Lo Stato Moderno - anno III - n.12 - 20 giugno 1946

276 LO STATO MODERNO classe. Appunto per questo è assurdo parlare, con un esplicito o sottinteso presupposto classista, di organizzare un partito dei ceti medii. (Ma, essendo qt\esto ben fermo, non capisco, caro Baldacci, perchè ti sei sognato di attribuire questa presun– tuosa intenzione al Movimento della Democrazia Repub– blicana). Il ,problema resta prevalentemente politico: dare ai ceti medii un uhi ronsistam politico che impedisca 1e loro tradi– zionali fluttuazioni e consenta l'esplicazione di un loro posi– tivo apporto. Appunto per quest'ultima ragione non si tratta di un ~emp!ice « agganciamento », nè di una labile acquisi– zione elettorale: e argutamente è stato notato che i ceti medii non si possono paragonare a dei salami da « legare » ed « agganciare ». C'è anzitutto il problema dello Stato. La democrazia, e tanto più una democrazia repubb:icana, è indubbiamente il regime più adatto a venire incontro insieme a quella volontà di partecipazione alla vita del:o stato ed a quella aspira– zione alla libertà ed alla ,giustizia sociale, che irna>rontano i ceti medii. Bisogna però tener conto che essi nutrono I' esi– genza di uno stato veramente efficiente e solido, immune dal– l'ingerenza di gruppi plutocratici e di interessi privilegiati, e l'esigenza di una democrazia realizzatrice e costruttiva e non sventata, demagogica e vaniloquente. E c'è il problema del partito o della formazione politica ~ cui o per mezzo di cui i ceti medii possono esplicare la loro partecipazione al'.a vita pubblica. Ritengo non ci sia e non ci possa essere a:cun partito che pretende al monopolio dei ceti meclii. E' logico ed è giusto che questi si ripartis,cano e aocorrano là dove meglio sentono di potere esplicare il loro apporto. Del ,resto gli attua:li partiti politici italiani sembrano assai consapevoli dell'importanza dei ceti medii. E fanno tutto il possiQile per attrarli in modo diverso. Tre esempi sembrano particolarmente significativi. Primo, quel:o del Partito Comu– nista, che cerca di acquisire (specie nel settore intellettiuale) i ceti rnedii, da un lato col tono popu:list.a conferito alla sua propaganda, d'altro lato impegnando i suoi aderenti ad una precisa, impegnativa e consentanea missione, il cui disbrigo, spesso entusiastico, rincuora col senso del!' organizzazione e de'.l'efficienza e meno lascia avvertire il peso dell' « apparato » centrale ed autocratico. Secondo, quello della Democrazia Oristiana, che si sbraccia nell'offrire ai ceti medii la prote– zione del ,proprio variegato e confessionale ombrello, a riparo dì non so quale imminente acquazzone, e li mobilita nell'im- . pegno di « far argine » contro non so quale straripante piena. Il teno è queao dell' « uomo qualunque », che si vale non solo della mobilitazione degli ~ontenti e della reazione al politicantismo dei partiti, ma del mito dello stato tecnico, di competenti e di amministratori, che esoneri da più moleste partecipazioni i cittadini. · Ma, non foss'altro ,perchè è m,gomento della massima attualità, bisogna qui far cenno dell'atteggiamento verso i ceti medii che, soprattutto ad opera di Saragat, tende ad assumere il Pmtilo Socialista. A Luigi Preti, che nell'Avanti/ ·del 26 maggio si poneva la domanda, vorrei ben rispondere che non ritengo certamente il Partito Socialista meno qualifi– cato di alui a convogliare (come del resto sta accadendogli in maniera persino eocesisiva)i ceti medii. Esso presenta anzi due particolari .prerogative. Anzitutto quella di poter far presa sui ceti medii col mito del lavoro, ma sì proprio del <\ ri– scatto de~ lavoro »: è non oi .si~tupisca se si parla di mito, chè più degli a'ltri i ceti mediì ne hanno bi.sogno per miscendere il loro '!'azionalistico e incoerente individualismo e ,per vincere un certo loro sciatto complesso di inferàorità. In ~econdo luogo quella di essere partioolamiente adatto a tentare que:Ia saldatura tra pro:etariato e ceti medii dhe è essentiale per l'avvenire della democrazia italiana. Al Partito