era sembrato due anni or sono si potesse effettuare m misura eguale per ·tutti. (Princitpi e lineamenti di. W1µ riforma agraria, in « Nuovi quaderni -di giustizia e libertà», nov.-dic. 1944), ma che una ulteriore riflessione mi ha poi convinto doversi fare invece con riferimento alla fertilità del terreno e ,in ge– nere alle sue condizioni di redditività. Infatti, quanto più il terreno è fertile, tanto maggiore (a parità di misura percen– tuale di rip;uto) è la quantità di prodotti ohe il mezzadro percepisce; quanto :più il podere è vicino a un grande centro di consumo, tanto maggiore è il prezzo· che il mezzadrn ri– ?11vada1la vendita di quei prodotti ohe eg1i non destina a] consumo funu1iare, e -v:iadicendo. D'altra parte, a questo variare del reddito del mezzadro corrispon.de una variazione dell'apporto del proprietaTio, apporto che evidentemente è diversissimo a seconda che egli dia a colonia un podere ir– riguo, vitato, nelle vicinanze di una città, oppure un podere dr montagna, arido, senza viti e magari soggetto a frane, mentre in misura molto minore varia l'apporto di•Javoro del mezzadro e deHa sua famiglia. Quindi, sembra conforme a giustizia che, partendosi dalla ripartizione dei prodotti e delle spese a metà per i ,poderr di maggior reddito, si vada aumentando via via la _percentuale del mezzadro per i po– deri meno produttivi o peggio situati, 'iino ad arrivare (direi) al 70-75 per cento !Per i più disgraizati ,poderi di montagna o di alta collina. Vero è che in questa ,guisa si deterrnine– rebbl!' un crollo dei .valori dei poderi meno fertili e UJ!a rapida scomparsa della categoria dei proprietari non colti– vatori dei poderi stessi: ma questo non può ritenersi un danno dM ipunto di vista sociale, poicliè fo terre meno fertili, specialmente della montagna, non consentono una vita de– cente al coltivatore se non a patto che egli faccia propria la totalità dei prodotti. E, infatti, anche senzà provvedimenti legali, la sola spinta economica ,ha fatto si ohe rgià oggi l'area di m~ggior diffusione della piccola proprietà dei coltivatori sia, appunto, da montagna. D'altro lato, in questi casi è da far conto pressochè esclusivo, per una attività miglioratrice, su quei piccoli, graduali investimenti da parte degli stessi coltivatori, inspi-rati da motivi in iparte extra-economici, di oui parla con tanta affettuosa comprensione Ernesto Rossi nel!la sua Riforma agraria (ed. La Fiaccola, 1945, .pag. 113 segg.), e non invece 6ugli invesµmenti capitalistici, \ quali sono regolati per lo più soltanto da un calcolo economìco e ben difficilmente, quindi, possono essere attratti vel'Soie terre naturalmente meno produttive. In· 5econdo luogo, io credo si possa anche arrivare a consentire ai mezzadri ,che abbiano accumulato le somme necessarie per il riscatto del bestiame e per il capitale circo– lante occorrente ,alla gestione e siano in grado di offrire al proprietario una garru,.da in conformità della consuetudine, li diritto di trasforanare il rapporto di mezzadria in affitto: al tennine dell'affitto, se l'ex-mezzadro ha coltivato da buon pa.dre di famiglia- e adempiuto alle sue obbligazioni, dimo– strando ·così di essere capace di una gestione indipendente, gli pot<rebbe essere riconosciuto .il diritto di trasformare il oontratto di affitto :in enfiteusi perpetua. Queste facoltà di trasformazione del rapporto, nelle mezzadrie isolate, potreb– bero essere esercitate senza ulteriori condizioni all'infuori di quelle ora accennate: nelle mezzadrie organizzate a fattoria dovrebbe invece essere studiato un meccanismo idoneo a impedire la •distr117ionedella unità econòmica superiore di cui i singoli poderi fanno parte' (quindi, direi, deliberaizone di almeno due terzi dei mezzadri; fomiazione di una coope· cativa fra di essi che disponga dei capitali nella misura sopra specificata per l'intera tenuta e di un dirigente riconosciuto idoneo dall'Ispettorato agrario provinciale; subingresso della cooperativa al proprietario nel rapporto coi mezzadri dissen– zienti o non in grado di corrispondere de somme occorrenti, fino al riscatto delle quote; a8empimento da parte della stessa cooperativa, dei servizi comuni già òisimpegnati dal centro aziendale). , Ora non è facile prevedere in quale misura e con quale ritmo si arriverebbe, con questo meoèanismo, alla trasforma· zione dei mezzadri in enfiteuti: da un lato, funzionerebbe la ~inta •dell'aspirazione verso la stabilità del ,godimento e !a Indipendenza della gestione; dall'altro, il. timore del •rischio •

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