Lo Stato Moderno - anno III - n.7 - 5 aprile 1946

162 trovano certi sviluppi che in un libro scientifico non potrebbero mancare; divulgativo non è nemmeno, e ciò sente chiaramente il lettore, perchè Ja costrwrlone, quantunque esposta in fonna plana, per Il suo stesso genere, non si adatta ad un'opera di divulga– zione. A,ppunto perchè il_volumetto non rientra In alcuno del due tipi conside– ra bi; colUi che Jegge sente che qualche cosa manca in esso e dà, quindi,' di sdllto, un giudizio negativo ad un li– bro che tale giudizio non merita. Sar~bbe il caso di studiare diffusa– mente la costruzione del Rosselli, ma ciò non mi è consentito di fare in que– sto breve articolo; mi dov:rò contentare, quindi, di accennare soltanto ad essa. Il j1iano del libro può facilmente di– vidersi Jn due parti: una pars destruen.s ed una pars construen.s. Nella prima abbiamo una critica spregiudicata crei fondamenti del partito socialista in Italia, con qualche riferimento a quelli degli altri partiti socialisti di Europa, dai suo nascere al tempo in cui il libro fu scritto; critica, 54 capisce, non com– pleta, ma includente soltanto quelle si– tuazioni e quel rapporti al quali il Rosselll vdleV'll dare risalto per la sua successlV'a costruzione. In questa pri- 11l11 parte devesi anche comprendere l'esposizione delle teorie revisionistiche, le quali vengono, in parte, a loro volta contutate dallo stesso Rosselll. NelJ.3 seconda parte abbiamo la costruzione socialista liberale. ' Se vogliamo sinteticamente de-termi– na!'e i vari stadi dell'esposizione del Rosselli, possiamo limitarci a citare: i'la!Uerma2'lione che ne'! v-ecchi partiti socialisti marxisti sono fon.damentà!i I principi deterministico e materiali– stico della storia, la negazione di en– tirambi e l'insutticienza del secondo nel determinare le azioni umane, rot– tura tra marxl5mo e soolalismo, posto preminente assegnato ne!lla nuova co– struzione alla libertà come metodo e come fine. Spesso acuta è la critica che il Ros– selli muove ai vecchi partiti socialisti; ad esempio, per quanto riguarda il ma– terialismo storico, egli, dopo averne di– mO!ltrato l'insufficienza scientifica, cre– de che esso debba essere respinto dalla classe proletaria, perchè per essa dan– noso: « Ciò che dirò potrà sembrare Novità: LA FIN.E di Folke Beroadotte LO STATO MODERNO paradossale; ma ml sembra elle nello stato attuale del rapporti sociali il ma– terialismo storico sv1luppi una filosofia che si applica e conviene assai meglio alla c'lasse capitalistica che a quella proletaria. L'imprenditore che si trova a capo del processo di produzione, che domin,1 e combina gli elementi, che prende una parte attiva al progresso tecnico, ha la sua coscienza della par– tecipazione attiva alla µasformazione del processo storico. I suoi rapporti con 1a vita economica sono rapporti tipici di azione e reazione. Invece il prole– tariato (e !'intellettuale che abbraccia la causa dei lavoratori), costretto ad aderire passivamente al processo di produzione di cui non fa che sentire il contl'1ccolpo, non vede nelle forze di prod'uzione che fattori determinati contro cui egli è, per il momento, im– potente a reagire. Tra le sue mani il materialismo storico diventa non una filosofi,1 di liberazione, ma una filo– sofia c'be gli mostra Je catene da cui e,gli non riesce a liberarsi• {p. 60). Il partito, se vuole effettivamente costruire, deve, secondo il Rosselli, ab– bandonare tutti gli schemi e le v-ecchie formule che non valgono più nulla ne'll'attuale fase di raziona!izmzione oopiitalistica. I tempi (il libro fu scrit– to nel '29) sono diversi da quelli nei quali il Marx potè essere indotto a prevedere deterministicamente l'avven– to di una società socialistica. E poi, non ci si deve fare illusioni su una so– cietà ideale e questa chimera porte– rebbe a sacrdfizi .Jmpreveduti