Lo Stato Moderno - anno III - n.8 - 20 aprile 1946

170 LO STATO MODERNO essi assumesse interamente la propria responsabilità e cercasse di imporre una formulazione assolutamente inequivoca, ,..almeno rispetto ai problemi fondamen– tali. Ma questo nostro amore di chiarezza, che vuol bruciare le tappe, deve arrendersi di fronte all'inevi– tabile lentezza degli sviluppi politici. Così è molto probabile che nè il congresso socialista potrà risol– vere in maniera definitiva il problema dei suoi nap– porti con i comunisti, nè il partito democristiano for– mulerà nettamente la propria posizione rispetto alla questiòne istituzionale. Solo il congresso del partito liberale italiano - il terzo congresso che avrà luogo in questo periodo - potrà ormai apertamente, dopo l'uscita dei giovani liberali, proclamarsi monarchico e conservatore senza che alcuna crisi ne nasca e senza che più alcuno se ne scandalizzi; noi anzi gli saremmo grati di questa sincerità, che contribuirebbe a quel processo di chiarimento di cui sopra parlavamo e che è ancora il problema dominante di questa Italia uscita dal fascismo ed anelante faticosamente ad un regime democratico. Molti infatti considerano come oziose e ormai su– perate le due questioni che si agitano in seno ai due grandi partiti italiani, quella delle relazioni coi co– munisti in seno al partito socialista, quella istituzio– nale in seno al partito democristiano, e sono t~ntati di invitare amici e nemici ad occuparsi di problemi « concreti » e a dividersi e ad unirsi solo di fronte ad essi. Ma, in realtà, mentre quei problemi « concreti», nessuno purtroppo oggi potrebbe risolxere - tutto essendo il nostro destino, e il pane e il lavoro e gli stessi confini, nelle mani dei diplomatici delle grandi potenze che da quasi un anno vanno mercanteggiando i termini della nostra pace - q_u~stisono i soli pro– blemi che oggi possiamo sforzarci di risolvere da soli; dal che l'astrattezza che molti lamentano, e che è in– vece l'unica concretezza ora possibile, e quel trasco– lorare dei programmi politici l'uno nell'altro senza che spesso li si possa chiaramente distinguere. Solo la prova dei fatti potrebbe rispondere agli interrogativi del profanQ. e dirgli cosa stia dietro alle formule so– nore; ma la prova dei fatti, ossia la responsabilità del Governo, è al di là della Costituente e il voto è al di qua, cosicchè al momento del voto gli interrogativi saranno ancora senza risposta: « è possibile un par– tito che sia veramente comunista e veramente demo– cratico? saprà il partito socialista,svolgere una poli– tica autonoma o cederà alla tentazione di un fronte popolare? saprà la democrazia cristiana sottrarsi al peso dei voti di coloro che le assegnano una funzione puramente conservatrice? ». Per noi l'origine prima di queste incertezze sta nel trasformismo comunista, che ha come naturali effetti da un lato di sottrarre al partito socialista il controllo di tutte le masse pro– fondamente democratiche - che rifuggirebbero da un comunismo francamente totalitario, - inducen– do cosi il partito socialista ad una politica ambi– gua, per lo più spostata a sinistra per ragioni di equi– librio, dall'altro quello di irrigidire il partito demo– cristianò in una posiziode di controbloc.co estrema– mente periçolosa per l'avvenire del Paese. Per supe– rare i pericoli derivanti da questa situazione, che ha il suo riscontro - e non per puro caso - nella si– tuazione it'rternazionale, occorre a nostro avviso che il partito democristiano faccia propria senza più in– dugi la tesi repubblicana per impedire che la repub– blica sia una vittoria esclus·va delle sinistre e sia di- fesa soltanto da queste; occorre aUi:esi elle il partito socialista 1 pur non assumendo un att~~giarn_el\,teanti– comunista di.e i fatti. per ora almeno, non giustifi– cano, e che lo porrebbe in situazione diffiçile verso moltt parte dei suoi ad&enti, si l?roni,nci in senso sehiettaqient~ autonomistico e demQcrtiico_~r poter assurgere ad una grande responsabilità di mediazione naziosale e prepararsi a condividerne una ancora più grande di mediazione internazionale. E noi? Quanto a noi, ci sentiamo di continuare in tutta umiltà di spirito l'opera maieutica del grande Socrate ateniese, aiutando al travaglioso parto della nuova repubblica democratica italiana. ARTURO BARONE Il pianto· dell'elett-0 A imitazione, ammonimento e magari conforto dei no– stri prossimi costitueiti, voglio ricordare loro il pionto con cui Enea Silvio Piccolomini accolse l'ultimo voto "1l Con– clave, quelfu che /.o faceva Papa. « Come mcconta il Cam– pano, ,suo biografo, Pio Il proruppe in lacrime e per .qualche tempo potè appena padroneggiarsi. Quando tomò in sè agli amici che gli facevano animo, rispose ehe d' u-n'a' si alta di– gnità potevano -rallegrarsi soltanto coloro ohe non ,iftette– vano ai rischi e alle fotiche che ad essa ,vanno congiunti, e che ora spettava a lui reaUzzare ciò che spesso aveva pre– teso dagli oltri ». Così il Pastor. Nessuno si illude che i mali che percuotono oggi l'Italia sian-0 nµngri çJi que/!i çhe gravavano sulla Chiesa in quel giorno d'agosto del 1468. Domenico .De' r>omenichi, vescovo di Torce/lo, aprendo il Conclave così aveva indicato i problemi che attendevano l'opera del nuovo Pontefice: « La dignità della Chiesa deve essere ristabilita, la sua autor-itd quasi decaduta deve fJSSere rialzata, migliorati t costumi, riordinata la Curia, assicurata l'amministrazione '~lla giustizia, !Propagata \la fede, liberati i prigionieri, debbono essere ricuperate le città perdute, e bisogna armare i fedeli per la guerra .santa ». Traduciamo per noi. La dignità dello Stato deve essere ristabilita, la sua autorità quasi decaduta (non è di iroppo ' quel « quasi »?) deve essere rialzata, migliorati i costumi, riordinate le finanze, assicurata la amministmzione della giu– stizia, propagata la libertà, liberati i prigionieri, debhon-0 ~,– sere difese le città il le terre in pericolo, e bisogna armare i cittadini per la ricostruzione. Dare oggi agli italiani ferro e lana, grano e carlfbne non è impresa men disperata e grave di quanto fosse alfura tenere i turchi lontano ilall' occidente. Che faranno dunque i nostri costituenti la sera del 3 giugno 1946 quando non la voce dell'ultimo elettore, ma il ,rauco suono della -radio o il rapido volo del telegrafo .o l' as– surdo squillar del telefono, porteranno l'angosciosa notizia della loro elezione? - Se hanno senno, piangano. E sia un pionto dirotto e senza freni. E poi svolgano mentalmente i temi della loro nuova fatica: « La dignità dello Stato deve essere nsta– bilita ... ». Ma quant~ - f-ra gli eletti - piangeranno la sera del_3 gi11gno 1946? VITl'Ol_l

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