Lo Stato Moderno - anno III - n.12 - 20 giugno 1946

278 LO STATO MODERNO In Italia esiste una fortunata armonia tra l'economia agricola e quella industriale. E' una caratteristica che deve essere conservata, perchè ci pone al riparo delle crisi che colpiscono i paesi totalmente industrializzati, favorisce la scioltezza degli organismi produttivi e utilizza le facoltà di a<lattamentò del nostro popolo, mantenendone intatta la sanità fondamentale. Occorre favorire, anche nel piano edilizio, la conser– vazione di quei nuclei familiari ad attività mista, agricola e industriale, che costituiscono indubbiamente uoa nostra forza. Si dovrà quindi incoraggiare un certo decentramento di quelle grandi industrie per le quali è inutile e forse dan– noso permanere nei centri urbani, mantenendo in essi, o nelle immediate vicinanze, quelle altre produzioni che de– lVOlloessere collegate fra <li loro o avere frequenti contatti col consumatore. Da ciò deriva la necessità, se non di v1:ri piani urba– nistici regionali. almeno di direttive di massima nell'ambito della regione. ~ Non è qui il luogo di elencare le norme a cui nei cen– tri urbani <lovrà uniformarsi l'opera di ricostruzione; ricor– diamo solo che la scienza urbanistica, ormai adulta, può autorevolmente stabilirne i criteri informatori. Nella pratica attuazione dell'opera si può dire che, se è urgente dare una casa degna di questo nome ai disgra– ziati che ne sono privi, si deve escludere la convenienza ijel!e costruzioni provvisorie, tipo baracche, perchè costano poco meno delle definitive ed esigono quantità di materiali maggiori di quelle che basterebbe a riparare le costruzioni non gravemente sinistrate, le quali ammontano alla bella cifra di circa 3 miloni di vani, e che in gran parte atten– dono ancora l'intervento del muratore. Nei centri urbani l'opera dovrebbe ,svolgersi in tre tempi, di cui i primi due potranno procedere parallelamen– te: il primo, la riparazione immediata delle case meno sini– Gtrate, di cui s'è parlato ora; il secondo, la costruzione in serie di nuovi quartieri; il terzo il risanamento delle zone centrali, dove occorrono notevoli variazioni dei piani re– golatori. Qqesta bonifica dei quartieri centrali non potrà venire che da ultimo, perchè esige studio ponderato e trattative delicate e lunghe per la sistemazione dei cospicui interessi in gioco; ed essa non potrà essere eseguita se non si avrà prima una notevole disponibilità di abitazioni per alloggiarvi le persone che sono ancora oggi ricoverate nei residuati in– denni delle zone soggette a riforma del piano regolatore. Nel campo economico la domanda è: da chi prendere i mezzi occorrenti e come convogliarli verso la ricostruzione? Coattivamente, attraverso lo Stato? O allettarli a investirsi spontaneamente lfei nuovi immobili? Limitarne l'impiego a determinati tipi, o lasciarli liberi di indirizzarsi dove cre– dono? Nella situazione economica odierna mi sembra indu– bitabile che le ·tendenze debbano essere annesse tutte e due, contemperandole e armonizzandole fra di loro. In un mercato come l'attuale, coi suoi paurosi squilibri fra domanda e offerta, è indispensabile, se non un con– trollo, almeno una direttiva <la parte della collettività .nel– l'interesse ed a protezione dei diseredati dal vigente regime economico: anzitutto affinchè lo schiacciante carico della ricostruzione del ,paese sia ripartito sui redditi del citta– dino in base a criteri stabiliti da quell'ente che rappresenta tutti i cittadini; e in secondo luogo per difendere le classi • meno abbienti dalla durezza, talvolta crudele, della legge economica. Tuttavia le norme da emanare non dovranno, fin che possibile, rivestire' un carattere di coattività, ma essere stu– diate in modo da costituire piuttosto un allettamento alle forze vive dell'economia a indirizzarsi nel senso voluto dal– la collettività. Nel risolvere il problema bisogna aver presente però un fatto assai grave: la inefficienza del meccanismo statale, gravemente sconnesso in tutti i suoi organi, per molte cau– se, tra cui quelle che rendono così problematica l'efficienza dell'istrumento essenziale, cioè del funzionario. Ora, se codesto -intervento dello Stato è inevitabile e al tempo stesso le sue possibjlità funzionali sono così scarse, come si può fare per provvedere alle necessità che urgono da ogni parte? Non pare vi sia se non un metodo:.limitare l'azione sta– tale a quello che è indispensabile alla tutela della giustizia Eociale, alla determinazione degli indirizzi necessari a que– sta tutela, e ridurla al minimo nel campo esecutivo. Ossia, m ogni singolo problema, affidare ai rappresentanti d_ella collettività il compito di stabilire il criterio fondamentale della risoluzione e demandarne l'attuazione a organi ema– nanti da determinate categorie della collettività, al di fuori dei!.loSbato e del !lJCSante,foadatto e spesso corroso da inno– minabile ruggine, meccanismo dello Stato. Non è qui il caso di esemplificare questo metodo, che può essere applicato in svariati modi a svariate questioni; ma si può affermare che esso è il solo che permetta di risolvere veramente il problema, attuando anche quei prin– cipii, di cui tanto. si parla, mentre non si fa nulla per rea– lizzarli, e cioè decentramento e democrazia. Lo Stato, del resto, con l'imperfetto meccanismo tri! butario attuale, non ha possibilità di procurarsi i mezzi oc– correnti; il carico che grava l'erario, è schiacciante. Sarà già un'improba fatica raccogliere i capitali occorrenti alle opere pubbliche, che sono in gran parte strumenti per la produ– zione, e quelli per le case popolari, il bisogno delle quali è così acuto. Da questo campo l'iniziativa privata fu, da ormai 40 anni, respinta, e, 5e pure è discutibile se ciò sia stato in tutto e per tutto un bene, <lei fatto compiuto si deve tener conto; agli istituti di case popolari, che sono del resto enti già attrezzati e funzionanti quasi dappertutto in modo egre– gio, deve provvedere la coUettività, Stato, Provincie, Comuni. Il campo delle. altre costruzioni, che economicamente hanno maggiore importanza, <leve essere lasciato alla ini– ziativa privata. Pure indispensabile, per l'~ilizia come per le altre in– dustrie,. sarà l'aiuto di crediti da parte di Paesi esteri dove il risparmio è già accumulato e disponibile in proporzioni ben più rilevanti che non da noi. Anzitutto, come ho detto, perchè un decimo circa della spesa della costruzione è as– sorbita da .materiale che l'Italia non possiede, poi per ac– celerare il ritmo dell'opera, che la troppo lenta formazione del· risparmio nazionale verrebbe a diluire in un tempo troppo lungo per la nostra sofferenza; e infine perchè l'af– flusso di notevoli capitali avrebbe una azione calmieratrice in un mercato cosi instabile come è il nostro, dove una vi– gorosa ripresa porterebbe certo ,.un pericoloso squilibrio fra domanda e offerta.· Non è inutile poi accennare che, per il rastrellamento del risparmio nazionale,, sarà indispensabile la funzione di speciali Istituti di credito edilizio, che possano fornire il capitale circolante agli enti edificatori a condizioni conformi ai loro bisogni caratteristici (ben diverse da quelle gene– ralmen te offerte dal credito bancario) e raccogliere l' ingen– tissima quantità di risparmio da investire definitivamente nelle costruzioni.

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