che gra– verebbero, più che sulle a4tre, sulla clolSSeproletaria. Si deve realizzare quel tanto che porti ad un reaoe elevamento dél proletariato; e non si deve mirare salo all'elemento economico, ma anche a que'llo morale, senza del quale non può aversi alcun progresso. • Si tratta insomma di un,a nuova affermazione libera ed elevata dell'ddeale socia1ista, al di fuori di ogni pregiudizio di scuo– la o di metodo. Il socialismo non è la socializzaz:ione, nè il prdletariato a-1 po– tere, e neppure l'eguaglianza ID3teriale. Id socialismo, nel suo aspetto essenz:iale, rappresenta la progressiva realizzazione delle idee di .g1ustizi,a e di libertà tra gli uomini • (p. 80). Ecco il punto in cui è sintetizzato tutto li pensiero del Rosselli: giustizia e libertà. Non è egli JJ sensazionale diario del capo della Croce Rossa ln– iernazionale che, nei pri– mi mesi del '45, fece un e tremo tentativo di pace GENTI LE Editore il primo che si richiami a queste due idee-forza, ma egli per primo le porta nel campo della ,politica e f,a di esse la base deh!.a sua costruzione e del movi– mento che in lui si personificò. Sulla coesistenza di questi due termini si è svilupp1ta una polemica, che, però, ha spostato la questione dal campo della politica in quello della filosofia. Guido Calogero, nel corso degli ultimi anni ha sviJuppato, sotto !',influenza della speculazione crociana; e, secondo lui, superandola, un,1 teoria per la quale la g'iustizia sarebbe un necessario com– plemento della libertà. Ometto di par– lare in quest'articolo del pensiero di Calogero e mi riferirò soltanto a quel. lo del Rosselli. Indubbiamente, sul ter– reno politico, l'enunciazione del Ros– selli risponde ad esigenze attuali e vi– ta.bi, e vani sono stati i tentativi di smi– nuirne il valore. Riverente all'opinione del Croce,· LI quale, acutamente come sempre, ha sostenuto che è inutile par– lare di un binomio libertà-giustizia quando il secondo t&mine è compreso nel primo, debbo osservare che, se di quanto il Croce asserisce non si può non tener conto nel campo della filo– sofia, sul terreno politico su tale bino– mio ci si deve fondare per chiarire, senm possibilità di equivoco, che da un certo movfirnento si vuol si la li– bertà, ma anche la giustizia e, se que– st'ultima è compresa nella prima, la ripetizione non ci cagionerà di certo una indigestione. E questo hanno so– stenuto anche uomini pdlitici, ai quali non potrà certo impuba,rsi che siano liberal-'SOCialisti, come ad esempio, per tare un nome soltanto, il Sa'lvatorelli (« Nuova Europa•, 11, n. 44, p. 1). Ed anche su riviste liberali si leggono con vero piacere parole come le seguenti: « m povero non è neppure uomo, per– chè è sempre pronto a barattare per Il pane 1a sua libertà... essi (gli altri uomini) debbono sentire che non è pie– na la libertà di eh;! si nutre norma!• mente e riesce a percorrere la sua via senza rinunciare alla sua dignità fin· chè a1tri ~ può .rimproverare il disin– teresse per 41 dolore e Ja miseria sua ,. Quindi, qu,:mtunque a certa gente Il binomio non vada, è indubbio che ad esso si sono ispirate ,le correnti più vitali de'1'la vtifa politica attua e e, se il termine gi\lSti2'liaè valso ad interes– sare ai problemi sociali vecchi e gio– vani di destra, il ~rmine libertà hl creato quailche cosa d!i nuovo nei par– titi di sinistra. Se ciò non significa aver creato un movimento liberal-so· clallista, significa, però, senza dubbio, ohe nei pa,rtiti politici più diversi non 91 è più estranei a queste due esigen– Zle e la differenm tra di essi, a pre– scindere, in parte da quelli cosi detti reazionari, si ha saltante per la mag– giore o minore importanza attribuita a ciascuna di esse. E noo credo che il Rosselli avrebbe potuto augurarsi un rlsul1xlto maggiore. FEDERICO BARESI

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