Lo Stato Moderno - anno III - n.13 - 5 luglio 1946

290 LO STATO MODERNO . . nomina del Capo dello Stato è una ·rigorosa dimostra– zione di ciò), che è dunque necessario ·pensare 'ad altre forme di manifestazione della volontà popòlare o, almeno, « anchè » ad altre forme; il che mette 1n nuova luce, ad esempio, il problema del Senato inteso come correttivo degli inconvenienti dell'Assemblea legislativa, e ripropone - a una mentalità speriamo ormai più scaltrita e cosciente dei limiti - il vecchio tema della valorizzazione costituzionale dei sindacati e dei partiti politici e rimette sul terreno il problema della rappresentanza paritetica delle Regioni, capace di spostare l'equilibrio' politico statico e massiccio che si fosse eventualment~ creato nella prima Ca– mera. Non si dice che tutto ciò debba essère utiliz– zato, si afferma che nulla di ·ciò deve essere diitienti– cato e scartatp senza serio esame, se non si vuol dare all'Italia contemporanea una carta vecchia prima ancora di nascere. E Ùn altro punto cui converrà prestare attenzione è quello dei rapporti tra le due Camere. Non man– cano coloro i quali già fin da ora --- quasi a mo' di rivincita della sepolta unicameralità - chiedono che a).la seconda Camera siano affidati poteri minori della prima; il che - a parer mio - sarebbe errore più grave della unicameralità stessa, perchè un organo costituzionale vulnerato nel suo prestigio e ridotto a mancipio di altro 'organo è peggiore di qualunque lacuna. Ma i partiti di massa avranno la sensibilità e il gusto di questi problemi e delle loro .soluzioni?.C'è da dubitarne. . In politica estera si sta espiando il fascismo, d'ac– co~dd. Ma si sta anche pagando cara quella sciocca formula oppiacea del·« non ci sono carte da giocare » e dispiace che un uomo come Borsa se ne sia fatto difensore ed interprete. Borsa invita gli avversari della formula a scrivere, bianco su nero, quali sono o sarebbero le lorò pr.oposte, e così, molto, troppo abilmente si mette con le. spalle al muro, perchè è chiaro, che .è troppo facile ridicolizzare qualunque piano che si possa costruire « a priori », il quale ha necessariamente tutta ,l'apparenza d'un castello di ·carta velina o di un ingenuo ragionamento astratto. E la storia, si sa, serve a tutti. gli usi e_a tutte le tesi, ma vorrei proprio sapere se nel '50 c'era qualcuno a domandarsi se Cavour avesse delle carte o, dopo il '71, se Delcassé avesse qualche « chanc~s ». In realtà le carte e le « chances » si chiamavano appunto Ca– vour e Delcassé, ai quali il dubbio delle « carte » non sfiorava nemmeno il cervello. Essi sapevano quello che volevano, e avevano chiara la differenza tra con- Leggete. e diff oridete traversia politica e controversia giuridica, e. se per– devano meno tempo a mandar memoriali difensivi alla maniera avvocatesca, sapevano in compenso porre i problemi del proprio paese in termini· inter– nazionali. Perchè questo è il segreto di una politica estera capace di agire non solo sugli interessi, ma anche sulla fantasia e sui sentimenti della opinione pubblica internazionale che, in alcuni paesi, è vivis– sima. Per citare solo alcuni esempi, è stata sufficien– temente agitata in America la questione che un trat– tamento punitivo inflitto all'Italia rappresenta il crollo di dgni impegno internazionale sancito dalla Carta f\tlantica e documenti posteriori, e cioè in de– finitiva il crollo di ogni possibilità di organizzazione internazionale, visto· che agli· impegni si applica la fÒrmula guglielmina degli chiff ons d.e papiér? Si sono in Francia presi contatti con quei soli uomini politici che, fuori dei quadri dei tre partiti di massa, pote– vano in qualche modo giovarci? Si sono tentati ap– procci con uno qualunque dei « grandi » - e non . parlo solo della Russia - per non arrivare alla deci- · sione dei « quattro » nel più disperato isolamento? Si è saputo in qualche modo far leva sull'evidente, evidentissimo malumore dele piccole e . medie po– tenze - comprese le neutrali - per il modo niente affatto democratico con cui i «grandi» dispongono delle cose del mondo? Si è fatto valere la circostanza ché l'aver fatto militare i nostri soldati nelle proprie armate è, assai più che un fatto di cobelligeranza, un vero e proprio fat'to di alleanza, e che le realtà con– tano più delle parole? E si è ripetuto a sufficienza che, comunque, la stessa cobelligeranza è una realtà giuridica e come tale - se si vuol veramente •fondare un ordine giuridico internazionale ·- .essa impone diritti e doveri a tutte le parti?,Si é sufficientemente agito in modo da far considerare il problema italiano come pietra di paragone del valore di tutto l'ordina– mento internazionale? E ci si è saputo in qualche modo agganciare al problema tedesco? Sono delle domande, ma avrebbero potuto essere delle C!\rte; visto che proprio non si sa far~ a meno di questa comparazione col gioco, 'il quale è in fondo un fatto irrazionale e fantasticò, più creativo che matematico. Ora non resta, ed è ormai il problema più impor– tante, che darci una politica per il dqmani. In un mondo che ripete le cose di ieri non si può che lan– ciare una parolà di ieri: la poHtica di domani si chia– merà «revisionismo», anche se nessuno di noi ne sarà entusiasta. MARIO PAGGI '' LO STA"f.O .MODERNO" . . Abbonamentb dal 1° luglio al 31 dicembre i 946: L. 240 So<'. An. ROSSO . EDJTORE - MILÀNO C. C. Postale N. 3/30908, I;.,/

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