Socialista è in o ra particolare affidato il compito di persuadere della doppia verità: che da un lato anche le più brillanti conquiste della classe operaia non potrebbero essere effettuate democratica– mente o .resterebbero non :vitali se non venissero fatte proprie e sostenute anche dai ceti medii, numericamente preponde– ranti; ma che d'U:tro canto ·la stessa ascesa e tutela sociale dei ceti medii ,presuppone, insieme come avanguardia e come baluardll, l'avanzata della classe operaia. Senza volemli ad– dentrare in una più particolare analisi politica, vorrei però rivo'.gere agli amici socialisti tre atpmonirnenti a questo ri– guardo. In primo luogo di non vanificare a priari il problema, approfittando della circostanza che il lavoro è fors•e l'unica nota (ed anche l'unico interesse) comune a tutti i ceti medii, per asserire ohe lavoratori gli uni, lavoratori gli altri, non c'è ragione alcuna di differenziazione. In secondo luogo di non sopravvalutare troppo quel fenomeno che comunemente mal si designa come « proletarizzazione dei ceti medii »: il logo– ramento e l'irruniserimento, co:mi di nostalgie, di rancori e di disagi, non determinano in essi alcuna tensione rivoluzio– naria e neppure una intrinseca solidarietà con le classi ope– raie. In terzo luogo di tener conto quanto meno della già tanto acuita suscettibilità dei ceti medii: questi male tolle– rerebbero !a deminutio capitis di essere condannati ad essere soltanto dei rimorchiati, di sentirsi rinfacciare ad ogni piè sospinto la loro pretesa mentalità piccolo-borghese, di sentirsi dire: « Se dobbJamo aprirvi la porta d'entrata, dobbiamo aprire quella d'uscita per molti ottimi nostri compagni ». E occorre ricordare anche qui che è la politica concreta e reali– stica, quella che sì fa e non si preannuncia, che si realizza e non si declama, che può ravvicinare e suscitare non mere simpatie ma effettive solidarietà, e cl' idee, e d'intenti ed an– che d'interessi. E resta infine aperto il problema della legittimità di una formazione politica non già peculiare ai ceti med:ii, ma alla quale essi potrebbero essere particolarmente propensi, per trarli dall'alternativa di scegliere tra altre formazioni, per di più appesantite e irrigidite dalla loro compagine di partito, implicanti le une una pregiudiziale confessionale, le a:tre una istanza classista. Lo scarso favore elettorale raccolto da for– mazioni del genere (che non erano riuscite a portare a ter– mine il processo di unificazione) è poco o nulla probante, in una situazione che tendeva fatalmente a polarizzarsi agli estremi e per di più complicata dai fervorj e dalle paure de– term'inati da•lla questione istituzionale. Anzi, il superamento di un così severo vaglio elettorale da parte di queste forma– zioni, travagliate da recenti o antiche cr~i, o non ancora consolidate per la loro giovinezza, è indice di una loro certa vitalità. E poiohè è lecito dubitare sulla stabilità della situa– zione determinata da-I responso elettorale, o quanto meno nel:e sue attuali proponioni, a queste formazioni, anzi, più ancora, ad una loro auspicata concentrazione, sembra affi– dato il delicato ma essenziale compito di convogliare a sè il prevedibile reflusso che si avrà e da una parte e dall'altra, di cui temo ancora una volta ,saranno protagonisti i ceti medii, evitando quel pericolo di squagliamento di ancor troppo tenere fone po:itiche che potrebbe essere fatale per la democraZ<.ia ita:iana. Certo quest'opera è difficile e lunga. Non solo presuppone il superamento di posizioni tradizionali, di partito e personali. Ma rJchiede una estrema sensibilità di problemi, una realistica volontà <li trovare quelle vitali solu– zioni che rispondano all'interesse generale, una vivace e cri– tica libertà d'azione, una spregiudicata rispondenza alle forze rea:mente progressiste del Paese. Sarà sufficientemente effi– cace, autorevole, rianimatore, l'appello di queste fone per essere compreso e condiviso, e non dai soli ceti medii? GIULIANO PISCHEL

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